Scrive Il Sole 24 ore:
Se fino al mese scorso il rialzo dei prezzi alimentari si poteva ritenere causato dall’impatto crescente dei costi dell’energia e dei fertilizzanti in un contesto di crescita economica, adesso il fattore prevalente è lo shock nell’offerta di cereali da parte di Ucraina e Russia provocato dal conflitto e dalle sanzioni commerciali e finanziarie alla Russia.
L’escalation dei prezzi dei principali beni agricoli, in particolare i cereali, causerà inevitabilmente crisi alimentari simili a quelle verificatisi nei periodi 2007-2008 e 2012-2014 o addirittura di portata superiore, a causa delle gravissime tensioni internazionali dovute a un conflitto che, con ogni probabilità, si protrarrà per molti mesi se non per anni.
Quattro anni fa, scrissi un articolo intitolato L’agricoltura che non sfama, in cui evidenziavo la consistente quota di produzione agricola destinata a scopi diversi da alimentare direttamente gli umani, quali il sostentamento del bestiame o la sintesi di biocarburanti.
Il rapporto Agricultural Outlook 2021‑2030, redatto congiuntamente da FAO e OCSE, ci permette di tenere aggiornata la situazione, oltre a sondare quelle che ai piani alti erano considerate le previsioni più affidabili sull’evoluzione dei fenomeni in questione (le avrei ritenute comunque molto opinabili, ovviamente l’invasione russa dell’Ucraina ha completamente sparigliato le carte).
Rispetto a tre anni fa è cambiato poco o nulla. Continua a destare particolare sconcerto il caso del mais, coltura dagli input particolarmente onerosi di cui solo in minima parte destinata a sfamare umani. La guerra, di per sé, non sarà la vera responsabile della crisi alimentare oramai prossima, rappresenterà solo il detonatore di una situazione insostenibile a monte: il bubbone sarebbe comunque presto scoppiato. La tragedia in corso ci costringe quindi ‘soltanto’ a intervenire più celermente sulle tante storture che caratterizzano l’attuale paradigma alimentare.
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“produzione agricola destinata a scopi diversi dall’alimentazione umana, quali il sostentamento del bestiame o la sintesi di biocarburanti. ”
Questo è un po’ fuorviante, dato che comunque i mangimi o il fieno dati al bestiame servono a sfamare gli umani. E una parte del biocarburante può essere utilizzato in agricoltura.
Nella parte di produzione agricola “destinata a scopi diversi dall’alimentazione umana” metterei piuttosto quella tessile, per la produzione di alcolici, di carta, di fiori da taglio, di mangimi destinati ad animali da compagnia, di tabacco…
Ho cambiato la frase. Usare cereali per produrre carne comporta uno spreco in termini di calorie, quindi si ottiene cibo ma in perdita. Per quanto riguarda il bioetanolo da mais, probabilmente sono più impattanti dei combustibili fossili convenzionali, quindi sono sicuramente qualcosa da cui prendere le distanze. https://www.qualenergia.it/articoli/contrordine-i-biocombustibili-sono-buoni/
Dunque, ho controllato i prezzi dei fagioli secchi confrontati con quelli della carne di pollo.
Rispettivamente 2 euro e 50 e 5 euro al kg.
In più bisogna tener conto del fatto che i fagioli una volta cotti come minimo raddoppiano di peso, ed è su questo che si calcolano i valori nutrizionali.
Il problema è che nonostante ci sia una netta differenza di prezzo, la carne di pollo costa comunque molto poco.
Quanto dovrebbe costare la carne se si tenessero in considerazione gli effetti ambientali?
Siamo sempre fermi allo stesso punto.
Nessun governante tranne qualche tedesco per sentito dire, vuol far pagare il vero costo della carne.
Vedremo cosa succederà con questa crisi che arriva.
Stessa cosa per i biocarburanti.
Il problema sono i sussidi agli allevamenti. Da allevatrice, dico: togliete quelli e si risolve subito quasi tutto. Non ha senso allevare animali con cereali e basta (alcuni animali non dovrebbero proprio mangiarli se non in minime quantità, per altri non dovrebbero essere l’alimento principale). Si fa perché ci sono politiche apposite per favorirlo.
Ovviamente poi bisogna agire sulle importazioni, sia di mangimi che di carne prodotta all’estero. E sui predatori, soprattutto volpi e lupi, che rendono impossibile o molto difficile allevare animali all’aperto, come bisognerebbe fare.
