Certo, non è la prima volta che accade nella storia, ma proprio per questo è preoccupante: ogni volta che la classe dirigente ha preso un’analoga deriva è finita molto male.
A titolo di esempio unico, mi piace qui citare un recente rapporto di Goldman Sachs: “The Path to 2075” per la semplice ragione che qui abbiamo a che fare con il cuore pulsante del turbo-capitalismo post-moderno. Quell’alta, anzi iperbolica, finanza da cui dipendono in buona misura le nostre piccole vite. E i rapporti di Goldman Sachs sono presi molto sul serio dai dirigenti e funzionari degli istituti finanziari (o perlomeno così dicono).
Orbene, alcuni dei migliori analisti al mondo (o comunque pagati per tali), gente che ha accesso alle più riservate informazioni e maneggia modelli sofisticatissimi come fossero giocattoli, hanno avuto la faccia di pubblicare un rapporto che, in estrema sintesi, sostiene che la crescita economica rallenterà ovunque principalmente a causa del rallentamento della crescita demografica (!!), ma in modo differenziato, cosicché la graduatoria delle diverse economie nazionali cambierà:
A parte l’evidente assurdità di considerare la crescita demografica come la principale forzante della crescita economica, cosa altro c’è di assurdo in questo semplice specchietto? Moltissimo, troppo per essere descritto in dettaglio e quindi concentriamoci solo su alcuni punti più evidenti.
1 – Ignorare che esistono limiti locali e globali alla crescita e economica e demografica.
2 – Considerare che le tendenze attualmente in atto si mantengano in un futuro misurabile in decenni, indipendentemente da fattori quali il degrado ambientale, il cambiamento del clima, l’eventuale diffusione di nuove e rivoluzionarie tecnologie, l’instabilità sociale e militare (questi due effettivamente spesso correlati con la crescita demografica) per citare solo alcuni dei fattori che Goldman Sachs evidentemente considera come trascurabili.
3 – Considerare che il tasso di crescita del PIL sia un affidabile indicatore circa la salute economica, sociale ed ambientale di un paese. Per esempio, nel 2075 in sesta e settima posizione troviamo Pakistan ed Egitto, due paesi che son già sull’orlo dell’implosione e che non sappiamo neppure se fra cinquant’anni esisteranno ancora. Come molti altri, del resto.
4 – Fingere che la finanza possa svilupparsi indipendentemente dalle condizioni economiche, sociali, politiche e, soprattutto, ambientali.
Insomma, ci sono o ci fanno? Perché se ci fanno poco male. Questa, come molte altre pubblicazioni analoghe, sarebbe semplicemente un’acchiappacitrulli, tesa a spingere gli sprovveduti ad investire in modo da favorire le loro proprie speculazioni. Una specie di truffa fra le tante altre, insomma.
Se invece ci sono, cioè se davvero credono che questo genere di analisi possa indicare realistiche tendenze per il futuro, allora siamo nelle mani di una combriccola di pazzi.
ben detto.
Bravo Jacopo.
Jacopo, ovvio che c’è un nesso tra crescita demografica ed economica. Non è l’unico fattore ma sicuramente incide.
E da quel poco che sento, solitamente chi lavora nella finanza lo sa eccome da che parte soffia il vento. Le assicurazioni ad esempio: sanno che la sanità è in corso di privatizzazione, sanno che in certe zone non conviene più assicurare contro i danni da maltempo e quindi non offrono più polizze… non limitarti a questo rapporto.
Certo che la crescita demografica influenza quella economica, ma in che senso dipende dal contesto. E nell’attuale contesto in moltissimi paesi (probabilmente tutti o quasi) rappresenta uno dei principali fattori negativi. In particolare per alcune delle “economie emergenti” destinate (secondo Goldman Sachs) a scalare la classifica mondiale, la crescita demografica rappresenta una tragedia ancora peggiore del riscaldamento globale.
Bisognerebbe capire se parlano della crescita demografica tout court, o del “dividendo demografico” per cui ti ritrovi all’improvviso, e per breve tempo, con una grossa fetta di popolazione in età da lavoro e meno dipendenti a carico. Solitamente questo porta crescita economica perché tutti vengono ad aprire le fabbriche lì se ci sono le condizioni per farlo.
