Terza puntata dedicata alla conversione ecologica ed al conflitto.
Due settimane fa, a seguito di un interessante incontro nell’ambito del progetto “Ecoesione” dell’Università di Pisa su conversione ecologica e conflitto, mi posi tre domande: 1 – Crescita o non crescita? 2 – Quanta decrescita e per chi? 3 – Superare il capitalismo?
Delle prima due abbiamo parlato nei precedenti post, qui vorrei accennare ad alcune questioni relative al un punto fondamentale: il capitalismo è compatibile con l’auspicata conversione ecologica?
La questione è cruciale perché coloro che si adoperano per tale conversione devono far pressione sul sistema attuale per modificarne la rotta, oppure cercare di sostituirlo con un’altro sistema? E se questa fosse l’opzione, con quale sistema?
Mercato o non mercato?
Tutte le proposte inerenti una qualche variante di “green Economy” danno per scontato di operare all’interno di un’economia di mercato. Sia pure con qualche aggiustamento, si pensa comunque di restare saldamente in un sistema capitalista, con tutto il relativo apparato legale, istituzionale e di costume. Siamo sicuri che sia possibile una vera transizione ecologica senza sbarazzarsi del capitalismo o, magari, trasformarlo in qualcosa di molto diverso?
- mondo vuoto” (sensu H. Daly). Non solo ha infatti permesso la creazione di immense fortune private (anche altri sistemi lo hanno fatto), ma ha anche distribuito il massimo storico di benessere materiale e di libertà personale ai cittadini degli stati che lo hanno adottato per primi. Si è anche dimostrato inattaccabile grazie alla sua capacità camaleontica di adattarsi ai più diversi contesti, pur restando saldamente sé stesso. Anzi, assorbendo ed utilizzando a proprio vantaggio anche le idee, i concetti e le invenzioni nate per contrastarlo.
Proprio questo lo rende così terribilmente distruttivo. Qui non possiamo scendere in dettagli su cui mi riprometto di tornare in futuro, ma è un fatto che il sistema capitalista è strutturato su una ridondanza di retroazioni positive senza freni interni. Al contrario ha molti strumenti (ad es. la tecnologia e la finanza) per contrastare gli effetti frenanti derivanti dagli impatti negativi sulle risorse, l’ambiente ecc.
Ne consegue che un sistema capitalista può fare solo due cose: crescere o collassare, senza possibili vie di mezzo.
Ovvio che se quella che si cerca è una “crescita verde” il capitalismo è quello che ci vuole, ma è lecito dubitare che in tal modo si possa davvero ridurre l’impatto umano sul Pianeta. Del resto, i deleteri effetti del “green washing” sono sotto gli occhi di tutti. Oramai, in nome e per conto della “economia verde” e dello “sviluppo sostenibile” si promulgano leggi ai limiti del criminale, come il “Testo Unico Forestale” del governo Gentiloni, e si finanziamo speculazioni a dir poco spregiudicate.
Struttura del capitalismo. Il capitalismo è un sistema economico unico nella storia e, alla resa dei conti, si è dimostrato di gran lunga il più efficiente nello sfruttare le opportunità di crescita che offriva un “ - Effetti macroeconomici del superfluo. Il consumismo è alla base del disastro ecologico globale e si basa sulla vendita di oggetti perlopiù inutili, talvolta perfino dannosi, spesso progettati per rompersi presto e non essere riparabili. Verissimo, ma la maggior parte delle persone oggi lavorano proprio alla produzione e commercializzazione di beni e servizi inutili. L’esperienza dei blocchi dovuti alla pandemia di Covid-19 ci ha dato una dimostrazione plateale di come sia stato sufficiente rallentare per alcuni mesi la commercializzazione mondiale di generi non indispensabili per scatenare una crisi economica ancora più grave di quella, catastrofica, del 2008, lasciando disoccupate centinaia di milioni di persone nel mondo. Circa trenta milioni solo in Europa. Alla fine, nel mondo, il Covid avrà ammazzato più gente di miseria che di polmonite.