I calcoli su peso e valori nutrizionali lasciano fuori una marea di cose molto importanti. Cibo e agricoltura vanno molto, molto al di là di calcoli numerici e mera contabilità. Mi spavento sempre quando qualcuno si mette a calcolare cose come il terreno o le proteine, e dimentica tutto il resto. Fermo restando che uno poi mangia quello che vuole nei limiti della legge.
No, non spaventarti.
Io ho scritto precisamente “gli effetti ambientali”.
Poi ci saranno anche quelli culturali, per carità. E mettiamoli. Io direi prima di tutto l’empatia nei confronti degli altri esseri viventi.
Si è persa. Probabilmente non c’è mai stata più di tanto. Magari si può acquisire.
Quello che dico vale anche per l’ambiente. Ma ho scritto le stesse cose qui tante volte per cui non mi ripeto!
https://www.youtube.com/watch?v=0nKg-tnZhbY
Forse vale la pena di conoscerlo.
https://smallfarmfuture.org.uk/
Anche questo, se non lo si conosce già.
Alla fine sono qualcosa in più che agricoltori. Filosofi della terra?
Me ne parlava un mio amico l’altro giorno, appena mi ha spiegato che costui pacciama con il fieno mi è sembrata un’idea demenziale. Hai idea della fatica che si fa a fare il fieno? Di quante risorse richiede produrlo e trasportarlo (terra, acqua per crescere e sole o calore per seccare, combustibili fossili o fatica fisica, spesso anche plastica, tempo, trasporto…)? E perché sprecare il fieno, un alimento per animali e non uno scarto, per pacciamare? Probabilmente sarebbe più ecologico darlo a una capra e mangiarsi direttamente la capra. La pacciamatura andrebbe fatta con materiali di scarto reperibili in loco, non con materia prima di qualità, e comunque quel materiale di scarto è sottratto a un altro uso utile.
Non voglio essere superficiale, e io stessa sto provando tecniche “alternative” per l’orto, ma tutti quelli che dicono che sia possibile produrre cibo con poca fatica e poco impatto mi lasciano molto perplessa. Mi sembrano mode del momento da propinare (in corsi a pagamento) a persone ignoranti di agricoltura che credono nei miracoli.
https://youtu.be/RHy6Mss7O5M
Mah, vedi tu.
Io l’ho un po’ adattato rispetto alle mie necessità, “ibridandolo” con un altro metodo piuttosto simile.
Devo dire che funziona. Anche con colture esigenti come i pomodori.
E il terreno tende a migliorare di anno in anno.
Ma quando lo dico non vengo creduto, perciò ti rimando al video
Non ho dubbi che funzioni. Il punto è considerare l’intera filiera, compresa la produzione della pacciamatura.
Si. Per ogni metro quadrato di orto occorrono due metri di prato.
Dunque nel mio caso, fino all’anno scorso avevo circa 30 mq di orto e 200 mq di prato. Io uso lo sfalcio, (da falciatrice a mano) i residui delle coltivazioni e le
foglie.
Non mi sembra niente di impossibile. Certo, si può fare di meglio. Cappello riesce a produrre in modo intensivo, con tutti gli ortaggi l’uno accanto all’altro.
Fuzzy, è quello che intendevo. Può andare bene per chi ha la fortuna di avere un giardino grande e vuole farsi un orticello, ma di sicuro non può essere il futuro dell’agricoltura o la soluzione per sfamare 8 miliardi di persone. Fossimo molti meno, sarebbe diverso.
The EU is a net export or cereals with a self-sufficiency of 112%[1], 61% of EU cereals used for animal feed and only 23% directly reserved to food for humans[2]. The question, as it appears, is not really of food security but of the livestock industry’s continued interests, and their ability to maintain their competitive spot on the market.
https://www.arc2020.eu/are-the-cap-strategic-plans-up-to-the-task/
Io sono convinto che abbia ragione Chris Smaje (link in alto al sito) quando dice che “l’unico” modo per riuscire a superare in modo non catastrofico questo periodo di decadenza sia puntare sull’agricoltura locale e a conduzione familiare.
E quindi anche l’orto, perché no?
Certo, se dedichi gran parte del terreno agricolo alla produzione di mangimi e biocarburanti allora non avrai spazio non dico per il fieno, ma neanche per fare un orto.
Ci sono troppi interessi nell’agricoltura, e la proprietà dei terreni è attualmente molto mal- distribuita.
