Guido Dalla Casa e altre voci autorevoli hanno espresso pubblico apprezzamento per le tesi di La società industriale e il suo futuro, più noto come Manifesto di Unabomber, scritto infatti da Theodore John Kaczynski, ex professore di matematica dell’università di Berkeley divenuto terrorista dinamitardo con il nome di battaglia di Unabomber e poi arrestato nel 1996. Per curiosità, ne avevo letto superficialmente in gioventù alcuni passi apparsi sul Web, dandomi l’impressione di uno scritto primitivista di scarso valore, frutto di una mente senza dubbio acculturata ma anche profondamente deviata.
Alla luce dei pareri positivi, ho provato a rileggerlo qualche giorno fa cercando di sgombrare la mente da ogni pregiudizio moralistico, cosa non proprio facilissima quando c’è di mezzo un assassino. Trent’anni dopo ammetto che, estrapolandole dal contesto generale, si possono ripescare affermazioni condivisibili riguardo a natura del potere, controllo sociale, pervasività dello sviluppo tecnologico sulla libertà personale, medicalizzazione dell’esistenza e accanimento terapeutico.
In un certo senso, però, ciò è quasi inevitabile: Kaczynski attinge, a suo uso e consumo, a maestri del pensiero come Rousseau, Nietzsche, Marcuse e la scuola di Francoforte, Illich, la letteratura sui limiti dello sviluppo (spacciando immancabilmente idee altrui come frutto del proprio genio creativo), così facendo è quasi inevitabile scrivere delle cose ragionevoli.
Comunque, dopo aver rivisto con maggior attenzione il Manifesto e ripensando alle varie etichette che gli sono state affibbiate, oggi posso affermare con certezza che siamo in presenza di un testo forse luddista ma sicuramente non anarchico (benché auspichi la distruzione dello stato centralizzato) né ecologista (malgrado l’esaltazione della natura selvaggia). Cerco di spiegarmi.
Alla base del ripudio per l’industrializzazione c’è un profondo disprezzo per la società come istituzione umana e per la Sinistra (“una delle più diffuse manifestazioni della pazzia”), in quanto schieramento politico basato sulla socializzazione. Al di là delle critiche al politically correct (imperante negli ambienti accademici statunitensi già negli anni Novanta) e alla presunta ipocrisia umanitarista dei liberal, dal Manifesto trasuda chiaramente l’avversione per l’egualitarismo. Non solo l’ingiustizia sociale non viene mai condannata, ma talvolta se ne esce con luoghi comuni che sembrano partoriti dalla bocca di Briatore o gente di quella risma*:
Le persone di sinistra tendono a odiare qualsiasi cosa abbia un’immagine forte, positiva e di successo. Le ragioni per le quali dichiarano di odiare la civiltà occidentale, sono, senza ombra di dubbio, false. Essi dicono di odiare l’Occidente perché è guerrafondaio, imperialista, sessista, etnocentrico e così via, ma quando le stesse colpe appaiono nei paesi socialisti o nelle culture primitive accampano scuse o, al più, ammettono tra i denti che esistono; mentre invece sottolineano entusiasticamente (e spesso esagerano) queste colpe quando appaiono nella civiltà occidentale. E ovvio, perciò, che queste colpe non sono il vero motivo per cui odiano l’Occidente e l’America. La persona di sinistra odia l’America e l’Occidente perché sono forti e hanno successo.
La società industriale e la Sinistra, sua presunta fonte ideologica, hanno la colpa non solo di addomesticare le masse tramite il controllo sociale esercitato dalla tecnologia, ma anche e soprattutto di cercare un’eguaglianza forzata che non riconosce ai migliori il diritto di prevalere:
Gli uomini di sinistra non ammettono che capacità umane o comportamenti possano essere spiegati geneticamente poiché in questo modo alcuna persone apparirebbero inferiori o superiori ad altre. Gli uomini di sinistra preferiscono attribuire alla società il merito o il demerito delle capacità o delle carenze di un individuo. Così se una persona è “inferiore” non è colpa sua ma della società, perché egli non è stato educato adeguatamente.
Il paragrafo 28 è ancora più emblematico, dove vengono stigmatizzati i valori della “moralità accettata”, pertanto intrinsecamente negativi:
Parlando in generale, gli obiettivi degli uomini della sinistra non sono in conflitto con la moralità accettata. Al contrario, la sinistra prende un principio morale accettato, lo adotta per suoi comodi, e quindi accusa la maggioranza della società di violare quel principio. Esempi: l’eguaglianza razziale, l’eguaglianza dei sessi, l’aiutare la povera gente, la pace come opposta alla guerra, la non violenza in generale, la libertà di espressione,
l’amore verso gli animali; più essenzialmente il compito dell’individuo di servire la società e il compito della società di prendersi cura dell’individuo.
