(Nel mare magnum del Web finiscono inevitabilmente per perdersi contributi che, invece, meriterebbero di durare nel tempo. Ritengo questo pezzo uno dei migliori di Jacopo Simonetta: scritto nel 2015, cioé quasi dieci anni fa, suona ancora più attuale di allora – Igor Giussani)
Gli appassionati di fantascienza conoscono molto molto bene questo autentico “cult” dell’ormai lontano 1897. Da allora, infinite sono state le fantasie circa un’invasione extraterrestre, eppure per assistere ad una guerra fra popoli alieni non c’è bisogno di aspettare l’improbabile arrivo di navi spaziali. E’ già in corso sotto i nostri occhi ed è probabile che il grosso debba ancora arrivare.
Ovvio che dietro ogni guerra vi siano punti di vista tanto diversi e tanto forti da indurre la gente a pensare che valga la pena di morire per essi. Ma non necessariamente si tratta di guerre fra genti aliene. Per spiegarmi, farò due esempi: la guerra russo-ucraina e la Jihad dell’ISIS, ma prima è necessaria una premessa antropologica. Sicuramente la più peculiare delle prerogative umane, quella che più ci distingue dagli altri animali, è la necessità che abbiamo di dare un significato ed uno scopo alla nostra vita. Tutti gli altri esseri vivono, godono e soffrono; poi muoiono e basta. Noi no. Se non siamo in grado di assegnare un significato ed uno scopo alla nostra esistenza semplicemente non riusciamo a vivere. Depressione, droga, autolesionismo, violenza gratuita e molti altri sono i sintomi di questo tipo di patologia. Ma cosa c’entra questo con la guerra e le invasioni aliene? Ci arriveremo.
L’uomo industriale non solo ha elaborato stili di vita e tecnologie uniche nella storia. Assai più importante è il fatto che si sia dato uno scopo: soggiogare la Natura; ed un significato: essere Dio. Due affermazioni che necessitano di una giustificazione.
Per quanto riguarda lo scopo, si può facilmente obbiettare che la stessa identica idea l’avevano anche i nostri antenati e gli altri popoli della Terra; la differenza è che noi ci siamo riusciti o quasi. Un’opinione estremamente diffusa, ma non corroborata da alcun documento disponibile non solo circa i popoli “primitivi”, ma anche dei nostri stessi antenati. Beninteso, vivere comodi e a lungo è sempre stata cosa gradita e perseguita, ma di solito non se ne faceva uno scopo di vita.
Viceversa per noi sono valori fondanti che danno un senso alla nostra esistenza, anzi, la sicumera con cui attribuiamo ad altri questi stessi ideali la dice lunga su come questi siano profondamente radicati nella nostra mente individuale e collettiva.Per quanto riguarda il secondo punto, essere Dio, ovviamente non intendo dire che ognuno di noi pensi di essere un dio in terra. Intendo dire che, collettivamente, riteniamo che l’umanità nel suo insieme sia qualcosa di intrinsecamente ed infinitamente superiore a qualunque altra cosa esistente.
L’idea di essere superiori agli Dei non è nuova. Perlomeno fra i classici greci e latini si trova un’ampia casistica, mirabilmente riassunta da Ovidio nelle “Metamorfosi”. Ma si chiamava Hybris e, nel loro modo di ragionare, era un viatico sicuro per la dannazione eterna. Ovidio stesso pagò con l’esilio il suo punto di vista quanto mai “contemporaneo” in proposito e, per un romano, l’esilio era qualcosa di molto vicino alla dannazione.
