Quando mi accingo a leggere un libro di chiaro orientamento progressista-sviluppista, non mi aspetto ricette miracolose che non possono esistere, spero solo di non dovermi sorbire unicamente centinaia di pagine di ideologismo mal argomentato: insomma, quello che mi è capitato quando ho avuto la malsana idea di sacrificare il mio tempo libero per cose come L’ambientalista ragionevole di Patrick Moore o peggio ancora Elogio della crescita felice di Chicco Testa.
Da questo punto di vista, devo sicuramente ringraziare Bill Gates e ammettere che il suo ultimo parto editoriale Clima. Come evitare un disastro. Le soluzioni di oggi le sfide di domani mi ha in qualche modo riconciliato con con questo tipo di saggistica. E’ doveroso rendere onore al nemico quando dimostra ingegno e capacità, del resto ho sempre considerato Gates una persona tanto criminale quanto intelligente, di sicuro molto più dei suoi detrattori ingenui dediti al cospirazionismo facile che, a colpi di fake news, non fanno altro che portare acqua al suo mulino.
Pertanto, devo altresì riconoscere l’ingenerosità di tante stroncature; ad esempio, Silvia Ribeiro non è del tutto corretta quando, commentando il libro, scrive:
La sua mentalità ingegneristica che vede il mondo, la natura, il clima e i popoli come parti di una macchina in cui tutto può essere modificato con la tecnologia e l’intelligenza artificiale, contrasta con le sue roboanti dichiarazioni di fede che nulla di tutto ciò creerà dei problemi, o almeno nessun problema che non si possa affrontare con più tecnologia.
Intendiamoci: il patron di Microsoft è entusiasta come pochi delle meravigliose sorti progressive della tecnologia, ad esempio quando sostiene a spron battuto la causa dell’energia atomica e dell’ingegneria genetica per la prosperità futura del genere umano. Tuttavia, a differenza di un Mariutti o di un Cingolani qualsiasi, non si mette a vendere fuffa a buon mercato sulla DAC (Direct Air Capture, dispositivo per la cattura diretta della CO2 dall’atmosfera), l’idrogeno o la fusione nucleare, ammette abbastanza candidamente le loro prospettive limitate.
Ciò che smarca Gates dai soliti pifferai del Progresso e dalla loro tendenza a sparare scemenze è l’abilità nel preparare il terreno, impostando il dibattito sulla questione ambientale secondo le sue regole. Rispetto a un Moore che nega stoltamente l’influenza antropica sul clima facendo leva su argomentazioni confutabili da qualsiasi studente delle superiori un po’ preparato, egli ammette l’esistenza del fenomeno in tutta la gravità, anzi riduce abilmente la problematica ecologica al solo global warming. Così facendo, anziché proferire panzane ridicole su verità scomode, ne omette del tutto l’esistenza, con il risultato di darsi un tono molto più credibile e rigoroso. Invece di incorrere nel tanto biasimato ‘cherry picking’, abbatte preventivamente i ciliegi a lui poco congeniali. Evita persino i consueti toni astiosi contro i ‘catastrofisti’ (a parte un vago accenno a Paul Ehrlich per sminuirne i timori sulla ‘bomba demografica’), senza appesantire così la lettura con livori inutili e, soprattutto, evitando la tattica abituale di accennare in modo distorto a problematiche drammaticamente concrete al solo fine di sminuirne la gravità (non si sa mai che qualche lettore troppo solerte faccia funzionare il cervello e scopra l’imbroglio).
Nel libro, parole come ‘biodiversità’ o espressioni quali ‘impronta ecologica’ sono state opportunamente bandite (zero citazioni), così come il termine ‘picco’ è applicato esclusivamente al carico della domanda elettrica. Nel mondo tratteggiato in Clima. Come evitare il disastro, non esistono estinzione di massa, sovrasfruttamento di risorse rinnovabili o non rinnovabili, ecc. pertanto qualsiasi sforzo volto alla decarbonizzazione non rischia di incappare in nessun tipo di greenwashing o sembrare irrealistico. Con le giuste forme di incentivazione economica (“green premium”) tutto diventa magicamente possibile. Mica fesso il buon Gates: limitandosi al global warming, ti concentri sull’unica problematica ambientale che ti puoi illudere di risolvere con la tecnologia, escludendo tutte le altre incompatibili anche solo sul piano concettuale con il business as usual, che invece implicano radicali cambiamenti della struttura sociale e dei paradigmi economici.
La superiorità di quest’opera rispetto alle sue simili (per intenti ideologici) è evidenziata, tra le varie cose, dal terzo capitolo, intitolato ‘Cinque domande da porre in qualunque conversazione sul clima’. Tali interrogativi sono:
- Di quanti dei cinquantuno miliardi di tonnellate stiamo parlando?
- Qual è il vostro piano per il cemento?
- Di quanta energia elettrica stiamo parlando?
- Di quanto spazio c’è bisogno?
- Quanto costerà?
