‘LA CADUTA DEL DEL LEVIATANO’
ovvero
NASCITA, CRESCITA, DINAMICA E FATO DELLA CIVILTÀ’ INDUSTRIALE.
“LA CADUTA DEL LEVIATANO. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità” è un libro che si propone di superare la consueta narrativa circa l’insostenibilità e l’iniquità del capitalismo contemporaneo. Non cova infatti, né intenti vendicativi, né assolutori e si astiene dal proporre soluzioni più o meno utopiche. Illustra invece come il Fato della civiltà globale abbia preso forma da una combinazione unica nella storia di ineludibili leggi naturali, imprevedibili incidenti storici e l’affermarsi di una potente mitologia, capace di orientare gradualmente l’intera umanità verso un unico scopo supremo: Crescere!
Nella metafora di Hobbes, il Leviatano era formato da un intero popolo fedele ad un monarca assoluto. Nella nostra trattazione è invece una realtà fisica ben definita come “struttura dissipativa auto-organizzata evolutiva”. L’intero pianeta risulta oramai ricoperto dal suo corpo immane, costituito non solo da oltre 8 miliardi di esseri umani, ma anche da quasi 40.000 miliardi di tonnellate di catrame, metallo, cemento, colture e bestiame che costituiscono oramai un’unica mega-macchina globale di cui il sistema economico capitalista, nelle sue varie articolazioni, costituisce il metabolismo.
Una struttura estremamente efficiente in grado di evolvere con straordinaria rapidità, ma capace di fare un’unica cosa: assorbire sempre più energia e risorse per crescere perché, se la sua espansione si interrompe, muore. Tuttavia, anche la crescita continua lo condanna a un destino infausto, sebbene procrastinato nel tempo. Una condizione ben illustrata dal celebre aforisma: “Non puoi vincere, non puoi pareggiare, non puoi uscire dal gioco”; e neppure barare. La tecnologia assolve infatti a questa funzione fondamentale: barare al gioco della vita. Ha funzionato in passato e lo sta facendo tuttora, ma solo temporaneamente e con conseguenze penose inscindibili dai vantaggi che offre.
Attingendo alle più disparate discipline (dalla fisica alla mitologia, dall’economia alla filosofia, dalla storia all’ecologia) il discorso si dipana per oltre 400 pagine che si sforzano di descrivere fenomeni complessi nella maniera più semplice e divulgativa possibile. L’opera non consiste in un esercizio di esagerato determinismo, improntato a un morboso “tanto oramai non c’è più nulla da fare”; si propone invece di capire cosa sia possibile che accada e cosa no. Compito imprescindibile perché, con poche forze e ancora meno tempo a disposizione, sprecarli è disperante.
Un esempio molto semplice, ma utile per capire la natura del problema: immaginiamo un pietrone sferico su di un piano inclinato. Quali opzioni abbiamo al riguardo? Possiamo reggerlo, lasciarlo precipitare e scansarci oppure inventare un modo per bloccarlo il più a lungo possibile; possiamo pure spingerlo in salita o danzarci sopra mentre rotola a valle. In nessun caso, invece, il macigno tornerà verso l’alto da solo e smetterà di gravare verso il basso.
Sembra banale, ma forse non lo è, visto che l’intera politica mondiale si basa su presupposti altrettanto fantasiosi di un macigno che rotola da solo verso l’alto. Perfino molti premi Nobel dell’economia hanno avanzato teorie basate sulla presunta capacità dell’ingegno umano di violare la fisica e le leggi naturali. Ecco perché il libro si impegna a demistificare concetti tanto alla moda quanto antiscientifici, allo scopo di analizzare il Fato del Leviatano nel modo più realistico possibile.
Il Fato non stabilisce infatti ineluttabilmente il futuro, ma delimita un campo di probabilità decrescenti, fino a zero. Esiste dunque una gamma di opzioni possibili, ognuna delle quali provocherà ripercussioni immediate ed altre più o meno dilazionate nel tempo; talvolta utili e talaltra disastrose, comunque sempre difficili o impossibili da prevedere perché il sistema a cui apparteniamo è troppo complesso per comprenderlo nei dettagli, alcuni trascurabili altri invece cruciali. Malgrado un noto aforisma, ben difficilmente una farfalla scatena un uragano e, comunque, non potremo mai sapere se la tempesta in corso in Italia sia stata davvero innescata da una farfalla brasiliana che volava un secolo fa.
In compenso, conosciamo abbastanza bene alcune delle leggi che governano energia, materia ed informazione per capire che la forza inarrestabile del capitalismo si deve ad una peculiarità che lo differenzia da molti altri arrangiamenti socio-economici elaborati nella storia: quella di estremizzare la tendenza innata delle strutture dissipative, ossia distruggere il proprio “intorno” per crescere in dimensione e complessità. Così, il capitalismo ha letteralmente mangiato l’intero pianeta e con esso tutti i popoli che lo abitano, annientandoli o assorbendoli. Un’invenzione formidabile dunque, che ha prodotto la più grande civiltà di tutti i tempi e consentito all’uomo azioni un tempo ritenute prerogativa degli Dei, come volare e raggiungere la Luna. Ma ad un prezzo: accelerare una dinamica propria di tutte le strutture che assorbono e dissipano energia: l’invecchiamento e la morte. O, per meglio dire, il degrado ed il collasso.
Infatti, malgrado sia nato poco più di quattro secoli or sono e sia giunto a compimento appena trent’anni fa, il Leviatano appare già vecchio e malandato. Il libro illustra quindi i principali malanni che lo affliggono, in ultima analisi tutti dipendenti dalla sua fisiologia perché la stessa dinamica che, in un pianeta ricco di risorse e di biosfera, ha causato la sua smisurata crescita, nel mondo attuale dove ormai abbondano solo gli umani e i relativi schiavi (animali, vegetali e meccanici) sta rapidamente portando al collasso ed alla disintegrazione del Leviatano e quindi del capitalismo, che ne è l’apparato digerente. Al punto che, per sopravvivere, sta ormai divorando non più solo la biosfera ed i poveri del mondo, ma anche buona parte dei capitalisti e dello stesso Capitale.
Normalmente, le opere che affrontano tematiche affini a quelle de La caduta del Leviatano si chiudono con una serie di consigli e buone pratiche per correggere la rotta e salvarsi. Qui non ne troverete perché il sistema non è correggibile, al massimo se ne possono mitigare in modo molto limitato alcune tendenze. E dunque?
Ognuno cercherà il modo di cavarsela il meno peggio possibile secondo le sue opportunità e possibilità, ma noi esortiamo i lettori affinché pensino anche a coloro che verranno dopo di noi. In fondo, l’unico evento capace di cancellare l’umanità sarebbe un collasso generalizzato della biosfera, innescato dall’estinzione di massa in corso e vivacemente sostenuta dalle autorità di ogni ordine e grado, in ogni angolo del mondo, al grido di “Rilanciamo la crescita!”. Non sappiamo se la Vita sulla Terra sopravvivrà, ma è possibile ed è pertanto legittimo sperarlo. In caso positivo, i nostri più o meno remoti discendenti dovranno creare nuove civiltà con il poco di utile che avremo lasciato loro. E di cosa ha bisogno una civiltà? Acqua dolce, cibo, biodiversità, un clima vivibile, ecc., ma non basta. Ha bisogno anche di un mito fondatore perché è la mitologia e non la scienza che guida l’umanità, ora più che mai e così sarà anche in futuro. Perciò, mentre vi preoccuperete di salvare i vostri risparmi, di imparare l’orticoltura e le pratiche agroecologiche o di contrastare le speculazioni dei palazzinari amici del sindaco, pensate ad un mito che possa dare un senso a quanto vi accade ed una speranza per un futuro che nessuno di noi vedrà. Contrariamente al pensiero comune, una nuova mitologia è più importante di una nuova tecnologia perché attribuire un senso a ciò che ci accade e nutrire una qualunque forma di speranza sono due bisogni assoluti per noi umani, senza i quali non riusciamo a sopravvivere a lungo.
Dunque è imperativo elaborare una “grande narrativa” in grado di sostituire il mito del Progresso che ci ha condotti nell’impasse i cui ci troviamo, consapevoli che i miti fondatori sono sempre opere collettive che maturano nel tempo. Nessuno ne è l’autore, ma molti vi partecipano.
SINOSSI
CAPITOLO 1 – Illustra la natura del Leviatano unitamente ai concetti di “struttura dissipativa” e di “superorganismo”, necessari per comprendere la dinamica interna del Leviatano, derivante in ultima analisi da leggi fisiche.
CAPITOLO 2 – Tratteggia la genesi storica del Leviatano. Partendo da alcune peculiarità che rendono unica la specie umana attuale e rappresentano i necessari presupposti per lo sviluppo del Leviatano. Si delineano quindi i passaggi storici fondamentali e alcuni dei soggetti che, ispirandosi a presupposti ideologici diversi, hanno storicamente contrastato il formarsi del Leviatano.
CAPITOLO 3 – Descrive sommariamente la tecnostruttura che non solo permette al Leviatano di esistere, ma che ne è parte integrante e sostanziale, assieme all’intera umanità con i suoi organismi simbionti, commensali e parassiti.
CAPITOLO 4 – Si analizza l’“economia-mondo” che struttura gerarchicamente il pianeta in regioni centrali e periferiche, organizzando i flussi di materia, energia ed informazione caratterizzanti l’economia e la società globalizzata. Viene quindi spiegata la dinamica interna del sistema economico che alimenta il Leviatano, evidenziando l’importanza degli incrementi nella disponibilità di cibo ed energia per costruire società sempre più complesse. Infine, si accenna all’impossibilità di un’economia effettivamente circolare e dunque all’inevitabile alterazione dei cicli bio-geo-chimici da cui dipende la continuità della vita sulla Terra.