Ma se la reverenza verso il divino ha trovato spiriti critici ed oppositori in ogni epoca e luogo, noi abbiamo fatto di più. Abbiamo acquisito la capacità di plasmare a nostro piacimento la Natura. Dal genoma alla geografia di intere regioni, dalla composizione chimica dell’atmosfera a quella degli oceani. Siamo in grado di raggiungere altri corpi celesti e di realizzare macchine che simulano molte delle funzioni della vita. Tutto questo ci ha inconsapevolmente portati a pensare che non ognuno di noi singolarmente, bensì l’Uomo (rappresentazione astratta dell’umanità intera) sia oramai l’unico arbitro del proprio destino. Come dire che l’umanità è la forza suprema dell’universo o perlomeno del mondo. Per dirla all’antica, sentiamo che l’Uomo sia ormai capace di modificare il Fato, ciò che neppure i più venerati Dei dell’antichità hanno mai potuto fare, rendendoci superiori a qualsiasi altra cosa. In una parola, ci rende “divini”, e disdegnare tale etichetta non intacca minimamente il nostro smisurato ego collettivo.
Ovviamente, non si tratta di un’idea razionalmente espressa, bensì di un sentimento profondo e più o meno inconscio, che dà fondamento al nostro mondo, attribuisce un significato alla nostra vita, plasma le nostre scelte personali e collettive. Georges Dumézil , uno dei massimi studiosi di mitologia, definì la religione con queste parole: “La religione è una spiegazione generale e coerente dell’universo, che sostiene ed anima la vita delle società e degli individui.” Se accettiamo questa definizione molto ampia, non c’è dubbio che “il Progresso” sia a tutti gli effetti di una vera e propria religione, senza dare la benché minima accezione negativa a questo termine. A volte un’immagine è più significativa di tante parole.
Torniamo dunque ai mondi in guerra. Quanto sopra è importante perché nell’uomo esiste quella che viene chiamata “costruzione sociale della realtà”. Con ciò, generalmente, si intende che il condizionamento sociale del bambino ne plasma gli archetipi mentali ed i valori di riferimento. In altre parole, plasma il modo in cui la realtà viene percepita e, dunque, le decisioni. Ma soprattutto definisce lo scopo ed il significato della sua vita.
Dunque, individui nati e cresciuti in comunità che concepiscono il mondo e la vita in modo completamente diverso, anche se condividono la stessa realtà fisica, vivono psicologicamente e spiritualmente in mondi fra loro alieni, non meno di quanto fossero Marte e la Terra nell’idea di Wells. Così sono apparsi i conquistadores agli aztechi e viceversa. Per fare un esempio assai meno cruento, fra “picchisti” e “crescisti“ si può dialogare allo sfinimento ed entrambi possono imparare cose interessanti, ma nessuno dei due convincerà mai l’altro semplicemente perché stanno parlando di mondi diversi.
Fino al XX secolo, un gran numero di “mondi” conviveva sullo stesso pianeta, ma con l’affermazione globale della civiltà industriale questa diversità si è ridotta a fenomeni residuali o di nicchia. Un unico mondo, governato dall’ineluttabile destino di un progresso infinito, ha dominato la Terra e, soprattutto, la mente dei terrestri.
Contrariamente alle altre grandi religioni che la hanno preceduta, la fede nel progresso è devota all’Uomo e non ad un Dio. Un dettaglio che le ha permesso di stratificarsi sulle precedenti fedi con relativa facilità, assorbendole senza che la maggior parte dei fedeli se ne rendesse neppure conto. Per essere chiari, si può essere contemporaneamente progressista e cattolico, oppure mussulmano, protestante, ecc. Ma, a differenza di tante altre religioni, il Progresso non ha promesso il paradiso in una prossima ed ipotetica vita, bensì in questa; perlomeno, ha promesso di poterci andare vicino. Una differenzafondamentale che ha conquistato i cuori e le menti di quasi tutta l’umanità nei decenni in cui sembrava che questo stesse davvero avvenendo.
Ma il Fato, sotto forma di leggi fisiche e biologiche, non poteva essere violato e, dove prima e dove dopo, il paradiso a cominciato a sfumare. Pian piano, un numero crescente di persone si sono guardate intorno e si sono rese conto che la loro vita stava peggiorando, che le prospettive erano sempre più fosche e che tutto ciò per cui avevano lavorato o combattuto si stava sciogliendo, come i ghiacciai. Insomma, si sono visti in un mondo molto diverso da quello in cui pensavano di vivere.
