Lo sterminio di una popolazione animale, o anche la distruzione di ecosistemi, può avere numerosi moventi quali fame, avidità, stupidità, ignoranza, disattenzione, crescita demografica e/o economica, ecc.
Il genocidio è invece sempre frutto di un calcolo politico e di una complessa preparazione; una circostanza che, però, si verifica talvolta anche ai danni di popolazioni non umane allorquando chi detiene, o vuole scalare, il potere ritiene utile offrire all’opinione pubblica un capro espiatorio non troppo compromettente.  E’ esattamente quello che sta accadendo più o meno in quasi tutta Europa ai danni del Lupo.

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Prima di addentrarci nell’argomento è bene però chiarire alcuni punti. Innanzitutto il lupo è un grosso predatore indispensabile per una corretta dinamica delle popolazioni di ungulati selvatici che, a loro volta, sono critici per la gestione delle foreste da cui dipende la nostra sopravvivenza.  Epperò, all’occasione, i lupi attaccano anche il bestiame domestico (soprattutto pecore e capre, raramente vacche, eccezionalmente altre specie) e talvolta anche cani e gatti. In casi del tutto eccezionali può accadere che qualcuno venga morso (v. il cosiddetto Lupo di Otranto). Mai e poi mai i lupi predano sulle persone. Gli unici ad avere obbiettivamente qualche motivato rancore verso i lupi sono quindi i pastori per i quali rappresentano, effettivamente, una complicazione.  Non certo il disastro preteso da molti, ma una complicazione ed un costo si, non foss’altro per la necessità di mantenere delle mute di cani.
Il punto è che alle autorità politiche di ogni livello e fazione dei pastori  non importa assolutamente nulla, salvo usarli come pretesto per un progetto di sterminio mirato a compiacere la propria quota di elettorato che, guarda caso, è quasi esclusivamente urbana.
Qualcuno obbietterà che nessuno vuole sterminare il lupo, ma solo praticare delle misure di contenimento e che perciò opporsi è solo fanatismo. Ben detto, ma il punto è che in Italia si stimano circa 3000 lupi, equivalenti ad una densità media di un esemplare ogni 4.000 ettari circa, considerando solo la superficie forestale e montana. Per confronto, ci sono circa 6 milioni di bovini e 8 milioni di pecore. Di questi, i lupi ne uccidono o feriscono gravemente ogni anno circa 1500 vacche e 7.000 fra pecore e capre. Possono sembrare tanti, ma sono lo zero virgola qualcosa del bestiame annualmente prodotto e, comunque, i capi uccisi dai lupi vengono rimborsati dallo stato.  Il che costa agli italiani circa un milione l’anno, pari a due centesimi per ogni contribuente.
Insomma, semplicemente non è vero che ci sono troppi lupi, né che fanno danni rilevanti.
Qualcuno dirà pure che è una forzatura, magari uno scandalo, paragonare la mattanza che si sta preparando ai danni del lupo con un genocidio ed è vero: certamente il livello di gravità del crimine e di impegno da parte dei perpetratori sono molto differenti, ma ci sono tuttavia della analogie che vale la pena di rimarcare.
Vediamo dunque molto sommariamente quali sono i principali fattori che normalmente concorrono a scatenare livelli di violenza estrema fra uomini, per vedere poi quali di questi elementi riguardano oggi il lupo.

I protagonisti

Un’operazione di sì vasta portata come un genocidio richiede la collaborazione attiva e passiva di molte persone in ruoli diversi, i principali dei quali sono:

  1. Politici. Sono quelli che prendono l’iniziativa ed organizzano la mattanza per aumentare il proprio potere, o per puntellarlo se questo è in declino. Non è detto che siano tutti dei pazzoidi criminali, ma basta che ce ne siano alcuni abbastanza motivati e capaci per trascinare gli altri. In fondo, non c’è niente di più facile che convincersi che ciò che fa comodo a noi sia la cosa giusta da fare per tutti.
  2. Scienziati. Non sono mai stati politicamente agnostici perché anche loro, come tutti, hanno le proprie convinzioni. Molti sono anche corruttibili, se non allo scopo di lucro e/o carriera a livello privato, perlomeno in funzione di reperire finanziamenti per il proprio istituto, laboratorio o dipartimento. Problema questo sempre più drammatico man mano che lo stato taglia i fondi e la ricerca dipende sempre di più da finanziamenti di privati o di enti locali, quasi sempre finalizzati ad ottenere un imprimatur scientifico su decisioni già prese per tutt’altri motivi.
  3. Ideologi e propagandisti. Questi si occupano di adattare ideologie già diffuse alla necessità di rendere prima immaginabile, poi desiderabile lo sterminio. In un contesto adatto, non è difficile: basta far dimenticare parti della cultura comune, enfatizzarne altre e cucire il tutto con una buona dose di fantasia travestita da dato scientifico o storico. Poi subentrano gli esperti di marketing fra i quali si trova sempre chi sia disposto a pubblicizzare idee genocidarie come se fossero patatine. Anche perché non è detto che ne siano sempre coscienti. Per loro, come per la maggioranza dei soggetti implicati in questo genere di eventi, vale la regola che “è difficile che qualcuno capisca qualcosa se il suo stipendio dipende dal non capirla”.
  4. Legislatori e magistrati. In linea di principio, lo stato esiste per proteggere i propri cittadini. Se decide di prevaricarne, derubarne, scacciarne e/o ucciderne una parte è quindi necessario apportare adeguate modifiche al quadro normativo.  Cosa che di solito avviene per gradi, alla chetichella, in modo che non sia facile capire dove si vuole arrivare. Un’operazione che richiede la collaborazione attiva di legali esperti ai diversi livelli.
  5. Maestri e professori. Oggi molto meno che in passato, ma tuttora la scuola ha una certa influenza sul modo di percepire il mondo di bambini e ragazzi, futuri adulti ed elettori. In molte società sono anche più importanti i predicatori ed il clero in genere; in Europa oggi molto meno che altrove, ma è una situazione che può cambiare anche rapidamente.
  6. Qualunque organizzazione complessa ha bisogno di specialisti dell’amministrazione e delle procedure, altrimenti tutto si inceppa. Non mancano mai i funzionari attivamente partecipi di un qualunque progetto, per efferato che sia, chi per convinzione e chi per corruzione. Tuttavia, Non è necessario che tutti i burocrati siano attivamente coinvolti, basta che la maggioranza di essi sia ligia agli ordini e che non voglia seccature. Sono molti coloro che sottoscrivono documenti che non condividono, o che non capiscono, semplicemente per non avere seccature, ritardi in carriera, ecc.
  7. Esecutori. Sono quelli che materialmente picchiano e ammazzano la gente.  Possono far parte dell’esercito e/o della polizia, ma molto più spesso appartengono ad apposite milizie o bande armate.
  8. Profittatori. Più devastanti sono le calamità, maggiori sono i danni personali e collettivi, maggiori sono anche le opportunità di guadagno per coloro che riescono a cavalcare l’onda.
  9. Collaborazionisti. Per il buon esito del progetto è assolutamente necessaria la partecipazione di un congruo numero di persone che, autonomamente e gratuitamente, collaborano fornendo informazioni alle autorità ed alle milizie, diffondendo la propaganda eliminazionista, ecc. Internet ed i social media hanno enormemente ampliato l’importanza di questa categoria di partecipanti.
  10. Spettatori. Coloro che sono attivamente implicati nel genocidio sono sempre una piccola minoranza e possono quindi avere successo solo se la maggioranza della popolazione, semplicemente, non interviene. Lo può fare per menefreghismo, per paura o altro, ma l’essenziale è che non si opponga; meglio ancora se decide di non vedere e non capire, cosa peraltro molto facile in un contesto adatto.

Nel caso della prossima mattanza di lupi i personaggi coinvolti ed i ruoli sono gli stessi, con l’eccezione degli speculatori poiché il relativo giro di affari sarà minimale. In compenso, tutto è enormemente più facile e scorrevole, vista la soglia molto più bassa che bisogna superare per diventare partecipi o conniventi con il progetto. Da notare che fra i collaborazionisti si annoverano anche quanti, pensando di dimostrare coraggio e/o affetto per i lupi, vanno dar loro fastidio, cercano di avvicinarli e magari gli danno da mangiare, aumentando così il rischio di avvistamenti ravvicinati ed anche di incidenti su cui, poi, la propaganda eliminazionista specula abbondantemente.

