Il Leviatano non è una metafora, bensì una realtà fisica ben concreta, formata da circa 8 miliardi di persone, nonché da tutti gli edifici, le macchine, il bestiame e le colture necessarie per farli vivere ed operare. Complessivamente, un mostro che con i suoi circa 40.000 miliardi di tonnellate occupa oltre l’80% della superficie della terra, mari inclusi. Il tutto sinergicamente collegato dalla rete globale del commercio, che rende l’umanità attuale qualcosa che somiglia molto ad un “superorganismo”.

Per saperne di più su come sia nato e cresciuto, come viva e su quali malattie lo affliggano occorrerà la pazienza di leggersi le 428 pagine del libro ad esso dedicato: La caduta del Leviatano”.  Qui faremo invece cenno ad un evento inatteso: l’eutanasia del medesimo, operata proprio dagli USA che ne sono stati principali fautori durante tutto il XX secolo.
L’argomento è vasto e complesso, in un articolo possiamo solo parlare del protagonista di questa impresa: il presidente Trump.

In questi giorni si sprecano i commenti sul fatto che lui ed il suo vice “de facto”, Elon Musk, siano dei pazzi imprevedibili, che ciò che fanno è del tutto illogico, ecc. Ma non è questa la mia opinione.  Al contrario, mi pare che l’azione interna ed internazionale dell’attuale amministrazione USA sia perfettamente logica e coerente con la visione del mondo di chi la governa. Cioè un manipolo di miliardari che, sinceramente, pensano che governare uno stato sia la stessa cosa che dirigere un’azienda e che, vincendo le elezioni, si diventi proprietari dello stato almeno pro tempore. Ma soprattutto, che governare uno stato sia la migliore occasione per favorire le proprie aziende.

In estrema sintesi, in politica interna, la loro azione si sostanzia nell’indebolire il potere federale, eliminare  ogni vincolo alla speculazione e smantellare lo stato sociale. Una sorta di anarco-plutocrazia estrema in cui le funzioni dello stato si riassumono nel creare le condizioni migliori per il “business”, finanziare con soldi pubblici le grandi aziende in difficoltà (quelle medie e piccole no) e, soprattutto, mantenere l’ordine pubblico in un contesto di crescenti tensioni centrifughe e conflitto sociale. Problema che si pensa di superare mediante lo sviluppo di un sistema di controllo capillare “ad personam” ed un pervasivo sistema di “disinformazia” di stile cinese, ma gestito da imprese private anziché dallo stato.

In politica estera, uno degli obbiettivi di Trump è il parziale smantellamento, o quantomeno lo svuotamento, delle autorità ed agenzie internazionali (ONU e derivati come l’OMS, Corte di giustizi dell’Aja, ecc.) che vede come un intralcio al proprio potere personale ed una spesa inutile per lo stato.  Perfino la NATO, pilastro del potere internazionale dello Zio Sam per quasi un secolo, vacilla ed ha preso più picconate dal presidente USA nel giro di un mese che da tutti i comunisti del mondo messi insieme in cinquant’anni.
Ma soprattutto, odia l’Europa, che considera una sorta di parassita. Tanto è vero che, mentre contro la Cina si muove con cautela, la parodia di “trattativa” intavolata con la Russia, chiarissimamente, non mira ad una mediazione. In cambio di niente (tranne eventuali favori personali) il nostro ha fatto proprie tutte le pretese di Putin, condendole con una sequela di insulti personali a Zelenszy e precisando che, comunque, gli USA non aiuteranno mai né l’Ucraina, né i paesi NATO che volessero sostenerla.

Dunque non si mira ad accordo di pace, bensì a costringere l’Ucraina alla resa incondizionata, senza neppure consultarne il governo.Una catastrofe irreparabile per la credibilità internazionale degli USA, credibilità su cui largamente si basa il suo impero. E dunque perché?

In parte, forse semplicemente perché Putin gli è simpatico (come Netanyahu, Bolsonaro, Orban ed altri del genere) ed ha piacere di fargli un regalo. Ma lo scopo principale credo sia dimostrare non solo che l’Ucraina non è uno stato sovrano, ma che neanche il manipolo di staterelli europei lo sono a pieno titolo. Se non troveremo il coraggio e la capacità di reagire adeguatamente, avrà dimostrato al mondo che non siamo alleati, bensì colonie; cioè soggetti indegni di una qualche considerazione, nemmanco formale. Il tutto con l’acclamazione di molti autodefiniti “sovranisti”.  Ma neppure questo stupisce: il paradosso è una delle anime della politica contemporanea e non solo.

Certo non lo preoccupa il fatto che in questo modo si resusciti il “Diritto di conquista”, con conseguenze potenzialmente disastrose perché quasi tutti gli stati del mondo hanno, o possono rispolverare, rivendicazioni territoriali ai danni dei vicini.  Anzi forse è proprio questo uno dei suoi scopi, dal momento che il diritto di conquista è alla base del suo modo di pensare, come se conquistare stati fosse la stessa cosa che conquistare fette di mercato.

Neppure sembra impensierirlo il fatto che, essendo la Russia ormai dipendente dalla Cina, rafforzarla la prima significhi rafforzare la seconda, anche e soprattutto in vista di una sempre più probabile invasione di Taiwan. Queste non son cose che gente come Trump possa capire. Per lui l’essenziale è cancellare l’Europa dalla mappa geopolitica. Uno scopo per il quale, bisogna dire, anche buona parte della nostra classe dirigente lavora alacremente da molti anni.

