Moriva quindici anni fa André Gorz, suicidatosi per la precisione il 22 settembre 2007 insieme all’amatissima moglie Dorine Keir, afflitta da una grave malattia degenerativa. Per chi non lo conoscesse, Gorz è stato un socialista e marxista eretico che, causa l’influenza esercitata sui di lui fin dagli anni Sessanta dai nascenti movimenti ecologisti prima e dagli studi sui limiti dello sviluppo poi, ha rivoltato da cima a fondo il classico armamentario ideologico della Sinistra, fortemente imbevuto di industrialismo e visioni ancora di stampo positivistico.

Opere come Addio al proletariato, Capitalismo, socialismo, ecologia, Miserie del presente, ricchezza del possibile, Ecologica o sono state profondamente rigettate per il loro ripudio dell’ortodossia oppure sono state fonte di profonda ispirazione, specialmente per i giovani degli anni Novanta che (come il sottoscritto) provavano un profondo disgusto per la nuova era del capitalismo neoliberale, ma stentavano a riconoscersi nei credi sinistrorsi pre e post crollo del Muro di Berlino.

Senza tentare una sintesi esaustiva del suo pensiero, ripropongo alcune idee che, sebbene datate di qualche decennio, suonano oggi più che mai valide.

I lavoratori non sono più soggetti rivoluzionari. “Lo scopo ultimo, la natura e l’organizzazione del sistema produttivo non possono essere compresi e sfidati dall’interno di ogni singolo sotto-gruppo o ruolo lavorativo. Possono essere compresi e sfidati solo quando i lavoratori, invece di identificarsi con il loro ruolo lavorativo, ne prendono le distanze e lo pongono in prospettiva”. Queste e altre affermazioni di Addio al proletariato (1980) fecero infuriare al tempo vasti settori della Sinistra. Gorz, analizzando la natura delle strategie postfordiste e le nuove tendenze giovanili, constatò la fine degli operai come ‘classe’ e, riprendendo in parte argomentazioni già usate da Marcuse ne L’uomo a una dimensione (ma prima ancora da Simone Weil e pochi altri), evidenziò l’impossibilità di superare il capitalismo senza rifiutarne altresì le logiche tecniche e produttive. Con buona pace di Engels, la società socialista non può essere “il prodotto ultimo e specifico del capitalismo”, bensì qualcosa di profondamente diverso.

Lo stato-provvidenza non è il socialismo. Gorz comprese appieno la reale natura del compromesso keynesiano-socialdemocratico, volto sostanzialmente a difendere il capitalismo dall’avidità e dalla scarsa lungimiranza dei capitalisti. “Si potrà parlare di socialismo soltanto quando il sistema burocratico-industriale, i suoi apparati di potere e le sue esigenze saranno stati ridimensionati e trasformati in modo che tutta la sfera delle attività economicamente razionali si trovi, in posizione subordinata, al servizio delle forme di cooperazione e di scambio autodeterminati dagli individui sociali stessi” (Capitalismo, socialismo, ecologia). Il filosofo francese esaltava quindi forme di solidarietà in stile socialismo utopistico, ispirate al movimento cooperativo delle origini e alle società di mutuo soccorso. Sicuramente valori da riscoprire, specialmente oggi dove il welfare state è già da tempo inguaiato a causa del declino/collasso della nostra civiltà.

Le innovazioni tecnologiche potenzialmente liberatrici sotto il capitalismo diventano strumenti di dominio. Gorz osservava con grande interesse le innovazioni nel campo dell’informatica e della microelettronica, intuendone non solo gli stravolgimenti che avrebbero apportato al vecchio paradigma produttivo fordista ma anche cogliendo alcune potenzialità liberatrici che intravide, ad esempio, nel contesto dell’etica hacker e del mondo del software libero. Contrariamente però a tante voci tecno-entusiastiche, ammoniva sull’uso distorto e strumentale che il capitalismo avrebbe fatto delle innovazioni, anche di quelle dal carattere più marcatamente emancipatorio. Le sue paure hanno trovato oggi ampie conferme, squalificando qualsiasi ipotesi di “salvezza tecnologica” (sia in campo sociale che ambientale).

Autonomia e autolimitazione come valori da opporre al capitalismo. Gorz fu fortemente influenzato da uno degli intellettuali più eterodossi del Novecento, Ivan Illich. Grazie a lui elaborò un’ipotesi socialista compatibile con le necessità ecologiche, che superasse quindi il mito marxista del “massimo sviluppo delle forze produttive”. Identificando nel capitalismo la caratteristica intrinseca a massimizzare la produttività (con inevitabile distruzione di biosfera e tessuto sociale), ritenne che qualsiasi progetto veramente alternativo debba invece basarsi sul principio di autolimitazione. Solo grazie a una autolimitazione consapevole, infatti, sarebbe possibile non solo combattere il capitalismo ma anche evitare che il collasso della civiltà evolva verso possibili degenerazioni di tipo “ecofascista”.

Ma come convincere la popolazione ad accettare, in parole povere, un’esistenza più povera dove si rinuncia a pretese di opulenza oggi ritenute del tutto legittime? Per Gorz la soluzione passava per la ricerca di una maggiore autonomia esistenziale e una minor invasività degli apparati burocratici-tecnocratici nel “mondo vissuto”. “Bisogna intendere il socialismo come un orizzonte di senso che sviluppa una esigenza di emancipazione. Non come un sistema economico e sociale diverso ma, al contrario, come il progetto pratico per ridurre tutto ciò che rende la società un sistema, una megamacchina, e per sviluppare, allo stesso tempo quelle forme di socialità auto-organizzata nelle quali si possa compiere il ‘libero sviluppo delle individualità’… Si tratta di trasformare la società in un insieme di spazi in cui forme di associazione e di cooperazione possano realizzarsi e di indicare la possibilità concreta di riappropriazione e di auto-organizzazione della vita in società, attraverso forme rinnovate di pratica politica, sindacale e culturale… Lottare per il socialismo significa rivendicare in tutti i campi il diritto degli individui all’auto-determinazione, all’eguaglianza, all’integrità della persona, agendo perché possa essere rimodellato tutto ciò che, nella società, fa ostacolo a questo diritto” (Capitalismo, socialismo, ecologia).

La megamacchina capitalista, per quanto abbia effettivamente garantito il massimo benessere materiale della storia a una certa quota della popolazione mondiale (sfruttando e marginalizzando le altre), ha raggiunto lo scopo creando un sistema fortemente integrato dove i singoli individui sono ridotti a meri ingranaggi, estendendo il medesimo processo a livello di stati (da qui la diffusa e reale percezione di perdita di sovranità). Di conseguenza, la democrazia si è ridotta man mano a un orpello formale privo di sostanza, essendo i processi decisionali accentrati nelle mani di ristrette e lontane oligarchie. Un’ideale di vita meno eterodiretta, meno guidata dalla razionalità economica-burocratica, meno ossessionata dal culto borghese del lavoro, più ‘politica’ nel senso autentico del termine e più autodeterminata rappresenta forse l’unico viatico per un’accettazione serena della riduzione di agi e comfort. Da qui, pertanto, la necessità di riscoprire le intuizioni di Gorz.

 

 

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