Ma cosa propone Kaczynski al posto della società industriale? In sostanza, “comunità naturali di piccole dimensioni, per esempio le famiglie allargate, il villaggio o la tribù” dove sia possibile praticare i “valori tradizionali” ostracizzati dalla tecnologia; da qui l’incompatibilità del suo pensiero con qualsiasi genuina aspirazione anarchica. Nell’anarchismo, l’abbattimento dello stato in favore dell’autogoverno su piccola scala non è fine a se stesso, bensì propedeutico all’espansione della libertà fino a rimuovere ovunque l’oppressione dell’uomo sull’uomo, cosa che invece Unabomber non si sogna di contestare.
A suoi giudizio “l’uomo ha bisogno del potere” perché la libertà consiste espressamente nell’esercizio del potere, negativo solo quando frutto dell’azione di grandi organizzazioni. Una libertà, per altro, intesa in maniera prepolitica e totalmente limitata all’autonomia esistenziale, come spiegato al paragrafo 93:
Con libertà intendiamo l’opportunità di passare attraverso il processo del potere con obiettivi reali, non con quelli artificiali di attività sostitutive, e senza interferenza, manipolazione o supervisione di alcuno, specialmente di qualche organizzazione. Libertà significa essere in grado di controllare (sia come individuo che come membro di un piccolo gruppo) tutti gli aspetti relativi alla propria vita-morte; cibo, vestiti, riparo e difesa contro qualsiasi
pericolo ci possa essere nel proprio circondario. Libertà significa avere potere; non il potere di controllare altre persone ma il potere di controllare le circostanze della propria vita.
Poco più avanti, simpatizza per le nazioni indiane del New England e le signorie italiane rinascimentali perché, malgrado rette da sistemi di governo autoritario, le limitazioni della tecnologia impedivano di controllare capillarmente i ‘piccoli gruppi’, che potevano quindi praticare il tipo di libertà da lui auspicato. Elude completamente la gerarchia, l’oppressione e il conformismo vigenti all’interno di tali realtà, dove spesso spadroneggiavano gli individui più violenti (cioé simili a Kaczynski, uno che non si è fatto scrupoli a uccidere pur di dare rilevanza mediatica alle proprie ideologie). Quando la dominazione non proviene dalle grandi organizzazioni, allora è lecita.
Ovviamente non lo ammette mai in modo esplicito (dà per scontato che nella sua utopia si vivrà meglio a prescindere), però, per comprendere il grado di leatà e integrazione che si aspetta all’interno della comunità, basti pensare che ritiene doveroso approfittare del proprio ruolo sociale per avvantaggiare un proprio parente a discapito di un estraneo anche se più competente e preparato per un certo compito (paragrafo 51), perché il legame di sangue deve prevalere su qualsiasi altra considerazione (denunciare il nepotismo significa quindi ‘fare il gioco del Sistema’).
Se le credenziali anarchiche di Unambomber sono alquanto discutibili, quelle ecologiste probabilmente lo sono ancora di più. L’esaltazione della natura selvaggia è usata strumentalmente allo scopo di includere “anche la natura umana, in particolare quegli aspetti del funzionamento dell’individuo non soggetti alla regolazione da parte di società organizzate ma prodotti del caso, della liberta volontà, di Dio (a seconda delle proprie opinioni religiose o filosofiche)”. Come è selvaggia la natura, così deve esserlo anche la vita umana, che quindi deve assumere una connotazione il più antisociale possibile.
In compenso, manca qualsiasi riflessione sul superamento dell’antropocentrismo e sulla costruzione di un nuovo rapporto Uomo-Natura: “Per alleviare la pressione sulla natura non è necessario creare un tipo particolare di sistema sociale; occorre solo liberarsi della società industriale”. Il riferimento al mondo naturale è quindi solo un espediente per giustificare i supposti i ‘bei tempi andati’ contrassegnati dai ‘valori tradizionali’ elevati a ‘comportamenti naturali’. La reale preoccupazione per l’ambiente è ampiamente dimostrata da passi come il paragrafo 196, improntato al ‘tanto peggio tanto meglio’:
I rivoluzionari dovrebbero favorire misure che tendono a legare l’economia del modo in un meccanismo unico. Trattati di libero commercio come Nafta e il Gatt sono probabilmente dannosi per l’ambiente nel breve periodo, ma nel lungo periodo possono forse essere vantaggiosi perché incoraggiano l’interdipendenza economica tra le nazioni. Sarà più facile distruggere il sistema industriale su base planetaria se l’economia del mondo è così unita che il collasso in una delle sue maggiori nazioni provoca il crollo delle altre nazioni industrializzate.
