E così ha vinto Trump, ed è la prima volta che un presidente torna tale dopo un quadriennio di interruzione. Ma soprattutto è la prima volta che negli Stati Uniti viene eletto un soggetto condannato per reati comuni, nonché coinvolto in un fallito colpo di stato con morti e feriti. Ma stanno accadendo molte cose per la prima volta, anche ben più importanti di questa.
Comunque, tutti se lo aspettavano con ansia, chi per paura e chi per speranza. Specialmente ora che torna elevato a potenza in quanto dispone anche della maggioranza in entrambi i rami del parlamento federale e del pieno appoggio dei governi di molti degli stati.

Che farà davvero? Credo che su molti dossier importanti non lo sappia neanche lui, essendo solitamente assai più interessato al proprio personaggio che alla propria politica; e con ragione poiché è il personaggio che ha vinto, non la persona, men che meno la politica. Tuttavia mi unirò al coro di quanti stanno sommergendo il web di previsioni ed illazioni, non foss’altro per vedere, fra 4 anni, in quale misura ci avrò indovinato.
Procediamo dunque per argomenti, anche se la distinzione è arbitraria ed i diversi capitoli strettamente sinergici.  Punto importante questo perché una delle caratteristiche di Trump è proprio la mancanza di coerenza nel trattamento dei diversi dossier.

Politica interna

Su questo non penso che ci saranno sorprese. La prima cosa che farà sarà affossare tutti i procedimenti legali a suo carico, nonché vendicarsi dei magistrati e degli investigatori che lo hanno inquisito. Poi cercherà di consolidare il proprio già molto vasto potere. Come?
Putin, Erdogan, Orban ed altri hanno fatto scuola, dimostrando come sia possibile stabilire delle autocrazie di fatto, pur mantenendo in piedi tutto il circo delle istituzioni democratiche. E sono molti anche da noi che studiano ed adattano i loro metodi, ad esempio Macron che pure si pretende un paladino della democrazia. Fortunatamente il sistema americano, come quello francese, ha un argine invalicabile nel sacrosanto limite dei due mandati. C’era anche in Russia e altrove, è vero, ma mentre Putin e gli altri erano giovani e molto popolari quando abolirono tale limite, Trump è già vecchio e benvoluto solo da poco più della metà del suo popolo. Difficilmente sarà rieletto, ma potrebbe aprire la strada a Vance che è giovane e, forse, anche peggio di lui. Vedremo.
Funzionale al consolidamento del potere sarà certamente una raffica di provvedimenti contro gli immigrati legali e non, anche se non potrà mantenere la promessa di “risbattere a casa loro milioni di delinquenti”. Fra l’altro, alcuni dei suoi principali sostenitori, miliardari come lui, sono fra i primi a speculare su questo fenomeno, ma qualcosa dovrà comunque essere dato in pasto alla massa di repubblicani poveri che si troveranno sempre più poveri. Per la stessa ragione, possiamo contare su un giro di vite contro alcune delle principali minoranze etniche e culturali, contro gli omosessuali ecc. Insomma, una bella fumata “anti woke” per coprire una politica ultra-liberista che accelererà ulteriormente tanto il degrado ambientale, quanto quello sociale. Non che le amministrazioni democratiche abbiano fatto granché, ma c’è sempre la possibilità di fare peggio ed in questo il nostro è un indiscutibile maestro.
Un aspetto molto pericoloso, anche se non nell’immediato, è che la bipolarizzazione fra i due partiti si rispecchia sempre di più in una bipolarizzazione fra stati che tende a crescere anche per fenomeni di migrazione interna. I dem cercano infatti di trasferirsi negli stati “azzurri”, mentre il contrario fanno i gop. Può essere un prodromo di una nuova secessione? Finora chi ci ha provato l’ha pagata molto cara, ma i tempi cambiano e la gente ha scarsa memoria.