Al pari di i tutti i pifferai, Gates parte dal presupposto imprescindibile di aumentare il fabbisogno energetico, però contestualizza il problema in rapporto alla necessità concreta di ridurre le emissioni climalteranti (al tecno-ottimista ordinario basta riscontrare qualche decoupling qua e là e il gioco è fatto) senza sottrarsi a questioni spinose, vedi la produzione di cemento, solitamente passate sotto silenzio.
Tale ‘credibilità’, però, svanisce come neve al sole di fronte alla quarta domanda dove, comportandosi non diversamente da tanti esperti improvvisati, riduce la sostenibilità allo spazio occupato (l’impronta ecologica ovviamente grida vendetta). Una pessima caduta di stile, indispensabile però per salvaguardare la reputazione ‘verde’ dell’energia nucleare, oltre a permettergli di bypassare qualsiasi problema legato a consumi diretti e indiretti o alla disponibilità di materiali non proprio diffusissimi sul pianeta per far funzionare i reattori (non i ‘tradizionali’, bensì quelli ‘automatici e intrinsecamente sicuri’ a cui sta lavorando TerraPower, azienda fondata nel 2006 da qualcuno che potete facilmente immaginare…).
In ogni caso, anche qui bisogna riconoscere come la critica alle rinnovabili, per quanto strumentale, venga condotta in maniera molto più accorta e dai toni pacati, nulla da spartire con le filippiche rabbiose di chi farnetica di ‘bufala delle rinnovabili’ e simili. Anzi, Gates fa la figura di un sostenitore ragionevole di eolico e fotovoltaico, di cui per altro evidenzia limiti indiscutibili (quando vuole ridimensionare qualcosa, da ottimista per natura si si scopre improvvisamente oggettivo e con i piedi per terra), specialmente per il mondo che auspica, rigorosamente ‘decarbonizzato’ ma del tutto simile a quello attuale per consumi energetici.
Altro aspetto che rende Clima.Come evitare il disastro una spanna sopra tutte le opere similari è che queste, tendenzialmente, invitano la popolazione alla passività e all’acquiescenza più totale, qualsiasi attivismo può solo danneggiare l’apparato tecnoscientifico che sta lavorando per la prosperità del genere umano, che deve quindi limitarsi a rimanere comodamente in attesa di tutto il buono che corporation e grandi centri di ricerca stanno preparando per lui, senza mettere bocca su nulla. Il capitolo finale, intitolato ‘Quello che ognuno di noi può fare’, invita la cittadinanza all’azione tramite i seguenti consigli:
- Fare telefonate, scrivere lettere, frequentare i municipi;
- Guardare alla realtà locale, oltre che a quella nazionale;
- Candidarsi a una carica pubblica;
- Partecipate a un programma di “green pricing” (prezzo maggiorato sulla bolletta per ottenere elettricità da fonti rinnovabili) del vostro fornitore di energia elettrica;
- Riducete le vostre emissioni domestiche;
- Acquistate un veicolo elettrico;
- Provate un hamburger vegetale.
Ovviamente, non c’è bisogno di vedere del marcio in ogni cosa che dice Bill Gates, in fondo si tratta per lo più di istanze di banale buon senso, quindi largamente condivisibili. Essendo però proferite da una persona con determinati trascorsi, è il caso forse di ricordare l’insegnamento di un noto politico di casa nostra riguardo alle virtù associate al peccato di pensar male.
La militanza ambientalista che viene preconizzata non prevede la partecipazione a manifestazioni e meno che mai atti di disobbedienza civile: il global warming può creare un disastro inimmaginabile, però per affrontarlo basta affidarsi alle procedure politiche ordinarie. Niente roba in stile Extinction Rebellion, per capirci, anche perché il clima è importante, ma il capitalismo lo è ancora di più, quindi non mettiamoci strane idee in testa. Il sistema politico-sociale attuale è più che sufficiente per affrontare la sfida, quindi non bisogna smantellarlo ma semmai integrarsi ancora di più al suo interno.
La stessa forma mentis trasuda anche dai buoni propositi successivi: ‘ridurre le emissioni domestiche’, ad esempio, nella sua ottica significa dotarsi di LED, comprare elettrodomestici classe A, coibentare il proprio edificio, ecc. A parte assaggiare un veggie-burger, non si propone alcuna ridefinizione degli stili di vita (altrimenti le emissioni dovresti contenerle anche fuori casa) e le ‘soluzioni’ proposte sembrano adattarsi a una classe media abbastanza facoltosa, capace di permettersi comodamente una Tesla e di ristrutturare casa. Chi è meno agiato farebbe meglio a ricercare opzioni più plausibili (ma molto più concrete e impattanti sulla vita quotidiana) in altri libri, come quelli di Paola Maugeri, Linda Maggiori e Lucia Cuffaro.