Non poche formazioni di ispirazione neofascista hanno simpatizzato per teorie di Kaczynski: a titolo di esempio, l’editore italiano de La società industriale e il suo futuro ha pubblicato titoli come L’inganno antirazzista. Come il progressismo uccide identità e popoli, White guilt. Il razzismo contro i bianchi al tempo della società multietnica e autori come Jack Donovan, sostenitore del suprematismo bianco statunitense. In una lettera aperta del 2020 intitolata Ecofascismo un ramo aberrante della sinistra, il terrorista ha preso le distanze dall’estremismo di destra, precisando di rigettare il razzismo non per ragioni morali, ma per mero utilitarismo, poiché un movimento antitecnologico deve avere una connotazione mondiale per sperare di abbattere la società industriale.
Personalmente, rivedo in azione i medesimi meccanismi già verificatisi con Nietzsche e i nazisti: quando l’idea di libertà è caratterizzata da un individualismo sfrenato e totalizzante (alla maniera della volontà di potenza del filosofo tedesco e dell’autonomia esistenziale estrema di Unabomber), si finisce per sdoganare i peggiori sonni della ragione. La Natura, per quanto gloficata a parole, anziché essere una matrice di etica (come avviene nel vero ecologismo) è ridotta a strumento buono per giustificare in modo pseudofilosofico e pseudoscientifico i propri desideri di vendetta, siano essi mirati contro gli ebrei, i ‘sinistri’ o chicchessia. E’ stato così con il nazismo ed è così oggi con Unabomber e altri pensatori simili.
Per il resto, in un’epoca dominata da un politicamente corretto spesso insulso e irragionevole, da un’intelligenza artificiale pensata per soppiantare anche il lavoro creativo, da una società occidentale in una fase più che marcescente, dalla mancanza di speranze concrete per ovviare al disastro ecc. posso comprendere l’infatuazione di menti ingenue per figure come Theodore John Kaczynski: la disperazione ti porta ad avvalorare la logica per cui il nemico del mio nemico è mio amico.
Resto però sconcertato quando persone di provata intelligenza e cultura cercano spessore intellettuale laddove latita, invece di valorizzare i portatori di un messaggio realmente edificante. Nel mio piccolo, proverò a fare qualcosa in tal senso.
*Per la verità, quando tuona contro la Sinistra la sua dialettica involve spesso a livelli da chiacchiera da bar o giù di lì, essendo impregnata da psicologismi e stereotipi elevati a verità assiomatiche. Alcuni stralci significativi:
Con “complessi di inferiorità” non ci riferiamo solo a quei complessi nel senso più stretto ma a uno spettro completo di tratti caratteristici correlati: bassa autostima, sensazioni di impotenza, tendenze depressive, disfattismo, sentimenti di colpa, odio di sé. Noi sosteniamo che le persone di sinistra tendono ad avere questi complessi (di solito più o meno repressi) e che questi sono decisivi nel determinare la direzione della sinistra moderna….
Molti uomini di sinistra si identificano profondamente con i problemi dei gruppi che hanno un’immagine debole (donne), o di vinti (gli indiani americani), repellenti (omosessuali) e inferiori. Gli stessi uomini di sinistra percepiscono che questi gruppi sono inferiori. Non ammetterebbero questi sentimenti neanche con sé stessi, ma il vero motivo e che essi vedono questi gruppi come inferiori e li identificano con i loro problemi… Le femministe sono disperatamente ansiose di provare che le donne sono forti e capaci quanto gli uomini. Chiaramente esse sono dominate dalla paura che le donne non possono essere forti e capaci come gli uomini.
Le persone di sinistra tendono a odiare qualsiasi cosa abbia un’immagine forte, positiva e di successo. Le ragioni per le quali dichiarano di odiare la civiltà occidentale, sono, senza ombra di dubbio, false. Essi dicono di odiare l’Occidente perché è guerrafondaio, imperialista, sessista, etnocentrico e così via, ma quando le stesse colpe appaiono nei paesi socialisti o nelle culture primitive accampano scuse o, al più, ammettono tra i denti che esistono; mentre invece sottolineano entusiasticamente (e spesso esagerano) queste colpe quando appaiono nella civiltà occidentale. E ovvio, perciò, che queste colpe non sono il vero motivo per cui odiano l’Occidente e l’America. La persona di sinistra odia l’America e l’Occidente perché sono forti e hanno successo.
Immagine in evidenza: Ted Kaczynski
E’ uscito ‘La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità‘, libro scritto da Jacopo Simonetta e Igor Giussani.
Non capisco come si arriva dall’individualismo di Nietzsche al nazismo, in cui l’individuo era subordinato alla collettività in maniera estrema.
Non capisco neanche come tu arrivi a dire che la libertà dev’essere antisociale solo perché uno rivendica, sostanzialmente, il diritto a “essere se stesso”, cioè a esprimere la variazione individuale innata.
Non sono particolarmente d’accordo con questo tizio, ma anche la tua interpretazione non mi convince.