CAPITOLO 5 – Si affrontano la mistica del Progresso e i correlati miti della Macchina, del Mercato e della Crescita economica infinita, che hanno plasmato i modelli di pensiero dominanti negli ultimi due secoli, servendo anche a legittimare sia le profonde ineguaglianze sociali e inter-generazionali (spacciate per temporanee), sia il degrado dell’ambiente (ritenuto un fatto inevitabile e marginale).
CAPITOLO 6 – Si elencano le principali dinamiche perverse che stanno minando la funzionalità del sistema socio-economico globale, con le relative ricadute ambientali e sociali. Fra queste, si richiama l’attenzione su fenomeni apparentemente paradossali come l’erosione del reddito da capitale e la pauperizzazione di parte crescente dei capitalisti per opera del capitalismo stesso.
CAPITOLO 7 – Si tenta una diagnosi spiegando perché le “patologie” che affliggono il Leviatano non sono contingenti e neppure reversibili, essendo dovute ai profondi danni inferti alla biosfera ed al degrado quali-quantitativo delle risorse.
CAPITOLO 8 – Disamina delle fosche prospettive dal punto di vista storico e sistemico con particolare attenzione al fatto che, al variare della disponibilità di risorse e della salute della biosfera, le medesime dinamiche che hanno creato il Leviatano lo stanno ora distruggendo.
CAPITOLO 9 – La “morte del Leviatano” appare quindi un fatto procrastinabile, ma inevitabile e le conseguenze saranno di portata tale da modificare irreversibilmente non solo la storia dell’umanità, ma anche quella della biosfera tutta. Del resto, le prime avvisaglie di un tale evento sono già evidenti sotto il profilo ecologico, energetico ed economico. Si tratteggiano poi brevemente i principali tentativi di reazione alla crisi globale, soprattutto in Occidente.
CAPITOLO 10 – Abbozza una proposta avulsa dagli aspetti tecnici e pratici della crisi, bensì concentrata sul modo più appropriato di pensare ad essa, alla ricerca degli elementi su cui costruire un nuovo Mito Fondatore che possa sostituire quello ormai defunto del Progresso, per sostenerci e orientarci nei prossimi decenni che saranno probabilmente fra i più difficili dell’intera storia umana.
L’opera è stata sottoposta a Richard Heinberg, noto giornalista e scientifico e senior fellow del Post Carbon Institute, che si è così espresso: “Questa e’ la panoramica piú completa ed accurata della condizione umana nel 21° secolo in cui mi sia mai imbattuto”.
PER DISCUTERNE
Esistono una pagina FB ed un profilo Instagram (la_caduta_del_leviatano) dedicati al libro che, al di là dall’intento promozionale, possono essere sede di discussione. Occasioni per parlare direttamente di questi argomenti ci saranno in occasione delle presentazioni pubbliche che saranno annunciate sui canali social, man mano che saranno organizzate.
Per ora sono state fissate le seguenti:
15 aprile, presso Comunità dell’Isolotto, Via degli Aceri, 1 – Firenze. Ore 21:00
18 aprile presso Conventino Caffé Letterario, Via Giano della Bella, 20 – Firenze. Ore 18:00
21 aprile presso Circolo Arci Via Vittorio Veneto, 54 – Pontasserchio, comune di San Giuliano Terme (PI). Ore 17:30
Il libro si può acquistare in libreria, sul sito Web della Albatros Il Filo Edizioni, su Amazon e i principali bookstore on line.
Si, credo che acquisterò il libro in versione digitale.
Diciamo che per quanto mi riguarda, il mito più forte e con cui sempre ci si deve confrontare è quello del peccato originale.
Si saprà mai se Eva ha fatto bene a mangiare la mela?
Si saprà mai se il senso della vita sia materiale o spirituale?
Se crolla questo “sistema”, ma io spero che più che altro si ridimensioni, sarà forse un punto provvisorio per lo spirituale.
Io sarei per un panenteismo evolutivo (evolutionary panentheism), ma, anche ammesso che sia la prospettiva che più si avvicini alla verità, non avrebbe molto valore – e soprattutto non fornirebbe il “senso” necessario ad andare avanti – senza una qualche forma di esperienza spirituale in prima persona. È quella che può fare la differenza, non libri sacri e sacerdoti.
Panenteismo evolutivo.
Non lo conoscevo.
Però ricordo un vecchio libro di Gianni Vattimo che circa diceva le stesse cose. Tra l’altro mi è sparito e non lo trovo più.
Sono belle teorie ma indimostrabili.
Il caso ha pure lui le sue ragioni.
Diciamo che se in un piatto della bilancia metti il panenteismo evolutivo e in quell’altro gli sghiribizzi del caso, la bilancia inizia a oscillare e a contorcersi. E quella bilancia è come la mia testa quando penso a certe cose.
Sono d’accordo sull’evolutionary panentheism. Soprattutto su ortoprassi (etica pratica) prioritaria piuttosto che ortodossia (dogmi) (di qualunque tipo). V. filosofia di vita di Gandhi, ad esempio. E gli antichi Abhidhamma e i principi di yama e niyama antichissimi e riassunti nello yogasutra di Patanjali (solo per dare due esempi di etica pratica antica psico-fisica! Che purtroppo poco ho trovato così completi toccanti sia salute fisica che mentale e psichica, nel nostro occidente antico, pur con rispetto per i Grandi).
Fake: a proposito di riportare solo aneddotica e mai dati certi. Tempo fa avevo chiesto al mio vicino (coltivatore BIO con centinaia di ettari di kiwi e pesche) in base a quale deroga potesse utilizzare da anni del letame proveniente da stalle non BIO. Ovviamente è caduto dalle nuvole perché questa è una pratica che fanno tutti non essendo disponibili sufficienti quantità di allevamenti Bio. Solo pochi giorni fa mi ha dato la risposta dicendo di guardare a pag 140 del presente regolamento. https://www.ccpb.it/wp-content/uploads/2022/02/Standard-BIO-ED-2-REV-6-2021_12_30-ITA-edit.pdf.
L’uso del letame NON BIO è proibito solo nel caso di allevamenti che non forniscano mai luce naturale agli animali o in cui le vacche siano sempre attaccate alla catena o stabulate permanentemente su grigliato. In pratica nessun allevamento da almeno 30 anni si trova in queste condizioni.
Il mio vicino ora non trova più nemmeno questo tipo di letame ed usa centinaia di tonnellate di compost.
PS: ci sono riuscito. Bisognava scrivere prima il cognome. Però continuo a non capire la sua insistenza solo da me nel voler nome e cognome. E non anche da altri che si firmano solo con nomi o con nick name. La differenza è l’incensamento?
Grazie per aver postato quel regolamento che finalmente dimostra che non è mai esistita alcuna ‘deroga’, perché non è mai esistita alcuna norma che prevedesse di utilizzare solo letame da allevamenti bio, bensì una che restringe il tipo di allevamento da cui fruirsene definendo che cosa renda un allevamento ‘industriale’.
Tra l’altro, non se si rende conto ma di fatto lei stesso ha sputtanato la sua storia del funzionario AIAB di Bologna che le avrebbe svelato il famoso segreto inconfessabile. Se (parole sue) da trent’anni non esistono più gli allevamenti vietati dal disciplinare per il prelievo di letame, allora i regolamenti non sono mai stati violati o ‘derogati’ neanche volendo. Quindi le possibilità sono solo due: 1) la ‘gola profonda’ era in realtà un incapace che non conosceva il disciplinare 2) lei si è inventato tutto-
Se è così sono felice (ho qualche dubbio) Non ho capito qual è il suo problema: vorrebbe esistessero ancora?
😀 😀 😀 😀 😀 😀 😀 😀
Mi sa indicare altre persone che utilizzano sistematicamente il nostro blog come speaker’s corner personale infischiandosene degli argomenti trattati (cosa c’entra questa storia del letame con il libro?) e comportandosi con la sua stessa arroganza verso chi li ospita? Se mi sono sfuggiti me li indichi che provvedo immediatamente con loro. Per il resto, se non le piace la nostra politica può cambiare aria quando vuole.
Fuzzy; rispondo qui al tuo post sui centenari delle Zone Blu.
Per una volta prova a ragionare sul quando e dove si trovano queste concentrazioni di centenari. Ci sono solo ora grazie a secoli di progressi nel campo della medicina e di eliminazione di altre cause predisponenti. All’inizio del XX secolo l’aspettativa di vita media sulla popolazione mondiale era di 32 anni. Ora è di 72,6 anni. Chiediti perché.
La risposta alla domanda sul DOVE è ancora più significativa. Sono tutte zone del Primo Mondo oppure nel caso di Nikoyan in Costa Rica, appartenenti al paese latinoamericano più evoluto e privilegiato. Mi figlio che ci ha passato quasi un mese in viaggio di nozze mi ha raccontato meraviglie di questo paese con pochissima popolazione ed un sistema sanitario all’avanguardia in tutto il continente americano. Tutti le altre Zone Blu si trovano alla periferia di paesi ricchi e pertanto godono sia dei vantaggi di una vita meno stressante, sia di tutti i vantaggi del progresso economico e tecnologico. Come ha riconosciuto Gaia in seguito alla sua frattura del braccio, senza questa garanzia di una valida e continua assistenza e prevenzione sanitaria (che solo un’economia solida può mantenere), col cavolo che ci sarebbero queste concentrazioni di centenari. Le eccezioni ci sono sempre state. A parte mio nonno morto a meno di 40 anni in conseguenza di una vecchia ferita (un solo polmone) avuta durante la WWI, tutti i suoi fratelli e sorelle sono morti a più di 96-97 anni ed in discreta salute (anche mentale) fino all’ultimo. E la loro madre (mia bisnonna) che ho fatto ora a conoscere, è morta a 99 anni dopo una frattura del femore. In pratica si è lasciata morire e le altre sue due sorelle conviventi ed anche loro ultranovantenni, mancando lei, sono morte dopo pochi mesi senza apparente motivo. Appartenevano tutte e tutti però a famiglie molto benestanti, con vari domestici e non si sono certo mai usurati con lavori pesanti come la stragrande maggioranza delle persone dell’epoca.
