L’articolo di Foreign Affairs The Talks That Could Have Ended the War in Ukrained, di cui ho trattato nel mio ultimo post, ha ricevuto un’accoglienza completamente diversa a seconda del tipo di tifoseria sulla guerra in Ucraina. Il giornalismo mainstream, interessato a dipingere Vladimir Putin come folle dittatore intenzionato a conquistare l’intera Europa, lo ha pressoché ignorato o marginalizzato il più possibile. Evidentemente, la sola idea che il Cremlino avesse accettato di tenere dei negoziati era incompatibile con la raffigurazione del presidente russo quale Hitler del XXI secolo.
L’altra frangia, quella secondo cui invece il nazista sarebbe Zelensky e l’Ucraina nulla più di un’appendice politica degli USA e della NATO, ha invece esaltato il contributo della rivista di geopolitica come prova che assolverebbe la Russia da ogni responsabilità sulla guerra, scaricandola su USA e Occidente. Sui social network ha spopolato un post di Andrea Zhok, professore di filosofia morale dell’UNIMI noto per le sue idee sovraniste (è stato candidato per la lista Italia Sovrana e Popolare alle ultime elezioni politiche), a cui se ne sono aggiunti molti altri di tenore simile. Lo riporto qui sotto con i miei commenti in corsivo tra parentesi quadre.
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Tre giorni fa, il 16 aprile, l’autorevolissima rivista di provata fede atlantista “Foreign Affairs” ha pubblicato un articolo che mette la parola fine a tutte le chiacchiere intorno alle intenzioni di Putin di invadere l’Europa, di arrivare a Lisbona, di abbeverare i cavalli nelle acquasantiere di San Pietro, e con ciò anche alla relativa reazione bellicista da parte europea.
L’articolo è a firma di un docente dell’Henry A. Kissinger Center for Global Affairs della Johns Hopkins School of Advanced International Studies, e di un associato del think tank RAND, ex Senior Fellow per la Russia e l’Eurasia all’International Institute for Strategic Studies. Praticamente la crema dei falchi atlantisti.
[Evidentemente, i ‘falchi atlantisti’ sapevano che, se lette correttamente, le loro parole non portavano più di tanto acqua al mulino delle ‘colombe filorusse’]
Nell’articolo si ricostruisce, con documentazione, lo sviluppo di una trattativa tra Putin e Zelensky (tra le rispettive delegazioni) dal 28 febbraio 2022 (neanche una settimana dopo l’invasione russa!) fino alla fine di aprile. La trattativa ha avuto luogo in parte in Bielorussia e in parte in Turchia. Di questa trattativa era già stata fatta menzione più volte, tra l’altro anche dallo stesso Putin che ne aveva mostrata una bozza ai leader delle nazioni africane e dall’ex primo ministro israeliano Bennett.
[Ma se tale bozza comprovava irrimediabilmente la responsabilità occidentale nell’escalation della guerra, perché Putin non l’ha mostrata urbi et orbi invece di riservarla a pochi eletti?]
Ovviamente le prodi difese antidisinformazione del giornalismo nostrano non avevano mancato, con la loro aria saputella da mantenuti, di ridicolizzare queste notizie come “fake news”. Tra il 29 marzo e il 15 aprile si era pervenuti ad un accordo di massima, che prevedeva per l’Ucraina di rimanere uno Stato permanentemente neutrale e non nucleare, di rinunciare all’adesione alla Nato e in generale ad alleanze militari, di non consentire l’insediamento di basi militari o truppe straniere sul proprio territorio.
[Zhok omette le discussioni sulle clausole per il contenimento delle forze armate ucraine. Per inciso, lascia abbastanza perplessi che a subire una demilitarizzazione debba essere la parte che ha subito l’invasione e non quella che l’ha provocata]
La questione della Crimea era menzionata proponendo una risoluzione pacifica del contenzioso nei successivi 15 anni. La Russia accettava l’adesione dell’Ucraina all’UE.