Così, come già era accaduto per le religioni precedentemente decadute o scomparse, la gente ha cominciato a cercare una diversa spiegazione generale e coerente dell’universo, ossia una nuova fede capace di attribuire alla vita di ognuno significati, valori e scopi per cui valga la pena di vivere, lavorare, combattere ed eventualmente morire.
Alcuni non ne hanno trovati e si sono ammalati. Altri li hanno trovati in nuovi sistemi di archetipi. Come dire: in altri mondi. Talvolta si tratta di costruzioni ex novo, ma assai più spesso si tratta di reinvenzioni post-moderne di tradizioni più o meno antiche, spesso assai vagamente ricordate. E da sempre si sa che gli apostati sono i più feroci avversari della fede che hanno rinnegato. Di qui la guerra, che non è solo fra eserciti e popoli, ma fra mondi alieni che si odiano e non possono trovare alcun compromesso perché non condividono la stessa realtà.
Giungiamo così al nostro esempio. La guerra fra Ucraina e Russia è una guerra fra due stati, ognuno dei quali pensa di poter lenire i suoi drammatici problemi interni combattendo con l’altro; appartengono però allo stesso mondo. Non è detto che trovino un accordo, ma è possibile perché vi sono limiti che ognuno dei due, per ora, pensa che non gli convenga valicare, soprattutto perché, quando i generali ed i ministri parlano fra loro, si capiscono: parlano della stessa realtà.
Viceversa, credo che la guerra condotta dalle varie milizie jihadiste abbia motivazioni diverse. Naturalmente, anche a loro interessano il petrolio, il potere ed il denaro, ma non è questo che dà significato alla loro vita ed alla loro morte. Si tratta di una sensazione del tutto personale, ma ho l’impressione che la molla principale che spinge tanti giovani, anche europei ed americani, ad arruolarsi tra le loro fila, sia dare uno scopo alla propria esistenza.
John Kerry ha dichiarato che l’ISIS deve essere sconfitto non solo sul piano militare, ma anche su quello economico ed ideologico. Sui primi due punti vedo buone possibilità, ma nessuna sul terzo perché cosa si potrebbe offrire in cambio del sogno di ripristinare il califfato e la presunta vera fede? Un sogno che somiglia molto ad un’allucinazione o a un incubo, ma non è che il “sogno americano” abbia molto da offrire, oggi come oggi.
Del resto, lo zelo fanatico di soggetti come i fratelli Koch o Sarah Palin non è meno ottuso di quello degli imam del califfato. Ovviamente non sono mandanti o esecutori di brutali delitti, ma il perseguimento dei loro scopi non è certo privo di sangue. Se ci pare normale è solo perché, malgrado possiamo detestarli, appartengono al nostro stesso mondo. Altri potrebbero pensarla diversamente. Con ciò, tengo a precisare, non voglio fornire la benché minima giustificazione
all’operato delle milizie e dell’ISIS, i cui nemici principali non siamo noi, bensì i governi arabi e le minoranze religiose locali.
Voglio solo far osservare che gli occidentali semplicemente non capiscono come ragiona questa gente. Viceversa, sembra che loro conoscano noi piuttosto bene, ma questo potrebbe essere argomento per un altro articolo.
Temo comunque che negli anni a venire la nebulosa in cui si sta dissolvendo l’ordinato mondo industriale sarà esplorata da un numero crescente di popoli alieni. Tutti profughi di un unico mondo in agonia, ma in cerca di spiagge molto diverse su cui approdare. E spesso mortali nemici fra loro.
>>Tutti profughi di un unico mondo in agonia, ma in cerca di spiagge molto diverse su cui approdare. E spesso mortali nemici fra loro.
Già, e anche all’interno di una stessa nazione sembra si stia manifestando questo schema. Quanto manca a una guerra civile negli USA? O altrove?
La conflittualità cronica dei social sembra solo il preludio a qualcosa di ben più violento.