Altro capitolo chiave della politica trumpista è, invece, il sostegno assoluto ad Israele nel suo tentativo di deportare l’intera popolazione di Gaza (per ora, poi anche quella della Cisgiordania). Dove non gli interessa, purché fuori dai piedi e non a spese degli USA. Una proposta, corredata da pubbliche minacce agli alleati arabi che si rifiutano di collaborare.  Insomma, il più grande pogrom della storia per la più grande speculazione edilizia mai vista. Un’iniziativa che la dice lunga sui soggetti in questione e su come ragionano, ma soprattutto il modo più sicuro per alienarsi le residue simpatie nel mondo islamico.

Tralasciando altri dossier, come la ventilata invasione di Panama e, magari, anche di Groenlandia e Canada (guardacaso entrambi territori “semi-europei”), la politica di Trump si può riassumere nell’alienarsi tutti gli alleati, a cominciare da quelli più fidati e duraturi, spalancando così spazi di manovra per la penetrazione politica ed economica cinese in tutto il mondo.
“Cornuti e mazziati”, molti degli stati che avrebbero potuto collaborare con gli USA per contenere l’imperialismo della Cina finiranno infatti con il rivolgersi proprio ad essa per i necessari collegamenti economici e, chissà, magari anche per sbarazzarsi della “dittatura” del dollaro che finora hanno invece difeso. Non mi sorprenderebbe una rapida lievitazione del “club BRICS” nei prossimi mesi ed anni.

Ma torniamo al Leviatano: perché tutto questo lo riguarda? Perché, come abbiamo detto, è costituito dall’intera antroposfera e vive grazie ad una rete commerciale globale che, già in crisi per molti e solidi motivi, viene ora attaccata proprio dallo stato che più di tutti la ha sviluppata e di cui, largamente vive. Il dilagare di conflitti armati e commerciali non potrà che accelerarne il parziale disfacimento. Quello che sta emergendo non è infatti un mondo “multipolare”, bensì un mondo conflittuale.

Il punto abitualmente trascurato da tutti è che l’odierno livello di sfruttamento delle residue risorse è possibile proprio grazie all’attuale livello di integrazione pressoché totale dell’intera antroposfera. Livelli inferiori di integrazione comporteranno necessariamente una riduzione nelle capacità industriali e finanziarie, oltre che un rallentamento del progresso tecnologico commercialmente disponibile. Sia per la ridotta disponibilità di energia e fondi, sia perché buona parte delle risorse residue saranno dirottate su scopi militari e, dunque, largamente secretati.

All’atto pratico, questo significa una flessione più o meno rapida e pronunciata nella produzione industriale ed agricola globale il cui picco è forse già alle nostre spalle e, altrimenti, poco dinnanzi. Nel contesto attuale, una contrazione anche modesta nella disponibilità di energia e tecnologie renderà sempre più difficilmente accessibili e sfruttabili risorse sempre più rarefatte e remote. Ciò potrebbe innescare un processo autocatalizzante di contrazione dell’economia a livello globale, anche se con forti differenze a livello locale e regionale.  E’ ciò che si chiama propriamente “collasso”.

In definitiva, il disfacimento del leviatano non potrà che portarsi dietro una contrazione della popolazione globale. Di quale entità e con quali tempi e modalità non è dato sapere.
Non è una sorpresa. Sappiamo da oltre cinquant’anni che è inevitabile e che, presumibilmente, avrebbe dovuto cominciare ad accadere verso la metà del secolo. Trump e la sua tragicomica banda non sono dunque altro che un catalizzatore che accelera di alcuni decenni un processo già in atto per cause chimico-fisiche ed ecologiche ben note e su cui bulli e miliardari non possono nulla.

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E la bomba?

Un’altra conseguenza dell’assalto trumpista al fatiscente impero americano è che oramai anche i gatti hanno capito che non solo i trattati firmati con la Russia sono carta straccia (lo si sapeva già), ma anche quelli con gli Stati Uniti e questa, su questa scala, è una novità.  Venendo meno l’ombrello americano, tutti gli stati satelliti si trovano improvvisamente nudi di fronte ad una tempesta che si preannuncia assai dura.  Ogni volta che un impero collassa, seguono infatti una serie di guerre per definire i nuovi rapporti di potere.

Alcuni si adatteranno alle nuove condizioni pur di non far nulla, altri si cercheranno un nuovo padrone ed altri ancora si coalizzeranno per tentare di salvare il salvabile della propria sovranità.  Impossibile dire oggi chi farà cosa, ma un fatto certo è che la disponibilità di un deterrente militare proporzionato alla minaccia sarà un prerequisito per chiunque voglia tentare di rimanere, o di tornare, indipendente.

Orbene, disporre di un deterrente militare convenzionale all’altezza delle minacce potenziali è estremamente costoso, non solo in denaro, ma anche in tempo e risorse sempre più scarse e scadenti.  Per molti non sarà quindi possibile e l’alternativa, assai più economica e rapida,  è l’arma nucleare, specie per chi disponga già dei materiali, delle tecnologie di base e delle competenze necessarie.  Se l’hanno potuta realizzare i nord-coreani, significa che tutti gli stati industrializzati lo possono fare e fra questi Ucraina, Corea del sud e Taiwan saranno i primi ad occuparsene, ammesso che non lo stiano già facendo, ma altri li seguiranno. Oramai è inevitabile e moltiplicando il numero dei soggetti dotati di certi ordigni, si eleva a potenza la probabilità che qualcuno, prima o poi, li adoperi. Grazie Donald.

PS. Sarebbe un modo molto veloce per ridurre la popolazione, non solo in conseguenza delle distruzioni e delle radiazioni, ma anche, forse soprattutto, per fame, miseria e malattie. Potrebbe essere la salvezza della biosfera e, di conseguenza, della nostra stessa specie?  Sul primo punto sono possibilista, vista l’esperienza verificata in luoghi con Chernobyl e Fukushima.  Sul secondo, chi lo sa?

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