[Verosimilmente rendere pubblica la proposta sulla Crimea poteva risultare abbastanza imbarazzante per Putin, perché riconosce di fatto qualche diritto di Kiev sulla penisola, mentre la posizione ufficiale del Cremlino è sempre stata ‘Crimea Russia per sempre’ e basta]
Per il Donbass si ristabiliva la validità degli accordi di Minsk (II), con il riconoscimento di un’ampia autonomia alle regioni russofone, all’interno dello stato ucraino.
[Non si capisce dove Zhok abbia reperito questa informazione: non certo da Foreign Affairs, la quale al contrario sottolinea la volontà di evitare ogni riferimento all’assetto territoriale dell’Ucraina post invasione. Inoltre, anche avvalorando l’immagine di Zelensky quale pavido burattino in mano a perfidi occidentali intenzionati a usarlo per logorare militarmente la Russia, per quale ragione avrebbe dovuto rifiutare un accordo dove all’Ucraina venivano restituiti tutti i territori occupati, repubbliche secessioniste di Luhansk e Donetsk comprese, e addirittura si tornava a discutere sulla Crimea? A quel punto, quale motivo sarebbe rimasto per combattere? Senza contare il successo personale che avrebbe potuto ostentare il presidente ucraino dopo aver costretto Putin, a soli due mesi dall’inizio della ‘operazione militare sociale’, a tornarsene a casa con la coda tra le gambe concedendo una quasi capitolazione che contraddiceva i proclami solenni di inizio invasione]
Gli accordi naufragano bruscamente nella seconda metà di aprile, quando la firma della bozza sembrava dietro l’angolo.
[Foreign Affairs non parla mai di ‘firma dietro l’angolo’, bensì di negoziati che si sono definitivamente arenati per divergenze insanabili sulla clausola di garanzia per l’Ucraina in caso di attacco militare straniero, totalmente ignorata da Zhok nella sua ricostruzione. Anzi, la “autorevolissima rivista” evidenzia maggiori responsabilità russe nel fallimento della trattiva: infatti, nella bozza del 12 aprile agli stati garanti della difesa dell’Ucraina viene assicurata la possibilità di intervenire in maniera autonoma in sua difesa, mentre in quella di tre giorni dopo la delegazione del Cremlino vuole modificare il testo nel senso di un accordo congiunto tra tutte le parti, lasciando aperta la possibilità di diritto di veto di uno dei garanti, quindi anche della stessa Russia.
Foreign Affairs riporta pure un’altra richiesta di revisione rispetto alla bozza del 12 aprile: “…le bozze contengono diversi articoli che sono stati aggiunti al trattato su insistenza della Russia ma che non facevano parte del comunicato e si riferivano a questioni che l’Ucraina si era rifiutata di discutere. Questi impongono all’Ucraina di vietare ‘il fascismo, il nazismo, il neonazismo e il nazionalismo aggressivo’ e, a tal fine, di abrogare sei leggi ucraine (in tutto o in parte) che trattavano, in generale, aspetti controversi della storia dell’era sovietica, in particolare il ruolo dei nazionalisti ucraini durante la seconda guerra mondiale”.
Forse Putin così facendo voleva rivendicare la famosa ‘denazificazione’, ma è lecito sospettare che la pretesa di ricostruire a proprio uso e consumo la storia nazionale ucraina fosse volta a irrigidire Kiev e indurla ad abbandonare la trattativa. Di sicuro tale richiesta e quella sulla clausola di garanzia non denotano l’atteggiamento conciliante di chi desidera ardentemente siglare in tempi brevi un accordo di pace]
L’accoglienza americana ai negoziati era stata scettica dall’inizio, ma la svolta avviene dopo la visita di Boris Johnson, allora premier britannico in carica, che si fa latore del messaggio di “Combattere la Russia fino all’ottenimento della vittoria”. Le trattative si interrompono subito dopo. Che a questa svolta abbiano contribuito il cosiddetto “massacro di Bucha” o il ritiro delle truppe russe dalla direttrice di Kiev, preso come un segno di debolezza, è oggetto di congetture.
E’ a questo punto che in Occidente si preme unilateralmente sull’acceleratore della fornitura di armamenti, respingendo ogni ipotesi di accordo. Ed è evidente a tutti che senza la piena copertura occidentale Zelensky non avrebbe mai rinunciato alle trattative.
