Pochi giorni fa, ho visto l’ultimo documentario di Michael Moore, The Planet of Humans, disponibile su Youtube per soli trenta giorni e che sta suscitando attacchi furibondi.
E’ un video molto importante, e invito tutti gli anglofoni a scaricarlo finché si può.
Michael Moore segue Jeff Gibbs, storico attivista ambientalista americano, nella sua esplorazione dei progetti di quello che chiamano sviluppo sostenibile.
Che negli Stati Uniti hanno avuto un’enorme espansione, con immensi investimenti, ai tempi di Obama; e proprio mentre l’onda cala negli Stati Uniti, sta arrivando in Europa e in tutto il mondo, ricordiamo la maniera in cui Greta Thunberg è stata accolta a Davos (almeno fino al coronavirus, che ci ha messo in testa altri grilli).
In pochi anni, chi ci ha portati sull’orlo dell’annientamento – le industrie dei carburanti, dei trasporti, dell’agricoltura industriale, le banche e le finanziarie che riempiono di denaro tali industrie – ha improvvisamente scoperto che si possono ottenere fondi pubblici e agevolazioni senza fine, facendo finta di compensare (“offsetting”) la produzione di CO2, costruendo pale eoliche, auto elettriche, pannelli solari e abbattendo boschi interi per farne “biomassa”, tanto tra mille anni ricrescono.
Moore e Gibbs spiegano perfettamente l’autoinganno di fondo: la “Destra” ritiene che possiamo continuare a crescere all’infinito, usando noiosi carburanti fossili; la “Sinistra” ritiene che possiamo fare la stessa identica cosa, ricorrendo però a fantasiose “energie alternative”.
Il documentario cerca di far capire alle persone normali l’inganno catastrofico dietro una simile doppia illusione, e direi che ci riesce.
Fa vedere, ad esempio, una distesa di pannelli solari grande quanto un campo di calcio.
Pannelli costruiti con l’uso di una quantità enorme di risorse non rinnovabili. E il responsabile si vanta “con questi pannelli possiamo alimentare una decina di case”.
In questa, e in molte altre scene che vediamo, cogliamo il messaggio di fondo:
no, non posiamo illuderci che riempiendo le nuvole con coloranti verdi e tappando qualche buco, possiamo continuare a vivere nell’inganno.
Gli autori del documentario hanno anche il grande merito di segnalare come la “questione ambientale” non si riduca a una certa quantità di CO2, o alla sovrappopolazione, o a qualunque altra singola questione: è una convergenza, e non ci si può illudere di averla affrontata con questo o quel piccolo accorgimento.
Moore e Gibbs ci presentano anche un quadro dell’apparato finanziario “verde”.
Ad esempio, la singolare alleanza tra Al Gore (il cui cognome significa all’incirca, “schizzi di sangue”) e David Blood (il cui cognome significa letteralmente “sangue”), già a capo degli investimenti della Goldman Sachs, che hanno costituito la Generation Investment Management, una finanziaria che sostiene che ci sono molti soldi da guadagnare con le energie “verdi”; ma nel frattempo, investono senza troppi scrupoli anche nei carburanti fossili e altri settori decisamente poco ecologici (uno solo dei 30 fondi gestiti dalla società si occupa di rinnovabili).
Qualcuno dirà, “ma è proprio dall’economia che bisogna partire, sono la finanza e l’industria che devono diventare verdi per prime”: ma la china è decisamente scivolosa, perché lo scopo stesso della “economia” in senso moderno è di estrarre sempre più risorse da un mondo dalle risorse limitate.
Moore e Gibbs sono stati fatti oggetto di violentissimi attacchi per questo video, attacchi che si possono classificare in diverse categorie.
Innanzitutto, Gibbs fa vedere ripetutamente Bill McKibben, storica guida del movimento 350 dot org, che difende l’utilizzo delle cosidette biomasse come “energia alternativa”.
Ma omette di segnalare che McKibben da allora ha cambiato posizione, e la pensa oggi come Gibbs (anche se sembra che lo faccia a giorni alterni).
Non averlo specificato, mi sembra una scorrettezza. Però se ci pensate, rafforza e non indebolisce la tesi di fondo.
La seconda accusa a Gibbs e Moore è di non aver fatto un’analisi scientifica del miglioramento del rendimento delle energie alternative negli ultimi anni.
Qui i critici potrebbero avere qualche ragione: magari oggi, dieci case si possono alimentare con mezzo campo di calcio. Ma nessuna delle critiche fattuali inficia la tesi di fondo di Gibbs e Moore.
La terza accusa, che si ritrova in quasi tutte le critiche a Moore e Gibbs, rivela invece un interessante elemento di malafede: è il classico trucco (assai diffuso nella peggiore Sinistra) per far sembrare che ci ci critica, sia in realtà un infiltrato del nemico.
Moore e Gibbs, secondo questi critici, direbbero “le stesse cose che dicono le lobby dei carburanti fossili“. E infatti, molti fossilisti e climate change skeptics si sono prodigati in elogi strumentali al film, elogi immediatamente sfruttati dai sostenitori delle energie alternative contro i registi.
Qui tocchiamo nodi identitari interessanti.
Sia i fossilisti che gli alternativisti dicono insieme una balla e anche una verità.
La balla è che possiamo andare avanti per il futuro prevedibile con i carburanti fossili, senza rischi; e la verità è che le alternative non funzionano.
La verità è che non possiamo andare avanti con i carburanti fossili; e la balla è che ci sarebbero delle miracolose “energie alternative”, pronte a fare la stessa cosa.
Moore e Gibbs colgono due verità in un colpo solo: cioè che non reggono né la balla “petrolifera”, né quella “alternativa”.
Dire che la Deal for Nature, e tutto ciò che le somiglia, è un’autoinganno, non vuol dire che si voglia uno Smog Deal against Nature.
A un certo punto, Gibbs e/o Moore intervistano lo psicologo Sheldon Solomon, che coglie il punto fondamentale: l’incapacità di ammettere la propria mortalità.
E infatti, l’ultima accusa a Moore e Gibbs è quella più vacua di tutte: non offrirebero una alternativa, che ci permetta di far finta che tutto vada bene e che potremo campare come prima, anzi meglio.
Come se l’uscita dalla devastazione universale potesse consistere in un tecnotrucco, un gioco di prestigio, una furbata in grado di fregare termodinamica e vita e morte.
Molto buono e condivisibile. Magari correggi qualche errore di battuta.
Per alimentare 10 case basta una superficie pari all’area piccola, quella dove sta il portiere. Con mezzo campo da calcio (90×45=4.050 metri quadri) si alimentano invece 952 case.
Siamo tutti d’accordo che non si può crescere all’infinito, ma bisogna fare più attenzione ai numeri per non rischiare di giungere a conclusioni affrettate.
Per Marco
“Per alimentare 10 case basta una superficie pari all’area piccola, quella dove sta il portiere. ”
E’ il responsabile dell’impianto che lo dice nel documentario, non Gibbs.
Dipende, ovviamente, da quanto si pretende di consumare in quella casa. Se lavi panni e piatti a mano, mangi cibi crudi, non ti asciughi i capelli e fai la doccia fredda, è possibile che ti basti molta meno energia.
Sull’incapacità di scendere a patti con l’idea della morte avevo scritto una lunga dissertazione, anni fa. Comincia qui: https://mammiferobipede.wordpress.com/2013/08/24/il-trionfo-della-morte-1/