Guido Dalla Casa e altre voci autorevoli hanno espresso pubblico apprezzamento per le tesi di La società industriale e il suo futuro, più noto come Manifesto di Unabomber, scritto infatti da Theodore John Kaczynski, ex professore di matematica dell’università di Berkeley divenuto terrorista dinamitardo con il nome di battaglia di Unabomber e poi arrestato nel 1996. Per curiosità, ne avevo letto superficialmente in gioventù alcuni passi apparsi sul Web, dandomi l’impressione di uno scritto primitivista di scarso valore, frutto di una mente senza dubbio acculturata ma anche profondamente deviata.

Alla luce dei pareri positivi, ho provato a rileggerlo qualche giorno fa cercando di sgombrare la mente da ogni pregiudizio moralistico, cosa non proprio facilissima quando c’è di mezzo un assassino. Trent’anni dopo ammetto che, estrapolandole dal contesto generale, si possono ripescare affermazioni condivisibili riguardo a natura del potere,  controllo sociale, pervasività dello sviluppo tecnologico sulla libertà personale, medicalizzazione dell’esistenza e accanimento terapeutico.

In un certo senso, però, ciò è quasi inevitabile: Kaczynski  attinge, a suo uso e consumo, a maestri del pensiero come Rousseau, Nietzsche, Marcuse e la scuola di Francoforte, Illich, la letteratura sui limiti dello sviluppo (spacciando immancabilmente idee altrui come frutto del proprio genio creativo), così facendo è quasi inevitabile scrivere delle cose ragionevoli.

Comunque, dopo aver rivisto con maggior attenzione il Manifesto e ripensando alle varie etichette che gli sono state affibbiate, oggi posso affermare con certezza che siamo in presenza di un testo forse luddista ma sicuramente non anarchico (benché auspichi la distruzione dello stato centralizzato) né ecologista (malgrado l’esaltazione della natura selvaggia). Cerco di spiegarmi.

Alla base del ripudio per l’industrializzazione c’è un profondo disprezzo per la società come istituzione umana e per la Sinistra (“una delle più diffuse manifestazioni della pazzia”), in quanto schieramento politico basato sulla socializzazione. Al di là delle critiche al politically correct (imperante negli ambienti accademici statunitensi già negli anni Novanta) e alla presunta ipocrisia umanitarista dei liberal, dal Manifesto trasuda chiaramente l’avversione per l’egualitarismo. Non solo l’ingiustizia sociale non viene mai condannata, ma talvolta se ne esce con luoghi comuni che sembrano partoriti dalla bocca di Briatore o gente di quella risma*:

 

Le persone di sinistra tendono a odiare qualsiasi cosa abbia un’immagine forte, positiva e di successo. Le ragioni per le quali dichiarano di odiare la civiltà occidentale, sono, senza ombra di dubbio, false. Essi dicono di odiare l’Occidente perché è guerrafondaio, imperialista, sessista, etnocentrico e così via, ma quando le stesse colpe appaiono nei paesi socialisti o nelle culture primitive accampano scuse o, al più, ammettono tra i denti che esistono; mentre invece sottolineano entusiasticamente (e spesso esagerano) queste colpe quando appaiono nella civiltà occidentale. E ovvio, perciò, che queste colpe non sono il vero motivo per cui odiano l’Occidente e l’America. La persona di sinistra odia l’America e l’Occidente perché sono forti e hanno successo.

 

La società industriale e la Sinistra, sua presunta fonte ideologica, hanno la colpa non solo di addomesticare le masse tramite il controllo sociale esercitato dalla tecnologia, ma anche e soprattutto di cercare un’eguaglianza forzata che non riconosce ai migliori il diritto di prevalere:

 

Gli uomini di sinistra non ammettono che capacità umane o comportamenti possano essere spiegati geneticamente poiché in questo modo alcuna persone apparirebbero inferiori o superiori ad altre. Gli uomini di sinistra preferiscono attribuire alla società il merito o il demerito delle capacità o delle carenze di un individuo. Così se una persona è “inferiore” non è colpa sua ma della società, perché egli non è stato educato adeguatamente.

 

Il paragrafo 28 è ancora più emblematico, dove vengono stigmatizzati i valori della “moralità accettata”, pertanto intrinsecamente negativi:

 

Parlando in generale, gli obiettivi degli uomini della sinistra non sono in conflitto con la moralità accettata. Al contrario, la sinistra prende un principio morale accettato, lo adotta per suoi comodi, e quindi accusa la maggioranza della società di violare quel principio. Esempi: l’eguaglianza razziale, l’eguaglianza dei sessi, l’aiutare la povera gente, la pace come opposta alla guerra, la non violenza in generale, la libertà di espressione,
l’amore verso gli animali; più essenzialmente il compito dell’individuo di servire la società e il compito della società di prendersi cura dell’individuo.