Politica economica e commercio globale

Come già detto, le idee di Trump e dei suoi su questo sono chiare: ogni vincolo di qualunque genere alla speculazione commerciale deve essere rimosso. Il risultato sarà semplicemente “di più del solito”. Vale a dire un’ulteriore accelerazione del baratro che sta ingoiando la classe media americana (in buona parte trumpista), con dei ricchi sempre più ricchi da un lato e dei poveri sempre più poveri dall’altro, senza neppure i meccanismi di parziale redistribuzione che pure sono esistiti in tutte la società del passato, anche le più classiste. Per non parlare dell’accelerazione che ciò necessariamente comporterà nell’impatto già iniziato conto i “Limiti della Crescita” che noi abbiamo dimenticato, ma che non hanno dimenticato noi.
In materia di commercio internazionale, ci dobbiamo invece aspettare un ulteriore colpo alla già annaspante economia globale, a gran colpi di dazi e controdazi. Intendiamoci, l’idea di reindustrializzare gli USA, riportando in patria buona parte delle produzioni più strategiche non è stupida. Straordinariamente stupido è semmai stato il permettere che fossero delocalizzate in paesi stranieri e potenzialmente ostili. Ma disfare qualcosa che si è fatto ha effetti molto diversi dal non farlo e, oramai, lo Zio Sam non è più quello che è in grado di imporre le regole che vuole. Specialmente se, come pare, Trump avrà cura di allontanare gli alleati più fedeli. Le conseguenze indirette delle incombenti guerre commerciali un po’ con tutti (noi compresi) sono quindi assolutamente imprevedibili.

Guerra in Ucraina

Anche su questo il nostro è stato chiaro: tagliare i già insufficienti rifornimenti all’Ucraina (ad oggi circa il 20% di quanto annunciato negli anni scorsi è arrivato al fronte) per costringerla a cedere alla Russia le regioni che già occupa, magari con qualcosa di più perché Putin è simpatico e difende la Russia dalla lobby gay internazionale. Un piano certamente realizzabile a meno che gli europei non si assumano l’onere di sostenere sul serio questo “alleato” assai più di nome che di fatto. Molto improbabile e, del resto, tutto lascia pensare che questo sia stato dall’inizio il piano euroamericano. Quel che né Trump, né i nostri baldi governanti sembrano considerare sono le conseguenze di seppellire ufficialmente quel che resta degli equilibri geopolitici e perfino la forma (non parliamo della sostanza) di quella roba chiamata “diritto internazionale”.
“Fra il disonore e la guerra avete scelto il primo ed avrete la seconda” è una celebre frase con cui Churchill commentò la cessione di Sudeti a Hitler nella speranza che si accontentasse una volta per tutte. Spesso il politico britannico si è sbagliato di grosso, ma quella volta ebbe perfettamente ragione. Putin non è un pazzo sanguinario come Hitler, ma il suo scopo di riconquistare l’Impero è chiaro ed esplicito. Ogni vittoria parziale gli darà quindi la possibilità di prepararsi meglio per la prossima guerra; su questa intenzione non ci possono essere ragionevoli dubbi.
Inoltre, i precedenti sono importanti e se ad un paese sarà permesso di annetterne in tutto o in parte un altro scoperchieremo un vero Vaso di Pandora poiché praticamente tutti gli stati del mondo hanno rivendicazioni territoriali sui vicini.
Tornando al prossimo presidente USA, forse non ha capito che il principale collante dell’Impero a stelle e strisce è sempre stato l’ombrello militare su cui si poteva contare. Già con Biden l’abisso fra le dichiarazioni ed i fatti ha aperto ampi squarci in questa fiducia, ma un tradimento completo dell’Ucraina renderebbe chiaro a tutti che gli USA non sono più un alleato affidabile. Chi ed a quali patti sarebbe allora disposto a combattere a suo fianco, specie contro nemici temibili come la Cina od anche l’Iran?

Guerra in Israele

Qui invece il nostro “uomo forte” promette sostegno completo ed assoluto, quali che siano i crimini e gli errori irreparabili commessi dal governo di “Bibi” Netanyahu. Non è da escludersi neppure un coinvolgimento diretto di truppe americane se la situazione dovesse peggiorare e, del resto, già la flotta ha dato un notevole aiuto alla contraerea israeliana durante gli attacchi iraniani. Il fatto che questa guerra possa ormai terminare solo con il completo sterminio di una delle due nazioni coinvolte (israeliani e palestinesi) non sembra minimamente preoccupare il nostro. Probabilmente perché conta sul fatto che alla fine saranno i palestinesi ad essere annientati, ma anche se ora USA ed Israele avrebbero i mezzi per farlo, non possono. E non è detto che in futuro, quando magari si potrà, le cose non saranno cambiate.
Non sembra neppure preoccuparlo il fatto che una parziale vittoria della Russia in Ucraina consoliderebbe la rete di alleanze che la Cina sta tessendo e che, per ora, assegna all’Iran un ruolo strategico fondamentale, anche superiore a quello di una Russia che, in ogni caso, uscirà irreparabilmente indebolita dall’avventura in corso. Russia che, peraltro, coltiva ottimi rapporti di parziale collaborazione con Israele.