Una prova significativa dell’importanza della medicina sull’aspettativa di vita la troviamo nel sud Italia, dove la vita media è nettamente inferiore a quella del nord, pur mangiando meglio (secondo la vulgata ufficiale) e con molti meno fattori stressanti.
Le Zone Blu, come tutte le eccezioni, vanno quindi contestualizzate, ben interpretate e non mitizzate.
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Stati_per_aspettativa_di_vita
Brevemente.
Vedi che anche i paesi più miseri hanno un’aspettativa di vita che supera i trent’anni.
Le cause non le conosco di preciso, Comunque ti consiglio di fare come i centenari, che sono tipi frugali. Dicasi decrescenti.
Ormai la medicina moderna è almeno in qualche misura accessibile dappertutto nel mondo (gli antibiotici, per esempio).
È una delle poche cose della civiltà attuale che dovremmo assolutamente preservare, se non l’unica.
A parte che secondo me ci sono obiettivi più importanti nella vita che arrivare a cent’anni, comunque il fatto che uno stile di vita sano aiuti non significa che non aiuti anche la medicina.
“gli antibiotici, per esempio”
in parte, ma soprattutto i vaccini “classici”
l’incremento esponenziale della popolazione piu’ che col “boomer-prezzemolo” del leviatano capitalista comincia con la scoperta e la lenta diffusione, dal 1800, dell’antivaiolosa, ad argine di una malattia virale ad elevatissima letalita’ specie fra i giovani non ancora immuni, supercontagiosa ed endemica
wikipedia riportava che nel solo XX secolo, prima dell’eradicazione, morirono di vaiolo quasi mezzo miliardo di persone
il vaiolo non e’ annoverato fra le mitiche pestilenze perche’ era endemico, sempre presente
d’altra parte, nel giro di un paio di secoli da allora, la popolazione e’ decuplicata, e senza la medicina moderna tornerebbe in breve tempo al tetto del mezzo miliardo o poco piu’ del tardo medioevo
nei tempi lunghi le decisioni politiche che ci affannano tanto nel presente non contano NULLA
Boomer prezzemolo?!
Da una scorsa veloce a Wikipedia vedo che la vaiolizzazione (si chiama così? Non sto a verificare) era una pratica antichissima di origine mi pare indiana, che ha precorso il vaccino.
Quindi la medicina moderna si, ma fino a un certo punto.
Comunque fino al secolo scorso o forse prima mi pare mancasse ancora la cognizione dell’importanza delle norme igieniche. Quando sono state fatte le prime fognature? E l’acqua corrente in casa?
Adesso certe cose si sanno. E quindi vale la solita affermazione coniata da De Decker: “non si torna mai veramente indietro”.
In molti casi basta sapere come fare senza dover per forza mettere in campo l’apparato medico. Winston, tu Ilich lo conosci, non fare il furbo.
Alla fine temo che certa medicina di alto livello richieda un’infrastruttura che solo la nostra epoca petrolifera ha potuto sviluppare. Perciò probabilmente il picco del petrolio si porterà via anche quella.
Pazienza. Io, a un certo punto sarei anche pro eutanasia.
Fuzzy, anch’io sono “pro eutanasia” nel senso di non costringere la gente che non vuole vivere perché sta fisicamente troppo male o è vecchissima a campare a oltranza per compiacere gli altri, o di non accanirsi per prolungare a tutti i costi l’esistenza fisica, come facciamo adesso. E anche certi bambini sfortunati, che nascono con patologie gravissime e fortemente debilitanti, forse dovrebbero essere lasciati andare piuttosto che costretti a una vita di sofferenze.
Ma tanta gente, soprattutto tra chi si è reso conto della situazione attuale, parla di togliere cure, ridurre la sanità, e altre cose simili, e se una persona giovane sta male secondo me bisogna fare il possibile per farla stare meglio. Negare vaccini, chiururgia o terapie è mostruoso; preferisco una società in cui viaggiamo meno, rattoppiamo i vestiti, ma la sanità è di alto livello, piuttosto che tutti questi stupidi bonus per ristrutturazioni e vacanze, e se ti si rompe un menisco te lo tieni e zoppichi perché non ci sono ortopedici (visto succedere nel ricco Nord).
https://biotecnologiesanitarie.it/igiene-patologia/storia-dell-igiene.php
Una storia dell’igiene che spiega anche il perché delle epidemie di vaiolo, morbillo lebbra ecc
Gaia
Ma nessuno vorrebbe rinunciare alle migliori cure mediche. Bisogna vedere se sarà possibile mantenere in piedi tutto quello che serve per una medicina di alto livello e per tutti.
L’ho già scritto. Forse a Cuba hanno trovato un giusto compromesso.
Tra l’altro mi pare di ricordare che in qualche ospedale del sud abbiano assunto dei medici cubani per carenza dei nostri (che forse preferiscono lavorare in strutture private. Non lo so, vado un po’ a caso per cose sentite dire).
https://www.lastampa.it/cronaca/2023/01/26/news/medici_cubani_assunti_calabria_polistena-12604905/
Medici cubani:
“In patria non siamo abituati a far aspettare la gente così tanto”
Non so come sia la sanità a Cuba, ma il tenore di vita è molto basso e molta gente se ne va (sì, anche colpa dell’America, dell’embargo, eccetera). Quindi non hanno un equilibrio perfetto. Cuba credo li usi anche un po’ come prodotto d’esportazione/fonte di “soft power”, avevo letto qualcosa in passato.
Il problema della carenza dei medici è molto complesso e io alcune idee le avrei su come risolverlo, non voglio andare troppo fuori tema rispetto al post, comunque la questione principale è se vogliamo spendere soldi in cazzate, o vogliamo investire in servizi essenziali quali la sanità. Se paghi i medici bene, garantisci condizioni di lavoro decenti e sei pronto ad assumere quelli che servono, ne trovi quanti ne vuoi e quelli che non trovi li formi, costa ma se ne potrebbero formare anche di più. Il problema che hanno tanti medici adesso, anche quelli ben pagati, è che le condizioni di lavoro stanno diventando insostenibili, per cui molti non ce la fanno più (nel privato non è tanto che prendi più soldi, ma hai meno rogne).
Ci sono poi evidenti sprechi (di materiale in primis) e privilegi, per esempio i medici di base che prendono un sacco di soldi e sono spesso soltanto dei passacarte, nemmeno ti visitano più.
“Cuba è un’eccellenza dal punto di vista del personale sanitario ma non lo è dal punto di vista strutturale. I macchinari sono del secolo scorso e le strutture fatiscenti”.
Trovato in rete.
I cubani hanno comunque una buona aspettativa di vita
Stando alla tabella linkata in un precedente commento, risulta pari a quella degli Stati Uniti.
Igor: l’unica mia colpa-leggerezza è aver usato il termine “deroga” per indicare una delle tante eccezioni che si sono inventati quelli del Bio per poter continuare il loro metodo truffaldino e non sostenibile. Per i soldi questo ed altro!!
Anche sul presunto sputtanamento del dirigente dell’AIAB lei si sbaglia di brutto. Mi aveva citato questa “deroga”- eccezione durante la riunione di preparazione alla certificazione che stavo organizzando per un’azienda zootecnica (bovini angus o ibridi: angusXrazze francesi) dei miei amici uruguagi. Il dirigente un po’ scherzando un po’ seriamente si stava lamentando del fatto che questa importazione di carne Bio avrebbe ulteriormente diminuito l’interesse degli allevatori italiani ad allevare bovini da carne con metodo Bio. E a malincuore ammise appunto che più del 90% del letame usato nelle aziende agricole Bio NON provenisse da allevamenti BIO, ma da quelli tradizionali.
Ho cercato inutilmente di farle capire che a questo dato ci si può arrivare dal semplice calcolo di quante sono le aziende Bio che allevano animali secondo sistema intensivo o semintensivo rispetto alle reali necessità delle aziende agricole. Ora appunto bypassano anche questo limite utilizzando quella porcheria che si chiama compost derivante dall'”umido” prodotto nelle città. In campagna l’umido viene tutto riciclato da galline, maiali o pecore.
Poteva risparmiarsi la bassezza sul mio presunto desiderio di tenere le vacche legate alla catena. Più nessuno lo fa per il semplice motivo che la stabulazione libera è più conveniente dal punto di vista economico (meno lavoro, ecc) e produttivo.
I bovini da carne BIO (allevati secondo sistema intensivo) , al pari dei polli da carne e delle galline BIO, sono costretti a condizioni di benessere inferiori a quelli allevati secondo metodo tradizionale perché costretti a restare su superfici chiuse e non su grigliato. Quando piove molto, la vasca di cemento su cui riposano all’aperto si riempie di una immonda miscela di acqua, urina e merda alta anche 20-30-40 cm. Se non mi crede provi a visitarne uno senza preavviso. Sono ultrasicuro che chiamerebbe subito i NAS per far chiudere l’allevamento. Che non verrebbero perché l’allevatore è autorizzato a tutto questo.
