Qualche settimana fa su Twitter l’Avvocato dell’Atomo, preoccupato per la ‘escalation’ delle azioni dimostrative di Ultima Generazione, si chiedeva quando e dove nascerà “la versione green della banda Baader-Meinhof”. In attesa dell’eventuale emergere di reali eco-terroristi, si vogliono già trattare come tali gli attuali dimostranti non-violenti: il ministero dell’Interno tramite la Procura di Pavia ha infatti dichiarato Simone (ventenne militante di Ultima Generazione) “soggetto socialmente pericoloso”, richiedendo per lui le misure di sorveglianza speciale disciplinate dal decreto legislativo n. 159 del 2011 (comunemente noto come “Codice antimafia”, qui per tutti i dettagli).
Per nulla intimoriti, il 2 gennaio altri tre membri dell’organizzazione (Laura, Davide e Alessandro i loro nomi) hanno imbrattato con della vernice lavabile la facciata di Palazzo Madama, ricevendo la durissima condanna del presidente del Senato Ignazio La Russa: “Nessun alibi, nessuna giustificazione per un atto che offende tutte le istituzioni e che solo grazie al sangue freddo dei carabinieri non è trasceso in violenza. Il Senato è stato vigliaccamente scelto perché a differenza di Palazzo Chigi, della Camera dei deputati e di altre istituzioni, non ha mai ritenuto fino ad ora di dover creare un area di sicurezza attorno all’edificio”. La Russa, da ex militante di quel MSI di cui qualche giorno prima del fatto aveva glorificato la nascita, deve intendersene parecchio in fatto di “azioni vigliacche”.
Dichiarazioni di tenore analogo sono state rilasciate dal ministro dell’interno Piantedosi, Crosetto, Renzi e altri politici. Inutile perderci tempo in quanto provengono da persone che hanno sempre ostentato profondo disprezzo per la tematica ecologista, quindi le loro affermazioni se non altro sono coerenti con la loro storia personale e politica. Preferisco concentrarmi invece sulla puntata del 3 gennaio de Il cavallo e la torre, trasmissione di RAI 3 condotta dal liberal ed ex direttore de L’Espresso Marco Damilano, intitolata ‘Dito’ e incentrata sulla contestazione di Palazzo Madama. Un capolavoro di fariseismo e cerchiobottismo di cui non si può tacere.
La puntata inizia con il conduttore che, apparentemente, solidarizza con i contestatori e la loro causa, evidenziando le reazioni spropositate di La Russa e soci. Parte poi un breve intermezzo dedicato ad Ultima Generazione, dove alla fine compaiono Davide e Alessandro appena rilasciati che davanti alla telecamere ribadiscono laconicamente le ragioni del loro gesto; con il senno di quanto succederà poi, viene da pensare che lo scopo principale del servizio fosse sottolineare la giovanissima età degli attivisti. Al rientro in studio, arriva il momento dell’analisi sociologica affidata a Luigi Manconi, che nei gesti dei ragazzi intravede “angoscia e disperazione” per la totale inerzia della politica verso la crisi climatica.
Da qui in avanti, la trasmissione si trasforma in una sorta di rivincita dei boomer. I militanti di Ultima Generazione vengono infatti raffigurati alla stregua di ragazzotti coscienziosi e ben intenzionati, ma terribilmente ingenui, ignari delle conseguenze delle loro azioni se non proprio pericolosi. Riguardo all’imbrattamento del Senato, Damilano sostiene che “in altri tempi si sarebbe parlato di antiparlamentarismo, qualcosa che non appartiene al dibattito democratico”. Manconi condivide, specificando che occorre molto tempo per diventare “astuti come serpenti e candidi come le colombe, cioè capaci di esprimere la propria radicalità e allo stesso tempo di intrattenere rapporti con le istituzioni”.
Non diversamente da La Russa, anche Manconi è uno che la sa lunga. Al pari di tanti altri ex compagni di Lotta Continua e della sinistra extraparlamentare, ha interpretato alla sua maniera l’appello alla “lunga marcia nelle istituzioni” del leader studentesco Rudi Dutschke, abbandonando ogni proposito rivoluzionario e integrandosi perfettamente non solo nel parlamentarismo ma, come testimonia la sua metamorfosi dall’estrema sinistra passando per i Verdi fino al PD, pure nel moderatismo politico (pur stimandolo poco devo concedere che, tra quelli della sua risma, non è stato neanche dei più indegni, c’è chi è riuscito a fare molto peggio).
Dopo Manconi interviene Agnese Casadei, portavoce di Friday For Future Italia, che ricorda alcuni successi ottenuti grazie all’attivismo climatico, come aver inserito nella Costituzione il dovere della tutela ambientale. A quel punto Damilano la incalza: “Il pilastro della costituzione italiana è la democrazia rappresentativa, è il parlamento, siete sicuri che macchiare il Senato sia l’unica forma per rompere l’indifferenza?”. La colomba si è fatta serpente il cui veleno sono illazioni striscianti. La politica tradisce quello che è diventato un principio costituzionale, ma il potenziale pericolo per la democrazia è chi sottolinea tale mancanza.
Rivolgendo la domanda a un membro di FFF, movimento che si astiene da azioni tanto eclatanti, probabilmente il conduttore sperava di ricevere una dissociazione dal gesto, che però non arriva. Casadei rimarca anzi la necessità di strategie differenti che agiscano sinergicamente tra loro, ma Damilano non è convinto. Equipara la vernice su Palazzo Madama all’orinatoio lanciato da un seguace di D’Annunzio contro Montecitorio in seguito alla mancata annessione di Fiume dopo la Grande Guerra, alle monetine scagliate contro il portone della Camera durante Tangentopoli nonché al cappio esibito nel 1993 da un deputato leghista durante la discussione in aula del decreto Conso che depenalizzava il finanziamento illecito ai partiti.
Non gli riporta invece alla memoria chi, come Lotta Continua del suo ospite Manconi, propugnava la violenza politica e salutava con gioia atti terroristici quali l’omicidio del commissario Calabresi. Forse perché i ‘ragazzi’ di quell’epoca si sono redenti comprendendo la lezione che ora si vuole impartire anche agli attivisti per il clima, ossia mettere da parte i bollenti spiriti e integrarsi nel sistema?
Certo, ammette Damilano, la vera sozzura sono i politici che sfruttano la loro carica per scopi personali, tuttavia “Non ci sono scorciatoie”, qualsiasi desiderio di rinnovamento deve “cambiare i rapporti di forza”, passando per la conquista del consenso elettorale e dei relativi scranni parlamentari. Insomma, con toni da ‘colomba’ ribadisce in sostanza quel mantra insopportabile di tanti politicanti secondo cui sarebbe lecito esprimere dissenso ed opposizione solo candidandosi e facendosi eleggere nelle sedi istituzionali.
In fondo non dovremmo stupirci più di tanto neppure del comportamento abietto dei progressisti d’accatto, capaci di blaterare di postdemocrazia e crisi della rappresentanza in conferenze, libri e riviste per poi uscirsene con penosi discorsi reazionari contro l’azione diretta. Sorprende e rattrista profondamente, invece, che Ultima Generazione risulti invisa anche a molti ecologisti, con un astio che spesso travalica la legittima divergenza di vedute, come testimoniato dalle rimostranze di cui sono tipicamente oggetto:
- l’impiego dello schwa (‘Ə’) nella loro comunicazione, che permette facili sillogismi del tipo: “usano lo schwa quindi sono dei superficiali e/o dei deboli plagiati dai poteri forti”. Io personalmente non mi riconosco in questo strumento di inclusività, ma sono talvolta tentato di aderirvi funzionando da perfetta cartina al tornasole per riconoscere polemisti insulsi e/o gente incapace di accettare l’esistenza dell’altro da sé;
- la presunta cattiva pubblicità che arrecherebbero alla causa ambientalista. Accusa quasi sempre mossa da entità che, attive da più anni e spesso con maggiori mezzi a disposizione, hanno ottenuto successi infimi in termini di visibilità;
- il ricorso a pratiche, come i blocchi stradali, che si limiterebbero a danneggiare la “classe lavoratrice”, tipica argomentazione di chi si vuole atteggiare a marxista distinguendosi dagli ”ambientalisti ingenui”. Senza rendersi conto di ripetere a pappagallo la classica obiezione rivolta al principale strumento di lotta dei lavoratori, lo sciopero.
- Rovinano il patrimonio artistico! Ovvio, colpa della vernice lavabile lanciata su vetri a protezione dei dipinti e pareti dei palazzi, mica dello smog che intacca i marmi o delle acque marine innalzate dallo scioglimento dei poli minacciando Venezia e altre città costiere…
Al di là delle accuse strumentali, il vero problema delle strategie di Ultima Generazione è l’impossibilità di ignorarle, ti costringono a esprimerti e conseguentemente ad esporti. Ciò deriva dalla straordinaria coincidenza tra mezzi e fini e dalla totale assenza di machiavellismi di sorta (Damilano e Manconi docent): lanciano il sasso (vernice) e non ritraggono la mano, anzi la espongono platealmente in pubblico. Facendo il verso a De André, gli attivisti di Ultima Generazione danno il “cattivo esempio” per cui puoi contestarli nel merito solo fornendone uno migliore (ma concreto), altrimenti taci o ti limiti ai “buoni consigli come Gesù nel Tempio”, tattica quest’ultima di gran lunga più gettonata.
Tuttavia, come porsi su di un piedistallo quando la tua controparte è disposta a subire violenze ostentando la resistenza passiva e accettando serenamente le conseguenze giudiziarie della sue azioni? Da questo punto di vista, i ragazzi di Ultima Generazione risultano estremamente fastidiosi per i tanti grilli parlanti che animano la variegata galassia ecologista. Ecco perché, tendenzialmente, subiscono una critica distruttiva anche dai loro supposti alleati: una contestazione seriamente propositiva dovrebbe, quantomeno, mostrare analoghi livelli di coraggio e abnegazione. Liquidandoli come figli di papà irresponsabili che giocano a fare i rivoluzionari, si possono invece stroncare senza particolari scrupoli e tornare in pace con la propria coscienza.