 

Ma cosa propone Kaczynski  al posto della società industriale? In sostanza, “comunità naturali di piccole dimensioni, per esempio le famiglie allargate, il villaggio o la tribù” dove sia possibile praticare i “valori tradizionali” ostracizzati dalla tecnologia; da qui l’incompatibilità del suo pensiero con qualsiasi genuina aspirazione anarchica. Nell’anarchismo, l’abbattimento dello stato in favore dell’autogoverno su piccola scala non è fine a se stesso, bensì propedeutico all’espansione della libertà fino a rimuovere ovunque l’oppressione dell’uomo sull’uomo, cosa che invece Unabomber non si sogna di contestare.

A suoi giudizio “l’uomo ha bisogno del potere” perché la libertà consiste espressamente nell’esercizio del potere, negativo solo quando frutto dell’azione di grandi organizzazioni. Una libertà, per altro, intesa in maniera prepolitica e totalmente limitata all’autonomia esistenziale, come spiegato al paragrafo 93:

 

Con libertà intendiamo l’opportunità di passare attraverso il processo del potere con obiettivi reali, non con quelli artificiali di attività sostitutive, e senza interferenza, manipolazione o supervisione di alcuno, specialmente di qualche organizzazione. Libertà significa essere in grado di controllare (sia come individuo che come membro di un piccolo gruppo) tutti gli aspetti relativi alla propria vita-morte; cibo, vestiti, riparo e difesa contro qualsiasi
pericolo ci possa essere nel proprio circondario. Libertà significa avere potere; non il potere di controllare altre persone ma il potere di controllare le circostanze della propria vita.

 

Poco più avanti, simpatizza per le nazioni indiane del New England e le signorie italiane rinascimentali perché, malgrado rette da sistemi di governo autoritario, le limitazioni della tecnologia impedivano di controllare capillarmente i ‘piccoli gruppi’, che potevano quindi praticare il tipo di libertà da lui auspicato. Elude completamente la gerarchia, l’oppressione e il conformismo vigenti all’interno di tali realtà, dove spesso spadroneggiavano  gli individui più violenti (cioé simili a Kaczynski, uno che non si è fatto scrupoli a uccidere pur di dare rilevanza mediatica alle proprie ideologie). Quando la dominazione non proviene dalle grandi organizzazioni, allora è lecita.

Ovviamente non lo ammette mai in modo esplicito (dà per scontato che nella sua utopia si vivrà meglio a prescindere), però, per comprendere il grado di leatà e integrazione che si aspetta all’interno della comunità, basti pensare che ritiene doveroso approfittare del proprio ruolo sociale per avvantaggiare un proprio parente a discapito di un estraneo anche se più competente e preparato per un certo compito (paragrafo 51), perché il legame di sangue deve prevalere su qualsiasi altra considerazione (denunciare il nepotismo significa quindi ‘fare il gioco del Sistema’).

Se le credenziali anarchiche di Unambomber sono alquanto discutibili, quelle ecologiste probabilmente lo sono ancora di più. L’esaltazione della natura selvaggia è usata strumentalmente allo scopo di includere “anche la natura umana, in particolare quegli aspetti del funzionamento dell’individuo non soggetti alla regolazione da parte di società organizzate ma prodotti del caso, della liberta volontà, di Dio (a seconda delle proprie opinioni religiose o filosofiche)”. Come è selvaggia la natura, così deve esserlo anche la vita umana, che quindi deve assumere una connotazione il più antisociale possibile.

In compenso, manca qualsiasi riflessione sul superamento dell’antropocentrismo e sulla costruzione di un nuovo rapporto Uomo-Natura: “Per alleviare la pressione sulla natura non è necessario creare un tipo particolare di sistema sociale; occorre solo liberarsi della società industriale”. Il riferimento al mondo naturale è quindi solo un espediente per giustificare i supposti i ‘bei tempi andati’ contrassegnati dai ‘valori tradizionali’ elevati a ‘comportamenti naturali’. La reale preoccupazione per l’ambiente è ampiamente dimostrata da passi come il paragrafo 196, improntato al ‘tanto peggio tanto meglio’:

 

I rivoluzionari dovrebbero favorire misure che tendono a legare l’economia del modo in un meccanismo unico. Trattati di libero commercio come Nafta e il Gatt sono probabilmente dannosi per l’ambiente nel breve periodo, ma nel lungo periodo possono forse essere vantaggiosi perché incoraggiano l’interdipendenza economica tra le nazioni. Sarà più facile distruggere il sistema industriale su base planetaria se l’economia del mondo è così unita che il collasso in una delle sue maggiori nazioni provoca il crollo delle altre nazioni industrializzate.