[Invece Foreign Affairs rimarca il fatto che, se si è arrivati alla ‘guerra per procura’, è proprio perché l’Ucraina non ha ottenuto la “piena copertura occidentale”, che sarebbe consistita nell’obbligo di difenderla in caso di nuova aggressione militare. Zhok accenna al fatto che l’ex premier israeliano Bennett abbia letto la bozza di pace (si era proposto come mediatore tra le parti), tuttavia non riporta l’opinione che riferì a Zelensky in un colloquio intercorso tra i due. Da un estratto di un’intervista on line a Bennett, citato su Foreign Affairs: “L’America ti darà garanzie? Si impegnerà a far sì che tra qualche anno, se la Russia violerà qualcosa, invierà soldati? Dopo aver lasciato l’Afghanistan e tutto il resto?’ Ho detto: ‘Volodymyr, non succederà’”.
Bennett è stato molto chiaro: a prescindere dalla formulazione della clausola di garanzia, USA e paesi occidentali non avrebbero mai combattuto in prima persona contro i russi, specialmente ora che è iniziato il loro declino sullo scacchiere globale. Si può dargli torto? Fondamentalmente, Zelensky si trovava di fronte a due scelte:
- fare leva sulla proposta russa di favorire l’ingresso di Kiev nella UE e rassegnarsi a un processo di pace fortemente guidato dal Cremlino, che avrebbe quasi certamente comportato perdite territoriali consistenti (ad Aprile gran parte dell’Ucraina era occupata dalle forze di Mosca) nonché limiti alle forze armate, nella speranza che la Russia non sfruttasse le clausole sulla ‘denazificazione’ per destabilizzare la politica ucraina e che questa volta, diversamente da quanto accaduto con il Memorandum di Budapest, rinunciasse a ogni ipotesi futura di aggressione. I russi hanno giustificato la violazione del memorandum in quanto non equiparabile ad accordo internazionale vincolante ma semplice intesa tra nazioni, proprio come gli accordi in fieri dell’aprile 2022;
- accettare il sostegno militare occidentale per ripristinare l’integrità territoriale dell’Ucraina o, quantomeno, arrivare a un accordo di pace da posizione più favorevole.
In tutto questo, bisogna considerare elementi come il diritto di veto della Russia all’ONU, la dipendenza dei paesi europei dal gas russo (il North Stream è stato sabotato due mesi dopo il fallimento dei negoziati), il possibile ritorno nel 2024 alla Casa Bianca del filoputiniano Donald Trump. Ognuno è libero di scegliere quale delle due opzioni sarebbe stata preferibile per il popolo ucraino e la salvaguardia della pace globale: affermare però che Zelensky abbia scelto l’alternativa bellica invece di accettare una proposta di russa molto vantaggiosa è solo bieca propaganda senza alcun riscontro nei documenti che vengono portati come prova a sosteno].
“Evidentemente, la sola idea che il Cremlino avesse accettato di tenere dei negoziati era incompatibile con la raffigurazione del presidente russo quale Hitler del XXI secolo.”
Secondo me qui ti sbagli. Ho visto anche giornali “mainstream” parlarne, il Guardian almeno, ma il punto è proprio questo: anche Hitler teneva un sacco di negoziati, ma lo faceva un po’ come Putin, per prendere tempo prima di essere pronto a raggiungere i propri obiettivi.
Una cosa che in tanti non riescono a capire è che trattati e accordi spesso lasciano il tempo che trovano. La Russia ha già dimostrato di non rispettarli, per cui è sbagliato dare eccessiva importanza a quello che *forse* avrebbe accettato in un ipotetico accordo. E sembra che anche dall’altra parte, per la Merkel almeno, gli accordi di Minsk fossero un modo per prendere tempo.
È importante parlare di diplomazia e di queste trattative, ma prendere la parola degli uni e degli altri come oro colato o leggi scritte sulla pietra significa non capire come poi in pratica funzionano queste cose.
Vale la pena ripetere che la Russia aveva GIÀ firmato accordi in cui si impegnava a rispettare l’integrità territoriale dell’Ucraina, e poi l’ha invasa lo stesso.