Credo che invece ci sia una relazione perché, quando proponi un ideale di libertà incentrato sul potere esprimere la tua ‘potenza’ senza alcun contrappeso riguardo alla libertà degli altri, si finisce per diventare prevaricatori. Quanto all’essere antisociale di Unabomber, questo viene ribadito più volte nel suo Manifesto (al di là del libro si può reperire on line).
Igor, questa è una risposta straordinariamente superficiale.
La volontà di potenza di Nietzsche è una volontà di vita, di creazione e cambiamento, non di “potere”!
Mostrami dove Nietzsche parla di volontà di potenza senza riguardo alla libertà degli altri o cose del genere.
Il nesso poi individualismo ed espressione di sè – totalitarismo è logicamente assurdo.
Attribuire a Nietzsche il nazismo è non solo ingiusto (sono venuti dopo di lui), ma quantomeno estremamente controverso; si può fare solo prendendo frasi qua e là fuori contesto e ignorando il resto.
Secondo me su queste cose bisogna stare attenti perché la filosofia di Nietzsche è molto particolare, e vitale, buttare lì cose a caso non fa giustizia nè a lui nè a chi scrive.
“questa è una risposta straordinariamente superficiale”
Anche il resto dell’articolo non e’ che lo sia meno: Kaczynski andrebbe confrontato non tanto e non solo con Illich (anarchismo cristiano) quanto con l’anarchismo individualista anglosassone, e quindi Thoreau, varieta’ di pensiero politico che spesso risulta tanto incomprensibile quanto sbrigativamente associata al fascismo dalle persone della sinistra europea, come del resto evidenziato dalle banali e prevedibili considerazioni di Igor in questo articolo.
Non dev’essere un caso se la “cab” e lo stile di vita in cui si era ritirato Kaczinski fossero pressocche’ identici a quelli del Thoreau durante il suo biennio nei boschi (per le immagini vedere wikipedia in inglese).
Un’altra figura da citare in associazione dovrebbe essere quella di Leopold Kohr, col suo amore per la piccola scala. E quella di Ellul, altro anarchico cristiano come il vescovo Illich, cui se non erro Kaczinski si ispiro’ direttamente – per poi deragliare nel suo vicolo cieco senza ritorno, un po’ come, altro personaggio emblematico, il povero Marvin Heemeyer con la sua ruspa (ah, vedo da wikipedia che ricorre l’anniversario fra due giorni).
Comunque e’ a mio avviso straordinariamente interessante, e non banale, confrontare personaggi tanto simili e tanto diversi come Thoreau (la cui bellissima “disobbedienza civile” ispiro’ Gandhi), Illich, Kaczynski, Kohr, Ellul.
Esempio di sito libertario anarco-individualista italiano, in cui si cita leopold kohr, e dove per contrappasso si affibbia agli anarco-collettivisti e ai social-collettivisti l’epiteto nientemeno che di nazicomunisti (come i nazbol di limonov che per altri versi tanto “epattano” i nostri “radicalchic” tutti chiacchiera e distintivo)
🙂
http://www.miglioverde.eu/la-superiorita-delle-piccole-nazioni-nel-pensiero-leopold-kohr/
L’autore penso gestisca una libreria confederal-anarco-individualista a bologna, che in italia e’ tanto rara avis nella retorica del pensiero politico formale dichiarato quanto diffusa nei fatti e nella pratica dei singoli, e mi viene da pensare in questo momento che deve essere tale potente dissonanza cognitiva che attiva il delirio normativo-legislativo-tassatorio il cui spettro, che poi e’ nel nostro inconscio e in quanto tale ineliminabile con azioni esterne, ci perseguita.
Che poi ho litigato pure con quelli… strano… troppo ideologizzati e tribali nelle loro ferree convinzioni. D’altra parte dovrebbe essere ormai pacifico che le persone fortemente ideologizzate sono impossibili da smuovere, la discussione non e’ solo totalmente inutile, e’ dannosa, si inchiodano sempre di piu’. Solo un forte “lutto” con pesantissime ricadute emotive puo’ un po’, e solo temporaneamente, sbloccarli, portarli alla faticosa e dolorosa accettazione della complessita’ e contraddittorieta’ del mondo reale cosi’ com’e’, con lo stress culturale ed emotivo che richiede momento per momento, di giorno e di notte.
Insopportabile.
Thoreau può piacere o no, ma rispetto a Unabomber è un gigante. Comunque, la mia idea non era tanto di fare confronti – per me Unabomber non è un pensatore che meriterebber chissà quale attenzione – ma verificare se l’entusiasmo di certe persone che ritengo stimabili (che non vuol dire condividere tutte le opinioni: stimo Dalla Casa ad esempio, ma ci separano molte cose) per il suo Manifesto fosse condivisibile.