In realtà, il vulnus creato da Laura, Davide e Alessandro prendendo di mira il ‘Tempio’ della politica viene in soccorso di tutte le istanze realmente ecologiste, dalle più moderate alle più radicali. Questi ragazzi ci hanno ricordato che la difesa della biosfera è condizione fondamentale per il benessere della nazione, ossia il dovere fondamentale della classe dirigente a prescindere dalle colorazioni politiche. Con buona pace di Damilano e ‘parlamentaristi’ vari, il contenimento della catastrofe climatica non deve attendere alcuna affermazione elettorale di uno schieramento ‘verde’ per essere perseguito, idea folle quanto lo sarebbe pretendere il successo di una coalizione di medici come condizione necessaria per occuparsi della salute dei cittadini o di un partito di magistrati per combattere le mafie. Sono oneri inderogabili a cui nessuna forza politica può sottrarsi, in modo precipuo ovviamente chi riveste incarichi di governo.
Imbrattando Palazzo Madama i tre ragazzi hanno voluto dare una scossa ricordando ai politici la loro funzione costituzionale, con un atto senza intenzioni secessioniste rispetto all’ordine costituito ma che rappresenta il tentativo estremo e lucido (non la “disperazione” narrata da tanti opinionisti) prima che il collasso ambientale degeneri al punto da rendere inevitabili contestazioni violente e derive eco-fasciste del potere. Per queste ragioni, il gesto del 2 gennaio non ha nulla da spartire con le manifestazioni di scherno e incitamento all’odio ricordate a sproposito da Damilano.
Insomma, soggetti come Ultima Generazione rappresentano l’argine estremo per la tenuta democratica del paese, diversamente dai loro grigi e pedanti contestatori: da una parte chi occupa le istituzioni insozzandole a colpi di demagogia e lobbismo (macchie che purtroppo non scompaiono con un po’ di di acqua e sapone), dall’altra i benaltristi per i quali qualsiasi azione dimostrativa è sempre vana, limitata o addirittura “funzionale al potere”. A costoro voglio dedicare un estratto di Corpi viventi. Pensare e agire contro le catastrofi di Miguel Benasayag, filosofo e psicanalista argentino non certo tacciabile di essere un parolaio, data la sua esperienza nella milizia guevarista che negli anni Settanta gli è costata quattro anni di carcere e torture inflitti sotto il regime della giunta militare di Videla.
Nella sezione finale dell’opera, Benasayag rivendica l’importanza di quella che definisce “azione ristretta” e “non funzionale” contro le logiche del potere e dei suoi pifferai; io lo intendo anche come monito verso chi disprezza i contestatori attuali, essendo rimasto prigioniero di concezioni novecentesche:
Comprendere il carattere non finalistico dell’agire ci sembra tanto più urgente proprio perché il potere usa oggi l’argomento della transitività per reprimere le nuove figure emergenti dell’impegno. Si contrappone in tal senso alle cooperative, agli zadisti, ai movimenti giovanili per il clima, ai quartieri autogestiti, in breve alle miriadi di esperienze di sviluppo dei possibili, esigendo che rinuncino alla loro radicalità. In realtà quest’ultima risiede proprio nella non-transitività del loro agire. Infatti l’obiettivo non è mai un un risultato da raggiungere in rapporto al quale si potrebbero valutare quelle azioni in termini di performance ed efficacia…
Esplorando i possibili del vivente, della cultura e del nuovi modi di articolazione tra l’umano e gli ecosistemi, quelle lotte rivendicano qualcosa che il potere non può concedere, semplicemente perché non lo possiede. Interamente catturato dalla macroeconomia neoliberista, la sola realtà che è ancora in grado di gestire è quella della distruzione. Mentre, al contrario dei movimenti rivoluzionari del XX secolo, la nuova radicalità si dispiega nel qui e ora della situazione; e lungi dal desiderare il potere, essa desidera la potenza che il potere reprime. E’ in tal senso che occorre comprendere la nozione di “azione ristretta”.
Quest’ultima non rimanda a un principio di limitazione delle lotte nel tempo e nello spazio. Per ristretto si intende il fatto di riconoscere immediatamente che il potere è in modo permanente l’altro rispetto alla potenza di agire che resta per il potere sempre ciò che deve essere gestito e represso. Accettare il carattere ristretto delle lotte presuppone anche di abbandonare ogni visione inglobante che pretenda di totalizzare le situazioni concrete in una sintesi capace di far emergere la società nuova. Non pensare più dal punto di vista della globalità non è una rinuncia a cambiare il corso delle cose. E’ al contrario la possibilità di un pensiero e di un agire strutturati attraverso asimmetrie multiple intrecciate in cui il bene e il male si giocano nei termini del meglio e del peggio in situazione.
Se il razionalismo è sempre un’arma del potere, l’azione ristretta può rispondergli contrapponendogli una razionalità più complessa capace di incorporare le dimensioni mai interamente dispiegabili proprie del vivente e della cultura. Si tratta di contrapporsi alla trascendenza della rivelazione caratteristica della transitività messianica per incentrarsi intorno all’asse della manifestazione fenomenologica che fonda in situazione ogni impegno senza bisogno di una promessa di un bene superiore. Promessa, futuro e utopia sono figure che non esistono se non nello spessore della situazione presente.
A me questi attivismi ambientalisti che vanno di moda adesso, tipo quelli che tu descrivi, sembrano nel migliore dei casi un enorme sperpero di energie.
Le battaglie ambientali sono tra le più pratiche che esistano, per cui si affrontano e risolvono studiando temi concreti e mettendo in atto iniziative – mobilità sostenibile, riduzione del consumo energetico, tecniche agricole più ecologiche, riciclo e riuso…
C’è anche il boicottaggio di tecnologie o prodotti dannosi. Per esempio io da dieci anni mi rifiuto di salire su automobili private.
Ho conosciuto negli anni tantissimi “ambientalisti” che non sono per nulla coerenti in stili di vita e consumi. Però giocano a fare i rivoluzionari. È chiaro che la gente non li prende sul serio e nemmeno tanto li sopporta.
Certo, ci vuole un cambio di paradigma, ma anche questo dev’essere una proposta e non un attacco. Ci sono tanti modi per cambiare il modo di pensare la natura, scrivendo libri o musica, inventando nuovi riti, facendo discorsi e dibattiti rivolti al pubblico, usando l’arte in mille modi…
Io mi ritengo un’ecologista radicale ma queste iniziative di imbrattamenti, blocchi, attacchi ai musei, mi sembrano stupide e inutili.
Premetto che anche sui social dove ho condiviso il pezzo ho ricevuto svariate opinioni simili alle tue. Permettimi di ‘decostruire’ il tuo commento, un po’ come fanno gli intellettuali da social network stile Rick Dufer. Hai risposto affrontando la questione di Ultima Generazione e del loro gesto unicamente in termini di mi piace/non mi piace. Non hai speso una parola per le proposte durissime di repressione nei loro confronti, dalle misure speciali di sorveglianza normalmente adottate per mafiosi e delinquienti incalliti fino alle pene da 1 a 5 anni di carcere. Tutto questo solo per degli pseudoimbrattamenti: ti chiedo, secondo te che cosa quali provvedimenti intraprenderanno quando invece saranno in ballo situazioni che vedono in gioco interessi multimilionari, in campo agricolo, energetico ed industriale? Ricordati quella poesia di Brecht ‘Prima vennero per…’.
Idem per le teorie sconclusionate di Damilano secondo cui la causa ecologista va affrontata solo dopo la vittoria di un’apposita coalizione elettorale ‘verde’, non hai avuto nulla da ridire.
Senza inoltre conoscere nulla di questi ragazzi, li hai già bollati come gente ‘incoerente’ e che gioca a fare i rivoluzionari. Ti faccio notare però che i tre imbrattori del Senato hanno compiuto il loro gesto pienamente consapevoli dei carichi pendenti su Simone, cioé non proprio l’atteggiamento di chi giochi a fare il ribelle (chi lo fa si caga sotto non appena interviene un poliziotto o si parli soltanto di conseguenze penali).
Ora, secondo me la questione centrale non è tanto condividere certe strategie (io stesso ne posso vedere limiti e ingenuità) quanto l’incapacità delle varie anime ecologiste di intendersi sinergicamente, ragionando in stile monocolture della mente.
Igor, a meno che l’omissione non sia lampante e grave, bisognerebbe discutere di quello che uno dice, non di quello che uno non dice (che sarà sempre di più, c’è troppo da dire su ogni cosa). Non ho parlato della repressione perché non mi sembrava fosse quello l’argomento in discussione qui.
Io stessa allora potrei rimproverarti di non aver detto nulla sulla repressione in atto in val Susa, veramente e da anni e non solo ipoteticamente, e quella sì che è una battaglia concreta, però accusare la gente di non aver parlato di una certa cosa mentre parla di un’altra è benaltrismo.
Chi ha fatto queste proposte repressive? A che titolo? Sono disegni di legge? Qui in Italia si parla sempre di cosa si potrebbe fare, si pensa di fare, si farà, così nessuno si accorge di cosa si sta facendo veramente.
Se ci tieni lo dico: no, non sono favorevole a far fare cinque anni di carcere a una persona che ha fatto un danno reversibile alla facciata di un palazzo. Non sono neanche favorevole ad atti vandalici senza senso compiuti in una democrazia relativamente funzionante, se è per quello.
Riguardo a Damilano, ma scusa sono responsabile io di quello che dice lui? Sto parlando con te, mica con Damilano, per commentare qui bisogna commentare ogni singola cosa citata prendendone le distanze se no si è sospetti di collaborazinismo?
E leggi bene quello che ho scritto, ho parlato di tanti ambientalisti in genere che ho conosciuto e non erano coerenti, non di questi qui. Di sicuro comunque usare la vernice e costringere qualcuno a pulire non è un gesto ecologico, non serve sapere nient’altro per arrivarci, ad ogni modo io invitavo a fare atti positivi e non distruttivi, secondo me è una strategia migliore.
L’ambientalismo sì, purtroppo è diviso, ma è anche vero che in mezzo ci sono purtroppo un sacco di ignoranti.