Mi fa ridere poi che persone che inorridiscono all’idea che l’Occidente mandi armi a Kiev al tempo stesso rimproverano l’Occidente di aver fatto saltare delle trattative che li avrebbero obbligati a mandare i propri soldati dentro l’Ucraina in caso di aggressione russa. Ma la logica di queste persone dov’è? Non vi va bene mandare armi ma vi sarebbe andato bene mandare soldati europei e americani a combattere faccia a faccia contro i russi? Boh.
Per quanto riguarda l’articolo che commenti… fa venire i brividi che sia scritto da un professore universitario! Di filosofia morale poi! Questo spiega alcune cose sullo stato delle nostre università…
Gaia, chiariamo la ragione per cui lo “Occidente” e quindi prima gli USA non vogliono la guerra con la “Russia”.
Il problema è che se tu fai la gurra con l’Iraq puoi anche non avere le idee chiare su cosa ti proponi. Vai li, fai casino, metti su un governo fantoccio e te le vai, lasciandoti dietro montagne di surplus di tutti i tipi, da cataste di bottiglie di acqua minerale a file e file di elicotteri e carria armati. L’hai fatto altre volte, lo rifarai in futuro.
Se fai la guerra con la Russia devi per forza vincere.
Non è più una cosa che fai per sport, applicando una frazione dell’immenso macchinario che comunque mantieni e che giri in un modo o nell’altro è uguale. Se vuoi vincere con la Russia devi rimetterti sul piano della Seconda Guerra Mondiale in cui tutti gli uomini sono mobilitati, tutte le donne sono nelle fabbriche a montare aerei e carri armati. Poi c’è la faccenduola che potrebbe scappare una bomba atomica, perché se quando io ero soldato ci aspettavamo di doverle usare per fermare l’avanzata delle divisioni Sovietiche, i “Russi” si aspetteranno di doverle usare per la stessa ragione, avendo tra l’altro molto più spazio vuoto da sacrificare e importandogli poco della gente che ci abita.
Ripeto il concetto, la dottrina NATO non prevede la guerra di trincea come quella che combattono gli Ucraini, prevede l’attacco in profondità, il bombardamento strategico. Quindi se la NATO o gli USA fossero coinvolti si dovrebbero bombardare le fabbriche, i depositi e le stazioni ferroviarie su su fino alla Siberia. Oltre ovviamente il “normale” supporto tattico alla prima linea. Non ci inventiamo niente, basti pensare allo Sbarco in Normandia che avvenne solo quando i Tedeschi avevano perso completamente la “superiorità aerea” e quindi avevano la Germania bombardata notte e giorno e qualsiasi cosa provassero a muovere su strada o su ferrovia, dalla Germania alla Francia, veniva mitragliata. Non è una cosa che viene “gratis”, gli Americani persero moltissimi aerei bombardando la Germania però erano motivati a vincere e continuarono, sapendo che banalmente ne avevano molto di più dei Tedeschi.
La scommessa di Putin non è diversa da quella di Hitler a suo tempo, si tratta del calcolo per cui se tu infliggi un danno che l’avversario non è disposto a sopportare, questi farà come dice il Papa, cioè si arrenderà ed accetterà le tue condizioni. Secondo me agli Americani importa poco dell’Ucraina. Diverso è quando gli si dice che buttiamo giù lo “Ordine Mondiale” che vede gli USA egemoni per crearne uno “multipolare”. Si va un attimo a ficcare lo stecco dentro la tana dell’orso e l’orso potrebbe non essere morto del tutto.
Non ho capito se questo post esprime le idee di chi lo pubblica o se riporta idee di altri. Già questo è un problema.
Poi trovo insopportabilmente banale ed infantile questo continuo mettersi su un piedistallo per cui chi scrive (premesso che non ho capito chi sia lo scrivente effettivo) è saccente “professore”, che lo dica o lo lasci intendere lui o che lo dicano altri, mentre attorno ci sarebbero le “tifoserie”, cioè gente che assume una posa o una posizione, come si dice, “per partito preso”, senza ragione.