Ovviamente se non riesci a dare lavoro a tutte queste persone ti aspettano sommosse e rivolte, se va bene, se no guerra.
Quando i “supermodelli” hanno molti parametri, e si sono scassate le manopole per maneggiarne la maggior parte, o quando solo toccarle mette in discussione complicati meccanismi di potere e profitto… allora cosa resta, se non la leva che la finanza da sola non può toccare più di tanto? È la leva della crescita demografica…
E’ stupefacente doverlo ricordare, ma il PIL delle economie moderne e’ costituito nella quasi totalita’ da “servizi”. E’ stupefacente, ma a pensarci meglio neanche tanto, perche’ TUTTI quelli che frequentano questi blog e si occupano di queste tematiche, con l’eccezione forse di Gaia, forniscono servizi e nient’altro.
La gente in meno che serve nella produzione di beni materiali, si sposta a fare altro, fra cui burocrazia, normazione e sanzionamento, il che sta rendendo i paesi avanzati sempre meno diversi da una dittatura e sempre piu’ efficienti nel controllo attraverso l’oppressione reciproca incrociata dei cittadini uno verso l’altro, in una ragnatela vessatoria di adempimenti piu’ o meno fini a se stessi e alle strutture burocratico-istituzionali che li impongono, senza neppure il bisogno di ricorrere alla forza fisica.
Provate a considerare che quelli che piu’ ragionano di un mondo che non esiste piu’ da un pezzo proiettando indebitamente scenari del passato nella previsione del futuro, forse siete voi.
C’e’ un ulteriore paradosso, che richiederebbe una profonda autocritica: nei paesi avanzati l’incremento del consumo di risorse materiali, man mano che l’economia si sposta nell’immateriale, si sta avendo proprio nell’inseguimento della retorica green della rottamazione, sostituzione, transizione, di cui siete pesantemente responsabili, per quanto la situazione sia chiaramente sfuggita al vostro controllo (almeno spero…).
Delle persone intelligenti l’avrebbero previsto, che le pianificazioni del futuro non funzionano mai oltre il breve-medio periodo quando non si traducono addirittura nel rovesciamento delle intenzioni iniziali (sta succedendo, ripeto, col “green”), cosa che a goldman sachs sanno benissimo e cavalcano, al di la’ dei loro scenari ipotetici pubblicati.
C’e’ chi vi avvertiva di questi problemi gia’ decenni fa, ma la colpa e’ sempre degli altri.
Peccato.
Ovvio. Son sempre gli altri ad essersi fatti fregare. Braccia sottratte all’agricoltura? Ma che ne sai? Servizi, burocrazia strozzatrice e finanza pari sono, vero? Tipico bombardamento dall’alto, di chi pensa di volare abbastanza alto da sfuggire alla contraerea. Finisce il cherosene del suo sofisticatissimo jet? Poco male: finiranno prima i carburanti “green”. Si consolerà con questo, finché si butta col paracadute. Bucato.
In Italia il 73%, non la quasi totalità: https://italiaindati.com/settori-economia-italiana/. E servizi sono anche la sanità, la ristorazione, l’istruzione, i media… non solo la burocrazia.
Evaben, se noi che siamo la seconda manifattura d’europa proprio in quanto fra i paesi piu’ arretrati dell'”occidente avanzato”, e facciamo il 73 per cento, ti pare poco…
Ovviamente e’ sottinteso nel mio discorso che il fenomeno avviene, progressivamente, anche nei paesi meno sviluppati del nostro, man mano che la produzione si automatizza, e non e’ che per un aumento di burocrazia da una parte c’e’ una diminuzione dall’altra.
A suo tempo rimasi colpito del dato Usa: nel primario, agricoltura, lavora il 2 per cento (e se produce, l’agricoltura Usa!) e lo sapevamo, ma il dato eclatante e’ che nel secondario, industria, lavora meno del 10 per cento, mi pare il 7, e si parla di molti anni fa!