Della questione TAV in Susa ne ho discusso variamente su DFSN, ma non è questo il punto della questione. La cosa è un po’ diversa da come la presenti: tu ed altre persone (ribadisco che sui social in diversi hanno espresso opinioni analoghe), messe di fronte a certe informazioni fornite dall’articolo, alla solidarietà per i colpiti avrete preferito segnalare il vostro distinguo e denigrare gli attivisti (vandali, gente che gioca a fare i rivoluzionari, ecc.). Per carità legittimo, così come altrettanto è legittimo per me rammaricarmi di un fronte ambientalista totalmente disunito. Non dico di arrivare alla logica ultras “chi tocca uno di noi tocca tutti”, però più coesione sarebbe meglio. Non è la prima volta ed è successa persino quando i soggetti coinvolti erano in tutto e per tutto vittime non accusabili di “essersela cercata”.
Per inciso, non avrei trovato nulla da eccepire nel tuo commento se semplicemente fosse stato un articolo generico sulle strategie di Ultima Generazione.
C’è scritto nell’articolo: una richiesta del ministero dell’interno tramite la procura di Pavia. Quindi non sono boutade o parole al vento.
Ovviamente no però, visto che si è parlato tanto in passato di guerra in Ucraina, è un po’ come quando qualcuno di fronte alla cronaca di quanto sta combinando la Russia si sente in dovere solo di dire quanto siano brutti, nazisti e cattivi quelli del battaglione Azov. Non ha detto nulla a favore di Putin e dell’invasione però il suo “non dire” mi sembra far trasparire decisamente la sua gerarchia di priorità.
Definizione di atto vandalico dell’Enciclopedia Treccani”: Tendenza a rovinare, distruggere, guastare senza necessità e senza ragione, per gusto perverso o per sciocca e malintesa ostentazione di forza, o anche per incapacità a comprendere la bellezza e l’utilità delle cose che si distruggono”. Siccome gli attivisti si premurano che i loro atti non creino danni agli oggetti colpiti, non si può parlare di vandalismo.
Igor, perché mai dovrei dare la mia solidarietà a queste persone? Secondo me chi manifesta così fa perdere tempo ed energie a tutti e rovina la reputazione degli altri ambientalisti. Di quello che dicono gli altri non rispondo, questo è quello che penso io e basta. Io penso che non basta dirsi appartenenti a un movimento per averne la solidarietà, bisogna costruire relazioni e proporsi come membri utili di quel movimento.
Se avessero già ricevuto una punizione illegale e sproporzionata, allora il discorso sarebbe diverso, ma non mi sembra che questo sia ancora successo. E varrebbe per chiunque, non solo per questi in particolare. Anche per i rave, e gli altri bersagli del governo che forse presto scopriremo chi saranno.
Riguardo agli anni di carcere che i manifestanti “rischierebbero” ho seguito il link da te indicato e ancora non ne ho trovato traccia, quindi non capisco come faccia il ministro dell’Interno a stabilire le pene. Non è di sua competenza, a meno che non cambi la legge.
Questo è un governo di destra e la destra tende a proporre misure repressive come soluzione ai problemi (veri o immaginari). Questo chiaramente mi preoccupa. Però l’articolo che hai scritto è dedicato all’atto di questi ragazzi e alle reazioni, non alla repressione in generale.
Continuo a non capire perché la mia opinione debba necessariamente includere un commento a quella di Damilano. Cosa c’entra l’Ucraina? Damilano è potente come Putin? Sinceramente chi se ne frega di cosa dice Damilano, che detto tra noi non ho neanche ben presente chi sia.
Riguardo all’atto vandalico, si scende nella lana caprina, dato che potenzialmente anche le scritte sui muri si cancellano, però qualcuno deve mettersi a farlo, consumare materie prime, perderci tempo, ecc. Al di là della definizione, mi sembra un modo stupido di protestare.
L’ambiente è la nostra vita, è una cosa bella, preferirei azioni propositive, o di tutela di un ecosistema accompagnata a informazione su di esso, non queste stupidaggini.
Felice di pensarla diversamente da te.
Se ti fa sentire una persona migliore..
Esattamente come tu ti senti meglio a pensarla diversamente da me. Posso discutere su certe cose anche per settimane, ma se la premessa è “Igor, perché mai dovrei dare la mia solidarietà a queste persone?”, alzo le mani, empatia e solidarietà sono fattori soggettivi e non penso mica di imporre i miei agli altri.
Se imbrattare una facciata di un edificio o bloccare il traffico sono forme di protesta inaccettabili, ma allora cosa rimane? Lo sciopero della fame ad oltranza o il darsi fuoco collettivamente in una piazza del centro al sabato? Dico giusto per capire quale lingua bisogna “parlare” per essere ascoltati.
Igor, non mi sento migliore di te 🙂 (Penso solo di aver ragione su alcune cose)
Ho controllato e a queste persone non è successo nulla di terribile, per cui continuo a non sentirmi di dover manifestare particolare solidarietà. La premessa per la solidarietà è che qualcuno soffra atrocemente o abbia subito un’ingiustizia, oppure che ci identifichiamo profondamente con quello che fa, altrimenti siamo solidali con tutti e quindi con nessuno in particolare.
Ho letto le loro richieste e non sono nemmeno completamente d’accordo con quello che chiedono, inoltre in Italia ci sono molti movimenti ambientalisti e molti dibattiti e sinceramente, mentre ognuno ha sicuramente diritto di dire la sua, questo gesto mi sembra un voler “scavalcare” tutto questo e rivolgersi direttamente ai centri di potere con le proprie richieste, quasi un ricatto, ignorando sia il processo democratico sia l’enorme fermento su molti temi nel mondo ambientalista. Allora ognuno che ha una richiesta – migliori condizioni nelle carceri, lotta alle mafie, l’acciaieria di Taranto… – va sotto il Senato con un barattolo di vernice e così costringe tutti a prestare attenzione a lui per primo.
Non mi piace per niente come metodo.
Perplesso, personalmente io penso che debba esistere una proporzionalità. Sono d’accordo con la rivolta in Iran e con la ribellione armata in Birmania, perché se hai un regime che appena scendi in strada a manifestare pacificamente ti arresta, ti tortura o ti spara devi attrezzarti, non puoi star lì a farti ammazzare. Ma in Italia questo regime non c’è, per cui non ha senso passare subito a questi atti estremi.
L’ambiente che ci circonda è una cosa meravigliosa. Gesti come questo fanno sembrare gli ambientalisti una forza negativa; preferirei vedere comunità energetiche, boschi urbani, fiumi ripristinati, politiche di pianificazione familiare che aiutino le donne a non essere schiave in famiglia… cose così. Non atti che impegnano forze dell’ordine e media senza aggiungere nulla di positivo né al dibattito né alla pratica.
Libera di pensarlo, come io sono altrettanto libero di pensare che, a fronte di un governo e di una politica che chiede pene dracononiane anche in base ai provvedimenti finora varati, sia importante che l’opinione pubblica non faccia sentire isolati gli attisti. Anche perché si tratta di situazioni dove i magistrati hanno ampi margini di discrezionalità, con il conseguente rischio che se il vento soffi sul fuoco solo da una parte passi in camera di consiglio la linea della punizione esemplare.
Spero ancora che la solidarietà prescinda dal condividere in toto il pensiero di qualcuno. Io a suo tempo ho solidarizzato con Natan Feltrin quando è stato accusato da un noto influencer di essere un nazista perché evidenziava il problema della sovrappopolazione e con Linda Maggiori perché aveva subito minacce; e come ho molto elementi in comune con Natan e Linda, ho anche molti di divisione. E pure in quei casi, obiettivamente molto più lampanti di quelli dello pseudo-imbrattamento del Senato, tanti ambientalisti fecero spallucce.
Comunque, ribadisco, non è come parlare delle esternalità della agroindustria, sono questioni dove ognuno ha il diritto di ribattere “tu sei libero di pensarla così e io cosà”, quindi non vale la pena di proseguire. Possolo augurarmi, questo sì, che tutti tengano a mente la poesia di Brecht e che ci sia almeno un moto di solidarietà se arriverà la condanna esemplare richiesta da La Russa, Piantedosi e compagnia.
Libera di avere una concezione non troppo diversa da quella da Damilano. Io continuo a pensare che contenimento della catastrofe ambientale, lotta alla mafia e salute dei cittadini di Taranto non siano questioni lobbystiche, ma precisi doveri che qualunque governo debba assumersi a prescindere dalla coloritura politica. Per cui, se con la lotta alla mafia, diritti dei carcerati e situazione sanitaria di Taranto si verificasse una situazione paragonabile a quella che sta succedendo ora con il clima – cioé una situazione drammatica conclamata a cui corrisponde totale inerzia o addirittura provvedimenti che vanno a peggiorare il problema – reagire con azioni di disobbedienza come quelli di Ultima Generazione mi sembra del tutto legittimo, se non proprio doveroso.
Continuando a ribadire che sia liberissima a pensarla così, mi chiedo solo come però fai a conciliare il tuo orientamento con la protesta anti-TAV in Val di Susa: da quando è stato varato il progetto, si sono sempre imposte al governo con legittimo voto formazioni pro-TAV, quindi i cittadini della Val di Susa dovrebbero ‘democraticamente’ mettersi l’anima in pace? Tra l’altro, gli scontri tra NO TAV e polizia non si limitano a lanciare vernici colorate, quasi sempre degenerano in sassaiole e lanci di Molotov.
Libera di pensare che lanciare vernice lavabile su di una parete sia “un atto estremo”, continuo a chiedermi però allora cosa pensi delle proteste NO TAV.
Come ho scritto nel pezzo, invito chi contesta Ultima Generazione semplicemente a non fare la figura delle comari cantate da De André in Bocca di Rosa.
Igor, ho guardato il sito di Ultima Generazione, molto curato ma dice poco, e sostengono di volere che l’Italia sia riempita di pannelli solari e pale eoliche. Io su questo non sono d’accordo, e allora cosa devo fare, tirare vernice al Senato anch’io? Riduciamo la nostra democrazia a una sceneggiata in cui il dibattito si fa a colpi di vernice?