Insomma, è verissimo che una vita sobria e laboriosa può essere di molta più soddisfazione di una vita passata a strascicare i piedi nei centri commerciali, ma le conseguenze per coloro che lavorano per far arrivare quella roba in quelle vetrine sarebbero devastanti. Certo, una vera transizione ecologica aprirebbe altri sbocchi professionali, magari più interessanti, ma rimane da stabilire quale sarebbe il saldo finale e come gestire la fase di passaggio che facilmente provocherebbe gravi conseguenze per molta gente e, di conseguenza, una netta opposizione, se non una vera insurrezione. - Effetti finanziari. I più seri tra i fautori del Green New Deal indicano anche quali sarebbero le fonti di finanziamento. In buona sostanza, sarebbero tre: – aumento delle tasse per i redditi più elevati, – diversa destinazione di spese già in atto, – varie tipologie di debito pubblico e privato.
Come già detto, la tassazione requisitoria dei super-redditi avrebbe indubbi vantaggi non tanto in termini di gettito fiscale, quanto in termini di recupero di credibilità e di autorevolezza della classe dirigente, oggi totalmente delegittimata. Resta da vedere se sia possibile attuare questa misura.
La ridistribuzione di spese e contributi potrebbe fare molto per sostenere la transizione, ma presenta dei rischi a seconda di quali finanziamenti si andassero a ridurre/eliminare. In particolare, le due categorie più gettonate sono le spese militari e le sovvenzioni alle industrie petrolchimiche. Delle prime si è già fatto cenno nella puntata precedente. Quanto alle sovvenzioni alle fossili, sono effettivamente un assurdo, ma il loro taglio potrebbe provocare il collasso di un comparto industriale che è già in affanno e che rimarrà comunque essenziale ancora a lungo. Fra l’altro, anche per realizzare la transizione energetica, visto che quasi tutto ciò che serve per essa viene direttamente o indirettamente dalle fossili.
Per quanto riguarda il debito comunque confezionato, la speranza è che i vantaggi derivanti dalla transizione consentano di ripagarlo. Il punto è che ciò sarebbe teoricamente possibile in un contesto di crescita economica, mentre in un contesto di decrescita ciò sarebbe comunque impossibile, con grave rischio di collasso del sistema finanziario e monetario. Inoltre, aumentare la massa monetaria in un contesto di contrazione od anche di stagnazione economica finirebbe con lo scatenare fenomeni inflattivi devastanti come si è già visto tante volte .
Insomma, se la transizione avvenisse in un contesto di decrescita sufficientemente rapida da salvare la Biosfera, bisognerebbe pianificare l’annullamento di gran parte del debito, il che significa la scomparsa del denaro e dalla finanza attuali e, quindi, la loro sostituzione. Con che? Non mi risulta che questo sia un punto in discussione.
Al contrario, se il GND fosse capace di rilanciare la crescita economica, come molti affermano, l’intera operazione fallirebbe con ogni probabilità lo scopo. Sappiamo bene da oltre 50 anni che per evitare il collasso globale occorre contrarre e non accrescere l’economia e la popolazione. - Tensioni e conflitti internazionali. Un altro punto fondamentale che si tende a trascurare è che non esistono solo le tensioni sociali interne ai vari stati (di cui le versioni migliori del GND almeno in parte si occupano), ma anche tensioni internazionali, spesso complicate, talvolta violente, quasi ovunque in peggioramento. Gli stati che decidessero di fare da battistrada per una transizione del tipo di quella prospettata ridurrebbero il loro peso economico e politico nel mondo, specie se tagliassero drasticamente le spese militari, come generalmente auspicato dai sostenitori del GND. Una cosa estremamente pericolosa, visto che la maggior parte dei paesi vanta almeno un vicino ostile, ma anche considerata la necessità di mantenere aperti canali commerciali globali ancora per un lungo periodo di tempo. La probabilità che altri paesi approfittino del ridimensionamento di alcuni, optando per una politica di accaparramento degli spazi economici e politici lasciati da altri, sarebbero molto elevate. Per non dire una certezza.
Non dimentichiamo poi che moltissimi paesi anche molto vicini a noi andranno quasi sicuramente incontro a ulteriori crisi politiche e sociali, tipo “primavere”. Finora queste ondate di violenza collettiva si sono sfogate all’interno dei confini nazionali, ma comunque con un forte impatto su altri paesi a causa della fuga di massa dalle zone più colpite. Ma non è detto che in futuro continui ad essere così e, se anche fosse, dovremo fronteggiare flussi di gente in fuga di ordini di grandezza superiori a quelli visti finora.
