“Troppo spesso, ai giorni nostri, il pensiero è costretto a giustificarsi in base alla propria utilità per qualche gruppo costituito più che in base alla propria verità. E anche se è vero che la rivolta contro la miseria e la frustrazione è un elemento presente in ogni coerente opera di pensiero, la strumentalità, la capacità di determinare riforme non è criterio di verità” (Max Horkheimer, Eclisse della ragione)

Ho scoperto che Alessandro Di Battista ha scritto un libro dal titolo Scomode verità. Dalla guerra in Ucraina al massacro di Gaza. L’ex deputato del M5S non è il primo a definirsi portatore di pensieri ‘scomodi’, in fondo a chi non piace passare per una sorta di eroe romantico in lotta contro i poteri forti? E lui in modo particolare, visti i titoli delle fatiche editoriali precedenti (vedi Politicamente scorretto, Contro!, Ostinati e contrari). Tuttavia, al di là delle illazioni, quand’è che determinate posizioni si possono definire ‘scomode’ a ragion veduta?

L’idea prevalente è che basti differenziarsi dalla vulgata dei mass media, il ‘pensiero unico dominante’, per dirla alla Fusaro. Un tempo, essere ignorati da giornali, radio e televisioni significava una visibilità di nicchia e quindi l’impossibilità di incidere sulle masse. Tuttavia, nell’era del Web e dei social media, è possibile ottenere la ribalta proprio grazie a pensieri ‘politicamente scorretti’, il caso di Beppe Grillo e del movimento da lui creato, che ha lanciato nell’agone politico lo stesso Di Battista, è lampante. Oggi, pertanto, si può essere ‘alternativi’ ma perseguire efficacemente la strumentalità denunciata Horkheimer, volta a giustificare il pensiero di un gruppo politico o a intercettare il consenso di una fetta consistente di opinione pubblica.

Senza la minima pretesa di esaustività, ho selezionato alcune opere che, al di là del gusto personale, abbracciano il mio concetto di scomodità intellettuale costruito sulle intuizioni del filosofo della scuola di Francoforte, ossia la ricerca di un criterio di verità avulso dalla faziosità della logica di parte.

 

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Che il libro sia da intendersi seriamente o, come pensavano Rousseau e Foscolo, quale satira volta a denunciare il vero volto del potere, poco importa: come nella famosa favola I vestiti nuovi dell’imperatore, il re è nudo. E cultori dell’umanesino, sovrani e teorici tradizionali della politica sono tutti accomunati dall’imbarazzo.

 

 

 

 


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Raccolta di prose pubblicata nel 1827 in seguito al periodo di crisi poetica precedente ai cosiddetti grandi idilli, nelle Operette morali un Leopardi maturo si confronta criticamente con le influenze culturali che hanno plasmato la sua giovinezza, senza sconti per nessuno. Mettendosi alle spalle la disputa alla moda ‘classici vs romantici’, si prefigge di guardare in faccia “l’arido vero” denunciando le miserie della vita umana e la vacuità delle “verità scoperte dal secolo decimonono” (Dialogo di Tristano e un amico), esaltate seppur in modo differente sia dall’Illuminismo in declino che dal Romanticismo in ascesa. Non sorprende che i suoi contestatori, incapaci di replicare nel merito, si siano limitati a vili attacchi personali basati quasi esclusivamente su quello che oggi chiameremmo body shaming.

 

 

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Come già precisato, ‘scomodo’ non significa necessariamente gradito al sottoscritto. Poche cose sono ‘scomode’ quanto controbattere alcuni assunti del nichilismo di Friedrich Nietzche, parlo per esprienza personale. Il filosofo tedesco probabilmente ha subito una sorte anche peggiore di Leopardi, perché almeno il poeta ha dovuto combattere detrattori infimi ma sinceri, mentre lui ha visto il suo pensiero distorto da ‘ammiratori’ della peggior specie… 

 

 

 

 

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La ‘logica della debolezza’ su cui si basa l’ultima opera di Simone Weil risultava del tutto anacronistica nel 1943, mentre era in corso la seconda guerra mondiale e le ideologie politiche novecentesche ostentavano fieramente la loro forza, reale o presunta che fosse. Al pari di tanti altri ‘scomodi’ del passato, la filosofa francese sembra terribilmente attuale oggi, benché soffi un vento intellettuale postmoderno inteso a riabilitare il peggio dell’ideologismo del XX secolo.