 

Non poche formazioni di ispirazione neofascista hanno simpatizzato per teorie di Kaczynski: a titolo di esempio, l’editore italiano de La società industriale e il suo futuro ha pubblicato titoli come L’inganno antirazzista. Come il progressismo uccide identità e popoli, White guilt. Il razzismo contro i bianchi al tempo della società multietnica e autori come Jack Donovan, sostenitore del suprematismo bianco statunitense. In una lettera aperta del 2020 intitolata Ecofascismo un ramo aberrante della sinistra, il terrorista ha preso le distanze dall’estremismo di destra, precisando di rigettare il razzismo non per ragioni morali, ma per mero utilitarismo, poiché un movimento antitecnologico deve avere una connotazione mondiale per sperare di abbattere la società industriale.

Personalmente, rivedo in azione i medesimi meccanismi già verificatisi con Nietzsche e i nazisti: quando l’idea di libertà è caratterizzata da un individualismo sfrenato e totalizzante (alla maniera della volontà di potenza del filosofo tedesco e dell’autonomia esistenziale estrema di Unabomber), si finisce per sdoganare i peggiori sonni della ragione. La Natura, per quanto gloficata a parole, anziché essere una matrice di etica (come avviene nel vero ecologismo) è ridotta a strumento buono per giustificare in modo pseudofilosofico e pseudoscientifico i propri desideri di vendetta, siano essi mirati contro gli ebrei, i ‘sinistri’ o chicchessia. E’ stato così con il nazismo ed è così oggi con Unabomber e altri pensatori simili.

Per il resto, in un’epoca dominata da un politicamente corretto spesso insulso e irragionevole, da un’intelligenza artificiale pensata per soppiantare anche il lavoro creativo, da una società occidentale in una fase più che marcescente,  dalla mancanza di speranze concrete per ovviare al disastro ecc. posso comprendere l’infatuazione di menti ingenue per figure come Theodore John Kaczynski: la disperazione ti porta ad avvalorare la logica per cui il nemico del mio nemico è mio amico.

Resto però sconcertato quando persone di provata intelligenza e cultura cercano spessore intellettuale laddove latita, invece di valorizzare i portatori di un messaggio realmente edificante. Nel mio piccolo, proverò a fare qualcosa in tal senso.

 

*Per la verità, quando tuona contro la Sinistra la sua dialettica involve spesso a livelli da chiacchiera da bar o giù di lì, essendo impregnata da psicologismi e stereotipi elevati a verità assiomatiche. Alcuni stralci significativi:

Con “complessi di inferiorità” non ci riferiamo solo a quei complessi nel senso più stretto ma a uno spettro completo di tratti caratteristici correlati: bassa autostima, sensazioni di impotenza, tendenze depressive, disfattismo, sentimenti di colpa, odio di sé. Noi sosteniamo che le persone di sinistra tendono ad avere questi complessi (di solito più o meno repressi) e che questi sono decisivi nel determinare la direzione della sinistra moderna….

Molti uomini di sinistra si identificano profondamente con i problemi dei gruppi che hanno un’immagine debole (donne), o di vinti (gli indiani americani), repellenti (omosessuali) e inferiori. Gli stessi uomini di sinistra percepiscono che questi gruppi sono inferiori. Non ammetterebbero questi sentimenti neanche con sé stessi, ma il vero motivo e che essi vedono questi gruppi come inferiori e li identificano con i loro problemi… Le femministe sono disperatamente ansiose di provare che le donne sono forti e capaci quanto gli uomini. Chiaramente esse sono dominate dalla paura che le donne non possono essere forti e capaci come gli uomini.

Le persone di sinistra tendono a odiare qualsiasi cosa abbia un’immagine forte, positiva e di successo. Le ragioni per le quali dichiarano di odiare la civiltà occidentale, sono, senza ombra di dubbio, false. Essi dicono di odiare l’Occidente perché è guerrafondaio, imperialista, sessista, etnocentrico e così via, ma quando le stesse colpe appaiono nei paesi socialisti o nelle culture primitive accampano scuse o, al più, ammettono tra i denti che esistono; mentre invece sottolineano entusiasticamente (e spesso esagerano) queste colpe quando appaiono nella civiltà occidentale. E ovvio, perciò, che queste colpe non sono il vero motivo per cui odiano l’Occidente e l’America. La persona di sinistra odia l’America e l’Occidente perché sono forti e hanno successo.

Immagine in evidenza: Ted Kaczynski

 

E’ uscito ‘La caduta del Leviatano. Collasso del capitalismo e destino dell’umanità‘, libro scritto da Jacopo Simonetta e Igor Giussani.

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