E’ da metà maggio che circolano notizie allarmate riguardo a una grave carenza di barattoli metallici che rischia di mettere in ginocchio il settore delle conserve alimentari:
- Prezzi dei barattoli alle stelle e boom della domanda: la tempesta perfetta che mette a rischio la conserva di pomodoro made in Italy (il Fatto Quotidiano, 19 maggio)
- Pomodori, legumi e birre, allarme barattoli e lattine: non c’è più latta (Corriere della Sera, 3 giugno 2021)
- Pomodoro, non c’è più latta per le conserve: “Il frutto marcirà nei campi”. La crisi dell’acciaio, un disastro per l’Italia (Libero, 3 giugno 2021)
- Barattoli pomodori pelati, non c’è più latta per fare le conserve (Sky tg24, 3 giugno 2021)
La situazione pare il risultato di due fenomeni verificatisi simultaneamente durante la pandemia: l’accaparramento di prodotti conservati in reazione ai lunghi periodi di lockdown e il crollo della produzione di acciaio, che per il 56% circa afferisce alla Cina; di conseguenza, il prezzo delle bobine per fabbricare lattine è schizzato in pochi mesi da 400 a oltre 1.000 dollari a tonnellata. Siccome circa due terzi delle conserve in commercio sono vendute in barattoli di acciaio e il nostro paese può provvedere solamente a un ottavo del fabbisogno necessario, si paventa il rischio di un enorme spreco alimentare, in particolare di lasciare a marcire nei campi una grande quantità di pomodori. Sicuramente si assisterà a un rincaro dei prodotti finiti.
Nel suo piccolo, la ‘crisi dei barattoli’ rivela molto sulle dinamiche che coinvolgono la disponibilità effettiva delle risorse, al di là di considerazioni ingenue e luoghi comuni. Nonostante i materiali per produrre lattine siano ancora relativamente abbondanti (oltre che facilmente riciclabili), la scarsa domanda di acciaio ne ha generato una penuria che, a cascata, rischia di creare in Italia un’ulteriore insufficienza di passata, malgrado il nostro paese sia tra le primissime nazioni al mondo per produzione di pomodori. Inoltre, si evince chiaramente come piccole perturbazioni in qualche settore dell’economia globalizzata possano causare pesanti risvolti in campi apparentemente non correlati tra loro (cosa sembra accomunare siderurgia e coltivazione di ortaggi?).
Secondo il pensiero economico mainstream non c’è da preoccuparsi, basta un lieve aggiustamento al rialzo nei prezzi e passa la paura: sul momento i consumatori accuseranno il colpo, poi la ripresa della domanda cancellerà per sempre ogni problema e tutto tornerà come prima. Anche io immagino un esito abbastanza simile della vicenda, tuttavia mi astengo da pericolose generalizzazioni, a differenza degli economisti che, elevando a leggi naturali alcune situazioni contingenti, sminuiscono qualsiasi preoccupazione di scarsità.
L’esempio più estremo in tal senso è rappresentato da Julian Simon, il quale nel libro L’ultima risorsa (capace di meritarsi una entusiastica prefazione di Milton Friedman) asserisce addirittura che le risorse minerarie della Terra siano sufficienti per i prossimi sette miliardi di anni, calcolo stimato sommando tutti gli elementi disseminati per la crosta terrestre e dissolti nelle acque di mari e oceani. Una bella pacchia, a maggior ragione pensando che tra ‘solo’ due miliardi di anni la modificazione dell’attività solare dovrebbe rendere proibitiva la vita sul pianeta.
Tale visione ottimista-progressista si basa su alcuni assiomi fondamentali:
- esisterà una tecnologia efficace per risorse sempe più complicate da sfruttare;
- tale tecnologia godrà dell’apporto energetico sufficiente per il suo funzionamento;
- le scorie e le esternalità provocate dall’attività industriale saranno gestite opportunamente;
- sussisteranno le condizioni economiche adeguate perché l’intero processo funzioni al meglio.
Se i primi due punti sono atti di fede di cui solo i posteri potranno giudicare appieno la fondatezza, il terzo è già oggi ampiamente smentito: il riscaldamento globale del pianeta dovuto ai gas serra antropogenici ne è la prova più lampante. Al punto che, nonostante le viscere della Terra siano relativamente abbondanti di petrolio, carbone e gas, occorre emanciparsi con estrema rapidità da essi per non aggravare la catastrofe climatica. Uno scenario molto diverso da quello previsto da Hubbert, il quale inseriva il picco delle fonti fossili in una visione ‘progressista’, come conseguenza dello sviluppo esponenziale della tecnologia nucleare.