Comunque, le prospettive sono abbastanza tetre per tutti. Per i paesi che vivono di esportazione di energia fossile (OPEC e Russia prima di tutti), una vera e diffusa conversione energetica sarebbe un disastro totale e non è detto che, potendo, non ricorrerebbero alle armi per salvarsi. Per le economie fortemente industrializzate, come Cina, USA e UE, una crisi dei trasporti internazionali, anche parziale, potrebbe facilmente innescare un completo collasso economico. Le devastanti conseguenze dei vari “lockdown” da Covid sono state un piccolo assaggio di quello che potrebbe facilmente accadere. Infine, molti dei paesi più poveri tirano avanti in buona parte grazie a programmi internazionali e rimesse di emigrati che diventerebbero molto più aleatori in un modo in cui le economie si contraggono. Molti fra questi ultimi sono anche quelli demograficamente più instabili e maggiormente a rischio di violenza anche estrema. - Rientro nei limiti. La crescita economica comporta sempre un aumento dei consumi e, generalmente, anche della popolazione (contrariamente alla vulgata). In altre parole, aumenta l’impatto umano sul pianeta, mentre è imperativo ridurlo il più rapidamente possibile perché la situazione è già ora disperata.
Tanto per farsi un’idea, buona parte delle calotte glaciali è già in collasso e si stanno consolidando una serie di retroazioni che aumenteranno il tenore di CO2 e di metano in atmosfera, qualunque cosa faremo noi con le nostre tecnologie. Ancora peggio, i biomi non esistono più ed oggi si parla di Antromi. Dei 21 identificati, soltanto 3 sono considerati “wildlands”: deserti, tundra e resti di foreste primarie equatoriali, per un totale di poco più del 20% delle terre emerse (Antartide esclusa). Comunque, anche questi territori sono soggetti a gravissimi fenomeni di degrado come incendi, scioglimento del permafrost, ecc.
Tutto il resto, circa l’80% delle terre emerse, è occupato da ecosistemi totalmente artificiali, come città e campagne, o pesantemente modificati, come la quasi totalità delle foreste e delle praterie superstiti. In mare va pure peggio.
Il risultato è che in appena 50 anni abbiamo perso oltre il 70% della fauna del mondo, mentre nello stesso periodo la popolazione umana è raddoppiata, raggiungendo una densità media mondiale di 55 persone per Kmq (sempre Antartide esclusa). Vale a dire che abbiamo un quadrato di poco più di cento passi per lato a testa. Se consideriamo però la sola superficie agricola, il quadrato diventa di soli 40 passi per lato (meno di 2000 mq). Oramai, il poco che resta di vita selvatica sopravvive stentatamente negli interstizi del nostro “formicaio umano globale”.
Considerazioni finali
Il petrolio abbondante, a buon mercato e di eccellente qualità è stato ciò che ha consentito al capitalismo di realizzare la più fantastica crescita economica di sempre e quella crescita è ciò che ha reso compatibili, anzi sinergici, il capitalismo e la democrazia.
La crescita è finita e non tornerà. E con la fine della crescita è finita questa sinergia: di qui il risorgere ed il diffondersi di partiti e movimenti estremisti, mentre il capitalismo in agonia cerca di sopravvivere adottando, gradualmente, metodi di manipolazione, controllo e repressione sempre più simili a quelli cari ai regimi totalitari. Tutto ciò che la crescita ha creato, senza di essa non potrà funzionare.
D’altronde, la decrescita non è una scelta, è una conseguenza di leggi fisiche e biologiche ineludibili. Questo significa che non solo le nostre abitudini ed il nostro benessere, ma anche buona parte di ciò che pensiamo, delle nostre certezze identitarie, fino ai nostri bastioni etici cadrà in rovina e da quelle rovine dovremo ricostruire un sistema di pensiero che ci possa sostenere in una realtà che già ci terrorizza, anche se ancora non la riusciamo ad immaginare.
D’altronde, per quanto duro, il declino è anche la strada migliore perché qualunque ulteriore crescita economica comporterebbe un ancor maggiore incremento dell’ingiustizia e della distruzione di ciò che resta della Biosfera.
In una qualche misura, possiamo però scegliere come declinare. Un vecchio detto afferma che per avere le buone risposte occorre porre le buone domande. Per esempio: “Come possiamo mantenere il nostro standard di vita?” è una domanda stupida perché sappiamo bene che la risposta è: “non possiamo”. Però ci sono altre domande su qui vale la pena di riflettere. Per esempio: “Come possiamo contribuire a salvare la biosfera?” Oppure: “Possiamo seppellire il capitalismo salvando le libertà individuali?” O ancora: “E’ possibile una società decentemente giusta, anche se terribilmente povera?”