Quindi, ribadisco: atto non grave ma illegale, senza risvolti positivi e con uno scopo dichiarato diverso da quello che proporrei io; punizione finora non pervenuta e solo ipoteticamente pesante, ma non lo sappiamo. Quindi non vedo nessuna base per la solidarietà a questi qui, anzi un po’ di irritazione per metodi e contenuti e la cattiva pubblicità che fanno agli ambientalisti in generale.
Se poi dovesse succedergli qualcosa di sproporzionato rispetto alla molto modesta “colpa”, il discorso cambierà.
La questione della val Susa è completamente diversa. Innanzitutto, il problema è proprio che a loro non viene data la possibilità di esprimersi democraticamente su quello che verrà fatto del loro territorio. Non si possono far votare tutti gli italiani su una questione il cui impatto negativo è così fortemente concentrato su un’area ristretta, senza che l’ultima parola spetti ai cittadini che ne farebbero le spese. Se si facesse un referendum sì/no tav solo nei comuni in cui ci sarebbero cantieri e binari, penso che la questione si potrebbe concludere molto facilmente e “democraticamente”. Ma non lo si fa.
Gran parte delle proteste no tav si sono svolte legalmente; quelle che non sono state legali sono state mirate all’opera in sè e a ciò che la rende possibile, ad esempio i macchinari, non alle istituzioni democratiche in quanto tali. È una forma di resistenza rischiosa, ma l’ultima spiaggia dopo che la chiara volontà popolare è stata prima ingannata e poi ignorata e repressa per decenni.
Per me c’è un abisso, ma un abisso proprio, tra la resistenza collettiva contro un progetto imposto e devastante, e tra l’altro con molte ombre di illegalità nell’esecuzione, e la violazione di uno spazio democratico da parte di poche persone che vogliono imporre le proprie soluzioni a problemi di estrema complessità e non solo urgenza.
Riguardo alle comari, non capisco proprio il senso del paragone, mi sembra un po’ una cattiveria maschilista (come è maschilista la canzone), comunque io la mia parte l’ho sempre fatta più che potevo, anche in solidarietà con le lotte altrui.
Dipende da te, io mica comando le tue azioni! Comunque neppure io condivido tutte le idee di Ultima Generazione/Extinction Rebellion, ma ripeto che per me non si tratta di una condizione necessaria per solidarizzare. Andando a memoria, ho solidarizzato anche con un gruppo ecologista abbastanza nota quando è stato hackerato il suo sito Web, malgrado il suo principale animatore sia solito infamarmi sui social; così come ho solidarizzato con BUTAC quando è stato oscurato sebbene siano note le loro posizioni antitetiche alle mie su tante cose. Ovviamente i criteri per dare solidarietà sono soggettivi.
Dovresti sapere bene che la risposta ‘democratica’ e istituzionale contro questa obiezione (legittima) è: allora facciamo i referendum per qualsiasi cosa? Formalmente, carte alla mano, hanno ragione loro. Quello che stanno facendo i NO TAV è un atto che non solo condivido ma che ritengo anche autenticamente democratico, ma che non rientra nei meccanismi istituzionali codificati.
Come Malcolm X non faceva cattiva pubblicità a Luther King, Ultima Generazione non causa alcun problema a chi la pensa diversamente da loro. Anzi, rispetto agli anni Sessanta, oggi con i social media è persino possibile ottenere visibilità mettendosi in forte contrapposizione a qualcuno noto. Se qualcuno mettesse su Facebook un gruppo del tipo “Ecologisti contro Ultima Generazione” (se non l’ha già fatto qualcuno) farebbe subito migliaia di followers.
Nel rispetto delle opinioni personali, qui ci vedo un bel po’ di faziosità: da una parte, siccome la causa non ti piace, condanni qualcuno che ha creato un non-danno consegnandosi subito e spontaneamente alle forze di polizia, dipingendola come persona che agisce contro una istituzione democratica, quasi avesse bloccato l’accesso al parlamento o ne avesse interrotto i lavori (ovviamente a parte i 10 minuti di parapiglia si poteva entrare e uscire a piacimento da Palazzo Madama); per una causa a cui sei invece favorevole invece accetti anche il sabotaggio a volto scoperto. Secondo me è molto più semplice accettarle come azioni al di fuori della legge ma moralmente lecite, al di là della condivisione personale di entrambe
Ultima generazione ha imbrattato muri per portare l’attenzione sui SILENZI CRIMINALI sul riscaldamento globale e conseguente cambiamento climatico/ con poco successo visto il livello delle discussioni che ha prodotto non si parla nemmeno delle soluzioni/ N.B. il SILENZIO SULL’ESISTENZA STESSA del riscaldamento globale che era ben noto da almeno 1958 ( anno in cui fu pubblicato il documentario THE UNCHAINED GODDESS del famoso regista Frank Capra, raccontava nel 1958 che i nostri usi dei combustibili fossili producevano emissioni del gas serra CO2 che avrebbero riscaldato il pianeta, sciolto i ghiacci e portato all’aumento del livello dei mari. E’ un documentario neanche lungo e fatto bene. I CEO dei combustibili fossili anche per loro stesse ammissioni pubblicate ad esempio su riviste con ampia circolazione mondiale come TIME magazine erano ben informati delle conseguenze, erano informati dai loro stessi esperti. I CEO hanno fatto la scelta del negazionismo dell’esistenza stessa del riscaldamento globale/ hanno usato il loro strapotere per ESPANDERE ESPANDERE
ESPANDERE l’economia mondiale fondata sui combustibili fossili/ lo hanno fatto per decenni almeno dal 1958, sono più di 60 anni, gli sarà mai venuto un dubbio di aver imboccato una strada proprio sbagliata!per decenni hanno continuato come se non esistesse il riscaldamento globale, vi sembra buon senso? hanno pure remato contro le alternative possibili /il silenzio sull’esistenza stessa del riscaldamento globale ha impedito ai singoli di fare almeno come singoli le scelte individuali giuste, in attesa che le facessero i governi.
Le banche, non ho competenze in relazione a questi temi, ma da quanto ho letto ad esempio con il documentario FOUR HORSEMEN di Ross Ashcroft che dei 4 cavalieri CONQUISTA GUERRA CARESTIA e PESTE le banche le mette in relazione alla FAME spiegando che le banche creano denaro dal nulla (denaro fiat).
QUINDI hanno persino disponibilità INFINITE di denaro purtroppo direi che a quanto pareneppur con INFINITE DISPONIBILITÀ DI DENARO hanno avuto idee migliori che quella di aumentare il loro potere ad esempio mediante la corruzione di politici per poter continuare indisturbati a fare profitti. HANNO IMPOSSTO LA CONTINUAZIONE DEGLI USI DEI COMBUSTIBILI FOSSILI ed il silenzio sulle conseguenze ddi questa scelta, la gente non deve sapere e se lo sa non ne parliamo, va dimenticato che i nostri udi del carbone gas e petrolio stanno causando l’aumento delle temperature che quindi continueranno a salire salire salire. I LEMMING hanno messo se stessi – e tutte le popolazioni mondiali ma di questo non gliene frega niente – dicevo hanno messo se stessi su una via che non può finire bene. Hanno anche moltissime armi nucleari e se gli impatti del cambiamento climatico diventeranno insostenibili potrebbero ricorrere all’inverno nucleare.
Igor, non penso che bisognerebbe fare un referendum per ogni cosa, né che il referendum sia il migliore strumento democratico a disposizione. Solo che nel caso della TAV c’è palesemente un problema di opposizione netta della popolazione, opposizione che non viene per niente considerata, e che spinge questa popolazione a tentare varie strade, dentro e fuori dalle istituzioni, per far sentire la propria voce. È stata la democrazia a fallire e scomparire in questo caso, per cui se la democrazia formale è vuota e impotente, bisogna crearne una autentica. Il principio democratico è più imporante delle istituzioni, ma prima di arrivare a questa conclusione bisogna esserne molto sicuri, altrimenti chiunque può svegliarsi una mattina e dire: non mi sento rappresentato.
Nel caso dei cambiamenti climatici, il problema è molto più complesso, non è solo un problema economico e istituzionale perché siamo tutti complici, e le strade da intraprendere non sono per niente chiare. Per cui non mi piacciono voci che cercano di levarsi sopra alle altre in modo assolutista e manicheo, della serie “noi abbiamo la soluzione e pretendiamo che sia adottata la soluzione che diciamo noi”.
Riguardo al solidarizzare solo se si è d’accordo con la causa, non volevo dire questo (anche perché dovrebbe essere evidente che sono d’accordo quanto meno con l’urgenza del problema climatico). La differenza non è se io sia d’accordo o meno, ma quali alternative ci sono. Violenza e illegalità sono le ultime cose che si fanno, non le prime. Ovviamente una secchiata di vernice è un tipo di “violenza e illegalità” direi piuttosto blando, ma io commentavo su questa tendenza in generale nel movimento ambientalista, non solo sul caso specifico. E il problema per me non è solo la legalità o meno, ma anche il fatto che si tratta di azioni negative, non positive o propositive, e troppo vaghe in forma e intenti. Per me non è una buona strategia, così come non lo è prendersela con le opere d’arte o bloccare il traffico in posti a caso. Sono atti simbolici troppo indiretti e irritanti – portano tutti a discutere del se e del come di questi atti di protesta, e non delle problematiche e soluzioni in sè. Questo lo considero un danno.
Inoltre mi sembra l’atteggiamento di quelli che aspettano la rivoluzione anziché provare a cambiare, intanto, le cose piano piano nel concreto e nelle proprie vite. Può darsi che io mi sbagli, ma di ambientalisti solo filosofia, chiacchiere e atti eclatanti privi di alcuna conseguenza ne ho già conosciuti.
Chiaro poi che non sprecherei energie a criticare pubblicamente o prendere le distanze continuamente da questi qui, men che meno a fondare gruppi “anti”; queste cose le scrivo sul tuo blog per scambiare idee, ma nel resto del tempo io cerco di fare la mia parte e gli altri facciano quello che credono prendendosi le loro responsabilità.
Scusa, giusto per chiarire poi la smetto perché finisco per ripetermi e farti solo perdere tempo.