Tagli delle emissioni di gas serra necessari per contenere l’aumento di temperatura di 1,5°C rispetto all’era preindustriale (Fonte: IPCC 2016)
Qui arriva un altro aspetto critico della questione. I combustibili fossili (l’85% sul totale mondiale dell’energia primaria) sono la linfa vitale di quel business as usual che, quando funziona al meglio, garantisce abbondanza di beni attraverso gli aggiustamenti dei prezzi legati alle dinamiche domanda-offerta. In particolare, alimentano la megamacchina estrattiva, la rete globale dei trasporti e il sistema agroalimentare, ossia il nucleo fondante del benessere materiale della società umana (o meglio: della frazione che ne può godere). Senza dimenticare il contributo fondamentale per costruire l’infrastruttura tecnologica della decarbonizzazione: pannelli fotovoltaici, pale eoliche, reattori nucleari, sbarramenti idroelettrici, ecc.
L’ipotesi di limitare l’utilizzo delle fonti fossili alle attività essenziali, a prima vista del tutto ragionevole, presenta non pochi problemi di fattibilità. In primis, c’è il forte rischio di ritrovarsi con una ‘coperta corta’, se pensiamo che il solo comparto alimentare globale, secondo la FAO, impegna il 32% dei consumi energetici planetari (e la popolazione mondiale si prevede ancora in crescita). In secondo luogo, il crollo della domanda di idrocarburi per ottemperare alla transizione ecologica renderebbe cronica l’ondata deflattiva che già oggi affligge pericolosamente il settore a causa della scarsa domanda, rendendo insanabile il contrasto tra bassi prezzi di vendita e costi di produzione sempre più elevati.
Anche in questo caso, la risposta al problema sembra abbastanza scontata: socializzare le perdite. Oramai, dopo il crack del 2008 e la recessione conseguente alla pandemia, il liberismo ha perso seguaci e l’intervento dello stato in economia non è più tabù, viene anzi invocato con fervore. Tutti i guru di privatizzazioni, sgravi fiscali ai ricchi e pareggio di bilancio si sono scoperti improvvisamente keynesiani (vedi il nostro Draghi) e le ‘politiche espansive’ sono sulla bocca di tutti.
Del resto, la marcescente industria delle fossili è già lautamente sovvenzionata (circa 300 miliardi di dollari l’anno), quindi forse si tratterebbe solo di sciogliere un po’ di più i cordoni della borsa da parte degli stati, i quali però si troverebbero decisamente sovraccaricati di oneri. Infatti, dovrebbero allo stesso tempo:
- innescare una ripresa economica non in stile business as usual, incentivando quindi la decarbonizzazione a ogni livello: produzione industriale, mercato, formazione e ricerca, ecc.;
- contenere la portata del danno ambientale e far fronte a emergenze improvvise, come i cigni neri (che poi tanto neri non sono) in stile Covid;
- supportare le attività economiche e le fasce di popolazione inevitabilmente colpite dall’attività di riconversione ecologica, in maniera analoga a quanto accaduto con i lockdown;
- assicurare il welfare, la previdenza sociale e altri servizi ritenuti oramai imprescindibili, che nei paesi occidentali costituiscono il 40-50% della spesa pubblica.
Tutto questo in un contesto in cui gran parte della nazioni del pianeta sono pesantemente indebitate. Mi pare di sentire slogan e parole d’ordine tipici quando la discussione verte su questo tema: guerra agli sprechi e alla burocrazia, tassazione dei grandi patrimoni, sovranità monetaria, tagli alla Difesa, ristrutturazione del debito pubblico, ecc. Proposte che meritano di essere esaminate seriamente e dalle quali è sicuramente possibile trarre indicazioni utili per affrontare il futuro, senza però mettere la testa sotto la sabbia e negare un evidente problema di fondo.
Nel terzo e ultimo aggiornamento de I limiti dello sviluppo (pubblicato in Italia con il titolo I nuovi limiti dello sviluppo) si immagina uno scenario (il sesto, in ordine di presentazione) contrassegnato a partire dal XXI secolo da uno sviluppo tecnologico formidabile nell’abbattimento degli inquinanti, nell’aumento delle rese agricole, nella salvaguardia dei suoli e nell’efficientamento dell’impiego delle risorse non rinnovabili.