La sua unica colpa è fare disinformazione (e probabilmente anche diffamazione). Da un anno e mezzo almeno ci tedia, in modo assolutamente out topic, su di un disciplinare che prevederebbe una regola (usare solo letame BIO) che in realtà si scopre non esistere (perché, come chiunque può verificare, si parla sempre di letame ‘non da allevamento industriale’). Ma la cosa più surreale e che poi lei stesso non solo porta le prove (cioé il regolamento che ha linkato nel primo commento) che smentisce la sua presunta regola, ma poi dice pure che gli allevamenti non a norma da disciplinare non esistono più, come a dire che i coltivatori bio non possono violare (o ‘derogare’, se vuole usare il suo personalissimo idioletto) neanche volendo!
Quindi, in base al suo calcolo che il 90% di letame per l’agricoltura biologica non proviene da allevamenti BIO, adesso viene fuori che la stragrande maggioranza dei coltivatori biologici non solo non viola il disciplinare (perché lei stesso ha detto che il tipo di allevamento industriale proibito non esiste più) ma addirittura che utilizzando gli allevamenti non BIO fanno una scelta più etica sul piano del benessere animale.
Insomma, un anno e mezzo di sue invettive contro gli agricoltori BIO e poi, nell’arco di due giorni, grazie alle prove documentarie da lei fornite e alle sue testimonianze personali, viene fuori che usando letame non BIO non violano, non derogano (non possono farlo neanche volendo per mancanza di allevamenti del tipo proibito) e addirittura fanno più l’interesse degli animali. Poi ci credo che la gente ritiene che lei sia un parto della mia fantasia…
Igor, scusa, ma è “off topic”, non “out topic”. Meglio ancora: “fuori tema” 🙂
Oramai è fuori di testa, altro che…
Fuzzy: se fosse vero quanto sostieni e cioè che basti mangiare e vivere moderatamente la maggioranza degli indiani e gli abitanti di molti altri paesi africani, latinoamericani e del sudest asiatico, dovrebbe campare cento anni. L’unico motivo per cui anche loro hanno raddoppiato l’aspettativa di vita sono tutte le soluzioni sanitarie e tecnologiche che abbiamo inventato-adottato-diffuso noi occidentali. Anche la vaiolizzazione, che turchi e persiani hanno adottato empiricamente prima di noi senza capirne bene i motivi), non sarebbe servita ad inventare altri vaccini, se non fosse “passata” dalla scienza occidentale.
Io mi riferivo a un certo tipo di sanità super tecnologica. Non ho niente contro i vaccini. Citavo la sanità a Cuba. Basta leggere.
Casomai bisognerebbe rivalutare l’importanza dell’igiene. Per quello che mi sembra di aver capito molte epidemie sono nate perché ancora non si sapeva quali comportamenti le favorissero o le contrastassero.
Nel caso specifico del vaiolo la vaiolizzazione era già molto efficace di suo. Su Wikipedia ci sono anche riportate dei dati precisi sugli effetti di contenimento.
Le zone blu hanno certe caratteristiche loro proprie che in una certa misura si possono replicare. Poi se non vivi cent’anni magari ne vivrai ottanta. E chi se ne importa? Di sicuro non sono trenta.
Fuzzy, sì, e rispetto Cuba per aver fatto la scelta di investire sul personale sanitario anche con scarsa disponibilità di risorse.
Detto questo, molti cubani sfidano la legge e rischiano la vita per scappare negli Stati Uniti, ma non viceversa, per cui i numeri non rendono l’idea di quanto bene si sta o no a Cuba. Alla popolazione devi garantire un livello di benessere almeno simile a quello delle popolazioni vicine (quello americano è mediamente eccessivo rispetto alle disponibilità del pianeta, ma prima o poi tutti gli imperi cadono).
Gli Stati Uniti hanno un sistema sanitario iniquo e completamente insensato, nonché stili di vita malsani diffusi. Non sono un gran paragone. Il Canada è già meglio, e anche l’Europa, ma in entrambi i casi la sanità pubblica è in crisi perché costa, la gente invecchia, e i governi non vogliono spendere.
Su Cuba ho letto molto perché l’argomento mi interessa, ma non sempre gli articoli concordano. Anche perché ci si mettono di mezzo diverse visioni ideologiche.
Per quel poco che si può affermare con certezza, direi che innanzitutto a Cuba non muoiono di fame. La scuola e la sanità funzionano. La povertà consiste più che altro nella mancanza di alloggi (molti sono fatiscenti) e pochissime automobili (non so se sia un male, anzi)
C’è un settore turistico molto morbosamente chiacchierato qui da noi (boh).
Bevono e fumano.
La fuga più memorabile è stata di circa 150.000 persone in un anno. Le hanno dato un nome ma non lo ricordo.
Per il resto quando Carter ha aperto le frontiere ai rifugiati cubani, quelli che sono partiti o sono stati fatti partire per forza sono stati principalmente dei delinquenti.
Se poi ritrovo l’articolo lo allego.
https://www.greelane.com/it/humanities/storia–cultura/mariel-boatlift-cuba-4691669
Trovato.
Comunque al di là dei titoli ad effetto su presunti esodi biblici, (sempre approssimando al massimo), 11 milioni erano e 11 milioni restano.
Diciamo che decine/migliaia di persone che lasciano un paese in un anno, paese in cui nessuno immigra, non sono una gran pubblicità. Poi ci saranno anche motivi politici, non solo economici.
(Se la popolazione è stabile è anche per le nascite, inoltre che io sappia è proibito andarsene, e anche questo non è un buon segno. Di solito i paesi da cui non si può scappare non sono i migliori in cui vivere)
Alcune persone che sono state a Cuba mi hanno detto che gli abitanti cercano di ottenere soldi e regali dai turisti, che la miseria pesa. Io sono anti-consumista ma se noti appena cade il comunismo la gente si precipita a consumare a più non posso, come se fosse stata a lungo privata di qualcosa.
Non considero Cuba un modello del tutto negativo, ma al massimo è un modello di come cavarsela benino in condizioni difficili e isolamento – non certo come vorrei fosse la società del futuro.
Può essere che il Covid abbia un po’ peggiorato le condizioni di vita. Che so, calo del turismo o delle rimesse dall’estero.
Comunque i cubani negli Stati Uniti sono 1,5 milioni.
Fai conto che gli italiani residenti all’estero sono tra i 4 e i 5 milioni.
Con questo non voglio dire che a Cuba sia tutto rose e fiori. Ma se proprio il Leviatano deve cadere, può andar bene anche la condizione dei cubani.
Si spera che sarà un po’ meglio. Qui però continuano a prevedere ecatombi. Brrr.
Fuzzy, sì, c’è di molto peggio.
Uno dei problemi legati al vivere in modo sostenibile è che se i tuoi vicini, o anche la gente dall’altra parte del mondo, stanno “meglio” (=consumano di più), le persone vogliono andare lì e fare lo stesso. Tanti degli italiani all’estero che tu citi inseguono stipendi più alti, inutile negarcelo. E in Italia non si fa certo la fame.
Per questo ci vuole un cambiamento culturale, ammesso che possa cambiare l’istintiva insaziabilità dell’essere umano.
Igor: è inutile che lei continui a giraci attorno per non riconoscere che il Bio non sta in piedi da solo e deve ricorrere continuamente ad eccezioni e deroghe. Vuole dunque negare che gli agricoltori Bio abbiano potuto continuare a produrre solo ricorrendo a fertilizzanti del tutto estranei al loro settore? Nella pratica quotidiana non è e non potrà mai essere quell’alternativa che lei difende contro ogni logica. Che poi è la stessa illogicità di coloro che difendono l’omeopatia. E’ questa una vera alternativa alla medicina allopatica quando invece delle solite pilloline di zucchero, quando stanno o si fanno veramente male corrono subito all’ospedale che li cura con antibiotici e altri farmaci?
Se insisto è perché non riesce o non vuole capire dei concetti semplicissimi.
Senta Burlini, dopo un anno e mezzo dove si è scoperto che lei si inventava le regole dei disciplinari e queste famose ‘deroghe’ del BIO per poi smentire lei stesso, con tanto di rigore documentario, le sue stesse accusse, ho solo una cosa da dirle: per me questa cosa tra noi due inizia e finisce in queste piattaforme di commenti ai blog. Se per lei è la stessa cosa, benissimo. Altrimenti agirò conseguentemente.
Fuzzy: Cuba, per tanti che come me sono sempre stati e sono di “sinistra” è stata una cocente illusione e delusione.
Attirandomi le solite ire di Igor, baso le mie considerazioni non su quanto trovo scritto, ma su incontri personali con cubani in giro per il mondo o su esperienze riferite non da chi ci è andato in vacanza a fottere le jineteras, ma da chi ci ha lavorato per anni o almeno per mesi. Tralascio i particolari. L’unico motivo per cui il regime dittatoriale sta ancora in piedi é il timore da parte della stragrande maggioranza della popolazione che la sua caduta favorisca il ritorno di quel milione ed oltre di cubani espatriati (quasi tutti di pelle più bianca della media) e che se rientrano in patria regolerebbero vecchi conti. Questa nemesi sarebbe micidiale ed i cubani lo sanno e non glielo auguro di certo.
Mah, le storie di seconda mano lasciano poi il tempo che trovano.
Preferisco i numeri. Meglio se si possono ritenere abbastanza affidabili.