In Bielorussia ci sono state manifestazioni di massa contro presunti (mettiamo) brogli elettorali di Lukashenka.
Negli Stati Uniti e in Brasile ci sono state manifestazioni di massa contro presunti brogli.
Eppure non le trattiamo allo stesso modo.
Ora, nell’esprimere o meno “solidarietà” in questi casi, apparentemente simili, bisogna vedere 1 se i brogli ci sono effettivamente stati 2 come è stato espresso il dissenso
Uno potrebbe dire: sei solidale con i bielorussi solo perché non ti piace Lukashenka, ma il punto non è questo, il punto è che non è giustificabile *qualsiasi* atto di protesta. C’è un contesto che va valutato.
Negli USA e in Brasile non ci sono state ‘manifestazioni di protesta’, bensì insurrezioni armate per occupare il parlamento, parliamo insomma di propositi golpisti che sono una roba ben diversa. Inoltre i partiti di Trump e Bolsonaro sono potentati rappresentati in parlamento che possono attivare senza problemi tutte le procedure legali per contestare l’esito elettorale, per cui al limite il ricorso alla forza dovrebbe essere l’extrema ratio in caso di giustizia negata nelle sedi giudiziarie. Gli antifascisti, malgrado le elezioni del 1924 fossero state palesemente truccate, non sono mica ricorsi alla lotta armata come prima soluzione.
La protesta contro Lukashenko se ricordo bene ha sempre assunto la connotazione di protesta di piazza con alcuni scoppi di violenza come tafferugli e lanci di Molotov (stile NO TAV, insomma), neppure in quel caso avrei solidarizzato con bande armate che avessero occupato i luoghi del potere, per quanto nel contesto bielorusso si potessero trovare più giustificazioni rispetto alle liberaldemocrazie statunitense e brasiliana.
Insomma, se lo scopo del tuo ragionamento era un’equazione del tipo: No TAV = manifestazioni contro Lukashenko/ Ultima Generazione: sostenitori di Trump e Bolsonaro… mi pare decisamente poco azzeccato. Continuo a pensare che, se ritieni lecito il sabotaggio in Val di Susa (lo ritengo anche io), allora puoi discutere sull’opportunità del gesto di Ultima Generazione ma non sui loro mezzi.
Ovviamente no, nessuna equazione del genere, era solo un esempio per rispondere alla tua obiezione secondo cui l’essere “d’accordo” o meno non dovrebbe pesare nel mostrare solidarietà. Se la Bielorussia è troppo pacifica come esempio, allora prendi l’Iran.
Volevo solo dire che, nel simpatizzare o meno, conta eccome se si pensa che la causa sia giusta, e quali metodi si usano; e che gli stessi metodi possono essere “giusti” o meno a seconda anche del contesto.
“Simpatizzare” e “solidarizzare” sono però cose diverse. Se aggredissero fisicamente, che ne so, due persone che detesto come Cruciani o Adinolfi, solidarezzerei all’istante contro la violenza. Non l’ho fatto per la morte della figlia di Dugin non per le sue posizioni politiche, ma perché semplicemente è stata uccisa da persone che condividono la sua stessa retorica dell’odio, quindi da gente identica a lei ma solo con una visione opposte sulla guerra in Ucraina (e non solidarizzare non significa condividere il gesto, solo non esprimere pubblicamente compassione e riprovazione)
Si è scoperto chi ha ucciso la figlia di Dugin? A quanto mi risulta siamo ancora alle illazioni, ma forse sono rimasta indietro.
Riguardo alla solidarietà, un’ultima volta voglio precisare che non mi risulta sia successo a queste persone niente di grave o fuori dall’ordinario, finora almeno, al di là delle solite chiacchiere e spacconate all’italiana. Fossero state fatte, per dire, sparire dalla polizia o linciate dalla folla, allora certo, sarebbe molto grave.
Discussione molto interessante. Soprattutto per capire il motivo per cui il partito dei Verdi alle elezioni da decenni continua ad ottenere percentuali da prefisso telefonico. E questo nonostante alluvioni, siccità ed altro, mostrino a tutti come il problema ambientale sia importante e da risolvere/attenuare urgentemente. Parlando con persone direttamente interessate e cioè agricoltori, trasportatori, commercianti o altro (e non solo cittadini dallo stipendio o pensione assicurato) percepisco una sempre maggiore confusione. Viene proibito l’uso del nucleare e si riaprono le centrali a carbone. Si continua a demonizzare la qualità del cibo e dei residui di fitofarmaci che questo conterrebbe e si continua a proibire l’unico modo pratico e valido per ridurli e cioè usare piante geneticamente resistenti. Si vogliono ridurre le emissioni di combustibili fossili e si continua a boicottare l’unico modo per ridurle e cioè trasferendo gran parte dei trasporti di merci e persone da gomma ed ala su ferrovia. Ecc. ecc. Non voglio rivangare questi temi inutilmente già dibattuti. Visto che Gaia ci ha sbattuto il naso ( a quanto pare è l’unico modo per far riflettere le persone) mi limito a citare l’esempio dell’eccesivo numero di lupi, che stanno pesantemente limitando il ritorno all’utilizzo dei pascoli appennini ed alpini. E cioè una buona risposta ad una delle obiezioni che vengono fatte all’allevamento intensivo. In pratica, Verdi & Co, opponendosi ad una limitazione di questi predatori, cadono nell’ennesima contraddizione di proporre un obiettivo e di boicottare contemporaneamente la sua effettiva realizzazione. Da esempi come questo le persone comuni (quelle che poi votano per una parte o l’altra) restano sconcertate e paralizzate. Finendo con il favorire gli interessi dei soliti approfittatori.
Tra ieri ed oggi ho ricevuto decine di telefonate, messaggi e mail da amici e conoscenti che a suo tempo non avevano creduto alla mia dimostrazione (con motivazioni pratiche ed etologiche) che l’allevamento bio di polli e galline non solo non è possibile, ma nei fatti è quanto di peggio si possa fare per la tutela del benessere animale. I recenti scandali pur avendomi dato ragione, mi hanno lasciato l’amaro in bocca. Sentirsi dare ragione solo dopo che altri ci hanno sbattuto il naso, non è piacevole.
Gli anni passano, ma se non altro possiamo sempre avere la certezze dei suoi “semplici ragionamenti” della sua dialettica a base di contrapposizioni polemiche: “criticare il maxitunnel di Chiomonte = essere contro il trasporto su gomma”, parlare di OGM e nucleare totalmente in astratto e in modo avulso dalla realtà. Adesso l’ultimo arrivo è “allevamento intensivo per salvare il ripopolamento dei lupi”.
Igor, su praticamente tutto Francesco ha torto (secondo me), ma per l’amor del cielo, provate a prendere in considerazione l’idea che sui lupi sia proprio come diciamo noi. Credimi. La gente che aveva gli animali all’aperto, i pochi rimasti, sta ricominciando a chiuderli in recinti e capannoni. Perché non ci credi se te lo dice gente del mestiere che queste cose le sa e le vede?
Io non contesto la problematica posta da lupi, contesto il solito metodo-Burlini di utilizzare strumentalmente le tematiche: in questo caso usare la questione lupi come supposta prova a favore dell’allevamento intensivo e dell’impossibilità dell’allevamento biologico.
Non parlo per lui, ma rileggendo le sue parole mi sembra di aver capito il contrario di quanto hai capito tu. Quello che credo dica, e che io sicuramente penso, è che un sedicente ambientalista non può simultaneamente sostenere l’allevamento estensivo e naturale e opporsi al controllo dei predatori, che è invece necessario perché questo tipo di allevamento sia possibile.
E questo vale anche per altri predatori, anche se meno pericolosi, per esempio per le volpi o i rapaci che fanno strage di galline al pascolo ma di sicuro non entrano nei capannoni intensivi. Per cui se sei per il benessere animale e la sostenibilità devi porti il problema di come limitare le predazioni.
“Ma i lupi attaccano anche gli animali da reddito come capre e pecore incustodite uccidendo all’anno circa 200 esemplari. In confronto, ogni estate negli alpeggi muoiono per malattia o cadute dai precipizi circa 4000 pecore perché non sufficientemente sorvegliate”.
https://www.wwf.ch/it/specie/lupo-predatore-sociale
Poi sentivo in un’intervista a uno scrittore ex guardia forestale molto esperto, che il lupo caccia caprioli e cervi, oltre naturalmente al famigerato cinghiale. In questo modo mantiene i boschi in equilibrio evitando che vengano privati dei giovani germogli che ne garantiscono la longevità.
https://www.rainews.it/tgr/trento/video/2020/07/tnt-cervi-caprioli-alto-adige-e90d136c-4617-4c8a-8d25-3eccaa8e8793.html
Fuzzy, scusa ma non puoi fare citazioni così superficiali a casaccio, la situazione è molto grave anche se c’è chi si ostina a negarlo.
Ovvio che il WWF e le guardie forestali dicono così, a loro conviene. Tutti i pastori però dicono l’opposto. Inoltre tu citi una fonte svizzera, ma in Svizzera si abbattono i lupi, in Italia no. I dati per le predazioni in Italia sono molto maggiori e in crescita.
Questa storia dei boschi che si rigenerano grazie ai lupi potrebbe essere vera se non ci fossero altri predatori (compresi i cacciatori), ma i boschi negli ultimi decenni si sono rigenerati, espandendosi, in tutta Italia, anche dove non c’era nessun lupo. E adesso che ci sono i lupi c’è anche l’invasione dei cinghiali. Come la mettiamo?
E questa storia di dare la colpa ai pastori che lasciano le pecore “incustodite” è abbastanza disgustosa, il pastore è uno dei lavori più pesanti che esistano, mai tregua, mai ferie, e gente che non ne sa nulla e che vuole cibo a buon mercato e un mese e mezzo di ferie all’anno più sabati e domeniche accusa i pastori di lasciare le pecore incustodite. Poi per carità, c’è anche chi fa speculazione e abbandona gli animali, e a quelli che li mangi o no il lupo non fa tanta differenza.