Ce ne sono molte altre, il punto è decidere quali sono le questioni che ci interessano davvero.
A chiosa, ricordo che tutte queste sono considerazioni strettamente personali che molti, specie fra coloro che sono importanti, non condividono, anzi negano o deridono. Sono il primo ad augurarmi di avere torto, ma avessi anche solo in parte ragione?
Credo tu abbia fatto una buona operazione con questo testo poichè al contrario di tanti dei movimenti anticapitalisti, non parte da considerazioni ideologiche di confronto fra visioni , ma ponendo dubbi e domande mentre si racconta una propria linea di percorso. L’impatto dell’uomo su Gaia e delle attività del capitalismo per automantenersi in vita pur mutevolmente, pone l’individuo singolo davanti ad una consapevolezza necessaria sui modelli. Lo sviluppo del mercato dell’offerta di merci da una parte all’altra del mondo ha imposto consumi di energia e chimica per mantenere non la vita sociale, ma il mercato stesso. Mentre nell’occidente i supermercati traboccano di merci e almeno un terzo della popolazione o non ha acqua o è alla fame è il segno del fallimento . Segno che ormai raggiunge anche i centri multipli dell’impero, le grandi metropoli con una povertà strisciante che vive a fianco di ricchezze e possibilità tecnologiche enormi.
Salvare la biosfera è salvare un modo diverso di sviluppo. CI hanno formati parlando di democrazia prendendo le nostre civiltà occidentali ma non solo a esempio, ma sempre meno l’individuo ha modo di far sentire la propria voce, di essere ascoltato. La guerra mediatica che ha preceduto la guerra fisica in Iraq è stata una delle più grandi, globali diffusioni di menzogne in cui la verità si rovescia e alla fine viene imposta dato il generale silenzio . La politica ha una storia di battaglie sociali ma la coerenza non è l’aspetto principale , mentre la difesa a spada tratta del capitalismo, l’accettazione univoca dello sviluppo del PIL pur essendo acclarato che è una narrazione falsa viene spacciata come verità. Così la sanità diffusa, un sistema sanitario territoriale di prevenzione sono in antitesi a quello che è proposto realmente, in un processo di privatizzazione mercificata e mercificante che usa persino il Covid per fare business. Il limite è proprio non aver ancora identificato il perimetro, immaginato lo scenario complessivo dentro cui fare proposte e aggregazioni. Mentre le cooperative muoiono di inedia e vince il CEO della COOP l’insieme delle narrazioni di dx e sx si collimano purtroppo proprio nella accettazione di fondo del capitalismo, approfittando del compito complicatissimo di trovare sostituzioni e modelli diversi, alternativi. nel caos dell’epidemia e del lockdown l’Ilva nella sua devastante realtà è li per dire serve un altro modello che non è un diverso contratto sindacale, ma l’opportunità di cambiare un economia ed una società dove chi lavora non debba scegliere produrre morte per campare. L’intelligenza c’è, progettiamo futuro alzando il valore di un discorso che significa parlare di come debba essere la vita di miliardi di persone .
https://www.jasonhickel.org/blog/2020/9/10/degrowth-and-mmt-a-thought-experiment
Si l’inflazione sarebbe un problema se ci si accanisse a voler crescere, ma in caso di decrescita?
La serie é bellissima Jacopo ma io credo che nessuno tra i paesi occidentali accetterebbe un volontario calo dei “diritti di salute” che inevitabilmente verrebbero compressi da un calo delle entrate fiscali legate alla decrescita volontaria, né i paesi in via di sviluppo accetterebbero di rivedere i loro progetti di benessere, visto che si tratterebbe di imporre un’asticella da non superare. Ho l’impressione che persino il potentissima partito comunista cinese debba , in parte, rispondere a promesse di miglioramento delle condizioni di vita per mantenere la propria credibilità.
Quindi io credo che la scelta finale non sarà la nostra ma l’esperimento evolutivo umano si concluderà per conto suo, posto che noi siamo comunque fattori selettivi di noi stessi e di tutto il resto.
La Natura proseguirà per conto suo visto che noi non siamo in grado di misurare il danno di una decrescita (necessariamente poco felice) con quello di portare a poco a poco al limite le riserve naturali. Io credo sarebbe già tanto, senza farsi illusioni, perseguire con forza la crescita “verde” che si dimostrerà limitante di per se.