Io poi prendevo una certa Cuba (che fu?) come metro in base al quale si potesse stabilire un confine tra la povertà (con sanità e istruzione e nessuno che muore di fame) e la miseria.
Adesso vedo che ci sono esportatori che dal nostro paese partono per cercare di andare in cerca di affari da quelle parti. Sono accompagnati in missione da alcuni nostri politici.
(Zitto Fuzzy, non aggiungere niente).
Basta. Non ho nient’altro da aggiungere.
Fuzzy: è significativo che per conoscere come vive e cosa pensa un popolo tu ti affidi solo ai numeri. Oppure ad articoli scritti da gente che non è mai stata nel paese su cui scrive e a loro volta, basano la loro “conoscenza” su articoli scritti da altri che anche loro non si sono mai mossi. Da giovane ho fatto anche io un errore simile, pur con molta meno ingenuità. A farmi aprire gli occhi è stata la mia prima esperienza in Africa a 25 anni. Prima di partire avevo letto migliaia di articoli e libri, ma già dopo una settimana ho capito di non aver capito niente e che mi avevano raccontato solo menzogne. Quando vedi dei militari cubani che fanno la guardia a delle raffinerie di proprietà USA, con tanto di bandiera a stelle e strisce sventolante sopra e le difendono dagli attacchi dei guerriglieri di Jonas Savimbi o di Holden Roberto, finanziati dalla Cia, ti senti anche preso per il culo. O nell’Hotel in cui vivevo a Nampula, in una sala venivano a mangiare consiglieri militari del blocco sovietico e nell’altra mercenari del blocco occidentale. Alla mattina davano lezione i primi e il pomeriggio i secondi. Parlo del 1980-1981, in piena guerra fredda. Di cubani ne ho conosciuti a decine, se non centinaia e non solo in Mozambico o Angola, ma in vari altri paesi. Di medici e veterinari cubani ne trovi ovunque. In Mozambico vivevano terrorizzati, non solo per il commissario politico che li seguiva ovunque, ma anche per la taglia di migliaia di dollari che avrebbe preso chi li ammazzava. Una taglia comunque molto inferiore a quella di un russo o un tedesco dell’Est. Qualcuno di loro ci scherzava sopra, dicendo che anche questa era una forma di razzismo. Molti erano obbligati a fare questo servizio all’estero e la loro paga era circa un decimo di quello che intascava lo Stato cubano da questi “mercenari”.
Il motivo per cui, per farmi un’idea, mi fido più da queste conoscenze dirette che della lettura di un articolo è che queste persone le incontri per caso, mentre l’articolo sei tu che lo vai a cercare e già questa scelta è fuorviante.
Era nelle premesse Basta leggere
Su Cuba gira ogni sorta di narrativa. Spesso i fatti sono inquinati dall’ideologia. Quindi mi affido ai numeri. A me poi non interessa se i cubani non sono contenti. A parte il fatto che sembrerebbero dei tipi piuttosto festosi, anche a giudicare dalla loro musica. Mi interessa come ho già detto e ridetto e per giunta siamo anche fuori tema,
1 Che non siano denutriti
2 Che abbiano accesso all’istruzione
3 Che abbiano accesso alla sanità
Se vogliamo trovare un punto debole nel sistema cubano (ma sta cambiando con aperture al turismo e agli scambi commerciali) è o era il fatto che Cuba esportava medici in sud america in cambio di risorse, specialmente petrolio e soprattutto di provenienza venezuelana.
Questo ha permesso loro di evitare di cadere nella miseria più nera.
Adesso qui si prevede che cada il nostro sistema capitalista per carenza di petrolio come è accaduto a Cuba durante il periodo especial e non è escluso che improvvisamente ci si trovi in situazioni molto vagamente analoghe a quelle del paese caraibico. Per questo mi interessava.
A dire il vero negli ultimi tempi ho iniziato a pensare che le rinnovabili, opportunamente gestite, potrebbero supplire al picco del petrolio, ma è una mia idea. Forse scaramanzia.
Cuba ha esportato non solo medici, ma anche mercenari e mercenarie parimenti apprezzati, ma bisogna dire che l’embargo non lasciava molto margine di scelta. Comunque, di Cuba so pochissimo e posso quindi dire solo che sarebbe un soggetto meritevole di approfondimento perché, con tutti i suoi difetti (quando la gente scappa ha delle buone ragioni) ha dimostrato una resilienza notevole e penso quindi che avremmo parecchie cose da imparare da loro, anche se certo non tutte.
Fuzzy: è proprio considerando i numeri che ti sbagli. Hai citato tre fattori che a tuo giudizio indicano una buona qualità di vita. Stando a quanto ho letto e soprattutto raccontato da chi ci ha LAVORATO, e non solo andato in vacanza per pochi giorni, i cubani mangiano poco e soprattutto male. Gran parte del cibo è importato, grazie alle rimesse degli espatriati e ai soldi incassati attraverso il vasto giro di prostituzione e l’invio di “mercenari” all’estero. L’istruzione è decente, soprattutto se la paragoni ad altri paesi caraibici o del Centro America. Non bisogna però giudicare i numeri, ma la qualità dei laureati, il cui livello nella maggior parte dei casi corrisponde ad un nostro buon diplomato. Sui medici non mi sento di esprimere un giudizio perché non è il mio settore, ma su agronomi e veterinari sì. Quelli che ho conosciuto in giro per l’Africa erano veramente scarsi. Nella maggior parte dei casi con livello molto inferiore ai laureati locali.
Stesso discorso riguardo alla sanità. Livello medio superiore alla media di paesi come Colombia e Venezuela, dove almeno la metà dei medici e delle cliniche, più che a curare malattie si dedicano al più lucrativo settore della chirurgia plastica. Fattore positivo (negativo per altri aspetti) è che a Cuba, l’intero settore medico è pubblico e strettamente controllato dallo Stato. Il settore di punta sono le Biotecnologie, da noi tanto detestate, sia in campo medico che agronomico. Il motivo principale del successo di tale settore (con numerose collaborazioni e investimenti stranieri) è che a Cuba sono molto lasche ( e pertanto enormemente meno costose) le restrizioni sulle sperimentazioni su persone ed in campo. Pertanto molte istituzioni pubbliche e private che vogliono sperimentare qualche farmaco senza troppi vincoli vanno a Cuba.
Jacopo: oltre a medici, veterinari ed agronomi (la maggioranza di questi è costretta a lavorare all’estero) ho conosciuto, o meglio solo visto, numerosi mercenari, nel senso di persone armate. In Mozambico ed Angola comunque tutti i cubani (anche i medici, ecc) giravano sempre sotto scorta armata e solo raramente riuscivano a svicolare e solo di notte. In molti li odiavano, non tanto personalmente (la stragrande maggioranza dei cubani sono persone amabilissime), quanto perché aiutavano regimi dittatoriali. In Etiopia i mercenari cubani hanno combattuto delle vere e proprie guerre con tanto di centinaia di carro armati ed aerei.
Nonostante tutto questo Cuba ha il grande merito di aver costituito un monito per l’imperialismo USA in tutto il Sudamerica e Centroamerica ed in parte anche un esempio per questi altri paesi.
In pratica, per non avere altre due, dieci, venti Cuba, gli USA sono andati un pò più cauti. Il che è tutto dire per gli standard della galassia latinoamericana. Dottrina Monroe più smorzata grazie appunto a Cuba.
Francesco
Vuoi contestarmi in merito ai numeri senza numeri?
Se hai dei numeri, benissimo, altrimenti
in rete ci sono “scarriolate” di aneddoti
come i tuoi che non esito a paragonare al prezioso letame di cui ti preme tanto parlare.
Se poi vuoi leggere decentemente quello che gli altri scrivono è ancora meglio, così magari esci dalla tua tribolata condizione autoreferenziale
e magari capisci che la mia intenzione non è propriamente quella di fare propaganda al “castrismo”.
Fuzzy: non vuoi o non riesci proprio a capire niente. Come puoi credere a dei numeri che sono indicativi solo della quantità se non consideri anche la qualità. Non puoi paragonare/confrontare il numero dei laureati in medicina se per un paese sono tali dopo tre-quattro anni di studi generici e per un altro servono almeno 5-6 anni di corso di laurea ed altrettanti di specializzazione. Lo stesso con la tua definizione di “denutrito”. Non basta riempirsi la pancia con qualche cosa (quantità), ma serve una valutazione qualitativa. Anche i prigioniero obbligato a tanto pane ed acqua per te non sarebbe denutrito? Per una volta, una soltanto, cerca di ragionare!
https://www.indexmundi.com/map/?t=0&v=30&r=ca&l=it
https://www.indexmundi.com/map/?t=0&v=2226&r=xx&l=en
Girala come vuoi, fatto sta che a Cuba hanno una speranza di vita alla nascita di 79 anni. Io sarei contento di arrivarci a quell’età. Densità dei medici più alta al mondo.
https://www.indexmundi.com/
Vai qui, cerchi quello che ti può interessare ed è molto meglio che leggere delle storie più o meno inventate riportate da chissà quale egocentrico.
https://www.indexmundi.com/map/?t=0&v=91&r=ca&l=it
Consumo petrolio Cuba
176000 b/d
https://www.indexmundi.com/map/?t=0&v=91&r=eu&l=it
Consumo barili petrolio Italia
1528000 b/d
Quindi in proporzione gli italiani dovrebbero avere una speranza di vita di 900 anni circa.
E dunque ci si chiede: se non serve per campare per 900 anni, a che serve tutto questo consumo di petrolio?
Questa e tante altre cose si chiede un decrescitaro.