Il contesto.

Lo sterminio, abbiamo detto, è spesso, se non sempre, uno strumento politico messo in atto da un governo, oppure da una fazione che tenta in questo modo di scalare il potere, ai danni di una minoranza opportunamente scelta.   Ogni genocidio ha una sua storia particolare, ma esistono dei cofattori che ricorrono in diverse combinazioni in quasi tutti i casi ben documentati. Nessuno di questi è da solo determinante, ma il livello di pericolo sale rapidamente quando più d’uno si presentano contemporaneamente e, soprattutto, quando fra questi si saldano degli anelli di retroazione.

  1. Situazione di stress politico e sociale tale da rendere utile un “capro espiatorio” su cui scaricare l’aggressività e la frustrazione di più gente possibile.
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  2. Disponibilità di una minoranza adatta, meglio se oggetto di un’ostilità tradizionale e comunque incapace di autodifendersi, ma anche temuta o, almeno, tale da poter essere indicata come pericolosa. Il gruppo ideale è visivamente identificabile e contiene al suo interno una minoranza della minoranza che ostenta disprezzo ed aggressività verso la maggioranza.  Meglio ancora se saltuariamente si verificano incidenti fra comunità e/o se esistono bande criminali su base etnica, religiosa od altro.
  3. Precedenti eliminazionisti negli ultimi 50-70 anni. Se è già accaduto, è più facile che accada di nuovo.
  4. Élite fortemente polarizzate su base etnica, tribale, politica, culturale, ecc.
  5. Ideologia basata su un sistema di credenze che affermano la superiorità intrinseca di un gruppo, giustificando così la discriminazione e teorizzando l’allontanamento, persecuzione o eliminazione di altri gruppi etnici, politici, economici o religiosi.
  6. I regimi fortemente autoritari comportano un rischio maggiore di episodi di eliminazione di massa; i regimi parzialmente autoritari presentano un rischio considerevole, mentre le democrazie, anche parziali, sembrano relativamente al sicuro da questo punto di vista.
  7. Demografia dominata da una maggioranza di giovani maschi privi di prospettive realistiche, il cosiddetto “Bubbone giovanile”.
  8. Politica governativa discriminatoria che limita deliberatamente l’economia e/o i diritti politici di una o più minoranze.
  9. Apertura al turismo ed al commercio internazionale. I rischi sono maggiori negli stati/regioni più isolate.

I punti 7,8 e 9 non riguardano il lupo, ma gli altri si; vediamo come:

  • Situazione di stress politico e sociale. La situazione economica e sociale in Europa ed in Italia è buona rispetto al resto del mondo, ma è in rapido peggioramento e, al di là delle promesse elettorali, non ci sono prospettive di miglioramento; semmai il contrario. Il livello di frustrazione individuale e collettiva è destinato quindi ad aumentare e la frustrazione ha il potere di esacerbare l’aggressività. Un capro espiatorio farà quindi comodo, specialmente se privo di controindicazioni politiche ed etiche rilevanti dal punto di vista della maggioranza dei cittadini.
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    Disponibilità di una minoranza adatta. Ce ne sono molte, già più o meno discriminate e/o malviste: dai tradizionali ebrei e zingari, fino ad una varietà di “new entry”, ma fortunatamente siamo ancora lontani da un livello di stress tale da favorire un genocidio. Viceversa, lo sterminio di un’idonea popolazione animale può dare sufficiente soddisfazione a parecchia gente, pur senza le controindicazioni connesse con l’eliminazione di masse umane. Da questo punto di vista il lupo è perfetto: gode di una radicata pessima reputazione presso gran parte della cittadinanza, è un grosso predatore ed è quindi facile dipingerlo come pericoloso, assetato di sangue ecc. Negli ultimi decenni ne è fortemente aumentato il numero e si è diffuso in regioni dove era stato sterminato un secolo o più addietro ed proprio in queste zone dove è più temuto ed odiato. Ancor più importante è il fatto che il lupo è un’animale altamente simbolico che, suo malgrado, evoca immediatamente l’idea di quella “natura selvaggia” che nessuno ha mai visto, ma che alcuni vagheggiano e molti temono. Non solo, è spesso usato anche come simbolo di indomita resistenza e combattività (i lupi veri sono pigri e timidi) in contrapposizione con la “pecore”, metafora invece della gente stupida e conformista.
  • I precedenti eliminazionisti abbondano, tanto è vero che cinquanta anni fa questa specie era completamente estinta su buona parte del suo areale europeo. Ad oggi, ne ha recuperato solo una parte.
  • Le classi dirigenti europee e specialmente italiane sono sempre più polarizzate, malgrado propugnino sostanzialmente le stesse politiche di puntellamento del sempre più traballante capitalismo globalizzato. Per identificarsi hanno dunque bisogno di focalizzare l’attenzione del pubblico su argomenti del tutto marginali, ma percepiti come fortemente simbolici. Oppur anche temi effettivamente importanti, ma banalizzati al massimo grado possibile. La protezione del lupo e della natura in generale dovrebbe essere al primo punto delle agende di tutte le parti politiche, se volessimo tentare di salvare il salvabile della nostra civiltà, ma non è così che viene percepita, tant’è vero che nessuna parte politica se ne occupa veramente, mentre tutte ne fanno gran parlare, chi pro e chi contro, ma comunque a vanvera.
  • L’ideologia discriminante è totale: l’idea della sacralità della vita umana, in contrapposizione con qualunque altra forma di vita, è uno degli archetipi fondanti della nostra civiltà. Solo il rischio teorico di un’aggressione ad uno di “noi” è per molti ampiamente sufficiente a giustificare lo sterminio di “loro”.
  • Il tipo di regime in Italia e EU è democratico, ma la funzionalità e la legittimità del sistema politico è in calo vertiginoso ed i governi stanno diventando gradualmente più autoritari e pervasivi. Siamo ancora lontani dalle autocrazie, ma la distanza diminuisce.

Lo sviluppo

Un’operazione complessa e drammatica come un genocidio richiede una lunga ed abile preparazione, vediamo quali sono le fasi, in parte sovrapposte, di preparazione ed esecuzione di questo crimine estremo, secondo i manuali che ne parlano.

  1. Identificare la minoranza che fa al caso e cominciare a distinguere «noi» da «loro» per etnia, religione, politica, contrada, eccetera.
  2. Etichettare le persone-bersaglio con un termine dispregiativo (zingaro, frocio, crucco, negro, lupo, ecc.); enfatizzare anche l’attenzione sulle eventuali caratteristiche distintive (colore della pelle o dei capelli, abiti, accento, eccetera). In questa fase si fa spesso ricorso ad una notevole dose di creatività.
  3. Far crescere l’odio, ma soprattutto il disprezzo ed il timore contro il gruppo bersaglio tramite tutti i canali della propaganda (media, internet, tv, passaparola, eccetera). Il messaggio è tanto più efficace quanto più è pervasivo e ripetitivo.  Anche chi all’inizio non ci crede, col tempo finisce infatti con l’abituarsi a pensare che “qualcosa di vero ci deve pur essere”. Il messaggio è tanto più efficace quanto più diversi sono i modi di declinarlo ed eterogenee le fonti da cui proviene.
  4. Rendere eliminazionisti alcuni settori dello Stato (polizia, burocrazia, esercito) e/o formare milizie o bande paramilitari adeguatamente ideologizzate.
  5. Stendere liste di proscrizione, allertare le milizie, modificare le leggi, espropriare, licenziare, ghettizzare.
  6. Scatenare l’eliminazione totale o parziale del gruppo bersaglio, dalla deportazione all’uccisione, fino all’occultamento dei cadaveri.
  7. A cose fatte, negare gli eventi, cancellare le tracce, intimidirei o eliminare i testimoni, attribuire la colpa alle vittime, fornire alibi agli esecutori o, in alternativa, scaricare su di essi l’intera responsabilità facendone a loro volta dei capri espiatori a protezione dei mandanti.