I fatti sono i fatti. I fatti sono tanto i carri armati russi che i deliri da Berlino negli anni Quaranta che emanano dalla TV di Stato “russa”. Certo si può fare il Gioco delle Tre Scimmiette e fingere che i fatti non ci siano oppure siano “altro”.
Noi saremmo delle merdine per via del “declino sullo scacchiere globale”, per inciso, ero bambino quando mi sentivo raccontare dell’Apocalisse imminente e sto ancora aspettando, però alla nostra TV parlano cani e porci, con tutto il rispetto e magari farneticano ma non inneggiano all’affogamento dei bambini russi a fiume o alle fiamme che raderanno al suolo Mosca. Difficile ridere guardando Soloiov (non so come scrivere il nome) che urla “a Berlino”. Io non ridevo nemmeno vedendo la parata annuale sulla Piazza Rossa perchè bastava fare il confronto con quella che facciamo noi ai Fori Imperiali.
L’altro giorno su Radio Radicale, che è il cannocchiale con cui scruto posti del mondo di cui altrimenti non saprei nulla, sentivo un tale affermare che lo “Occidente” ha sempre fallito quando ha preteso di imporre “ordine” con la forza mentre la “Russia” e i totalitarismi in generale hanno successo e citava casi come la Georgia parzialmente occupata e quindi, in prospettiva, l’Ucraina.
Chi parlava accennava soltanto alla ragione ma sorvolava perché, se non ho capito male, si trattava sempre di vergognarci di noi stessi e celebrare chi ci vuole morti, perché “si, fammi male, frustami” e ce lo meritiamo.
Quando gli USA invadono l’Italia non la annettono, non decapitano la “Classe Dirigente” e non operano una sostituzione etnica sterminando o deportando gli autoctoni per impiantare propri coloni. Cioè gli USA non si seguono il manuale classico dell’aspansione imperiale, piuttosto operano una assimilazione culturale con una sorta di “affiliazione”, saltanto a piè pari la fase drastica della colonizzazione e comportandosi come se il Popolo colonizzato fosse già inserito nei meccanismi del vicereame, avendo una sorta di “semi-cittadinanza”. Lo dicevo altrove, mia mamma bambina guardava con gli occhi sgranati passare i convogli americani che risalivano l’Italia e i soldati che passando buttavano ogni ben di dio, caramelle, cioccolata, vestiti, scarpe, scatolette, tutta roba che per loro era solo scarto fastidioso e che per gli Italiani straccioni era la Manna Dal Cielo. Impossibile non fare il confronto automatico con i convoglio tedeschi in ritirata, mia mamma era stata anche curata dai Tedeschi perché ferita in un mitragliamento e quelli erano disciplinati ma non messi tanto meglio degli Italiani, al massimo potevano allungare una fetta di pane di segale con dentro chissa cosa.
La “Russia” fa più o meno come facevano i Romani ma senza il peso di una grande civilizzazione dietro, per cui chi viene “assimilato” con la forza nel “Mondo Russo” non solo cessa di esistere come indentità etnica e culturale ma perde ogni speranza di progresso e benessere, dovendo invece aspettarsi il futuro di dolore e sofferenza da cui si fugge solo con la morte.
Il nocciolo del problema di tutte queste discussioni è che tutti si sforzano di rimuovere la Guerra Fredda e il Muro. Il Muro non era importante per la sua funzione concreta ma per la “valenza simbolica”, come direbbe il “professore”. All’epoca della costruzione i Compagni lo vendevano come un baluardo contro il Fascismo e il Capitalismo (diventati sinomini) perennemente all’opera per aggredire la felicità e il benessere dei “lavoratori”. Poi però stranamente le canne dei fucili dei soldati lungo il muro erano puntate verso gli stessi “lavoratori”. Allora i Compagni ce lo spiegavano dicendo che si, i soldati sparavano sui “lavoratori” ma questo succedeva solo con i pazzi pericolosi e le spie, i venduti al Fascismo/Capitalismo che vistisi scoperti tentavano la fuga.