Rispetto a quanto avvenuto realmente si tratta di pura fantascienza, ma non è questo il punto focale, bensì capire perché i prodigi tecnologici ritardino ma non impediscano il collasso a partire dal 2040 circa. Lasciamo la parola direttamente agli autori:
Le tecnologia e il mercato costano in risorse, energia, denaro, lavoro e capitale. A mano a mano che si approssimano ai limiti, questi costi tendono a crescere, e lo fanno con andamento lineare. Questa è un’altra causa di comportamenti sorprendenti del sistema.
Se tutto ciò avviene nell’astrattezza del mondo simulato, figuriamoci in quello reale, gravato da molte più variabili critiche.
Personalmente, sono convinto che nel futuro prossimo si ripeteranno con una certa frequenza fenomeni simili alla ‘crisi dei barattoli’. Eventi paragonabili ai piccoli smottamenti di neve che precedono le grandi valanghe, ma la cui rapida ‘soluzione’ positiva sarà per lo più ritenuta la prova tangibile del fatto che, apparentemente, tutto procede per il meglio. O quasi.
C’é qualcosa che non torna: “Nonostante la crisi Covid, la produzione globale di acciaio é calata meno del 1% ma alcune nazioni sono state colpite più di altre: USA -17%, Japan -16%, Europa -9%, Cina +5%”.
Nel 2020 in Italia un calo del -16.1% nel primo TRIM sul 2019, -19% nel secondo TRIM sul 2019, -17% sul terzo TRIM sul 2019, ma solo del -12% nel 2020 sul 2019. Nel primo TRIM 2021 un +19% sul 2020.
http://federacciai.it/wp-content/uploads/2021/05/Produzione-siderurgica.pdf
Nel packaging del conserviero si usa acciaio e latta e plastica e vetro. La latta é ferro e stagno (fissato per elettrolisi), l’acciaio ed il vetro sono materiali che si riciclano molto meglio della plastica (della latta, non so dirti).
Il prezzo del packaging in acciaio non deriva dal calo cinese, che nel 2020 ha fatto +5% di produzione di acciaio, ma dal calo della produzione italiana che nel 2020 é scesa del -12% per epidemia.
Il rialzo dei prezzi non deriva da un indebolimento dell’Euro sul Dollaro:
https://www.money.it/+Euro-Dollaro+
3/1/2020 €1=$1.1158
1/1/2021 €1=$1.2137
dato che le materie prime pagate in Dollari, costerebbero meno per i proprietari di Euro.
L’apparente carenza di disponibilità non é un calo da scarsità, ma per svuotamento di magazzino dei produttori di packaging, i quali per ridurre il proprio fabbisogno finanziario al minimo, hanno compresso al massimo il capitale circolante.
E’ noto da tempo, che il FattoQ racconti ca**ate! suggerisco di NON LEGGERE il FattoQ é fonte inquinata e suggerisco anche di cambiar canale, quando spuntano esponenti del FattoQ in televisione, dato che aspergono disinformazione e propaganda.
Ad esempio
Tempo fa (quello che ha la brandina da 8+1/2 ebbe a dire che l’alto numero di morti di covid in Italia era stato causato dal fatto che la popolazione italiana é vecchia ed é tanta, e non dal fatto che c’erano stati tanti contagi e che i morti di Covid vanno a tracinamento degli infetti. Infatti, che il numero di morti vada a tracinamento degli infetti, lo dimostra bene il Giappone (popolazione vecchia come quella italiana, molto più numerosa, densamente accatastata) ma con un numero di contagiati (e quindi di decessi covid) infinitamente inferiore all’Italia.
https://www.worldometers.info/coronavirus/country/japan/
https://quifinanza.it/soldi/decreto-rilancio-azienda-anticipera-la-cig-in-deroga/381332/
Il fatto che le aziende private abbiano “anticipato” la CIG, ed i ritardi nei pagamenti della P.A. sono evidenti segni di crisi finanziaria dello Stato Italiano, che i Mass Media hanno coperto con la Propaganda & Disinformazione, delirando di pastoie burocratiche. Il discorso di porterebbe sui ristori insufficienti ecc… dato che l’Agenzia delle Entrate sa tutto con i codici ATECO.
Lo sanno anche i sassi, che la contabilità della P.A. “é primordiale” rispetto a quella fatta nella Aziende Private, infatti la colonna della “competenza” nella P.A. rappresenta un obbiettivo, ma se non ci stanno i fondi della “Cassa” gli obbiettivi non sono raggiunti e rimangono poste di bilancio, che si trasformano in residui passivi. Il bilancio dello Stato Italiano é FALSO (come quello della Sicilia e varie altre regioni del sud) una montagna di crediti e multe da incassare che stanno a bilancio in attivo, ma che non saranno mai incassate, con buchi strutturali enormi!.