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Anche da questo punto di vista, se l’obbiettivo prescelto non è umano, tutto è molto meno impattante, ma altrettanto meno complicato.  La sola fase delicata è la propaganda che deve predisporre l’opinione pubblica a plaudire o, perlomeno, tollerare lo sterminio. Ed è quello che, cominciato in sordina parecchi anni fa, sta prendendo slancio mediante un profluvio di notizie più o meno scioccanti talvolta vere (i lupi hanno sbranato un capriolo, un cane, una pecora), talvolta inventate o esagerate (i lupi hanno aggredito questa o quella persona). Ma fa parte dello schema anche la valanga di fotografie e filmati che impazzano sul web di lupi avvistati vicino alle case o addirittura nelle periferie urbane. Materiale spesso molto dubbio per località e momento di scatto, oltre che per identificazione dell’animale. La maggior parte delle persone che condividono questo materiale non sanno neppure di stare partecipando alla preparazione di una mattanza, pensano solo di raccogliere dei “like” ed è proprio questa massa di collaboratori inconsapevoli che rende la campagna così economica ed efficace. Lo scopo è che la gente interiorizzi il messaggio che i lupi ormai pullulano ovunque e non c’è quindi più nessun motivo per proteggerli se non le ubbie eticamente molto disdicevoli di un manipolo di “ambientalisti integralisti”, ricchi fricchettoni che disprezzano “la gente”.  Il messaggio che tutti devono interiorizzare è che i lupi sono ormai troppi, pongono un problema economico consistente e sono pericolosi per le persone, specialmente per i bambini.

 

E’ possibile opporsi?

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Opporsi ad un genocidio è difficile, ma si può e più gente si oppone, più è facile. Lo sterminio a scopo politico è infatti possibile solo se porta un vantaggio ai politici che lo promuovono e quindi solo se un numero sufficiente di persone partecipa anche solo passivamente. Opporsi in fase attuativa è però estremamente pericoloso e poco efficace, mentre nelle fasi precedenti il rapporto fra rischio e risultato è molto più vantaggioso; ecco perché è bene stare all’erta ed ostacolare il processo alle prime avvisaglie. Come? Soprattutto opponendosi all’instaurarsi di autocrazie ed intralciando la propaganda segregazionista fin dall’inizio, quando è meno vigorosa.
Opporsi allo sterminio del Lupo è molto più facile e non pericoloso, al massimo si rischia di essere insultati. Tuttavia richiede pazienza e tempo per documentarsi e ribattere puntualmente alla propaganda “lupicida”, specie quella più subdola perché inconsapevole. Un’attività che richiede dedizione e che può generare imbarazzo, quando si tratta di esporsi personalmente in un contesto ostile.

Concludendo

Forse non c’è un vero complotto ai danni dei lupi a livello europeo e/o nazionale, ma sicuramente la tendenza è verso una prossima mattanza e c’è una varietà di soggetti che stanno spingendo per questo scopo con modalità che ricordano da vicino le procedure adottate per lanciare operazioni di sterminio a scopo politico. In altri paesi europei, ad esempio in Francia ed in Svezia, si è già passati alle vie di fatto a livello governativo, pur sotto una fitta cortina fumogena. In Italia ancora no, ma la tolleranza nei confronti del bracconaggio aumenta, mentre sempre più spesso i lupi uccisi di frodo vengono esposti con modalità che riproducono esattamente quelle consuete nei genocidi, quando lo scopo non è solo uccidere, ma anche terrorizzare e deridere.  Nel frattempo, i toni e la frequenza dei messaggi anti-lupo salgono, così come aumentano i politici che si fanno un vanto ed una bandiera di essere anti-ambientalisti.
Una tendenza questa che incontra sempre minore resistenza perché, almeno nel nostro paese, praticamente nessuno che conta qualcosa è davvero ambientalista, nel senso che comprende la portata della posta in gioco e conosce i mezzi per opporsi al disastro. Forse la migliore prova di ciò è il graduale e silente, ma inarrestabile smantellamento della già del tutto insufficiente rete di aree protette; processo che ha cooptato non solo praticamente tutte le parti politiche e le amministrazioni, ma perfino frange del movimento ambientalista.
Se c’era bisogno di una dimostrazione di come una propaganda sufficientemente pervasiva e sapiente può stravolgere la mente delle persone, direi che questa è una plateale.

 

 

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