Noi ci impegniamo perché il lupo possa sopravvivere in Svizzera nel lungo periodo. Per garantire una convivenza pacifica fra l’uomo e i grandi predatori è necessario, in particolare, proteggere le pecore e le capre durante l’alpeggio estivo. La nostra attività è concentrata perciò su questo ambito specifico.
E che avrò mai citato?
Per il wwf si possono proteggere le greggi senza sterminare i lupi.
La ex guardia forestale Daniele Zovi ora scrittore dice che possono convivere.
Fuzzy, poi cerco di non tornare sull’argomento come chiesto da Jacopo, però il problema lupi è come la TAV in val Susa: gente che non conosce l’argomento, non è sul posto e non è informata parla a vanvera e crede di saperne più delle persone che poi devono fare le spese di decisioni sbagliate.
WWF e guardia forestale dicono che si può convivere: ma va! È il loro mestiere dire questa cosa. I pastori dicono tutt’altro. Stai citando fonti estremamente di parte (e per giunta svizzere, non italiane, quando ti ho già detto che l’Italia ha una realtà diversa dalla Svizzera).
Con che diritto tu vieni da me, che le pecore le ho, a dirmi con nonchalance che “basta proteggerle”? Ma pensi che i pastori siano scemi e non ci abbiano pensato?
Quello che per te è un argomento tra i tanti per alcune persone è una questione di vita o di morte, esistenziale.
Oppure magari ci sono due lati in ogni questione e un lato è estremamente sovra rappresentato nei media, mentre l’altro viene messo a tacere.
Se ti interessa, ma dubito che tu voglia sentire l’altra campana, ho spiegato con estrema minuzia sul mio blog perché non è così semplice “proteggere” le pecore e capre e perché le misure proposte ai pastori funzionano solo in alcuni casi limitati.
Con che diritto tu vieni da me, che le pecore le ho, a dirmi con nonchalance che “basta proteggerle”? Ma pensi che i pastori siano scemi e non ci abbiano pensato?
Ma veramente penso di avere tutto il diritto di citare opinioni che mi sembrano fondate.
Anche perché sono proposte che cercano di trovare un punto di mediazione tra la necessità di proteggere i boschi dal cambiamento climatico e le questioni economiche riguardanti i pastori.
https://www.isprambiente.gov.it/files2022/area-stampa/comunicati-stampa/cs_monitoraggio-del-lupo-170522.pdf
Bisogna capire se i lupi sono davvero già troppi o non ancora.
https://ilbolive.unipd.it/it/news/emergenza-cinghiali-semenzato-necessario-approccio
Per questa specie, pure commestibile, non credo che si possano avere dubbi.
Troppi se issiamo una certa bandiera, troppo pochi se ne issiamo altre.
Per la nostra specie mi pare che il dubbio sia solo se vogliamo ancora farci ospitare dalla Terra per altri secoli e anche millenni, oppure confidiamo ancora nella fede granitica della nostra ottusa intraprendenza.
Comunque, ormai imbrattare un muro o un vetro e una cornice in una galleria d’arte non pare riesca a inquietare più nessuno.
Forse perchè dappertutto è imbrattato di manufatti in cemento, acciaio, asfalto, e ruderi di armamenti pericolosi e tossici.
A’ da passà una lunga nuttata.
Molta più lunga di quelle antartiche.
Marco, la stima ufficiale è che ci siano circa 3.000 lupi in Italia. per approfondire, trovi abbondante materiale targata ISPRA, ma non solo. Mi riprometto di tornare sull’argomento quando possibile (a questo proposito ho già avuto una lunga discussione con Gaia), ma on ne parlerei qui perché non è questo l’argomento del post che stiamo commentando.
Dall’alto dei miei 50 anni di attivismo ecologista e 40 di ecologia professionale mi permetto un commento sul contesto generale in cui Ultima Generazione è nata ed agisce.
In illo tempore, la percentuale di persone preoccupate per il clima, l’ambiente ecc. era minima, eppure si riuscivano ad ottenere sostanziali concessioni dal sistema politico-economico, perlomeno in Europa occidentale, ma non solo. Oggi, per un motivo o per l’altro, moltissimi, forse la maggioranza dei cittadini, sono preoccupati; eppure non solo non si ottiene più niente, ma anzi si sta sistematicamente smantellando il troppo poco e troppo tardi che era stato fatto in passato. Ed è una tendenza in accelerazione, anche se qualche successo in controtendenza si registra ancora.
Fino ad una decina di anni addietro, poco più o poco meno a seconda delle località, era possibile perlomeno rallentare o perfino fermare un certo numero di “porcate” promosse dall’ente X, allertando l’ente Y. Oggi non più: il “sistema” è sempre più coeso e compatto nello sforzo di gettare ogni frammento di biosfera nella fucina del PIL. Per citare un solo esempio fra i tantissimi, conosco direttamente più di un caso in cui sono gli stessi Enti Parco a promuovere lo smantellamento de facto dei loro parchi. Ed il sistema schiera falangi di professionisti pagati a tempo pieno per contrastare i quali i 4 gatti di ambientalisti ancora sulla breccia devono lavorare gratis la notte, visto che di giorno devono guadagnarsi il pane in qualche modo. Ed anche questo serve sempre meno. Oramai, neppure dei flagranti errori procedurali o delle evidenti mancanze legali riescono a fermare la macchina tritatutto, una volta che ha individuato qualcosa da digerire.
Perché?
Non lo so, ma è così e la reazione spropositata delle istituzioni a delle azioni innocue o quasi conferma che la strategia è certamente quella di accelerare sulla strada intrapresa.
Potranno le azioni di un manipolo di giovani cambiare la rotta? Non credo. Tutto ciò che affermano e chiedono è sensato? No. Ma se avessi la loro età andrei con loro, perlomeno potranno dire di averci provato fino in fondo.
Jacopo, purtroppo alcune delle porcate che vengono fatte sono in nome dell'”ambiente”. Per esempio il mini-idroelettrico che ha devastato i fiumi alpini (italiani, i nostri confinanti forse sono un po’ più lungimiranti).
Questa è una delle mie obiezioni principali sia a contenuti che metodi dell’ambientalismo giovane urbano, e non lo dico per stroncare ma per dare stimoli: non avendo esperienza diretta o conoscenze approfondite su molte questioni, i loro obiettivi sono spesso senza legami con le questioni in sè (e.g. facciate di edifici, opere d’arte, cosa c’entrano?), e le loro proposte sono vaghe e anche contraddittorie. E il rifiuto di affrontare il tema della popolazione, anzi il loro negazionismo democratico, rende la proposta di una soluzione di fatto impossibile.
Questo è vero dell’ambientalismo in generale, purtroppo: una mancata conoscenza degli effettivi funzionamenti del sistema, e una mancanza di pensiero sistemico in genere, lo sta trasformando in un miscuglio di animalismo urbano e ottimismo tecnologico. Cioè le ultime cose di cui abbiamo bisogno.
Gaia, sono completamente d’accordo, ma per me il punto è che se abbiamo delle istituzioni che sempre più mentono o “remano contro”, cosa dovrebbero fare dei giovani certo inesperti, ma anche giustamente spaventati ed arrabbiati? Laddove ogni tentativo politico serio e posato, così come ogni analisi scientifica, hanno fallito, cosa rimane da fare? A livello generazionale (non personale) la responsabilità l’abbiamo noi “boomers” che abbiamo lasciato passare tutti gli autobus possibili, creando questa situazione. Almeno questo dovremmo riconoscerglielo.
Certo. Io sono di una generazione schiacciata in mezzo; ripongo speranze in questi giovani ben più giovani di me, ma mi sembrano confusi.
Secondo me la soluzione non è protestare ma costruire. Nuove realtà, una nuova consapevolezza, nuove pratiche, da mostrare quando ti dicono: “si può fare solo così, alternative non ce n’è”. Una nuova cultura che metta al centro la natura ma non come astrazione, pensando anche a un posto per noi in essa.
Poi, per carità, bisogna anche protestare, ma su questioni specifiche soprattutto, è molto più efficace. Alle volte le leggi ci sono ma nessuno le applica, e solo denunciare il fatto che non vengono applicate è più efficace in realtà che farne di nuove. Almeno in materia ambientale.
Intanto, in Germania:
https://twitter.com/Luisamneubauer/status/1613220808750665728
Che è ovviamente riprovevole, però contestualizziamo bene la cosa prima che qualcuno se ne esca fuori con sillogismi fuorvianti. Quando nel 2001 in Germania il nucleare raggiunse il picco massimo di produzione, il carbone era usato in una misura del 40-45% superiore all’attuale. La cosa che contraddistingue la Germania di oggi rispetto a quella del 2001 è il desiderio di servirsi di risorse di carbone LOCALI, con ogni probabilità per ragioni geopolitiche.
Qui tutti i dettagli: https://apocalottimismo.it/il-nucleare-e-le-verita-degli-influencer/
Questo link spiega meglio la questione https://it.marketscreener.com/quotazioni/azione/RWE-AG-436529/attualita/Luisa-Neubauer-i-Verdi-fanno-un-grande-errore-con-l-allontanamento-di-Lutzerath-42649780/
In pratica, il governo locale ha fatto un accordo con la RWE per anticipare la chiusura delle centrali a carbone (da 2038 a 2030) riducendo da 6 a 1 (appunto Lützerath) i villaggi da smantellare per l’estrazione del carbone. In sostanza Lützerath viene sacrificata per non importare carbone e rabbonire la RWE.
Il problema è che la Germania non vuole in nessun modo rinunciare ad essere un paese ricchissimo, iper-industrializzato, con enorme popolazione in costante crescita a causa dell’immigrazione, che a sua volta va a potenziare la macchina industriale ed economica come forza lavoro e consumo.
Finché la Germania sarà così, i suoi problemi energetici e il suo enorme impatto ambientale non miglioreranno.
Sì, Gaia, è anche la mia impressione.
Ovvio, ma non è questo il punto della questione, bensì quella di vagheggiare un mitico passato nucleare dove non si usava il carbone o comunque meno di oggi.
