Il 14 febbraio scorso, fra un mazzo di rose ed una compagnia di panzer schierati a forma di cuore, la Stampa ha pubblicato anche una notizia difficilmente definibile.   Uno studio congiunto del Politecnico di Milano e del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (nientepopodimeno) avrebbe trovato la soluzione all’acidificazione del Mediterraneo: scaricare in mare milioni di tonnellate di Idrossido di Calcio (al secolo: calce spenta).  Né l’articolo sulla Stampa, né sul sito del progetto (Desarc-Maresanus) si parla di quanta pietra calcarea si dovrebbe cavare e quali le montagne che bisognerebbe spianare, triturare, cuocere e spargere in mare.   Non si sa quanta acqua sarebbe necessaria per “spengere” la calce o quante migliaia i viaggi di camion per caricare le navi o quante le navi necessarie; tantomeno ci dicono quali sarebbero le emissioni climalteranti e gli altri impatti ambientali connessi con una simile, complessa operazione.   Sappiamo solo che questi dettagli li stanno studiando (meno male!)  Tuttavia si precisa che, per ridurre le emissioni, la calce dovrebbe essere fatta usando “energia da biomasse” (sulla cui pretesa sostenibilità si veda qui e qui) e che la CO2 così prodotta dovrebbe essere sepolta con tecnologia CCS (ad oggi sostanzialmente ipotetica).   Purtroppo non è una bufala ed i casi sono due: o il giornalista non ha capito nulla del progetto in questione, o in Italia si spendono molto, ma molto male i già scarsi fondi per la ricerca.

Questa lettura mi ha richiamato alla mente un precedente progetto nato in un altro tempo e con differenti scopi: Atlantropa.
Per chi non lo conosce, Atlantropa fu l’idea di un ingegnere tedesco, tal Herman Sörgel che nel 1927 pensò di costruire una diga attraverso lo stretto di Gibilterra, spianando parte della Sierra Nevada per reperire il materiale.  Altre due dighe avrebbero dovuto chiudere i Dardanelli ed il Canale di Suez per isolare il Mediterraneo ed abbassarne il livello inizialmente di 100 metri.  Poi sarebbe stato possibile costruire un’altra diga fra la Sicilia e la Tunisia, così da abbassare il livello del Mediterraneo orientale di ulteriori 100 metri, per un totale di 200 metri (pinzillacchere).   Dighe ausiliarie avrebbero chiuso tutti i principali fiumi ed uno sbarramento avrebbe isolato la laguna veneta dal deserto di sale che si sarebbe steso per quasi mille chilometri al posto dell’Adriatico, così da poter continuare a vendere le cartoline con le gondole sul Canal Grande.
Tanta roba? Mica era finita qui.   Un’ennesima diga avrebbe dovuto chiudere la foce del Congo, così da trasformare buona parte dell’Africa centrale in un immenso lago (135.000 kmq) che, collegato mediante un canale al lago Ciad, avrebbe portato questo alla ragguardevole estensione di 270.000 kmq.  Quindi, un emissario artificiale al Ciad avrebbe consentito di irrigare il Sahara.
Perché?  Innanzitutto l’insieme delle dighe avrebbe fornito circa il 30% dei fabbisogni energetici europei di allora.  Poi sarebbero emersi fondali marini per oltre 660.000 kq di terra (che il nostro pensava buona da arare), cui si aggiungeva buona parte del Sahara che sarebbe diventato un rubicondo giardino.  Infine, due grandi assi di comunicazione, ferrovia ad alta velocità e parallela autostrada, avrebbero collegato l’Africa all’Europa via terra, passando per le dighe principali.   Fattibile, a condizione che su questo progetto si coalizzassero le forze congiunte di tutti i paesi europei, dimenticando le loro divergenze in vista della grande crescita economica che il progetto avrebbe assicurato per tutti.
L’aspetto più interessante di tutta questa vicenda è che Atlantropa non era il soggetto di un romanzo di fantascienza, bensì un progetto che praticamente tutti i governi europei presero abbastanza sul serio da creare una commissione internazionale per lo studio dei progetti esecutivi.  A nessuno, pare, sia venuto in mente che semi-prosciugare il Mediterraneo avrebbe trasformato l’intero nord-Africa e buona parte dell’Europa meridionale in un deserto, che le terre emerse sarebbero state una plaga di sale e che quasi tutte le forme di vita sarebbero sparite da quel che sarebbe restato del mare.    Per citare solo le prime controindicazioni che saltano alla mente.
Per una volta nella sua orripilante vita, si rese utile Adolf Hitler che pensò invece ad un altro punto debole del progetto: in caso di guerra le dighe sarebbero state troppo vulnerabili ed una loro distruzione avrebbe paralizzato l’economia di un continente su cui contava di dominare di lì a poco.
Così. Dopo un’iniziale entusiasmo, boicottò il progetto che cominciò ad accumulare ritardi finché fu sospeso per la guerra e definitivamente abbandonato nel 1958.

Certo, l’idea di spianare e tritare montagne per alcalinizzare l’acqua del mare pare un nonnulla a confronto delle idee dell’ ing. Sörgel, eppure qualcosa in comune secondo me i due progetti ce lo hanno (sempre ammesso che il giornalista della Stampa abbia capito bene di che si parlava).  Per esempio un livello di vanità che sfuma nell’antropolatria.  Cioè pensare che l’Uomo (non ogni singolo umano) sia dio e posa quindi manipolare il mondo a proprio piacimento.  Che poi è esattamente quello che stiamo facendo da circa 2 secoli a questa parte, solo che i risultati pare non siano eccellenti.

 

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