E questo, per quanto ne so vale ancora di più nei paesi dove veramente la fame è reale.
https://www.remocontro.it/2018/06/22/brasile-contadini-massacrati-la-rivincita-dei-latifondisti/
Magari il problema fosse solo il fieno.
*Anche* l’orto, non solo l’orto.
Inoltre perché la gran parte delle persone possano fare l’orto in maniera sostenibile la struttura delle nostre città e paesi dovrebbe cambiare radicalmente, un progetto non da poco. Al momento vedo un sacco di gente che va in macchina a coltivare un orticello con terra, concime, vasetti e impianti di irrigazione basati sui combustibili fossili, e poi si illude di “autoprodursi” il cibo.
Comunque ti dico: prova. Prova a sfamarti esclusivamente o quasi con i prodotti del tuo orto a km 0 (e questo dovrebbe includere proteine, farine, grassi per cuocere e spezie, nonché un surplus da scambiare con il sale iodato, elemento indispensabile); calcola quanto lavoro, quanta terra, acqua, e input esterni ti servono, e poi ne riparliamo. Per parlarne correttamente, però, dovresti produrre anche abbastanza fibre per vestirti e carburante per scaldarti e muoverti, oppure un surplus sufficiente per comprare queste cose da altri.
http://www.mondoallarovescia.com/chi-pr
1 Secondo il rapporto della Fao Sofi (State of Food and agricolture), nove aziende su dieci, tra le 600 milioni di aziende agricole presenti nel mondo, sono condotte da un solo individuo o da un solo gruppo familiare e producono circa l’80% del cibo a livello mondiale
2 In tutto il mondo, tra l’80% e il 90% delle aziende agricole sono a conduzione familiare o di piccoli proprietari. Ma coprono solo una piccola parte della terra
https://www.theguardian.com/environment/2020/nov/24/farmland-inequality-is-rising-around-the-world-finds-report
Quindi da una piccola parte della terra (quella condotta da un solo individuo o un solo gruppo familiare) si ricava l’80 per cento del cibo mondiale.
Un’azienda condotta da una sola famiglia in Africa probabilmente è un piccolo appezzamento zappato a mano.
Un’azienda condotta da una famiglia in America probabilmente comprende decine di ettari lavorati con macchinari grandi come case. In Australia una sola famiglia può avere centinaia di ettari.
https://grain.org/en/article/6790-peasants-still-feed-the-world-even-if-fao-claims-otherwise
Questo è un documento recente.
Io poi ogni volta che cito la Fao ho un certo timore, perché ho notato che a volte scrivono una cosa, a volte l’esatto contrario.
Insomma, se questo articolo che ho preso da Grain ti convince, bene. Non è ambiguo. Altrimenti nessuno ti obbliga a dargli credito.
Io non so come sia in Friuli, ma ti posso assicurare che nella Pianura padana vedi sopratutto mais, sorgo, erba medica e pioppeti. Niente di tutto questo è destinato all’alimentazione umana o all’abbigliamento.
D’altra parte, se pure prendiamo per buono il documento della Fao (ma obiettivamente c’è qualcosa che non funziona).
“the FAO paper concludes that the world small farms only produce 35% of the world’s food using 12% of agricultural land”
si può tranquillamente ipotizzare che se con un 12% dei terreni agricoli, i piccoli contadini riescono a produrre il 35% del cibo mondiale, per arrivare al 100% basterebbe circa triplicare questo 12% . Niente di impossibile, tranne l’eterno problema dei grandi proprietari terrieri che a quanto pare non sono disposti a cedere di un metro. Anzi, la tendenza è verso un accaparramento sempre più vorace.
Fuzzy, anch’io credo nel potenziale dell’agricoltura su piccola scala, ma le generalizzazioni a livello globale sono molto difficili perché la variabilità a livello locale è immensa. Quello che ha assolutamente senso in Mongolia è devastante in Amazzonia. Una piccola azienda familiare in Africa non opera come una piccola azienda familiare in Italia (che fa agroindustria).