Igor: come al solito, invece di rispondere in merito alla questione, ti appelli (o ti arrampichi) su giudizi soggettivi (per di più elaborati nel passato) del tutto fuori tema. Per esperienza e professione conosco bene (milioni di volte meglio di te) pregi e limiti sia dell’allevamento intensivo che dell’allevamento estensivo. A differenza tua (vostra) avendo lavorato a lungo nei PVS, ho anche ben presente che alla fine della fiera bisogna dare da mangiare a 8 miliardi di persone. E proprio per questo certe soluzioni che vanno bene in alcuni contesti, non lo sono altrettanto in altre. Mentre nei PVS è necessario intensificare le modalità di allevamento per ottenere il suo prodotto principale (in termini di quantità ed energia immagazzinata) che è il letame, in Italia, mangiamo anche troppa carne. Questo grazie ai risultati di un’agricoltura più intensiva e performante rispetto ad un tempo (possiamo fare molto meglio) che ha “liberato” milioni di ettari che ora possiamo destinare a pascolo per l’allevamento estensivo di alcune specie. Questo, a quanto mi risulta, è lo stesso obiettivo auspicato da molti “ambientalisti”. Metto fra virgolette perché questi stessi stanno predicando (senza sapere niente come dimostrano gli interventi di Fuzzy) contro la riduzione del numero di quei lupi, che impediscono appunto la diffusione di tale pratica. Le “autorità” competenti ne hanno censiti 3500 tra arco alpino ed appenninico: di gran lunga il numero maggiore e la maggiore densità in Europa. Confrontando gli ultimi dati con quelli di solo 10 anni fa chiunque capirebbe che la specie è in rapido aumento e non certo in via di estinzione. Questo numero mi risulta comunque molto inferiore al reale. Per certo so che ci sono branchi di lupi oramai stanziali nelle provincie di Ferrara, Cremona e Mantova, che non m risulta siano province montane. Anche a pochi chilometri da casa mia (piena pianura dell’alto veronese) ci sono state predazioni di lupi.
In altri paesi europei, pur avendo quantità e densità nettamente inferiori alle nostre stanno praticando rigorose campagne di contenimento dei lupi. Tutti paesi con sensibilità ambientaliste inferiori alle nostre? Provate a confrontare le percentuali di voti date ai partiti “verdi”!
Il mio intervento voleva solo sottolineare l’attale discrasia tra teoria e pratica. Mi dispiace che non si riesca a capire (o meglio: rifiutare) nemmeno questa ovvietà.
Guardi Burlini, devo ringraziarla di cuore: sto passando un periodo un po’ così così per alcune questioni personali, e questa frase mi ha scatenato la prima, grassa risata del 2023. Non c’era altra reazione possibile di fronte al fatto di rimproverare a me quello che lei fa costantemente con i miei contenuti! Dove se ne strafrega completamente di dati, fonti e analisi ribattendo con il suo solito soggettivismo assoluto: la tecnica dialettica “e allora le foibe?”, riportare le confessioni che le avrebbero non si sa bene, quando e perché persone misteriose (lo scienziato che le aveva dato ragione sul metano ma di cui non ignorava il nome penso sia stato l’apice) che però diventano assiomi indubitabili (vedi il famoso letame 90% in deroga). Anche in questo caso, lei va avanti come al solito usando lo spazio occupato come metro unico della sostenibilità, disinteressandosi completamente di consumi indiretti, esternalità, impronta ecologica (guarda caso, tutte quelle cose che inficiano i suoi ‘semplici ragionamenti’)…. Dopo due anni così dovrei ancora volere assistere alle solite pantomime?
Per chi fosse interessato, può andarsi a vedere come ho trattato le principali questioni su questo blog e http://www.decrescita.com e come ha replicato Burlini, chi ha tempo e voglia giudicherà se esagero o meno.
Ancora l’ennesima gara a giocare a chi ce l’ha più lungo, che non mi interessa nulla. Io non mi sono mai permesso di giudicare le sue competenze come veterinario e agricoltore, non mi sognerei mai di contestare (fino a provo contraria) la sua capacità di curare un animale o saper arare, giusto per fare due esempi a caso. Io contesto vivamente invece la sua pretesa di ‘ambientalista eretico’, cioé di persona che si dichiara in grado di confutare la scienza della sostenibilità, perché lei ha dimostrato con i fatti di ignorare i fondamentali della disciplina: punto e stop.
Solidarietà per i problemi personali, che spero si risolvano. Quella che prima non ho dato ai manifestanti di Ultima Generazione, per capirci 🙂
(E anche per dover sempre rispondere sulla storia del letame)
L’aumento del 13% dei tassi di produzione per le colture più comuni 15 tra il 2001 e il 2012, dovuto a miglioramenti tecnologici, una gestione più rigorosa del territorio 16 e un maggiore uso di fertilizzanti 17 , potrebbe aver mascherato il continuo degrado dei suoli e la loro capacità di fornire servizi ecosistemici . Nutrire la crescente popolazione della Terra con crescenti preferenze dietetiche verso i prodotti del bestiame sta indubbiamente aumentando la pressione sui suoli fertili aggravando così il problema dell’erosione. La governance sostenibile del suolo è quindi diventata un tema di fondamentale importanza
https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5722879/
L’allevamento è compatibile con un ecosistema ricco e funzionale
soltanto quando il numero dei capi diminuisce al punto che non si può più parlare di produzione alimentare.
(Della serie: smettiamola di raccontarci delle favole. Comprese quelle sui lupi cattivi).
Non aggiungo altro.
C’è anche un altro aspetto: suoli molto degradati possono sostenere sono una stentata vegetazione opportunista e sono quindi sfruttabili solo per una pastorizia estensiva che di solito degrada ulteriormente il territorio. Gran parte degli attuali deserti e sub-deserti hanno questa origine. Non a caso la dieta di molte fra la popolazioni più povere è a base di carne (al netto degli aiuti internazionali). Tornare indietro è talvolta possibile, ma solo con tempi lunghi e condizioni che saranno sempre meno facilmente disponibili, a cominciare da un clima favorevole. La difesa del suolo dovrebbe essere una delle priorità assolute di governi, amministrazioni e soprattutto agricoltori.
Jacopo, è vero quello che tu dici, ma si tratta di sovrapascolo, pratica deleteria. Un pascolo a rotazione ben gestito è invece in grado di rigenerare il terreno. Produce molto meno ma meglio. La strada che si sta prendendo è questa ma i consumatori devono cercare quei prodotti e poi c’è la questione dei predatori di cui abbiamo già parlato e su cui non torno.
Inoltre, lo dico sempre, sarebbe ora di dare un’occhiata anche a tutti gli usi non alimentari del suolo agricolo. Non si capisce perché si da sempre la colpa a latte e carne (che ne hanno), ma mai per esempio al vino, che ha devastato intere zone qui nel Nord Est, alla monocultura di pioppi, ai vivai di fiori, al tabacco, al cotone… l’agricoltura non produce solo cibo!
E non tutto il cibo dovrebbe essere prodotto, vedi ad esempio coltivare kiwi e avocado (colture estremamente idroesigenti) in Sicilia (ma oramai ovunque in Italia). Al netto della questione lupi sono d’accordissimo con te, ma stiamo nuovamente andando fuori tema.
Fuzzy, nella valle in cui ho vissuto per anni i boschi erano cresciuti fino ad arrivare quasi a ridosso delle case, senza che si fosse visto un lupo per decenni. I lupi hanno diritto di esistere perché noi non possiamo far estinguere una specie per nostro capriccio, ma questa storia dei lupi indispensabili per i boschi è una stupidaggine, almeno da noi.
Riguardo alle protezioni, tu citi fonti che a te sembrano fondate, ma sono di parte. Le soluzioni proposte sono state provate e si è visto che non risolvevano un bel niente se non in una minoranza di casi.
Poi tu sei libero di pensare quello che vuoi, e io di arrabbiarmi in cuor mio perché la gente parla senza sapere e purtroppo siccome i cittadini sono tanti e i montanari pochi, alla fine vincono sempre i cittadini che non sanno di cosa parlano.
Ho il sospetto che anche tu parli senza avere mai avuto a che fare con un lupo.
Io so di un pastore abruzzese che tra le altre cose mantiene un piccolo gregge. oramai è molto vecchio e si fa aiutare dalla badante. Da giovane aveva un gran numero di pecore e si è relativamente arricchito. Si difende sostanzialmente con dei cani.
Mi è capitato di mangiare il suo formaggio dopo averlo lasciato stagionare. Buono. È uno che se gli rubi una pecora ti ammazza. Non mi pare che i lupi, pur essendoci, lo abbiano mandato in rovina.
Non rileggo per ragioni di tempo.
Il bosco, secondo chi se ne intende, non basta che sia folto, ma deve essere composto in una certa maniera, con piante giovani e vecchie. Solo così è stabile e può affrontare meglio il cambiamento climatico. E per questo bisogna contenere gli ungulati.
Fuzzy, gli ungulati si controllano anche senza lupi, è questo il punto. Ci sono i cacciatori e altri predatori. E se il bosco è ricresciuto dove non c’era vuol dire che ci sono anche le piante giovani, non ti pare?
Riguardo al fatto che tu ne sappia più di me perché conosci UN pastore in UN posto (tra l’altro in Abruzzo, che ha una realtà diversa dalle Alpi e da altre zone Appenniniche) che poteva permettersi un grosso gregge (non eri per l’agricoltura su piccola scala?) e ti SEMBRA non abbia avuto problemi ai tempi in cui i lupi erano meno di adesso… Se è così che vuoi discutere, non ne vale neanche la pena. Non mi stai neanche prendendo sul serio.
Noto che tendi a portare le questioni generali sul personale.
E quindi discutere è molto faticoso.
Io non ne voglio sapere più di te o di altri.
Di solito raccolgo informazioni riguardo a certi argomenti che conosco poco e li metto in link affinché possano essere validate o smentite. Ma con motivazioni convincenti.
Se poi non sono convinto resterò
dubbioso.
Ebbene, nelle tue contro-argomentazioni non trovo le risposte che mi interessano.
Sposti il discorso su altre questioni, o sul generico, oppure insulti.
Ad esempio, dove li trovi tutti questi cacciatori di lupi, di cinghiali di cervi e altro?