Forse la violenza è una reazione “naturale”, istintiva all’attuale follia collettiva; sarebbe ironico se fosse un meccanismo che la stessa Natura ha predisposto per eliminare parte del peso della nostra specie sul pianeta…
Il numero di paesi con situazioni di guerra civile o quasi è alto ed in crescita. Fra i pezzi grossi, in USA c’è già stato un tentativo di colpo di stato e da allora la situazione non è certo migliorata. In Russia e Bielorussia sono largamente operativi gruppi partigiani. In India le tensioni sociali, religiose ed etniche provocano molti morti all’anno. In Cina? In Cina sembra che non si muova niente, ma non è da escludere che sotto tanta cenere non covi anche del fuoco.
Sono tutti paesi che hanno avuto guerre civili relativamente di recente, e la memoria è ancora fresca. Le guerre civili sono orribili, da non augurare a nessuno.
Io piuttosto mi preoccuperei della Corea del Nord che ha le armi nucleari e minaccia apertamente quella del Sud, che non le ha.
Cit.: ‘…ma non è che il “sogno americano” abbia molto da offrire, oggi come oggi’
Il ‘sogno americano’ ha un piccolo problema: che è riservato agli americani. Il resto del mondo può sognare solo sogni che non siano in conflitto col ‘sogno americano’. Il ‘sogno saudita’, per dire, può funzionare a patto che i sauditi vendano il petrolio in dollari. Il ‘sogno irakeno’, ammesso che ne abbiano mai avuto uno dato che vivevano in una dittatura, è stato ammazzato dal sogno americano. Il ‘sogno palestinese’ non ne parliamo. Il ‘sogno italiano’ è durato fino agli anni ’90, più o meno, poi sono emersi i nostri limiti culturali e nazionali. Abbiamo vissuto sotto l’ala americana, ma senza poterci permettere alzate di testa.
> gli occidentali semplicemente non capiscono come ragiona questa gente
Abbiamo sostituito il “mamma li turchi” con “migranti come avanguardia dei nuovi stili di vita”, valori e kultura superiori, blablabla.
Non e’ un caso, affatto, che poi ci siano intere periferie, quartieri, in varie citta’ e paesi d’Europa, che sono gia’ perse e nei quali, gli autoctoni, non possono neppure piu’ entrare.
La guerra, in effetti, consta anche nella presa di un territorio e nel suo controllo esclusivo.
Piglilate la conferenza di Barbero, “Dalle migrazioni all’invasione: Adrianopoli 378 d.C.” sul voitubo, sostituite qualche nome, luogo e data e avrete una eccellente descrizione della guerra dei mondi che e’ gia’ qui, ancora a bassa densita’ (criminalita’, nocenza quotidiana) e media densita’ (operazioni come Bataclan, Atocha, etc. ).
Il presente indicativo va bene.
Non scriviamo baggianate, gli USA hanno foraggiato l’ISIS in Siria in funzione anti-Assad, adesso il buon Kerry sostiene, a parole, ovviamente, che l’ISIS va sconfitto. In merito leggere “ISIS IS US: the shocking truth: behind the army of terror” di John-Paul Leonard, Washington’s Blog, Wayne Madsen, Syrian Girl Partisan.
Non conosco Leonard e le sue fonti, ma è certo che nei decenni hanno vettovagliato numerose organizzazioni islamiste di varia natura. Per il poco che ne so, in Siria gli USA hanno foraggiato parecchie organizzazioni ribelli e soprattutto i curdi, ma non mi risulta l’ISIS. Forse all’inizio, ma certamente non da quando è diventato pericoloso. Battere l’ISIS è anzi stato l’unico caso recente in cui USA e Russia sono stati di fatto alleati.
Non è una baggianata che la tattica ‘il nemico del mio nemico è mio amico’ abbia finito per farti ritrovare contro il presunto amico. Agli USA è successo più di una volta.
Anche il contrario: ad esempio oggi gli USA sono gli unici alleati dei curdi siriani, dichiaratamente comunisti.
Sei sicuro che siano comunisti? Io ero rimasta che hanno cambiato da un pezzo e adesso sono, non saprei bene la definizione estatta che si danno, una specie di anarco-comunitari femministi ed ecologisti, qualcosa del genere.