Ovvio che non c’e’ solo la burocrazia, come pero’ e’ anche ovvio che altri settori del terziario, fra cui la sanita’ e la scuola, e in generale quelli piu’ istituzionalizzati, contengono al loro interno percentuali sempre maggiori di burocrazia, che tendono a diventare maggioritarie sia nel numero di addetti , se non lo sono gia’, sia nella quantita’ di tempo che ogni addetto deve dedicare ad essa. Persino nelle piccole aziende manifatturiere che conosco e frequento, e’ incredibile il numero di addetti, interni ed esterni, che si estenuano nel tentativo di comporre puzzle di carta, facendo un sacco di fatica per nulla, se non appunto fornire un alibi per la loro retribuzione, con la quale a loro volta poter accedere ai beni materiali prodotti dai pochissimi che assiema alle macchine, a mio umile parere, lavorano sul serio, anche se so che dire cio’ fara’ incazzare come biscie tutti gli altri, a mio parere ingiustificatamente tronfi della loro importanza nell’essere al mondo.
Nella scuola stessa, tutti quelli che conosco di una certa eta’, si lamentano che negli anni sono stati gravati di sempre piu’ imponenti carichi burocratici/amministrativi che finiscono per togliere spazio a quelli piu’ propriamente culturali-educativi. Per nulla.
Tu hai letto Graeber che ne parla, io ancora no e non so se lo leggero’ mai perche’ credo che non abbia niente da aggiungere a quello che gia’ so, pero’ ne parlava gia’ 50 anni fa in modo profetico, e inascoltato, l’Illich che sicuramente qui tutti i piu’ anziani e colti conoscono, cioe’ Jacopo.
Un altro personaggio MOLTO interessante da considerare e’ Mario Fabbri, che sul tema del lavoro immaginario ci ha scritto un libro sopra, si trova qualche suo video in rete, e’ molto interessante perche’ vede la faccenda da conoscitore di come lavora _in pratica_ l’economia finanziaria. Sarebbe interessante considerarlo perche’ permette di uscire dallo schema capitalismo si’ – capitalismo no che sinceramente ha rotto le palle, e’ un vicolo cieco, una trappola intellettuale per topi che impedisce di riconoscere i cambiamenti e vedere la realta’ come tale: con la Gaia, seppure con sfumature molto diverse, abbiamo cercato di dirvelo in vari modi, che la situazione in cui operava lo studio del capitalismo da parte dei sociologi dell’800 non solo non esiste piu’, ma si e’ rovesciata nel suo opposto: grazie al progresso della scienza/tecnologia, che e’ una forzante di gran lunga piu’ importante del capitalismo in se’, viviamo in una societa’ ricca e opulenta che si puo’ benissimo definire come “aristocratica di massa”. Coloro che vivevano del lavoro degli altri che fino a un secolo fa erano piccola minoranza, ora sono ampia maggioranza. Siamo noi. Purtroppo questo ci ha donato un sacco di tempo libero che impegnamo in vessazioni reciproche, come purtroppo e’ normale nelle relazioni fra uomini, non tanto perche’ siamo fatti male, ma perche’ a livello istintivo non siamo fatti per questo mondo artificiale e di umanita’ di massa che ci siamo costruiti attorno, per cui atteggiamenti spontanei che sarebbero utili e “umani”in contesti atavici, diventano dannosi e “disumani” in quelli attuali. I nostri artifizi, anche di organizzazione sociale, hanno avuto troppo successo. E il troppo stroppia (volgarizzazione in due parole della teoria ottocentesca “marginalista” in economia, che allora era in concorrenza con quella, del “valore lavoro”, marxista).
Non ho capito bene con chi ce l’hai, ma molto di quello che dici è sostanzialmente corretto e ci sono ragioni strutturali perché sia così. Igor ed io abbiamo provato a spiegarle almeno in parte in “La caduta del Leviatano”.