Riguardo a quello che vedi in pianura Padana, non ne dubito, anche se una coltivazione dedicata all’alimentazione animale È destinata all’alimentazione umana nella misura in cui poi ci mangiamo gli animali (sì, è inefficiente e non ecologico, però comunque stiamo sfamando umani con quegli animali, non alieni). Riguardo a pioppeti e compagnia, il punto è proprio questo: alcuni dei prodotti non-alimentari dell’agricoltura ci servono per guadagnare valuta con cui comprare da altri individui o da altre nazioni cibo, oppure per la sopravvivenza (pensare di vivere completamente senza vestiti, riscaldamento o carta è difficile). Per cui non possono essere tutti convertiti alla produzione alimentare. E se lo facessimo, magari “efficenteremmo”, ma non avremmo più margini in caso di fallimento di raccolti o bocche in più da sfamare, cose che succedono regolarmente.
https://www.rinnovabili.it/agrifood/diete-sostenibili-insetti-carne/
dieta onnivora ottimizzata”. Di cosa si tratta? Nel piatto possono finire uova, latticini, pesce e frutti di mare ma non carne. In questo caso, il consumo di suolo e di acqua cala ancora dell’80 e dell’83%, mentre l’impatto sul global warming scende dell’82%.
Rispetto a una media UE di 80 kg di carne a testa l’anno, bisognerebbe scendere fino a non più di 20 kg. Una riduzione del 75% almeno
Quello che io vedo in pianura padana è un modello di agricoltura insostenibile e iniquo che stanno cercando disperatamente di tenere in vita nonostante non sia più praticabile nemmeno economicamente.
Non puoi produrre uova e latticini senza produrre anche carne.
Per il resto ti dò ragione. Io stessa, cercando di mangiare carne solo di mia produzione, ne mangio pochissima.
Riguardo agli insetti lascerei stare. Non riesco a immaginare un modo di ucciderli che non sia crudele, di allevarli che sia all’aria aperta e piacevole, e sinceramente non mi sembra giusto chiedere alle persone di rinunciare del tutto alla propria alimentazione tradizionale perché qualcuno dall’altra parte del mondo fa troppi figli.
Ma siamo sicuri che dall’altra parte del mondo si facciano “troppi” figli?
A me risulta, ma non sono molto ferrato sulla questione, che l’incremento della popolazione mondiale sia in gran parte dovuto alla minore mortalità infantile e al fatto che la durata media della vita si sia allungata.
Piuttosto per quel che vedo, nessuno nel nostro paese mette in risalto il problema di come vengono gestiti a livello finanziario i fondi pensione.
https://grain.org/en/article/6834-resisting-pension-fund-capitalism-a-webinar-series
Se la mortalità infatile cala (per fortuna), e tu continui a fare cinque-sei figli per donna, per giunta in paesi in cui la gente vive già in miseria e l’ambiente è devastato, sì, stai facendo troppi figli. Guarda le statistiche del tasso di fertilità (Total Fertility Rate) di Africa sub-sahariana, Pakistan, Afghanistan, Medio Oriente…
Il problema delle pensioni è che abbiamo creato un sistema insostenibile, per cui si dà alla gente più di quanto possa realisticamente versare. Quei soldi devono poi essere recuperati da qualche parte a tutti i costi – finanza aggressiva, debito, sottratti alle nuove generazioni…
Cinque, sei figli per donna
https://it.m.wikipedia.org/wiki/Popolazione_mondiale
Dalla tabella
Distribuzione storica e futura della popolazione mondiale (% sul totale).
Africa 1999 12,8% previsione 2050 23,7%
Europa 1999 12,2% previsione 2050 5,3%
Quindi totale europa più africa al 1999 25%
sempre europa più africa totale al 2050 29%
In pratica, sommando Europa e Africa, nel 2050 avremo un incremento del 4% della percentuale di popolazione mondiale.
Voglio, dire, stiamo parlando dei prossimi trent’anni. E cosa ne sarà del mondo oltre quella data? Boh. Obiettivamente tutto è possibile. Non necessariamente le migliori o peggiori previsioni si avverano.
Ad esempio,
https://energyskeptic.com/2022/peak-fossil-fuels-overview-of-peak-oil-coal-and-natural-gas/
The good news is that the worst IPCC projections are less likely to be reached (see chapter 33 of Life After Fossil Fuels). And as oil declines exponentially faster, perhaps from now onward, CO2 will decline: About 50% of carbon dioxide emitted by human activity will be removed from the atmosphere within 30 years, and 30% more within a few centuries. The remaining 20% may stay in the atmosphere for many thousands of years (GAO (2014) CLIMATE CHANGE: Energy Infrastructure Risks and Adaptation Efforts GAO-14-74. United States Government Accountability Office).