Ecco, la “Operazione Militare Speciale” è una specie di metafora del Muro e alla fine il risultato dovrebbe essere di ricreare una frontiera impermeabile che ufficialmente serva a proteggere il “Mondo Russo” dai Fascisti, che nel frattempo non sono solo Capitalisti ma anche “froci” e “biolab”, magari ci potremmo mettere anche un altra voce che ricorre da quelle parti, cioè “negri”, termine con cui incidentalmente si indicano i “Russi” di altre etnie.
I nostri smemorati, come gli antichi Compagni, fingono di non vedere che poi la frontiera in realtà serve a tenere dentro la gente che vuole scappare dal “Mondo Russo” oppure giustifica i morti con la necessità di fare pulizia, perché, come si diceva all’epoca, “la Resistenza ce l’ha insegnato, uccidere un fascista non è reato”. Quindi se Stalin ammazzava milioni di Ucraini facendoli morire di stenti, ebbè erano tutti fascisti e se lo meritavano. A mali estremi estremi rimedi, nell’interesse dei “lavoratori”.
Ripeto, perché è una cosa scema ma nello stesso tempo importante. Nel “Mondo Russo” devi chiedere il permesso per andare da un posto all’altro e poi arrivi alla frontiera e da li non si passa, perché oltre la frontiera c’è il bau bau. Noi siamo stati invasi dagli Americani ma nessuno ci ha mai impedito di andare e venire. Ancora oggi, un Dibba può andare a fare il turista (lui direbbe che fa i “reportage”) in “Russia”, poi tornare e scrivere libri o pubblicare video su Internet circa il fatto che li si sta tanto bene e qui c’è il “declino” dei Poteri Forti.
Per qualche strana ragione però Dibba non chiede asilo in “Russia”.
Mi replico da solo per aggiungere una cosa.
Ho appena visto Orsini in un programma TV spiegare perché Israele non è in grado di “attaccare” l’Iran.
La spiegazione si può riassumere nel fatto che l’Iran avrebbe fabbricato o acquistato dei fantasmagorici sistemi missilistici che possono rilevare ed intercettare i più moderni aerei israeliani a trecento, quattrocento chilometri di distanza. Ricordando sempre al pubblico che l’Iran non confina con Israele ma in mezzo ci sono Iraq, Giordania e Siria.
Prima osservazione: chi vuole sentirsi dire queste cose da Orsini? Chi sono i telespettatori a cui la redazione del programma si rivolge?
Seconda osservazione: perché si chiama Orsini per raccontare di aerei israeliani e di sistemi antiaerei iraniani?
Due cose di cui Orsini non sa nulla, non tanto e non solo perché non credo sia un esperto di quelle tecnologie quanto perché in entrambi i casi le specifiche dei sistemi di attacco e difesa sono SEGRETI e si possono verificare, a volte, anni dopo che siano stati effettivamente impiegati su larga scala. Orsini non può sapere quanto il radar XYZ può rilevare l’aereo KWJ e in quali condizioni (distanza, quota, velocità, angolo, condizioni atmosferiche, altro), non può sapere quanto siano efficaci le misure passive (riflessione del segnale, assorbimento del segnale) e attive (diverse forme di interferenza note come “jamming”, quota, angolo) che l’areo può adoperare contro il radar. Perché non lo sa nessuno. Anzi, a dire la verità non lo sanno nemmeno i fabbricanti degli aggeggi in questione, fino a che non si verificano condizioni reali di impiego.
A me sembra che la possibilità che l’Iran abbia in dotazione sistemi di difesa aerea che annullino le capacità offensive dell’Aviazione israeliana sono minime e nel fantastico modo orsiniano sono la copia conforme dei fantastici sistemi di difesa area “russi” che dovrebbero annullare le capacità offensive delle aviazioni NATO.
Orsini aveva detto che la “Russia” avrebbe “sventrato” (parole sue) l’Ucraina e poi in realtà da due anni bombarda palazzi a casaccio e il fronte è quello della Prima Guerra Mondiale con il fango e le trincee. Nello stesso tempo le fantastiche tecnologie “russe” pare non riescano ad intercettare i “droni” ucraini a decine o centinaia di chilometri dai punti di partenza, per non dire di sistemi un po’ più complessi come gli “himars” e gli “storm shadow” e gli aerei russi stanno lontano dalla prima linea perché appena si avvicinano vengono abbattuti dai pochi sistemi antiaerei (in tutto pare siano una decina, eterogenei) di cui dispongono gli Ucraini.