Francesco, non leggere che non è roba per crescisti.
È anche vero che i cubani sono 11 milioni, circa un sesto degli italiani.
Eh, stavolta ho toppato.
Pure Cuba dipende pesantemente dal petrolio.
Consumo individuale circa la metà degli italiani
Consumi di gas un decimo
importazioni 11 miliardi di dollari rispetto a 400
Finisco
Esportazioni cuba 3 miliardi di dollari rispetto a 496 italia
Adesso, senza voler avere la pretesa di aver fatto una comparazione seria tra Cuba e Italia, noto comunque che
a Cuba si consuma circa la metà di petrolio, quasi niente di gas (forse perchè non hanno bisogno di riscaldamento). Tra le importazioni e le esportazioni dei due paesi c’è un enorme divario (Cuba, a parte il petrolio che da qualche parte arriva, sembrerebbe quasi un paese autarchico, ma non so come sia applicato l’embargo).
Speranza di vita alta in ambedue i paesi. E questo fa pensare a due sistemi sanitari forse diversi ma entrambi funzionanti. Se funziona la sanità deve funzionare per forza anche la scuola.
Si può mettere in relazione Cuba con la decrescita?
Può rappresentare un modello di decrescita?
Non lo so.
Dipende anche da fattori politici interni ed esterni.
La stessa Cuba è cambiata nel tempo.
“noto comunque che
a Cuba si consuma circa la metà di petrolio”
Intendo pro capite, naturalmente
Fuzzy: un tempo avevo dei dubbi e mi chiedevo se ci sei o ci fai. Ora è chiaro: ci sei! In tutti i paesi tropicali e non industrializzati consumano molto meno petrolio rispetto a paesi a clima temperato per la semplice ragione che non gli serve riscaldarsi e non hanno fabbriche. Anche un bambino dell’asilo lo capirebbe! E poi, visto che ti basi sui numeri, calcola anche quante automobili, camion, trattori, aerei hanno in rapporto alla popolazione e poi fa il confronto con l’Italia. O anche questo non riesci a capirlo da solo?
E’ arcinoto che i cubani si vantano di avere la più alta densità di “medici” in rapporto alla popolazione. Come ho cercato di spiegarti, basta dare il titolo di medico a qualcuno che ha fatto tre, quattro o anche cinque anni un qualche corso che si occupa di medicina (tipo i nostri infermieri) ed il giochetto è fatto.
Nel caso avessi letto quello che ho scritto (non credo perché sei completamente autoreferenziale) avresti visto che mi sono meravigliato di quanto petrolio si consumi a Cuba, perché pensavo molto meno.
Ora, per avere letto dei dati affidabili e non solo ascoltato le tue banalità assolute, mi spiego come mai in quel paese quasi autarchico riescano comunque a far funzionare i servizi essenziali.
Metti tutto questo in relazione con il picco del petrolio e con una decrescita, o un collasso delle economie, che ci potrebbe portare in una condizione analoga.
Nota, se mai vuoi notare qualcosa, che non ho affermato che questa sorte (diventare come cuba) sia scontata. Dipenderà forse da molti fattori che sicuramente mi sfuggono e comunque nessuno ha la sfera di cristallo.
Semplicemente si commenta un articolo.
La situazione energetica a Cuba.
Contano di riuscire a produrre il 100% di energia elettrica da fonti rinnovabili.
Grandi.
https://greenreport.it/news/energia/cuba-modernizzazione-ed-energie-rinnovabili-per-uscire-dalla-crisi-dellobsolescenza-energetica/
Anche la Germania “contava”… ci complimenteremo quando lo avranno fatto e sarà energia veramente pulita, non schifezze tipo l’idroelettrico.
E anche l’energia “pulita” ha comunque bisogno di terre rare… altra schifezza: nemmeno la Cina lo vuole più fare!
https://www.ucanews.com/news/myanmar-church-speaks-out-against-rare-earth-mining/100613
Si ma la Germania ha un’economia tra le più grandi al mondo, il doppio dell’Italia.
Non si possono paragonare i consumi energetici tedeschi con quelli di cuba.
E tantomeno quelli di Stati Uniti cina e giappone.
A cuba le rinnovabili potrebbero aver senso perché i consumi energetici sono già ridotti al minimo.
Ma il minimo richiede comunque un’infrastruttura
efficiente.
Altrimenti la sanità ce la si può scordare, ddirei.
Ecco, diciamo che Cuba con energia rinnovabile potrebbe diventare veramente un modello di decrescita.
Politica a parte? Mah.
Altro che Cuba! Un modello da imitare o almeno ammirare tra i paesi sudamericani è il Costarica. La sanità (pubblica) funziona meglio che a Cuba. L’aspettativa di vita è più alta che a Cuba e se non mi sbaglio è anche la migliore di tutto il continente. Non ha esercito e non manda nemmeno mercenari ad ammazzare gente in giro per il mondo che fa Cuba da decenni.
Settanta anni fa Cuba aveva un’economia e infrastrutture migliori del Costarica!
Il Costarica è di fatto protetto dall’esercito americano, per questo può permettersi di non averne uno suo.
Sul resto sono d’accordo.
https://www.tuttointornoanoi.it/costa-rica-energia-rinnovabile/
Il Costarica è un esempio ma non facilmente riproducibile in quanto confida in gran parte sulla sua ricchezza di energia idroelettrica.
Non ha un esercito da mantenere.
Inoltre
“L’89% della popolazione è composta da bianchi di origine europea, il 6% da meticci (tra spagnoli e amerindi), il 2% da neri, il 2% da cinesi e l’1% da amerindi”
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Costa_Rica
https://www.borsamagazine.it/fisco/costa-rica-paradiso-fiscale/
È un paradiso fiscale.
Ma dai! E che cavolo! E io che sto anche a leggere.
Cosa c’entra di che colore è la popolazione?
Gaia: è vero, ma se da quelle parti facessero tutti così, starebbero meglio. In ogni caso, dato che vige la Dottrina Monroe (il cane più grosso comanda) quelli che non obbediscono ne pagano le conseguenze. Brutto da dirsi e da accettare, ma è così da quasi 200 anni. Tanto vale approfittarne come ha fatto appunto il Costa Rica.
La considerazione di Fuzzy sul colore della pelle dimostra quanto poco ci capisca. Paesi vicini, come Haiti e Repubblica Domenicana pur spartendosi la stessa isola e con percentuali simili, (quasi tutti più o meno “colorati”) hanno qualità della vita completamente diverse.
La dice lunga anche la sua considerazione che il Costa Rica sia un paradiso fiscale come l’Olanda, l’Irlanda, il Lussemburgo o San Marino. Cuba quindi sarebbe “molto più meglio” ed un esempio da seguire?
Il 90% di popolazione di origine europea non lo vogliamo considerare una caratteristica difficilmente riproducibile fuori dall’occidente?
Wikipedia scrive
L’immigrazione europea (dall’Italia, Francia, Inghilterra e Germania) fu intensa, così come quella americana (dagli Stati Uniti d’America, Nicaragua, Colombia e Cile),
-e contribuì allo sviluppo del Paese-
Sviluppo….siamo sempre lì. La decrescita credo sia qualcosa di diverso.
(Ho il sospetto che mi si accusi di essere razzista al contrario, ma non è facile capirlo in mezzo a delle argomentazioni così sconclusionate).
E d’altra parte vedo che qui sono sempre accusato di qualcosa, per cui prendo atto della situazione e mollo definitivamente “la pezza”, come si suol dire.
Buon divertimento.
No, non sei razzista “al contrario”, sei razzista proprio, perché stai insinuando che solo i paesi in cui la maggior parte della popolazione ha la pelle chiara sono in grado di svilupparsi.
Gaia: purtroppo in quello che pensa Fuzzy c’è una parte di verità. Non nel senso che pensa lui e cioè che il progresso (Fuzzy continua a parlare di sviluppo quantitativo, che è solo una componente del progresso che invece è qualitativo) dipenda solo dal colore della pelle, ma dal retaggio culturale che ti porti dietro e molto anche dalle circostanze ambientali e politiche. Sia Cuba che l’enorme differenza tra Haiti e Repubblica Domenicana ne sono esempi emblematici. Tanto per restare in zona caraibica.
Un altro esempio che il colore della pelle c’entra poco con il progresso è la straordinaria e velocissima ascesa di paesi come il Giappone e la Corea (un paese che 80 anni fa era messo peggio della maggior parte dei paesi africani), con popolazione non certo bianca, ma che hanno adottato in pieno la cultura occidentale, inclusa la scienza.
Avendo lavorato a lungo, non solo in Africa ma anche in vari paesi latinoamericani, (in Colombia ci sono stato quasi due anni) posso dire che la stragrande maggioranza dei bianchi ragiona in maniera diversa dalla stragrande maggioranza dei “coloured”.
L’esempio più emblematico l’ho visto in Uruguay, (che fino a 60-70 anni fa era uno dei paesi più ricchi al mondo e non da petrolio, ma solo da agricoltura e zootecnia) e dove da decenni il governo regala alle famiglie di poveracci (per lo più di “sangue misto”) dei lotti di terreno ed un prestito a tassi bassissimi per farsi la casa. All’inizio i lotti erano di 50 ettari, poi ridotti di molto fino ad arrivare soli cinque ettari. E’ più di 15 anni che non ci vado per cui non so come sia ora. In certe zone vedi centinaia di queste lottizzazioni tutte uguali: una casetta di legno costruita vicino alla strada, con attorno un piccolissimo campetto con fagioli, mais e qualche altra verdura. Un altro recinto con qualche decina di pecore ed il resto completamente abbandonato ed incolto. Questo gli basta ed avanza. Soprattutto in un paese dove la carne bovina costa poco più del pane. A tutte le ore ed in tutte le stagioni li vedi che stanno “riposando” nella veranda davanti casa con la bombilla in bocca a ciucciare yerba mate. Forse stanno meglio di noi che continuiamo a lavorare e produrre. Altri esempi emblematici li vedi confrontando posti diversi all’interno dello stesso paese come il Brasile. Tra Stati come il Paranà, Santa Catarina ed il Piauì o Pernambuco, c’è un abisso e non dipende solo dall’ambiente, ma dalla mentalità diversa.