Insomma, Bill Gates è sempre Bill Gates, nel bene e nel male. Così come la sua filantropia si basa sul presupposto morale di migliorare le condizioni di vita dei poveri per intaccare il meno possibile quelle dei più ricchi, il suo ambientalismo è un’apologia neanche troppo mascherata di un business as usual che vuole vendere cara la pelle contro la gravissima minaccia che ha contribuito attivamente a creare, ma snaturando se stesso il meno possibile. In ogni caso, per il carattere intrinsecamente (e inevitabilmente) disonesto del personaggio, il libro presenta abbastanza margini di onestà intellettuale: il meglio del peggio, insomma, illuminante sugli intenti prossimi venturi della super élite, composta con ogni probabilità da persone spregevoli ma se non altro capaci di interessarti molto di più della pletora dei cantori del Progresso al loro servizio. ‘Conosci il tuo nemico’ è un precetto sempre valido.
Per tali ragioni, ne consiglio caldamente la lettura a tutti coloro che non sono esattamente degli ammiratori di Gates (anche perché, cercando bene, proprio come accade per i prodotti Microsoft, è possibile reperire Clima. Come evitare un disastro attraverso canali diversi da quelli ufficiali…).
E’ tardi per cambiare il paradigma energetico e migrare ad un nuovo vettore energetico per i sistemi economici, con cui produrre beni e servizi con cui soddisfare bisogni. Questo perchè la sovrappopolazione e scarsità stanno già mutando il contesto geopolitico dei paesi.
Ad esempio: nell’area del Mediterraneo c’è già instabilità geopolitica e nel futuro, sarà molto peggio.
Ad esempio: é comparso inaspettatamente nel mondo l’evento clone del Sars-cov2
https://www.youtube.com/watch?v=8hLBAOlvObk
Ad esempio: l’epidemia di Sars-cov2 e sue varianti, nel contesto del Mediterraneo sono un acceleratore di collassi, che spingono ad un’emersione più rapida, di uno di quei contesti (od un suo interstizio irrazionale) che era già atteso per il XXI°Secolo.
Ad esempio: il campione geostrategico del Mediterraneo e la sua direzione di marcia, è un importante sotto-insieme (macro segnale di Early Warning) degli Scenari di lungo periodo. Dalla direzione attuale e prospettica dell’area Mediterranea si può già inferire che lo Scenario dell’EFFICIENTE CONDIVISIONE TECNOLOGICA DELL’AUSTERITA’ è assai molto improbabile che possa emergere nei decenni a venire.
Ad esempio, data la direzione attuale (verso lo Scenario della CATASTROFE ULTRAVIOLETTA) non promette niente di buono (e neppure gli altri scenari)
Anche qualora i sistemi economici del mondo stessero migrando in modo coeso e coerente verso una conversione energetica di un nuovo paradigma energetico a zero emissioni di gas serra, (cosa non vera, dato che il MIX ENERGETICO DEL FUTURO PREVEDE SEMPRE L’USO DI CARBURANTI FOSSILI e non v’è accordo in tutti i paesi del mondo nel rinunciare al consumo dei carburanti fossili) il contingentamento procapite sul consumo dell’energia, sarebbe un elemento imprescindibile.
Nello scenario dell’EFFICIENTE CONDIVISIONE TECNOLOGICA DELL’AUSTERITA sarebbe esistito comunque un declino energetico procapite di lungo periodo, nonostante la conversione del paradigma energetico. Questo declino energico procapite, sarebbe stato il costo da pagare per smaltire la sovrappopolazione in modo pacifico, sia il costo da pagare per la cattura e segregazione dello stock dei gas serra già emessi. Sarebbe occorso infatti tanta energia ai processi artificiali di sequestro e stoccaggio dei gas serra (estrarli dall’atmosfera, compattarli, renderli non solubili, interrarli) per riportare il clima della Terra in equilibrio, dentro ad un epoca pre-industriale.
http://www.climate-change-wars.tk
Qualsiasi discussione “teorica” che non preveda un contingentamento drastico del consumo energetico procapite, contestualmente ad una conversione del paradigma energetico a zero emissioni ga serra, non è uno scenario plausibile ma é solo propaganda e disinformazione.
Grazie, anche se lo sapevamo già. Il problema è che noi siamo noi mentre Bill Gates è Bill Gates, da qui questa recensione.
leggo sempre con piacere i post interessanti sul vs blog.
Provengo dal blog del prof.Bardi che leggo con interesse.
Stesse cose le dice Mercalli ed il prof.Tartaglia.
Ma queste cose “fanno paura” e non si possono dire in televisione e neppure sui giornali.
Quando il Mercalli fece la trasmissione su Rai3 (prima d’essere cacciato da “Renzi svuota Africa” perchè Mercalli era un gufo) il tono delle sue puntate era molto rassicurante (molto diverso, dal contenuto delle sue conferenze online.
IMHO la boiata della transizione ecologica della Von de Leyen con il suo Next Generation Star Trek Green Space Ship for Europe, si tramuterà in un bidone verde inutile, che se mai i soldi saranno spesi in qualche progetto portato a termine, l’unica cosa verde che avranno di vede sarà la vernice 😀
Anche qui, la vera abilità non è quella delle previsioi facili bensì di riciclare quanto di utile c’è nel bidone.