Oggi Diego Vassallo mi ha chiamato per chiedermi un contributo al blog; e mi ha messo in moto una serie di riflessioni che vi presento. Se valgono qualcosa, ringraziate lui.
Se siete qui, vuol dire che probabilmente avrete letto Picco per capre, che ritengo semplicemente il miglior testo in circolazione per capire in che situazione stiamo.
E’ una situazione che Rossini descrisse in modo geniale, nella sua Cenerentola.
Non parlava di cambiamento climatico, ma di un piccolo intrigo amoroso, però ditemi se non vi sembra che riassuma perfettamente le fantasie sull’ossimoro sviluppo sostenibile e le reazioni sempre più scombussolate degli elettori di tutto il mondo alla catastrofe che avanza:
“Questo è un nodo avviluppato,
Questo è un gruppo rintrecciato.
Chi sviluppa più inviluppa,
Chi più sgruppa, più raggruppa;Ed intanto la mia testa
Vola, vola e poi s’arresta;
Vo tenton per l’aria oscura,
E comincio a delirar.”
Scure nubi si addensano all’orizzonte.
Possiamo fare le corna, dire che i meteorologi sono pagati dalla lobby dei malinconici, possiamo brevettare un sistema per abolire l’acqua sulla terra e mandarla su Marte.
Oppure possiamo tirarci su il cappuccio.
Tirarci su il cappuccio è un gesto molto piccolo.
Non ferma il temporale, ma almeno ci bagniamo un po’ di meno.
Come dice Picco per capre, tra essere disperati ed essere ottimisti, meglio essere realisti.
Mentre Jacopo Simonetta e Luca Pardi (e altri) ci aiutano a capire quindi la parte temporale, mi piacerebbe iniziare a lavorare sulla parte cappuccio.
Ora, il cappuccio è molto piccolo rispetto a una nuvola (ecco una domanda che mi son sempre posto: quanto sono grandi le nuvole?). Ed è molto personale.
Quindi il punto di partenza per “fare qualcosa” è per forza piccolo e personale.
Ho detto personale, non individuale, perché l’illusione che saremmo atomi inspaccabili vaganti nello spazio, identici tra di loro, ma legati soltanto da leggi di stato e mercato, è una buona parte del problema.
Personale suona meglio.
Dà l’idea delle tante cose che costituiscono la mia vita. Tra cui famiglia – che ha una storia che risale più o meno al primo esserino che sgusciò dal mare -, lingua (che risale agli indoeuropei dell’Ucraina di settemila anni fa), luogo, aria che respiro, flora intestinale, gli esseri viventi che mangio e le loro complesse ramificazioni e poi tutta la gente che ho attorno e che conosco personalmente, nella sua folle e assurda complessità, e i figli che metto al mondo e il loro imperscrutabile futuro.
Questa è la base della vita di ciascuno di noi: un luogo e una comunità. Che però è sempre in trasformazione.
Tale è il nostro potenziale cappuccio, perché non ne abbiamo un altro.
Chi si aspetta qualcosa dalle istituzioni, ascolti questa storia.
Mezzo secolo fa, nel 1971, la città di New York impose una tassa sulle bottiglie di plastica, perché stavano per rendere ingestibili le discariche dei rifiuti.
I produttori di plastica si rivolsero ai tribunali, che si trovarono così tra le mani il destino del pianeta, della maggior parte delle specie viventi, dei mari e di noi che viviamo oggi.
Un po’ come Gesù che nel racconto cristiano si trova a salvare il mondo: un gruppo di magistrati americani, di cui ignoro i nomi e i cognomi.
I giudici decisero di bocciare la tassa, perché discriminava contro degli onesti produttori.
Io all’epoca ero molto giovane e non risiedevo a New York, e le balene non votano, quindi noi in tribunale non ci siamo presentati quel giorno; mentre alcuni capifamiglia che rischiavano di non poter pagare il mutuo per la casa, c’erano.
Però ricordiamocelo, il momento che decise la storia del mondo non fu Waterloo né Stalingrado, ma quel giorno in tribunale.
Mezzo secolo dopo, nella mia città, ambiente per l’amministrazione vuol dire tagliare i rami degli alberi che potrebbero cadere in testa a qualche passante; mentre sviluppo sostenibile vuol dire cementificare l’unica area ancora intatta della città e farci una gigantesca nuova pista per l’aeroporto, perché quindici milioni di turisti l’anno sono troppo pochi.
Voi vi chiederete, e la parte sostenibile? Semplice, piantare altri alberi nei giardini pubblici, da capitozzare appena un rametto inizia a vacillare.
Non sono cattivi, i nostri amministratori; come non erano cattivi nemmeno i giudici di New York nel 1971.
E’ che se sono politici, devono pensare alle prossime elezioni; e se sono funzionari, devono pensare a leggi create in tempi passati.