E’ anche per questo che trovo assurda l’ideologia decrescitaria.
Se potessi vivrei anch’io così. È che in Italia non puoi essere povero neanche se vuoi, a meno di non volerti trovare per strada.
“Se potessi vivrei anch’io così. È che in Italia non puoi essere povero neanche se vuoi, a meno di non volerti trovare per strada.”
Gia’, e proprio cosi’, e nel nostro paese il primo motore della crescita forzosa del PIL e’ lo Stato, che con la spesa pubblica a debito keynesiano che quest’anno raggiunge il 55 per cento del PIL complessivo (“scavare buche / riempire buche”, l’avrete sentita no? e’ il fulcro, che piu’ esplicito di cosi’ non si puo’, della teoria…), e una normazione tale che qualunque obiettivo (green?) si raggiunga ti alzano sempre e comunque l’asticella finche’ non ti spezzi le gambe e la schiena*, costringe i cittadini a correre come criceti in gabbia, con la differenza rispetto ai criceto che non si divertono neanche un po’, e non trovano la greppia piena, non tutti, perlomeno.
Ma per alcuni “boomer”, e i giovani da essi manipolati, il Leviatano e’ il fantomatico capitalismo, che e’ il prezzemolo dei boomer attempati dei “movimenti” comunisti di mezzo secolo fa, causa e spiegazione ultima di tutto cio’ che non va. Puo’ darsi, magari negli Usa o nella Cina comunista, ma di certo non in italia (55 per cento spesa pubblica, 45 per cento spesa privata**, tassazione al 50 per cento – cioe’ neanche il 50 per cento di tassazione basta a coprire la spesa pubblica che e’ del 55, e cosi’ il debito (il periodico “avete vissuto al di sopra delle vostre possibilita’ e adesso lacrime e sangue” ve lo ricordate?) aumenta del 5 per cento l’anno – o l’inflazione che e’ la stessa cosa, solo meno esplicita – colpa degli evasori! o anche no? – “divide et impera”).
* avrete sentito la novita’ di oggi, che l’europa ha approvato l’obbligo di innalzare la classe energetica degli edifici entro 7-10 anni – ma abbassare il termostato non era piu’ semplice? costava troppo poco? e se poi la gente apre le finestre perche’ l’edificio super-isolato e’ tombale e claustrofobico? (lo e’…) Blocchiamo le finestre come neanche in galera? Il provvedimento avra’ un effetto catastrofico sui debiti finanziari, che sono in gran parte garantiti da valori immobiliari che crolleranno, ma ci potete scommettere che i signori “vispe terese” che hanno deciso cosi’ daranno la colpa a tutto (in specie al “capitalismo”) fuorche’ a loro stessi (come stanno facendo con la crisi energetica che in europa e’ in gran parte autoinflitta, dagli stessi).
** senza contare il fatto che una gran parte della “spesa privata” e’ tale solo di nome, perche’ costretta dalle mille normative spesso francamente vessatorie, come Gaia nella sua attivita’ di micro-imprenditrice ha ben sperimentato. Secondo il sociologo/statistico Ricolfi la cosiddetta “intermediazione dello Stato”, cio’ la somma della spesa diretta dello Stato piu’ quella formalmente privata ma imposta dalla normazione, in italia e’ OLTRE il 90 per cento del PIL! scusate il punto esclamativo – in altre parole il 90 per cento del reddito nazionale e’ fuori dal controllo delle persone, lo devono spendere per forza, non possono decidere di non spenderlo, di non comprare consumare/qualcosa – altrimenti il PIL cala, il rapporto debito/Pil aumenta, e bisogna aumentare le tasse, vi rendete conto di come funziona il meccanismo perverso della contabilita’ nazionale? – che poiche’ segue il “metodo di calcolo di keynes”, considera TUTTA la spesa pubblica come PIL utile, lo considera comunque come “ricchezza”, anche appunto lo “scavare e riempire buche” )
Vero quel che dici, ma che c’entra il Leviatano?
Anni fa ad una conferenza tenuta a Goito (MN) sulla decrescita, un signore chiese a Pallante quale fosse secondo lui la soluzione più urgente da realizzare. Pallante rispose: un rapido efficientamento energetico degli edifici, sia pubblici che privati. Seguì una lunga serie di esempi e soluzioni tecnologiche. Al termine della conferenza feci notare che, pur trovandomi più o meno d’accordo con le finalità, vedevo una contraddizione con l’ideologia decrescitaria perché per realizzare tale efficientamento si sarebbero dovute utilizzare quantità enormi di energia e di nuove materie prime, nonché assistere al tanto aborrito incremento del PIL. In pratica non ci fu risposta perché resosi conto delle difficoltà di Pallante, l’organizzatore chiuse la conferenza.
Su questo ti do ragione, e vale anche per altri ambiti.
Sarebbe meglio cominciare a costruire case più piccole, scaldare meno, e mettere eventualmente questi obblighi (che ci sono già) sulle case nuove. Non dare soldi pubblici per ristrutturare ville.
Gaia: purtroppo non sei la sola a pensarla così e cioè che sarebbe meglio infischiarsene di tanti problemi e preoccupazioni e vivere alla giornata. La risposta te la sei data da sola quando ti sei rotta un braccio ed hai ammesso di aver avuto bisogno di una buona struttura sanitaria. Che solo una società efficiente può sostenere! Una minima parte di “fanagottoni” (ci metto dentro anche tanti “artisti” ed adepti del “tutto, pur di non lavorare”) nella società è ammessa e tutto sommato anche “utile”. Oltre quel limite però si torna indietro.
Jacopo (e Igor, se legge ancora): c’entra eccome! Forse è una delle cose che c’entrano di più!
È inutile parlare di decrescita quando la spesa e la politica pubblica sono completamente concentrate sull’obbligarti a produrre e lavorare molto più di quanto vorresti e di quanto sarebbe necessario. Evidentemente tanti teorici della decrescita sono lavoratori dipendenti, e quindi non se ne rendono conto, ma se hai un’attività è lampante.
Mi piacerebbe molto che parlaste di questo.
Esempio: voglio fare un’azienda agricola che produca per me e un po’ di surplus. Mi basta sopravvivere e poco più e sono perfettamente in grado di fare questo. Ma ho le tasse, che servono a mantenere un livello *generale* di consumi molto alto, e quindi sono alte, e quindi devo lavorare molto per pagarle. Devo pagare tecnici, veterinari della ASL, corsi, associazioni di categoria, camere di commercio… tutte le persone che lavorano in questi posti hanno stipendi e stili di vita da Leviatano (spesso molte migliaia di euro al mese), e io sono COSTRETTA a contribuire, anche se sono decrescista.
Quindi o ampio enormemente la mia attività, sfrutto i lavoratori, sfrutto l’ambiente, o chiudo. Non ci sono alternative perché essere piccoli è di fatto proibito.
Per dire, io non ho quasi spese di gestione. Dal punto di vista delle risorse consumo pochissimo e produco. Però le spese di tasse (in parte necessarie, in parte no), burocratiche e varie che vi ho elencato mi fanno essere praticamente sempre in perdita. E questo, attenzione, non perché faccio agricoltura dannosa, ma perché NON la faccio ma devo pagare lo stesso.
Ripeto, sarebbe davvero bello se qualcuno ne parlasse, altrimenti stiamo qui a menare il can per l’aia.
Lo stato e le istituzioni pubbliche gestiscono il grosso dell’attività economica di qualsiasi paese al mondo ormai, e per cambiare il sistema bisognerebbe cominciare da lì.
Gaia, rendere obbligatori consumi indesiderati è una delle strategie di sopravvivenza del Leviatano. Ci sono dinamiche precise dietro questo ed altri fenomeni correlati. E’ proprio di questo che parlano le 400 e passa pagine del nostro libro.
Buono a sapersi! Parlate anche di come combattere questa strategia? Non ho ancora letto il libro.
(Sembra una domanda provocatoria ma è sincera)
No, il nostro tentativo è quello di fornire una chiave per capire come funziona la megamacchina di cui siamo parte, così da farsi un’idea di cosa sia possibile che accada e cosa no. Che non vuole assolutamente dire che facciamo previsioni, naturalmente. Si cerca solo di delimitare il campo del possibile, non di indovinare quali delle opzioni possibili si realizzerà. Lo scopo, se abbiamo sommariamente ragione, è quello di renderci meno facilmente vittime di venditori di idee e oggetti inutili o nocivi. Circa il modo pratico per difendersi entro i limiti del possibile, credo che ognuno dovrà inventarselo a partire da quello che ha e che sa, da dove si trova ecc. Non credo che ci siano strategie buone per tutti. O, se ci sono, le ignoro e le vorrei conoscere. Ciò rende “Il Leviatano ” inutile? Forse. Penso che per saperlo occorra prima leggerlo e poi giudicare che ci è servito a qualcosa. A me scriverlo è servito a chiarirmi parecchie cose e ad impararne altre.