Il tutto a supporto del solito discorso della “fine dell’Occidente”.
Se intervistassero me a proposito di un ipotetico attacco israeliano sull’Iran direi che il problema è diverso, cioè scegliere dei bersagli che vale la pena di attaccare. Che senso avrebbe per Israele rischiare di perdere aerei e piloti in un viaggio di quattromila chilometri avanti ed indietro, spendere millemilamilioni per demolire un deposito di ferraglia o una casermetta con dentro tre o quattro generaloni iraniani? L’Iran non può invadere Israele, quindi è solo una faccenda di farsi dei dispetti. Anni fa Israele ammazzava gli scienziati iraniani che lavoravano al programma nucleare con collaudati metodi mafiosi, molto più economici. Oppure gli installava di nascosto un virus nei computer che gli bruciava le centrifughe, ancora, molto più economico.
Qui è tutta una commedia.
Tecnologia ed eserciti: https://www.aljazeera.com/news/2024/4/23/what-is-project-nimbus-and-why-are-google-workers-protesting-israel-deal
Forse un altro campo in cui i temi di questo blog e quelli di attualità e geopolitica si intersecano.
Non ho capito, Gaia, il senso dell’artico che hai collegato.
Le varie agenzie governative israeliane, quindi Servizi Segreti interni ed esterni e le Forze Armate compreranno ogni sorta di prodotto industriale, dai cuscinetti a sfera (furono una delle mancanze che misero in ginocchio i Tedeschi) ai microchip passando per i pennarelli e i block notes. Non vedo che differenza faccia un software o un servizio di archivio dati remoto come quelli in oggetto piuttosto di una qualsiasi altra cosa.
Google vende agli Israeliani le stesse cose che vende a chiunque e soprattutto le stesse cose che vengono usate su di noi come “clienti” o come “elettori”, per raccogliere informazioni sul nostro conto, creare un “profilo”, associare a questo profilo delle campagne promozionali (o propaganda) mirate.
Soloiov quando inveisce contro lo “Occidente” ha davanti un computer “Surface” di Microsoft, che è lo stesso che usano tutti ovunque nel mondo, quindi tanto Israeliani che “Palestinesi”.
La notizia, se togli tutta la fuffa sulla “Intelligenza Artificiale”, è la stessa cosa di leggere che gli operai di una fabbrica protestano perché le saponette che fabbricano sono vendute ad Israele.
Sicuramente è “attualità” ma ci vedo poca geopolitica.
Se vogliamo essere seri andiamo ad esaminare i finanziamenti che Israele riceve dagli USA, oppure il fatto che gli USA tengono in Israele i loro depositi munizioni strategici per il teatro mediorientale.
Si dovrebbero convincere gli USA a fare pressione per una “soluzione politica” ma, come già detto, il problema è che coi fondamentalisti religiosi non puoi ragionare. Allora dovremmo pensare come il Governo israeliano potrebbe gestire il problema del “Popolo Eletto” a cui, secondo loro, Dio ha fatto certe promesse e, nello stesso momento, con chi parlare sull’altro lato, perché non credo agli Iraniani importi di quello che succede a Gaza o in Libano o in Siria, anzi tanto peggio, tanto meglio.
Oggi a pranzo ascoltavo un programma sul “cambiamento climatico” e anche li mi sembra che una volta descritto il problema bisogni descrivere la soluzione. Dice che siamo troppi. Quindi? Oppure coltiviamo e alleviamo troppo. Quindi?
C’è sempre il “quindi” in sospeso.
>>Dice che siamo troppi. Quindi?
Chi ricorda il film “I viaggiatori della sera”? Io mi proporrei per il “viaggio”, ma la vedo difficile, visto che si fa fatica a parlare di eutanasia e ci lagna della presunta denatalità.