Onestamente credo che solo la paura vera (COVID docet) potrebbe indirizzare l’umanità verso comportamenti alternativi, comunque dolorosi, oggi tanto più di ieri (mia suocera 93enne ha passato l’asiatica che fece 2 milioni di morti senza scomporsi e oggi trasalisce a ogni conta dei morti per COVID)
Infine, sebbene abbia ormai introiettato la questione dei servizi ecosistemici non ho trovato (magari per mia ignoranza), a parte la questione GW, una quantificazione esposta in modo che ci si possa confrontare con limiti misurabili da non superare. Potrebbe essere tardi per qualunque cosa o potremmo avere più margine di quanto pensiamo (avessimo abbastanza energia cosa che, con tutta probabilità e mia speranza, non avremo affatto).
Con la solita pignoleria segnalo un refuso: un “modo vuoto”.
Sul resto non oso commentare. Proprio come chi di dovere non osa nemmeno fare certe considerazioni.
Jacopo, hai scritto: ”D’altronde, la decrescita non è una scelta, è una conseguenza di leggi fisiche e biologiche ineludibili.”
A proposito di leggi fisiche ricordo una espressione di Enstein che dice :” “dove lo spazio si contrae, il tempo si dilata; e, viceversa, dove il tempo si contrae, lo spazio si dilata”. (alla voce “Relatività ristretta” in Wikipedia dove si parla di “Dilatazione dei tempi” https://it.wikipedia.org/wiki/Relativit%C3%A0_ristretta )
Questo significa che per avere ulteriore tempo di vita, ulteriori prospettive di vita (cioè per dilatare il tempo con buone condizioni di vita) bisogna contrarre lo spazio (cioè ridurre la produzione, la popolazione, l’inquinamento e quant’altro connesso).
Cordiali saluti
Armando
Jacopo: non augurarti di avere torto. Purtroppo, qualunque energia o risorsa in più di cui gli esseri umani riescano a disporre, soprattutto adesso, alla fine verrebbe usata per distruggersi gli uni gli altri e distruggere il pianeta. Certo, ci sono anche molte cose positive a cui l’energia è servita, ma è innegabile che andare avanti così finirebbe solo per rendere il pianeta un cumulo di macerie. Io SPERO che tu abbia ragione. Io SPERO che siamo arrivati ai limiti, perché se non è così, povero mondo!!
“Il consumismo è alla base del disastro ecologico globale”. Non credo. Moltissime civiltà pre-capitalistiche e non particolarmente consumistiche nell’accezione moderna (anche se intente ad accumulare cose superflue) hanno distrutto il loro ambiente. Anche oggi, ci sono società povere, non consumistiche, che hanno causato disastri ecologici (es. Haiti, certe zone dell’Africa, l’Europa pre-industrale persino).
Robo: anche se i numeri non dimostrassero che abbiamo esaurito i “servizi ecosistemici”, non basterebbe la consapevolezza dei danni fatti finora a imporci di fermarci?
Riguardo a cosa la gente accetta o no: la gente accetta qualunque cosa, se le dai un motivo per farlo. La gente accetta di farsi torturare per un ideale in cui crede, di farsi morire di fame per una giusta causa, di andare in guerra per proteggere la sua comunità, di donare un rene per salvare un amico… il problema non è, e non lasciamo che ci facciano credere che lo sia, che la gente “non accetterebbe” la decrescita: il problema è che la gente viene continuamente bombardata di messaggi per cui non deve aspirare ad altro che a un maggiore stipendio e un maggiore “benessere”. Per cui, a forza di sentirselo dire, pensa che sia vero, ma basta poco per far capire che non lo è.
Riguardo alla salute, molti vecchi diventano estremamente egoisti, ma non tutti. Alcuni accettano di rifiutare accanimenti terapeutici e cure eccessive. Alcuni si vergognano dei sacrifici a cui costringono i giovani, sanno che non è giusto.
Il problema principale, secondo me, è il paradigma. Con diversi valori, diverse storie, diversi modelli, decrescere sarebbe una gioia sul serio, almeno per chi decresce non verso la miseria ma semplicemente verso un po’ meno di prima.