Gaia: hai ragione, ma hai anche scoperto l’acqua calda!
Tutto il Sistema (compreso il settore agro-zootecnico) è indirizzato verso l’ottimizzazione ed i piccoli produttori ne fanno le spese. Alcune istituzioni come la Coldiretti approfittano del malcontento, promuovendo soluzioni ancora più illusorie e controproducenti come il Biologico. Se anche solo la metà dei soldi sprecati per il Bio o per gli stipendi della pletora di inutili burocrati fosse destinata alla ricerca l’attuale situazione migliorerebbe di molto.
Non è ottimizzazione pagare tremila euro al mese un veterinario della Asl o obbligarti a passare la vita a compilare carte inutili o cambiare le regole ogni anno così che tu ogni volta devi spendere per adeguarti.
La Coldiretti non promuove il biologico ma il Made in Italy e i contributi, cioè quello che la fa guadagnare.
“Non è ottimizzazione pagare tremila euro al mese un veterinario”
La piccola e micro impresa e’ considerata dai governanti un ostacolo, un qualcosa da eliminare, perche’ e’ poco governabile ed evade (il vero motivo per cui in italia c’e’ piu’ evasione “ufficiale” rispetto agli altri grandi paesi e’ che da noi predomina la piccola impresa – predomina fra l’altro grazie allo “statuto di lavoratori”, quello di Gino Giugni, che entrando in vigore nelle ditte di oltre 15 dipendenti ammazzandone la flessibilita’ di solito necessaria per sopravvivere nella variabilita’ del libero mercato, fa si’ che esse preferiscano spezzettarsi in tante piccole ditte da 15 piuttosto che fondersi in una piu’ grande – dove si perde ad esempio la possibilita’ di licenziare, comunque male vadano gli affari alla ditta).
Questo fra l’altro ha prodotto il risultato che il PCI-DS-PD, da sempre acerrimo nemico della piccola impresa familiare perche’ in essa e’ meno presente lo scontro di classe, abbia finito per trasformarsi nell’attuale partito delle ZTL, mentre i piccoli imprenditori e i loro operai votano a destra o estrema destra ormai da trent’anni, dal tempo del fenomeno delle “leghe” che avendo tu se non ho inteso male studiato anche politica, conoscerai bene.
D’altra parte la grande impresa tende a “catturare il regolatore” (c’e’ tutta una teoria dell’organizzazione aziendale in proposito, ci devono aver pure vinto un nobel), cioe’ a farsi fare le regole su misura. La grande impresa finisce per confondersi con lo Stato, col Leviatano. Il motivo per cui le norme europee vengono vissute con grande sofferenza in Italia, e’ che arrivano da, e sono fatte per paesi dove a predominare e’ la grande impresa. C’e’ da dire che i burocrati italiani, in un vero slancio di autolesionismo che si spiega solo con la pazzia o la cretinaggine, e con la completa alienazione dal mondo _fisico_ in cui vivrebbero, quando le accolgono tendono sempre e inspiegabilmente a complicarle e irrigidirle ulteriormente, a “fare +1 “. Mah, personalmente ho smesso da decenni di sperare in qualcosa di meglio, va cosi’ e accontentiamoci, prima o poi arrivera’ la morte liberatrice. Finora dibattersi ha sempre e solo peggiorato la situazione (vedi ad esempio lo scandaloso green washing: ormai esce retorica green in continuazione persino dagli altoparlanti degli ipermercati – era meglio non tirare mai fuori l’argomento, e vorrei che su questo i pochi “attempati” con un po’ di sale in zucca facessero autocritica – lo so che da vecchi cambiare idea e’ difficile – figuriamoci riconoscere di aver sbagliato tutto ;).
È molto difficile trovare dei referenti politici o sindacali se sei un piccolo/piccolissimo imprenditore.
Le associazioni di categoria traggono vantaggio dalla complessità artificiale perché si pongono come intermediarie: se le cose fossero semplici, non servirebbero e dovrebbero andare a zappare la terra pure loro.
I partiti di destra possono far finta di stare dalla tua parte, ma stanno e staranno sempre dalla parte dei ricchi (vedere governo attuale o qualsiasi altro governo precedente).
Per i partiti di sinistra sei un nemico di classe e i 5 stelle hanno deciso che dare soldi a caso a più gente possibile è il modo migliore per vincere le elezioni, e hanno preso quella strada lì.
Il paradosso è che uno dei modi migliori per iniziare a costruire una vera alternativa sarebbe mettersi in proprio e provare a fare qualcosa – sia per le conseguenze pratiche, sia per conoscere il sistema e chiedere cambiamenti a ragion veduta.
Negli anni ho conosciuto un sacco di “compagni”, di anarchici, di alternativi vari, che provavano a fare agricoltura, produrre cibo, artigianato, piccoli locali… il problema è che sono soggetti alla legge come tutti gli altri, con rare e misteriose eccezioni, tipo WOOFing o Genuino Clandestino (che al nord sarebbe impossibile).
Ma nel sistema attuale è difficilissimo sopravvivere, e se sopravvivi finisci per farlo mantenendo lo stesso sitema che vuoi abbattere, e le energie necessarie per cambiare il sistema sono sottratte alla sopravvivenza dell’attività, per cui non ne esci.
Quello che descrivi è un perfetto scorcio di una più vasta dinamica che abbiamo definito “fase catabolica”, in cui il sistema socio-economico si autodigerisce.
Jacopo, lungi da me insinuare che il vostro libro sia inutile! (Ho letto Picco per capre, per quel che vale 🙂 )
Per quanto riguarda me personalmente, avendo già aderito a una certa visione del mondo (pur con qualche differenza), vorrei ora provare a cambiare la situazione. Uno dei problemi che vedo nell’ambientalismo diffuso nelle nostre società è l’incapacità di vedere nel concreto come funziona il meccanismo che vogliamo combattere e come ne facciamo parte. Sia come piccola allevatrice che come scrittrice incontro in continuazione sedicenti ambientalisti che fanno completamente parte del “sistema” e contribuiscono ad alimentarlo, e la cosa fastidiosa è che vengono a fare la predica a te!
(E poi, è utile sapere perché succedono certe cose, ma vorresti anche cambiarle, altrimenti passi la vita a sbattere la testa contro il muro!)
Gaia: mi astengo dal commentare cosa vuole e fa veramente la Coldiretti perché non essendo più protetto dall’anonimato finirei con il pagarne le conseguenze. Per esperienza diretta so che i “poteri forti” sono vendicativi e la Coldiretti è quella che dirige l’orchestra per tutto il settore agrozootecnico italiano. In un lontano passato ho lavorato anche per l’UE ed ho quindi avuto modo di confrontare i funzionari dei vari paesi. L’impressione è che la qualità degli italiani, (a parte qualche eccezione come ad esempio De Castro) sia nettamente inferiore alla media. I migliori che ho conosciuto erano gli spagnoli, che non a caso hanno convogliato sulla loro agricoltura quelle decine di miliardi di Euro che l’Italia non ha saputo spendere. Oltre a questo abbiamo avuto dei ministri dell’Agricoltura che di questo settore non ci capivano una mazza, sia a destra (tipo: Poli-Bortone, ex insegnante di latino) che a sinistra tipo Pecoraro Scanio. Oggettivamente la situazione italiana è anche la più complessa perché si trova a dover difendere contemporaneamente produzioni estremamente diversificate tra nord e sud Italia. Nessun altro paese europeo ha questo problema. Alla confusione nazionale si aggiunge spesso anche quella a livello regionale, con regole spesso diversissime.
Visto che citi i veterinari, dovresti tenere conto che l’Italia è l’unico paese al mondo in cui il veterinario dipende dal Ministero della Salute e non dal Ministero dell’Agricoltura. Questo porta il veterinario a sentirsi non dalla stessa parte dell’allevatore (come in tutti gli altri paesi), ma dalla parte del consumatore. Per cui l’allevatore è un soggetto “antagonista” da controllare. E reprimere. Sempre. Anche da questo nascono tutta una serie di diatribe e malintesi.
Per ottimizzazione si intende ( ed anche io intendo) ” eliminare i fattori di rischio”. Un criterio che si attiene bene all’industria, in cui si possono prevedere e programmare molte cose. Molto meno per un settore aleatorio come l’agricoltura, che invece dovrebbe puntare di più sulla massimizzazione: e cioè massimizzare al massimo le peculiarità ambientali.
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/05/24/news/finanzcapitalismo_e_rischio_ecologico-12211089/
Maître à penser fuori tempo massimo….
Chi?
Scusi può spiegarmi un po’ il senso dell’allusione a Gallino?
L. Gallino, ovvio!
Nel senso che sfido chiunque a trovare un concetto inedito nel libro delle profezie di L. Gallino “Una civiltà in crisi”. Inoltre descrive un mondo che sembrerebbe essersi guastato solo a partire dagli anni 2000.
Il vostro libro, molto meno recensito, al confronto è una Bibbia.
Mi piacerebbe se commentaste l’articolo di Waring et Al. “Characteristic processes of human
evolution caused the Anthropocene and may obstruct its global solutions”
https://royalsocietypublishing.org/doi/epdf/10.1098/rstb.2022.0259
Trovo molti punti in comune con la vostra analisi nel Leviatano anche se manca, in Waring, un’analisi più calata nella storia dell’umanità. Penso che il Leviatano meriterebbe una buona traduzione in inglese.
Grazie
Grazie dell’indicazione, a prima vista sembra molto interessante e mi riprometto di studiarlo con calma appena possibile. Quanto ad una possibile traduzione inglese del “Leviatano”, ci stiamo lavorando.