Io sarò anche banale e prevedibile, ma non sono io ad aver associato Unabomber ai fascisti, sono loro che l’hanno associato a loro stessi. Per il resto, assolutamente non mi metto certo a dire che Nietzsche sia nazista o Unabomber fascista: il filosofo tedesco penso anzi che avrebbe preso le distanze dall’abominio hitleriano, mentre nel caso del terrorista abbiamo la sua esplicita presa di distanza. Certo Kaczynski può riflettere sulle conseguenze del suo pensiero, cosa che a Nietzsche per ragioni storiche non è stato concesso.
Non metto la mano sul fuoco per Khor, ma gli altri citati a differenza di Kaczynski le bombe non le hanno messe: la sua non era disobbedienza civile, come non lo era quella di Che Guevara, per dire. Con la differenza che il Che affrontava personalmente problemi che assai difficilmente si potevano risolvere senza armi, Unabomber lo faceva per dare risalto al suo pensiero. E la disobbedienza civile, oltre che non violenta, deve essere per qualcosa che abbia rilevanza sociale. Ma soprattutto, devi assumerti la responsabilità del tuo comportamento, non cercare di non farti prendere.
Cerco di replicare in maniera più esaustiva ora che ho un attimo di tregua dalle incombenze di fine anno scolastico. Premetto che ritengo Nietzsche un vero filosofo, che può piacere o non piacere, ma che compie il tipo di riflessione complessa che la filosofia richiede; Unabomber invece lo trovo soltanto un ideologo la cui dialettica è condita di assiomi personali e verità che lui dà come autoevidenti ma che invece richiederebbero di essere spiegato (su tutte l’ossessione per il ‘Sistema’).
Conosco anche la storie di Nietzsche e in particolare i plagi condotti dalla sorella per rendere gli scritti del fratello accattivanti per i nazisti, benché sia una questione controversa (secondo Maurizio Ferrara non ci sarebbero state particolari contraffazioni).
Comunque, al di là di quello: perché quel tipo di concezione della libertà è piaciuta tanto ai nazisti? E perché oggi i neofascisti simpatizzano per le tesi di Unabomber? Solo un’adessione strumentale di ignoranti che non hanno capito nulla? Oppure questa concezione di liberare i migliori e i forti dai ceppi che ne limiterebbero le potenzialità è in qualche maniera consona a chi cova ambizioni di dominare gli altri?
Visto che si è “saltati” su un altro argomento, rispondo qui alle ultime considerazioni di Gaia.
Gaia: facile rispondere così quando ci si accorge di avere torto. Stesso atteggiamento di Fuzzy! Mi sono limitato a controbattere alla tua accusa di essermi inventato che nei PVS la maggioranza ( o almeno buona parte) della popolazione considera le nostre ingerenze riguardanti le politiche intese a ridurre la LORO natalità come una delle tanti paternali neo-colonialiste. Come ho scritto, anche io penso che in parte sbaglino, ma non si può sorvolare-ignorare questo diffuso sentimento. Non mi credi? Prova a digitare le parole neocolonialismo e natalità (e se vuoi proprio andare a fondo aggiungi anche i nomi delle due donne che ho citato. Lo stesso invito vale per Igor. Visto che mi accusa sempre di non citare le fonti, almeno che si prenda la briga di farlo lui che ora ha più tempo di me. Almeno gli ho dato i nomi di due africane tra le più accese sostenitrici dei danni dell’attuale neo-colonialismo.) ) e ti verranno fuori vari libri, articoli, citazioni che lo confermano. Ovviamente sono meno del dato reale perché gli africani avendo bisogno tendono ad accettare passivamente ogni aiuto, a volte indipendentemente dai veri suoi fini. Ed è questo che fa incazzare persone più colte e meno bisognose come la Moyo.
PS: a proposito di fascisti, anarchici, ” destri” e “sinistri”, invece di sviscerare quanto ha scritto quel pazzo di Unabomber, bisognerebbe considerare meglio quanto ha recentemente scritto e detto l’attrice Chiara Francini. Non la conoscevo, ma evidentemente è una “maitre à penser” più di tanti altri più conosciuti e togati.
Igor, un pensatore va valutato per quello che disse lui nel suo momento storico, non per come altri decenni dopo hanno deciso di interpretare le sue idee. Tra l’altro Nietzsche era di origine polacca e criticava molto i tedeschi.
Francesco, il mondo non è solo l’Africa e ci sono un sacco di paesi dove invece questi programmi sono ben accetti e hanno funzionato bene, in Asia, America Latina, e sì anche Africa dove non ovunque la natalità è rimasta alta. E anche per l’Africa se segui ad esempio Population Matters o la rassegna stampa che faceva (credo faccia ancora) il Population Media Center trovi un sacco di esempi di africani che si rendono benissimo conto della necessità di limitare la crescita demografica fuori controllo.