Errata corrige: ci si lagna.
Ma va?
Che strano.
Davvero non si capisce perché la gente si offenda quando tu gli dici che la vuoi ammazzare.
Si offende se non è la persona giusta, ovviamente. O se è solo un modo di dire.
Si, certo, “eutanasia” significa “buona morte” ma è solo un modo di dire quando lo metti nello stesso discorso con “demografia” e concludi che siamo in troppi.
E’ un po’ come nelle barzellette in cui c’è l’aereo in avaria con sopra un italiano, un francese, un tedesco e un americano con solo tre paracadute.
Fa ridere solo se non capita di essere sull’aereo.
Nel caso nostro fa ridere se sei un omino verde e guardi la Terra dal disco volante.
Sarcasmo a parte, tocca chiarire un punto.
Della denatalità non ci si lamenterebbe se fosse OMOGENEA.
Il guaio è che in certi posti ce n’è troppa e in altri troppo poca.
Questo crea il collasso di sistemi concepiti in altri momenti storici sulla premessa della “crescita” che non ci può essere e crea carestia e miseria dove non si riesce a produrre surplus di risorse oppure a distribuirlo.
Non solo si creano questi problemi locali ma la differenza di potenziale tra le diverse aree determina anche le famose “migrazioni”, che aggiungono ulteriori problemi. Problemi che possiamo riassumere in due categorie, la cancellazione delle culture che ricevono i “migranti” e i conflitti che si generano in verticale e in orizzontale per via della difficoltà di inserire un piolo tondo in un buco quadrato.
Viviamo ricoperti di menzogne.
Per esempio, il famoso slogan secondo cui il “migrante” verrebbe da noi per fare i lavori che noi non siamo disposti a fare e quindi sarebbe una “risorsa”, non solo in quanto ci solleverebbe dalla fatica, un po’ come il mulo ma perché potremmo usare parte delle risorse che produce per pagarci un vitalizio altrimenti noto come “pensione”. Certo a questo punto qualcuno un po’ più sveglio degli altri si potrebbe chiedere perché abbiamo rinunciato alle colonie che servivano esattamente allo stesso scopo e in più evitavano di portarci in casa tutti i fastidi.
Quello che invece succede è che la differenza demografica tra un posto e l’altro difficilmente produce uno spostamento di fisici nucleari o anche di elettricisti. Produce uno spostamento di sotto-proletari a cui si può fare raccogliere i pomodori nei campi o magari fare portare sacchi di cemento nei cantieri. Due cose che da un po’ di tempo si cerca di fare con le macchine proprio per non dovere impiegare le persone.
D’altra parte il migrante non lascia il villaggio per venire a portare sacchi di cemento sulle spalle, si figura il benessere. Benessere che difficilmente ottiene in maniera legale e quindi pensa di farsi furbo e questo rende conto del fatto che le galere scoppiano di “nuovi italiani”, nonostante tanti “reati minori” siano di fatto “legalizzati”, per esempio i furti o anche il piccolo spaccio.
Nello stesso tempo Stellantis, il gruppo che include quella che una volta era la FIAT, produce le auto in Polonia. Potrebbe farle in Messico o in Vietnam. La Polonia è comoda perché poi puoi usare il treno invece delle navi. Quindi le industrie “de-localizzano” mentre raccontano che hanno fame di manodopera e siccome si sa che non esiste manodopera italiana, l’industria apparentemente richiede la “legalizzazione” della immigrazione.
Quando ero bambino milioni di Italiani meridionali salivano al Nord per lavorare nelle fabbriche e nei cantieri. Però tutti i costi di questo spostamento erano a carico dei singoli, che si dovevano arrangiare dormendo nei seminterrati, oppure a carico della collettività, che doveva provvedere case, strade, scuole, tutto. I costi della “migrazione” non erano certo a carico dell’Industria.
Tutto questo per dire che anche qui ci troviamo paralizzati in una contraddizione. Se io dico che le cose stanno cosi, “logica binaria” e il mondo è di infinita complessità probabilistica. Se dico che il mondo è più complicato degli slogan, allora sono negazionista perché la verità è una.
Uffa.