NATO e Turchia

La NATO è stata ciò che ha permesso agli USA di sconfiggere l’URSS, dopodiché l’insipienza europea ha permesso agli americani di porre questo strumento al servizio della “pax americana”, vale a dire di farne il “superpoliziotto” degli interessi statunitensi nel mondo, perfino quando questi erano in parziale contrasto con quelli europei. Tuttavia, sembra che Trump ne abbia abbastanza e, se certamente non scioglierà l’alleanza, già durante il precedente mandato l’ha indebolita e promette di fare di più. Per esempio, abbandonare l’Ucraina sarebbe un colpo formidabile alla credibilità di uno strumento che, pur non essendo coinvolto sul piano militare, lo è invece ampiamente sul piano politico. Insomma, un altro grosso chiodo nella bara dell’Impero.
Con la Turchia, poi, i rapporti sono particolarmente complicati. Da un lato, infatti, Trump non nasconde la sua simpatia personale per Erdogan; simpatia grazie alla quale ha permesso ai turchi di occupare parte del territorio siriano sottraendolo ai curdi, alleati degli USA contro l’Iran ed Assad. Dall’altro, durante il suo scorso governo ha promosso misure nocive alla già disastrata economia turca ed ha mantenuto la protezione a Gulen, prima alleato e poi arcinemico di Erdogan. Ora Gulen è morto e già da alcuni anni la Turchia sta facendo una politica cerchiobottista fra NATO, Russia, Ucraina e Iran. Come procederà credo che sia imprevedibile.

Cina e Taiwan

Nei confronti della Cina Trump ostenta una politica muscolare, ma nel frattempo promette di imporre dazi e regole che danneggerebbero considerevolmente l’economia di Taiwan.
Le ultime esercitazioni cinesi hanno avuto tutta l’aria di una prova generale. Se così fosse, il piano di Xi non sarebbe quello di una gigantesca operazione anfibia che avrebbe buone probabilità di volgere in un disastro. Al contrario, pare che Pechino stia aspettando che Trump indebolisca sufficientemente la sua rete di alleanze, mentre Xi consoliderà la sua. Quando riterranno che sia arrivato il momento opportuno, con ogni probabilità, i cinesi imporranno all’Isola un blocco navale, usando solo unità della guardia costiera. Così lasceranno ai taiwanesi la scelta fra accettare dei patti che non saranno rispettati, oppure sparare la prima cannonata, sperando che gli americani non gli facciano lo scherzo che Trump pensa di fare agli ucraini. E che Giapponesi, vietnamiti, sudcoreani, australiani, filippini e quant’altri abbiano ancora abbastanza fiducia negli USA da impegnarsi in una guerra che, se anche fosse vinta, sarebbe disastrosa per tutti.

Nord Corea

Kim sta approfittando della politica euroamericana in Ucraina per sbarazzarsi delle sanzioni (cui avevano aderito anche Russia e Cina) ed entrare nel club degli alleati di una Cina sulla via dell’egemonia mondiale (sperano loro). Il fatto che, secondo fonti russe, il materiale che stanno fornendo a Putin faccia schifo al punto di essere pericoloso per chi lo usa non ha importanza: la Corea del Nord non è più uno stato paria e può quindi attingere a sempre maggiori fonti di componenti e tecnologie per migliorare le proprie smisurate forze armate in vista della resa dei conti con Seul. La corolla di stati satelliti intorno alla Cina si rafforza man mano che quella intorno agli USA si indebolisce. Un processo già in corso da qualche anno che Trump promette di accelerare.

Paesi arabi e Iran

Nel suo precedente mandato Trump aveva ulteriormente stretto i rapporti già ottimi con l’Arabia Saudita e, soprattutto, con lo strano personaggio che la governa in nome e per conto di un re che non si sa più nemmeno se sia vivo o morto.
Ma Bin Salman ha preso molto male la decisione di Biden di piantarlo in asso nella sua guerra contro gli Houti, sostenuti dall’Iran. Ora il neo presidente cercherà di recuperare questa alleanza strategica, ma non è detto che ci riesca perché, nel frattempo, il quadro è cambiato. Da un lato i sauditi e gli altri stati arabi hanno migliorato notevolmente i loro rapporti con Khamenei e soci, oltre che con la Cina. Dall’altro, l’incondizionato sostegno ad Israele impegnata in un massacro tanto spettacolare quanto inutile ha reso gli USA estremamente impopolari in tutti i paesi islamici e non solo. Nessun governo arabo ha finora mosso un dito per i palestinesi, ma ugualmente il crescente malcontento popolare non potrà essere del tutto ignorato.
Intanto, nei confronti dell’Iran il nostro promette il pugno di ferro, solo che l’osso si sta dimostrando più duro del previsto e la meschina figura che gli USA stanno facendo in Ucraina sta dando credibilità a quanti in Iran spingono per un’alleanza strutturale con la Cina e la Russia che, nel frattempo, coltiva buoni rapporti con Israele. Fatto questo confermato dal rifiuto di Netanyahu di aiutare gli ucraini; anzi il contrario, visto che una parte consistente di aiuti militari che erano stati imballati per Kiev sono poi approdati a Gerusalemme.