E’ invece una feroce realtà, nascosta dai Mass Media, che l’Italia stia collassando.
In un qualche modo, le condizioni iniziali nel Mediterraneo nel XXI° secolo emergeranno: gli attuali problemi dell’Italia sono insolubili, il popolo italiano ha vissuto dal 1980s in una corsa folle come se non ci fosse stato un domani, senza che MAI i politici italiani e Chiesa Cattolica, avessero preparato l’Italia alle minacce del XXI°secolo.
1.Nel 2017 il Debito Pubblico italiano era GIÀ INSOSTENIBILE.
.Nel 2017 il rateo reale di crescita medio del Pil Italiano di lungo periodo: +0.5%
.Nel 2017 il rateo medio di crescita del Debito Pubblico italiano di lungo periodo: +2%
https://mio-radar.blogspot.com/2017/10/il-vituperato-quoziente-debitopil-e-le.html
2.Nel 2018 valutai che nei decenni a venire, il Pil Italiano sarebbe stato probabilmente calante.
.E’ impossibile che nei decenni a venire, il Pil Italiano sia crescente.
.E’ improbabile che nei decenni a venire, il Pil Italiano sia costante.
Ebbi a prevedere nel 2018 che l’insostenibilità del Debito Pubblico
Italiano,che calcolai puntualmente nel 2017, si sarebbe accentuata.
https://mio-radar.blogspot.com/2018/01/politici-stupidi-e-ladri-producono.html
3.Accoppiando scenario planning con qualche numerillo, dentro un banale
modellino macroeconomico, ebbi a predire nel 2019 che l’Italia avrebbe
fatto DEFAULT molto prima d’arrivare al 2050
https://mio-radar.blogspot.com/2019/05/carlo-cottarelli-il-debito-italiano.html
Anche un’analisi storica micro-macro economica, da tempo indicava che
l’Italia farà DEFAULT e/o USCIRÀ DALL’€URO
https://lafrecciadellastoria.blogspot.com/2017/10/il-declino-economico-italiano-la-crisi.html
4.Se (oggi) ricalcolate, il tasso di crescita reale medio del Pil Italiano e del Debito Pubblico italiano, aggiungendo i dati del 2018 e 2019 e 2020, v’accorgerete che la mia previsione é corretta!. Il tasso medio reale di crescita del Pil sta diminuendo, mentre il rateo medio di crescita del Debito Pubblico Italiano sta crescendo.
5.Il reddito pro-capite italiano sta COLLASSANDO, basta aggiungere ai grafici che si trovano in internet, il dato del 2020 e si riconosce al volo il PATTERN DELLA CURVA DI SENECA. Non serve scomodare l’Analisi Tecnica, per vedere che il Pil Procapite italiano è robustamente proiettato in un trend discendente.
https://i.postimg.cc/N0pzsfk1/pil-italia-procapite2020.png
6.Durante la crisi Covid, la difficoltà per l’Italia di reperire mascherine, respiratori per le rianimazioni, vaccini, dimostrano che in un contesto di scarsità, un’economia di trasformazione collassa.
Niente di nuovo: é il bis della crisi petrolifera 1970s declinata in altri tipi di scarsistà.
Nei decenni a venire, la scarsità per danni da climate change e sovrappopolazione saranno le cause.
7.Il Covid é “un evento clone”: non l’ho previsto direttamente (e sinceramente mai mi sarei aspettato che emergesse così nitido un cotale evento clone), ma l’epidemia Covid é clone del “virus degli elefanti” previsto indirettamente dal pattern di GP2 ed é emerso chiaro e nitido nei segnali di Early Warning
https://www.youtube.com/watch?v=8hLBAOlvObk
8.Next Generation Star Trek Space Ship European Green Monetary Fund è una superca**ola
https://mio-radar.blogspot.com/2021/05/next-generation-star-trek-space-ship.html
9.Il collasso italiano é in itinere, i prossimi eventi sono:
H0: Default dell’Italia Ne ho immaginati un paio di possibili di Default, già questi fanno molta luce su futuro
https://mio-radar.blogspot.com/2021/04/default-italia-la-supernova-italiana.html
H1: Ritorno alla Lira (con dissoluzione e disgregazione della Repubblica Italiana)
https://mio-radar.blogspot.com/2017/11/quello-che-i-politici-non-dicono.html