Ovviamente no, però pulsioni autoritarie nel pensiero di Nietzsche ce ne vedo.
Uno dei migliori e meno conosciuti riguarda l’Iran post Khomeini
Nietzsche non era sicuramente un egualitario e aveva una visione a volte positiva della guerra e un’idea della superiorità di alcuni individui su altri. Ma il totalitarismo è una cosa molto diversa. Presuppone un’idealizzazione delle masse, una loro costante mobilitazione, una rigidità ideologica e un controllo capillare sulle azioni dei singoli. Tutte queste cose sono antitetiche al pensiero di Nietzsche, che era invece concentrato sull’individuo, che si occupava dei meccanismi della ciclicità e del cambiamento e della celebrazione delle forze vitali.
Secondo me se si tira in ballo un filosofo, e uno come lui in particolare dato il modo in cui scriveva, bisogna essere molto esperti altrimenti si dicono banalità e scorrettezze.
Quoto quanto ho scritto nel testo “Personalmente, rivedo in azione i medesimi meccanismi già verificatisi con Nietzsche e i nazisti: quando l’idea di libertà è caratterizzata da un individualismo sfrenato e totalizzante (alla maniera della volontà di potenza del filosofo tedesco e dell’autonomia esistenziale estrema di Unabomber), si finisce per sdoganare i peggiori sonni della ragione”. Quindi ribadisco che non ritengo Nietzsche un precursore del nazismo o del totalitarismo, bensì che il tipo di concezione di libertà formulata da lui (così come quella di Unabomber) finisce per essere usata per sdoganare certi tipi di ideologie. Segnalo questo passo della Volontà di potenza segnalato da Ferraro, dove riguardo agli Oltre Uomini Nietzsche dice che «grazie alla loro sovrabbondanza di volontà, sapere, ricchezza e influsso, si serviranno dell’Europa democratica come del loro strumento più docile e maneggevole per prendere in mano le sorti della terra, per plasmare, come artisti, l’uomo stesso». Non è certo il totalitarismo ma non mi sorprende che chi lo fosse abbia strizzato l’occhio a simili affermazioni.
Igor, ma tu lasci che i tuoi studenti copincollino citazioni da internet senza contesto e senza averle capite?
Tra l’altro questo passaggio viene da scritti postumi pubblicati e rimaneggiati da altri, non dalle opere di Nietzsche stesso.
E “strizzare l’occhio” non significa assolutamente niente. Un filosofo ha una sua filosofia, non va in giro a fare occhiolini a quelli che gli piacciono.
Nietzsche non piaceva solo ai nazisti, ma anche ad alcuni sionisti, anarchici, filosofi ebrei come Hannah Arendt… come la mettiamo? il suo pensiero è estremamente complesso, provocatorio, e spesso più facile da “sentire” che da “interpetare” in modo definitivo, e decisamente non si presta a generalizzazioni superficiali.
In realtà gli studi di Ferraro evidenzierebbero che la sorella avrebbe alterato gli scritti per far sembrare che il fratello avesse una venerazione nei suoi confronti, la citazione che ho riporttao sarebbe autentica. Comunque il punto della questione è che questo non è un articolo su Nietzsche e sulla sua filosofia, ma sul perché sia piaciuto ai nazisti e all’origine vedo lo stesso processo che sta avvenendo con Unabomber e i fascisti: perché le idee di libertà basate sull’individualismo sfrenato, sulla liberazione dei migliori da supposti gioghi e senza alcuna considerazione per il limite della propria libertà rispetto a quella altrui volenti o nolenti spianano la strano a certo tipo di concezioni politiche. Ovviamente trattasi di un mio parere opinabilissimo, che però è ben diverso dal pensare che ritenga Nietzsche un nazista.
Infatti sono i totalitaristi che hanno strizzato l’occhio a lui, ossia l’esatto contrario.
Igor, fascismo e nazismo sono ideologie basate sul gruppo, non sull’individualismo sfrenato. In America oggi, magari, ma in Europa negli anni ’30 l’individualismo era l’ultimo dei problemi.
Secondo me qui sei proprio fuori strada.