Si tratta di problemi estremamente difficili da risolvere, perché richiederebbero dei sacrifici a qualcuno, e nessuno è disposto a fare un passo indietro. La burocrazia è un ottimo esempio: in teoria siamo tutti contro la burocrazia, in pratica prova tu a eliminare un ente…
Siamo tutti contro la burocrazia che ostacola noi… mentre quella che ostacola gli altri e ci fa comodo non la riconosciamo nemmeno come tale, la chiamiamo “giustizia”. E’ mitologico, nell’ambiente della sinistra, il “compagni qui ci vuole una legge!”
Comunque, primo ufficio di qualsiasi entita’ vivente, e la burocrazia e le istituzioni indirettamente lo sono, e’ perpetuare se stessa. Essendo entrambe in posizione di comando, trovano un ostacolo solo in altre burocrazie/istituzioni che combattendosi si raffinano, anche per questo non solo non se ne esce, ma si rinforzano sempre di piu’ qualunque cosa si faccia, a parole, per limitarne l’invadenza.
“Comunque, primo ufficio di qualsiasi entita’ vivente, e’ perpetuare se stessa.
Tranne noi e pochi altri che, evidentemente, siamo nati male e storti, volendo avere l’ulteriore l’umilta’ di non considerare se stessi come il centro e la misura del mondo che comprende anche altri esseri umani e altre diverse idee e convinzioni oltre che il non umano.
Se leggete il rapporto parla anche di catastrofe ambientale che verra’ evitata tramite decoupling.. La mia risposta e’ : ci fanno, questo rapporto e’ propaganda per tranquillizzare gli investitori a mio avviso
È uscito il nuovo report sui Global risks: https://www.weforum.org/reports/global-risks-report-2023/digest
Magari lo giriamo a quelli di Goldman Sachs.
Anzi, è uscito a gennaio, avrebbero dovuto dargli un’occhiata.
Credo che la risposta sia “ci sono E ci fanno”. Star dentro un processo organizzato di inganno richiede di far propri assunti fideistica che non possono essere messi in discussione. Se li questioni il sistema ti espelle spontaneamente.
https://www.resilience.org/stories/2023-07-31/just-stop-oil-part-2-oil-is-the-economy/
Nate Hagens sulla relazione petrolio economia.
Non è necessario ascoltare in inglese, eventualmente si può selezionare traduzione automatica-italiano dalla ruota dentata in alto a destra. Mi sembra fatto molto bene. Poi Hagens è uno dei massimi esperti del picco del petrolio.
https://lesakerfrancophone.fr/quest-ce-que-le-pic-petrolier
Il picco del petrolio aggiornato e spiegato in modo esemplare da Dimitry Orlov
Un altro paper sull’overshoot che passerà inosservato:
https://www.mdpi.com/2673-4060/4/3/32
Non lo ho ancora letto, ma lo leggerò con attenzione e scorrendolo mi pare un ottimo articolo. Grazie della segnalazione.
Lo sto leggendo adesso, interessante! William E Rees è l’ideatore del concetto di impronta ecologica.
Ripensando allo spirito della critica che c’e’ in questo articolo riguardo alle previsioni al 2075 di Goldman Sachs, inviterei a considerare che il sistema capitalistico e’ quanto di piu’ lontano dall’economia di piano basta su previsioni a lungo termine.
Quindi queste previsioni vanno prese con le pinze, non valgono e non servono a nulla, sono solo linee guida “nel caso che”.
La caratteristica, di fare previsioni inutilmente precise a lunga scadenza senza tenere conto del fatto che le condizioni nel frattempo possono cambiare radicalmente in modo imprevedibile, ce l’hanno semmai i previsori di catastrofi e apocalissi…
I capitalisti, invece, tendono ad adattarsi al mondo, inventando sempre nuovi strumenti per adattarcisi (come il green-washing dimostra).
L’imprenditore capitalista, per definizione, e’ colui che si adatta alle opportunita’, che rischia, che tenta nuove strade, che fallisce, che riprova. Un po’ come la natura stessa… trial and error. Molti degli strumenti della finanza servono proprio ad assicurare dal rischio che le cose vadano nel previsto modo imprevisto.
In altre parole, attenti a farsene un’idea di comodo, uno straw-man, che non sarebbe la prima volta.