India

Fin dalla sua indipendenza nel 1947 l’India si è tenuta accuratamente neutrale.  Agli stretti rapporti con Mosca hanno infatti sempre fatto da contraltare i cordiali rapporti con Londra e Washington.  Persa definitivamente la gara per il ruolo di “gigante asiatico”, l’India si barcamena ora fra Cina e USA.  Con la prima l’accomuna il desiderio di affrancarsi almeno in parte dell’egemonia del dollaro, ma la separano la storica conflittualità sul confine himalaiano (in parte recentissimamente risolto), la protezione finora accordata al governo tibetano in esilio e la stretta alleanza fra Cina e Pakistan, arcinemico dell’India.  Ancor più ora che Modi ha adottato una politica apertamente anti-islamica e nazionalista hindu.
Così, mentre l’India partecipa alle riunioni dei “BRICS” (sempre più un club filocinese), contemporaneamente partecipa ad esercitazioni congiunte con la flotta americana in funzione apertamente anti-cinese.   Se, come è probabile, la tensione fra i due giganti crescerà, l’India potrebbe diventare l’ago della bilancia. Resterà neutrale oppure sceglierà una parte? E se sì, quale?  Vedremo.

Africa

Da buon bancarottiere, Trump si illude di poter rilanciare la tradizionale politica neocoloniale americana di scalzare gli europei dalle loro ex-colonie per subentrare con contratti ed accordi a loro vantaggiosi.  Una politica che ha funzionato per decenni, culminata nel 1956 con la “crisi di Suez”, quando gli americani consegnarono il canale di Suez ai russi, pur di sottrarlo agli anglo-francesi.
Ma il contesto è cambiato.  Adesso gli americani non hanno più a che fare con paesi piccoli e sfiniti, dipendenti da loro per la propria sopravvivenza, bensì con una superpotenza che, sia pure in seria difficoltà, dispone dei mezzi per sedurre e corrompere le élite africane ben più degli USA, chiaramente in  declino.

UE

Last but not least, come cambieranno i rapporti fra USA e UE? Non molto, credo. Tutte le amministrazioni americane hanno infatti boicottato il processo di integrazione europea e con ottime ragioni, dal loro punto di vista. Un Europa più solida e coesa sarebbe infatti meno prona al servizio di interessi specificatamente americani. Al contrario, un corollario di staterelli completamente dipendenti da loro ha sempre reso un eccellente servizio agli USA, specie quando i loro interessi erano in almeno parziale contrasto con i nostri. L’invasione dell’Iraq ed il sabotaggio degli accordi nucleari con l’Iran (che l’Iran rispettava) sono solo due fra i tanti esempi. La differenza è che gli altri presidenti hanno coperto la loro ostilità con una foglia di fico di chiacchiere, mentre Trump è in questo sincero: ci detesta e non ha alcun interesse nel nostro destino.
La domanda dunque non è che faranno gli americani, bensì che faremo noi? Putin e Trump, in modi molto diversi, rappresentano due minacce molto consistenti per noi; avremo finalmente il coraggio e la capacità di ammetterlo e reagire, oppure ogni paesucolo continuerà a cercare di elemosinare qualche briciola a scapito degli altri? O di vendersi al miglior offerente? Ritengo probabile la seconda ipotesi, pur sperando nella prima.

Nota etimologica:  trump, è la forma arcaica di trumpet (tromba), ed è oggi usata solo nelle locuzioni “the last trump” e “the trump of doom”, entrambe significanti la tromba del giudizio universale.  Da questa accezione deriva il verbo dialettale “to trump“, che significa produrre rumorose flatulenze.  Il che richiama l’acronimo PEOTUS (President Elect Of The United States) che è il titolo ufficiale cui Trump ha diritto fino al 20 dicembre prossimo.
Che ci sia dietro un complotto di glottologi?

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