Infatti, non pensate che l’opposizione farebbe molto diversamente, se arrivasse al governo.
Va benissimo cercare di cambiare delle leggi, e dobbiamo anche impegnarci per questo.
Però non dobbiamo aspettarci che tutto il sistema giuridico e amministrativo cambi di punto in bianco: c’è un’immensa inerzia di regole che si fossilizzano a vicende, costruite sulla premessa che lo Stato deve dirigere il traffico di individui che crescono economicamente.
Questa premessa sappiamo oggi che è la causa del guaio in cui ci troviamo; e sta dietro a praticamente tutto il sistema politico e giuridico che ci governa, anche quando politici e magistrati sono persone con le migliori intenzioni.
Ricordiamoci che i sistemi a volte contano più delle persone.
Quando il sistema stabiliva che le bottiglie di vetro si riportavano al negozio e si riempivano, le discariche erano vuote, e così la gente sembrava tutta brava e carina. Quando il sistema stabiliva che le bottiglie di plastica dovevi pensarci tu a buttarle, le spiagge sono diventate un plasticaio, e la gente sembrava tutta cialtrona.
In Italia, la gente ha votato per quasi mezzo secolo per gli stessi partiti, con minimi spostamenti di anno in anno. Quando hanno cambiato il sistema elettorale, gli italiani hanno cambiato in un attimo le loro identità politiche: democristiani, comunisti, socialisti, missini, che si sarebbero impiccati piuttosto che cambiare convinzione, sono spariti in un batter d’occhio.
Noi viviamo in un sistema di delega.
Io pago le tasse, io ti voto, tu fai in modo che io abbia tutti i servizi che voglio io, e se no, non ti voto più.
Un sistema tutto basato sull’idea della delega forma cittadini di un certo tipo.
Piove governo ladro! riassume perfettamente il concetto.
Il Cittadino, dopo una dura giornata di lavoro rigorosamente per se stesso e la famiglia, se ne sta in panciolle davanti al televisore.
Guarda il politico Tizio e comincia a dirsi qualcosa tipo,
“Che faccia tosta… Io lo mantengo con le mie tasse, gli pago pure le vacanze, e lui che fa? Sbaglia i congiuntivi, ha la moglie che ha una sorella che su twitter ha detto che le piace quel cantante lì che hanno arrestato perché vendeva la cocaina, ha un cugino che nel 1991 ha tardato a pagare l’IMU. E nonostante tutto, questo politico permette pure che piova!”
Da queste considerazioni sparse, possiamo trarre alcune conseguenze.
Innanzitutto, i politici possono essere aquile o asini, destri o mancini, ma non ci possono salvare. Ed è molto infantile arrabbiarsi conloro se non lo fanno.
Al massimo possiamo coinvolgere alcuni di loro ad aiutarci.
Lo stesso vale per funzionari e magistrati.
E adesso che abbiamo esaurito la lista completa di quelli che in una democrazia rappresentativa dovrebbero fare tutto, cosa ci resta?
Restiamo noi, che in teoria costituiamo il Popolo Sovrano.
Ora, l’idea di Popolo Sovrano, come tutte le astrazioni, lascia il tempo che trova. Però è l’inizio di un’idea un po’ più seria.
Cioè, io e le persone con cui si intreccia la mia vita possiamo fare qualcosa qui e adesso.
“Io, persone che conosco, qui, adesso, fare…”
Confrontate queste parole con altre, ad esempio:
“Mercato, Giustizia, Democrazia, Monarchia, Legalità, Patria, Universalismo, Socialismo, Proprietà Privata, Diritto, Istituzioni, Valori, Progresso, Tradizione, Memoria Storica, Cultura”
Noterete che il secondo gruppo di parole ci permette di fare un sacco di scelte
“io amo il Progresso, odio la Tradizione! Viva la Patria, questo Universalismo non mi piace!”
Nel primo gruppo di parole, invece, non possiamo scegliere: ci siamo dentro per definizione.
Per cui noi che siamo piccoli, pratici e dobbiamo tirar su il cappuccio, è meglio che ci concentriamo su parole che sono come la nostra testa e ci possiamo tirare su il cappuccio.
“Io persone che conosco, qui, adesso, fare”
Nei prossimi articoli, riparleremo di cappucci.
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Innanzitutto Miguel benvenuto su Apocalottimismo. Per quanto riguarda la frase “Ricordiamoci che i sistemi a volte contano più delle persone.” la condivido pienamente e la ricollegherei a un pezzo che sto scrivendo un po’ polemico contro certi stereotipi degli ecologisti.
Benvenuto e grazie delle belle Parole 😀 Come sempre un testo ricco di spunti di riflessione
Grazie a voi dell’ospitaità!