Igor e Gaia: se aveste letto bene quanto ho scritto avreste capito che ho citato l’Africa per due motivi: è qui che sta continuando una crescita demografica smodata e troppo spesso incontrollata ( e non a caso sono tutti africani i primi trenta paesi con indice di natalità più elevato); secondo: in pratica solo qui, a differenza di altri paesi continua la pratica dell’agricoltura di sussistenza. Secondo voi sarebbe un caso? I paesi sudamericani a differenza di quelli africani sono esportatori di derrate alimentari. I paesi del Vicino Oriente, avendo il petrolio si possono permettere le politiche che vogliono. Almeno per ora! L’esempio dell’Iran conferma pienamente quello che sostengo e vi smentisce: è un paese completamente diverso dai PVS africani perché ha grandi risorse (non solo petrolifere) e sa sfruttarle bene; non è un paese democratico, ma le donne sono molto istruite (la percentuale di laureate supera quella dei maschi) e non a caso ora sono le donne a guidare l’attuale “rivoluzione”; è un paese islamico, ma non sunnita e già questo cambia tutto: il confronto con questi altri paesi islamici (che conosco bene per averci lavorato per anni) è impietoso: i persiani sono di gran lunga più “civilizzati”; è tenutario di una storia e cultura (anche imperiale) molto forte e millenaria, che nessuno dei paesi africani possiede. Avendolo visitato (purtroppo solo Esfahan e dintorni) ho potuto constatare che non praticano certo quell’agricoltura di sussistenza che richiede tuttora molta manodopera come in Africa.
A mio giudizio Nietzsche è stato bravo nella sua fase di analisi-decostruzione (in senso strutturalista) e messa in dubbio delle certezze della società “occidentale” positivista e cristiana. Trovo che sia stato invece molto meno valido nel tentativo di proporre un’alternativa. La fascinazione che ebbe sul nazismo nasce (anche) dal fatto che in quell’epoca ci si stupiva e si indagava sui motivi dell’ “eccezionalità” dell’uomo occidentale, rispetto ad altre culture-civiltà.
Se avesse letto i libri di Jared Diamond, di Réné Girard, della Marija Gimbutas o della Riane Eisler, penso che avrebbe capito da dove nasce quell’eccezionalità e non avrebbe pensato ed esaltato il “superuomo” dionisiaco.
Francesco, le cose che hai osservato in Iran sono CONSEGUENZA delle politiche di pianificazione familiare, non il contrario. Il governo ha mandato apposta le donne a studiare, per esempio, per ridurre le nascite, che erano tra le più alte se non le più alte al mondo come conseguenza della guerra tra Iraq e Iran per cui serviva carne da cannone. Accortisi che li attendeva un disastro, hanno cambiato rotta.
Se la cambiassero anche i paesi africani, come in molti casi stanno effettivamente cercando di fare, sarebbe meglio per tutti.
Gli iraniani erano sciiti, depositari di una cultura millenaria, eccetera, anche negli anni ’80, quando le donne facevano in media sette figli. L’unica cosa che è cambiata è che il governo ha deciso di abbassare la natalità, e tutto il resto ne è conseguito.
Gaia: è nato prima l’uovo o la gallina? Le stesse politiche demografiche dell’Iran hanno cercato di adottarle più volte anche in Iraq,(https://www.internazionale.it/opinione/zuhair-al-jezairy/2022/07/11/controllo-nascite-iraq ). La differenza sostanziale tra Iraq ed Iran è che il primo (a differenza del secondo) è stato più volte assoggettato-controllato, se non come colonia, almeno come protettorato. Basta guardare le linee rette dei confini tracciati dall’inglese Sykes, dal francese Picot e dalla comune amante nel 1916. A mio giudizio ogni tipo di politica demografica calata dall’alto trova sostegno solo se corrisponde al comune desiderio della popolazione. Se la condizione femminile (tra cui anche la natalità) dipendesse dalle decisioni politiche, come ti spieghi che secondo il Global Gender Gap Report l’Iran si trova al 150° posto su 156 paesi? Oppure come ti spieghi le attuali proteste delle donne iraniane: in pratica le uniche in tutti i paesi islamici.
Ripeto: ho passato anni nei paesi sunniti del Vicino Oriente e purtroppo solo pochi giorni in Iran, ma ho subito avvertito un’enorme differenza culturale tra le due entità etnico-geografiche.
Me lo spiego con il fatto che in Iran le donne vanno all’università ma sono obbligate a portare il velo, perché si è deciso di farle andare all’università e al tempo stesso portare il velo. Assurdo ma è così. Non capisco cosa vuoi sostenere.
Sono contenta che si stiano ribellando, pur a carissimo prezzo, e tifo per i ribelli e non per quel regime schifoso che si ritrovano; questo non cambia il fatto che in Iran il calo della natalità è stato dovuto a politiche pubbliche con obiettivi ben precisi, e non a un fantomatico legame con l’agricoltura di sussistenza come sostenevi tu.
Gaia: leggi bene questo articolo che non ho scritto né influenzato io: https://www.neodemos.info/2022/12/20/iran-il-paradosso-demografico/
Se fosse vero quello che dici tu e cioè che tutto dipenda da politiche virtuose calate dall’alto, spiega a te stessa e agli altri (io l’ho già capito) il motivo per cui la curva discendente della natalità sia cominciata prima che cominciassero ( 1989) le virtuose politiche governative sostenute da Rafsanjani e poi confermate da Khatami. Se osservi la curva discendente non ha alcuna flessione.