A proposito di paradigmi mentali, forse ti può interessare questo: https://ugobardi.blogspot.com/2017/03/una-narrativa-per-domani.html
A me sembra che siano molti quelli che si stanno dando da fare per proporre, più o meno coscientemente, un nuovo paradigma (“ecocentrismo”, spiritualità fortemente legata alla natura, decrescita, ecc), e penso che prima o poi sarà una questione di sopravvivenza, e questo nuovo paradigma si dovrà affermare. Solo che probabilmente noi vivi adesso non lo vedremo, e non è da escludere che poi detto paradigma venga rovesciato per significare in pratica il contrario di quello che significava in teoria, come è successo ad esempio al cristianesimo. Già vediamo che sta succedendo con la “crescita verde”, il “greenwashing”, ma anche con un ambientalismo elitario che finisce per contrapporsi alle popolazioni indigene in varie parti del mondo e cacciarle dalle loro terre (in parte sta succedendo persino sulle Alpi!!)…
Chi vivrà vedrà…
Bel post!, questi tre post dovrebbe postarli sul blog del prof.Bardi.
Sono in larghissima in pieno accordo.
Il Capitalismo è stato seppellito dall’Economia di Mercato (con il ruolo di stake/stock holders)
L’Economia di Mercato può essere anche non consumistica! = economicamente possibile gestire i CAP delle Sigmoidi (i mercati saturi del I°,II°,III°mondo) aumentandone il benessere della popolazione e riducendo le differneze di reddito procapite tra i 3 mondi, purchè la popolazione mondiale sia costante o leggermente calante, e puntando sui modelli PUSH/PULL tecnologici/tecnici dell’esplorazione dello Spazio.
Aggiungo due gruppi di cose:
0-Se all’ONU invece di essere fanca**isti fossero riusciti ad implementare politiche di controllo demografico per tutti e TRE i mondi (I°,II°,III°) oggi III°mondo e II°mondo potrebbero espandersi, migliorando il proprio benessere, anche usando i carburanti fossili, per avvicinarsi rapidamente agli stili di vita del I°mondo. Certo, ci sarebbe stato il problema del climate change e cambiamenti climatici, polo nord ice free, melting idrati di metano in Siberia ecc… MA non ci sarebbe stata sovrappopolazione (o comunque sarebbe stato una cosa marginale) ed delta tra redditi procapite tra I°,II°,III°mondo sarebbero stati assai minori.
Non ci siamo in questo contesto,
1-perchè in ONU, nel Consiglio dell’Unione Africana sono fanca**isti che hanno fatto esplodere la popolazione dell’Africa nel 1970s in 363 MLN al 2020 1.3 MLD e nel 2050 2.4MLD
3-perchè in India dagli anni 1970s sono stati idioti, hanno fatto esplodere la popolazione: 1970 in 500MLN a 2020 in 1.3 MLD che è molto più del doppio!
4-La Cina (che all’epoca moriva di fame) ha fatto qualcosa di più efficace: nel 1970 erano 827 MLN nel 2020 sono 1.4 MLD che è comunque uno stonfo di gente! ma è obbiettivamente meno del suo doppio!
Un mondo senza sovrappopolazione è evaporato durante la guerra fredda, con la crescita smodata della popolazione.
15 od anche 7 anni fa, si poteva provare a cambiare il paradigma energetico mondiale, ma non si è fatto niente: Kyoto ed i trattati di Parigi, ne sono la funesta dimostrazione.
Cosa è possibile fare oggi?!
Direi niente, è troppo tardi per fare qualsiasi cosa, la sovrappopolazione c’è e resterà nei prossimi decenni, solo le guerre possono far sparire l’eccesso di sovrappopolaizone in rapporto alla scarsità.
Cosa poteva fare l’Italia?!
Se il popolo italiano aspirava a sopravvivere al XXI°secolo, l’Italia doveva invocare la CED-DeGasperi alias gli USE con USE Army, USE Navy, USE Airforce aprendo un dibattito nel 1999-2004 con la presidenza Prodi della UE. I Welfare State ci sono già in Europa, sono declinati secondo la storia e l’economia di ogni paese europeo. E’ probabile che nel semestre italiano a guida europea nel 2014 si sarebbe potuto fare gli USE, se si fosse iniziato la marcia nel 1999.
Cosa può fare oggi, l’Italia?!
Con il covid acceleratore di collassi, l’unica cosa che farà l’Italia è collassare.
H0: L’Italia resta in Euro ma fa default finanziario, questo evento instraderà probabilmente verso l’Universo Atteso nei prossimi decenni di XXI secolo. E’ solo probabile la direzione, è sempre possibile H1:ITALExit anche dopo che si sia verificato H0.
H1: dopo le nuove elezioni politiche, l’Italia esce dall’Euro poi collassa in Nuovo Medioevo. Questo evento instrada di certo dentro l’Universo Pessimista, nei prossimi decenni di XXI secolo.