 

 

 

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Albert Camus, ovvero il rifiuto di sottomettere la ricerca della verità all’opportunismo politico. L’uomo in rivolta mise il grande romanziere in rotta di collisione con Jean Paul Sartre e tutto gli intellettuali legati alla rivista Tempi moderni, i quali non potevano sopportare l’impietosa analisi dei limiti del marxismo nonché la condanna esplicita dell’autoritarismo sovietico. Un libro che, se fosse stato letto correttamente e compreso, avrebbe permesso alle forze politiche di sinistra di evitare gravi (e forse irreparabili) errori.

 

 

 

 

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I limiti dello sviluppo, ovvero come riuscire a farsi odiare indistintamente da liberali, comunisti e fascisti, tanto diversi nelle sovrastrutture ideologiche quanto accomunati nel condividere, benché in maniera differente, la stessa mistica all’insegna di Progresso & Sviluppo. Un libro che, se fosse stato letto correttamente e compreso, avrebbe permesso a tutta l’umanità di evitare gravi (e forse irreparabili) errori. 

 

 

 

 

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Forse più che ‘scomodo’ Bookchin è stato ‘bastian contrario’, nel senso che, pur condividendo molte istanze della sinistra libertaria, dell’anarchismo e dell’ecologismo, non ha mai aderito ad alcuna corrente e anzi non ha lesinato critiche tavolta molto dure. Pubblicato nel 1982, cioé agli albori dell’era Reagan e della restaurazione neoliberale, L’ecologia della libertà non solo delinea le ragioni del fallimento dei movimenti marxisti e dei fermenti rivoluzionari degli anni Sessanta-Settanta, ma ammonisce sui pericoli di un antimodernismo becero che, respingendo in toto la tradizione culturale e politica occidentale, finisce per buttare il bambino insieme all’acqua sporca. Una decisione coraggiosa per quel periodo, in cui i movimenti ambientalisti, scottati dal tracollo della New Left, stavano abbracciando in massa il misticismo irrazionale della cosidetta ecologia profonda degenerando talvolta in derive reazionarie di dubbio valore.

 

 

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Davvero strano accostare ai nomi degli anticonformisti sopra citati quello di Al Gore, un uomo del Sistema a cui l’ex vice di Bill Clinton ha mostrato piena fedeltà nel 2000, quando ha ‘responsabilmente’ accettato il verdetto delle elezioni presidenziali, malgrado le palesi irregolarità che lo avevano penalizzato nella sfida alla Casa Bianca contro George W. Bush (emblematica la scena del documentario di Michael Moore Fahrenheit 9/11 dove è lo stesso Gore a presiedere la seduta del Congresso che rigetta le mozioni avanzate dai movimenti di cittadini per fare chiarezza sul voto). Se a ciò aggiungiamo che Una scomoda verità è servito in gran parte a perorare le imposture dello sviluppo sostenibile e del ‘capitalismo verde’, la scelta di includerlo in questo elenco pare ancora più assurda. Tuttavia, non si può negare lo sforzo di una parte della super élite che, già nel 2006, denunciava il problema posto dai combustibili fossili, ossia l’asse portante di quel mondo in cui godono di una grandissima posizione di privilegio. Un élite non troppo interessata a elargire ‘verità’ a tutto tondo ma che, se non altro, è stata capace di porre interrogativi ‘scomodi’ prima di tutto per se stessa.

 

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Roberto Massari non ha mai ricercato la ‘comodità intellettuale’ e i libri della sua casa editrice riflettono pienamente tale spirito. Michele Nobile, rigettando ogni sordida ignavia sulla guerra in corso tra Russia e Ucraina, scrive un libro apertamente ‘schierato’ ma capace di portare un contributo totalmente alieno sia alla retorica filoputiniana sia alla grancassa mediatica atlantista. 

 

 

 

 

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Una provocazione goliardica, ovviamente, inserire La caduta del Leviatano in un elenco dove compaiono opere monumentali. Tuttavia, ne condivide la medesima onestà intellettuale di fondo, in particolare l’impegno a non blandire i lettori potenzialmente interessati, ma di offrire loro anche contenuti che presumibilmente non saranno accolti con favore. Io e Jacopo non abbiamo fatto sconti al nostro pubblico di riferimento più probabile, ossia i cultori della decrescita felice, evidenziando alcune loro fallacie e ingenuità. 

 

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