Spiega anche perché la natalità ha continuato a scendere anche dopo che le politiche precedenti sono state tolte (anzi sono state introdotte politiche decisamente pro-natalità) dal governo di Ahmadinejad tra il 2005 ed il 2013.
Spiega inoltre il motivo per cui senza politiche specifiche, anzi, con politiche pro-natalità favorite dal ventennale governo di Erdogan, il calo di natalità, anche se meno rapido rispetto all’Iran, è arrivato a risultati simili anche in Turchia.
Non credo che tu abbia riflettuto a sufficienza sul fatto che in tutti i primi 30 paesi africani con il più alto indice di natalità si continui a praticare tuttora quell’agricoltura di sussistenza che oltre a richiedere sempre più figli mantiene in stato di malnutrizione centinaia di milioni di persone. Questa secondo te sarebbe una casualità oppure, come sostengo io, una causalità?
Se fossero vere le sue teorie, dovremmo avere le foreste africane devastate dall’agricoltura di sussistenza e l’Amazzonia invece che guadagna terreno grazie all’introduzione massiccia degli OGM in Brasile… invece nel mondo reale le foreste africane soffrono ma reggono in confronto alle porzioni sempre maggiori di Amazzonia si trasformani in monocolture di soia HT.
Comunque tutti questi discorsi avrebbe dovuti proseguirlo al limite nell’altro post, qui si parlava di Unabomber. Sto veramente cominciando a stufarmi che lei utilizzi in modo opportunistico il blog per parlare di quello che vuole fregandonsene degli argomenti degli articoli.
Igor, cerco di rispettare il tuo desiderio, dico soltanto due cose velocissime:
– le politiche pro-natalità hanno un’efficacia molto minore del contrario (per fortuna!)
– bisogna confrontare simile con simile, per ora nei paesi dell’Africa sub-sahariana non sono state effettuate politiche governative di “pianificazione familiare”, che io sappia, per cui non si può dire se funzioni o no. In paesi come la Thailandia o il Bangladesh, o il Costa Rica, dove è stato fatto, la fertilità è più bassa che nei paesi vicini simili per cultura, religione e agricoltura
Se uno ti tira in ballo capisco che desideri replicare
Igor: se si fosse preso la briga di leggere saprebbe che ho già scritto su Unabomber (un povero demente su cui comunque non vale la pena di scrivere molto) ed ho scritto anche su Nietzsche: un soggetto molto più interessante, ma oramai superatissimo.
Riguardo all’altro argomento, se fosse andato almeno qualche volta in Africa (anche solo da turista) avrebbe capito che la realtà è esattamente contraria a quello che crede e scrive. Capisco comunque il motivo di questo suo pregiudizio (uno dei tanti!): se ne parla molto meno per tre motivi: la maggior parte dei territori distrutti dall’agricoltura di sussistenza non sono foreste equatoriali o tropicali (come quella amazzonica, la Mata Atlantica o del Cerrado, che hanno ecosistemi diversi dalle corrispondenti latitudini africane) ma savane. La foresta equatoriale africana per esempio ha un’ecosistema completamente diverso da quella amazzonica e non permette l’agricoltura se non di poche feculacee locali o importate. Il secondo motivo è che distruzioni essendo fatte da milioni di piccoli contadini ed essendo di sussistenza rimangono in loco. In quei casi in cui le distruzioni vengono fatte da grandi imprese , i prodotti ottenuti vanni a finire in Cina o paesi del Golfo, mentre quello delle grandi aziende sudamericane viene esportato da noi.
Se non mi crede, legga questo rapporto della FAO https://asvis.it/goal15/notizie/1306-5629/rapporto-fao-rallenta-la-deforestazione-ma-non-in-africa-e-sudamerica#:~:text=Il%20continente%20a
A mio giudizio questi dati sono sottostimati (per quanto riguarda l’Africa) perché mentre in Sudamerica l’opinione pubblica locale è più informata e più sensibile, in Africa, dato che sono carenti di tutto, l’opinione pubblica locale vede con favore la distruzione degli ecosistemi e la messa a coltura di nuove terre. Inoltre ci sono molte meno organizzazioni internazionali che controllano e valutano queste nuove distruzioni.
La controprova di quanto scrivo viene dalle continue scoperte di nuovi virus e nuove patologie zoonotiche diffusive e dovute all’interazione umana in nuovi ambienti. E’ un caso che quasi tutte provengano dall’Africa?
Quindi siccome ha parlato en passant dell’argomento del post questo le darebbe diritto poi di cambiare completamente discorso? Strana concezione di netiquette…
No, però questo fatto tende a indicare che sono ambienti rimasti più selvatici di quelli sudamericani se ci sono agenti patogeni rari o sconosciuti, non il contrario