Chi è questa gente? Siamo sicuri che siano cacciatori seri che non ammazzino qualcuno o non si facciano ammazzare da qualche cinghiale? Oppure, il fatto che il bosco tuo sia ricresciuto può smentire l’opinione di quelli che hanno studiato scienze forestali e sono stati in mezzo a un bosco osservandone le dinamiche per tutta la vita? E il vecchietto che alleva pecore in mezzo ai lupi sull’appennino è così diverso da chi alleva sulle Alpi?
Comunque qui siamo nell’articolo sui giovani imbrattatori per disperazione. Per me sono come le piante giovani del bosco. L’unica differenza è che si trovano ad avere a che fare direttamente coi lupi della politica e molti benpensanti che non vedono a un palmo dal loro naso.
Igor: se invece di rispondere ( o meglio, proprio per non rispondere), a delle precise domande, si limita a sghignazzare, è un problema suo e non mio. Quando ho portato prove inoppugnabili o l’ho invitata a verificare personalmente leggendo dei dati seri e non le solite pubblicazioni di parte, si è ben guardato dal replicare e/o controllare. Ogni volta tira in ballo la questione del 90% del fertilizzante organico utilizzato di Bio e proveniente da allevamenti intensivi tradizionali. Perché non ha provato a chiedere spiegazioni ai dirigenti dell’AIAB di Bologna, che vergognandosene, me l’hanno rivelato? Perché per smentirmi non fa vedere a tutti dei dati reali ed aggiornati? Ovvio che se ne guarda bene perché altrimenti le cadrebbe addosso tutto il palco.
Sulla questione lupi, contatto che se la cito io, apriti cielo. Se invece ne parla Gaia, giustamente preoccupata, tutto va bene o al massimo suscita delle puerili risposte di Fuzzy. Che si basa sul sentito dire da un singolo pastore abruzzese. A parte far notare che anche questa mi pare una citazione estremamente soggettiva su cui non ho letto critiche da parte sua, sottolineo il fatto (che ho già citato almeno un paio di volte) che il comportamento/cultura dei lupi abruzzesi, abituati da secoli alla convivenza con l’uomo e le sue greggi, è ben diversa da quella dei lupi recentemente emigrati in altre aree e soprattutto da quelli che popolano le Alpi e che provengono dai paesi balcanici. Non tenere conto di queste ovvietà, denota profonda ignoranza sull’argomento.
Non ho molto tempo da perdere, per cui andatevi da soli a leggere l’enorme massa di documentazione sull’argomento oppure chiedete lumi a qualche etologo informato.
Constato inoltre che tutti si sono guardati bene dal replicare all’incontestabile fatto che le contraddizioni emergono solo se qualcuno ci sbatte contro personalmente/professionalmente. Come nel caso dei lupi per Gaia. Fintanto che invece rimangono nel novero della pura teoria, si continua a credere ai dogmi per fede.
Così come nessuno ha avuto il coraggio di replicare sul recente scandalo dei polli spacciato per Bio ed allevati con sistema intensivo nettamente peggiore di quello intensivo tradizionale.
Anche in questo caso si evidenzia la solita pavidità.
Ah, però! Il lupo abruzzese si comporta bene con l’uomo e con le sue greggi.
Allora questo Lupo de Lupis tanto buonino almeno lo teniamo?
Oddio, rispetto alla mia quasi totale ignoranza sui lupi c’è qualcosa che non mi torna.
Comunque è certo nonché certificato da un grande esperto come Francesco che Gaia quando farà la sua battaglia per i pastori di tutta Italia, dovrà perlomeno scorporare quelli abruzzesi.
Mi indichi anche una sola volta in cui lei ha replicato con “prove inoppugnabili” (ma per davvero, non le confidenze misteriose e simila) e “dati seri” alle argomentazioni dei miei articoli. Quando ho affrontato le questioni su cui ci siamo accapigliati – come agricoltura, energia o TAV – le mie fonti al 90% sono state FAO, IEA, AIEA e studi scientifici, altro che ‘pubblicazioni di parte’. Chiunque intellettualmente onesto può verificarlo su questo blog e su decrescita.com.
Notare poi come la persona che tritura gli zebedei agli altri con le “fonti di parte” per suffragare le sue tesi ricorra unicamente a sé stesso come fonte: COSA C’E’ PIU’ “DI PARTE” DI SE’ STESSI?! Per di più quando si tratta di aneddotti o confidenze, cioé situazione in cui è la parola di uno contro quella dell’altro? Dobbiamo ricorrere alla macchina della verità?
Per la cronaca, giusto un paio di volte in cui sono stato “blastato senza pietà” da Burlini, vorrei che tutti si concentrassero in particolo sul carattere “inoppugnabile”, “serio” e intersoggettivo delle sue osservazioni.
28 ottobre 2021, il famoso dato del “letame bio 91% in deroga” si basa su quanto segue:
“Sul 91% avevo già risposto, scrivendo che l’avevo letto, (non ricordo dove, ma su una pubblicazione della propaganda Bio che la faceva risaltare come una contraddizione da evitare in futuro) e l’ho sentita ripetere da un funzionario dell’AIAB di Bologna, quando stavo organizzando la loro prima certificazione al di fuori dell’Italia e precisamente in Uruguay (azienda la Florida specializzata in allevamento al pascolo di bovini di razza angus e misti”
23 luglio 2022, Burlini parla di non meglio precisati quattro professori che al pari suo, sconfessando il gotha della climatologia, ridimensionerebbero il ruolo dell’agricoltura nel global warming (“A creare confusione (almeno in chi sa ragionare) è il continuo mescolare dati veri ad autentiche “bufale”, come ad esempio che l’agricoltura (ed in particolare la zootecnia) contribuisca per un 30% all’attuale AGW. Fino ad ora quattro professori universitari/assistenti ricercatori, mi hanno dato pubblicamente o personalmente ragione su questo punto. “); ecco la sua risposta alla mia richiesta di sapere chi fossero questi luminari:
“Si figuri poi se le do i nomi dei quattro professori/ricercatori. Tra l’altro conosco i nomi solo di due. ”
Ma del resto questa è la stessa persona che esordì così, 6 gennaio 2021:
“Non ho il tempo né la voglia di mettermi a smascherare punto per punto tutte le falsità e le “raccolte di ciliegie” fatte con cura per sostenere queste banali tesi antiogiemmine.”
Eh no caro, mio se non sei un fanfarone quando lanci accuse a qualcuno il tempo e la voglia di argomentarle lo devi trovare, altrimenti te ne stai zitto. Storia delle “ciliegie” tirata fuori ripetute volte e sempre rimasta vana ogni mia richiesta di esplicitare i termini dell’accusa.
Lo so che su questo blog si prende tantissime libertà, ma io ancora non lavoro per lei. Se viene fuori raccontandomi di una confidenza non sono io che devo fare il detective per ricercare questo fantomatico funzionario AIAB. E poi cosa faccio? Vado all’AIAB e dico: “voglio sapere chi è il funzionario che ha detto a Burlini non so quanti anni fa che il 91% del letame BIO è deroga!”. Quelli chiamano la neurodeliri, a parte il fatto che, pur venisse fuori, si tratterebbe della parola dell’uno contro quella dell’altro senza possibilità di verifica. Se ha dei “dati aggiornati” li condivida con noi: io personalmente ho letto alcuni documenti anti-BIO tra cui uno che mi segnalò lei di Guidorzi, e questa fatto del letame 90% in deroga non viene mai fuori, molto strano visto che sarebbe un argomento potentissimo. E poi scusi, perché lei non va a informare Guidorzi e altri suoi amici anti-BIO per la loro propaganda invece di voler costringere me a fare il detective Conan? La butto lì: per quanto anch’essi siano tanto prevenuti verso il BIO, persino loro faticherebbero ad accreditare come fonte una rivista sconosciuta e/o un misterioso funzionario AIAB?
Se hai dei dati che convalidano i suoi aneddoti li condivida con noi! Io non posso smentire chiacchiere basate sul nulla!
Non so di che cosa stia farneticando, io dei lupi non ho proprio parlato mai, mi trovi anche un solo commento dove io sarei intervenuto sulla questione, altro che “apriti cielo”. Perché contrariamente a quello che crede lei, sulle cose su cui sono poco informato sto zitto. Jacopo invece è un esperto di queste cose e lascio parlare lui.
Ma grazie al cielo esistono inchieste giornalistiche serie e magistrati che mettono a nudo questi truffatori! Cosa devo ‘replicare’? E poi scusi, mutatis mutandis, lei la che la mena tanto con gli OGM per salvare gli ecosistemi sta per caso tutto il giorno a tuonare contro il fatto che soia e mais transgenici vengono coltivate su suoli ricavati dalla distruzione dell’Amazzonia e altre porcate simili?
Comunque, per rispondere nel merito, è uscito il FAO AGricoltural Outlook 2022, noto documento anarco-nazivegan https://www.oecd-ilibrary.org/agriculture-and-food/oecd-fao-agricultural-outlook-2022-2031_f1b0b29c-en
Andate a dare uno sguardo alla quantità di colture dedicate alla nutrizione animale e poi provate a fare qualche calcolo sullo ‘spazio’ complessivo dell’intera operazione…
Una della principali ragioni per il brusco incremento della produzione agricola con la “rivoluzione verde” fu che sostituire cavalli, bovi ed asini con i trattori permise di circa raddoppiare la superficie dedicata all’alimentazione umana, visto che il foraggio non serviva più. Oggi una gran parte di quella extra produzione di generi eduli anche per noi viene usata le ingrassare il bestiame da macello. Una dieta più parsimoniosa potrebbe fare molto, è vero, ma in una prospettiva di riduzione irreversibile della meccanizzazione occorrerà ritornare alla produzione di foraggio.
Si magari integrata in qualche forma di policoltura.
Sembrerebbe un ritorno a un passato quasi medioevale.
Ma inevitabilmente con qualche importante conoscenza in più.
Resta però irrisolta la solita secolare questione di chi possiede i terreni.
https://pdf.usaid.gov/pdf_docs/PNAAN161.pdf
Open source
Tira 450 kg. Non saprei quanto tira un cavallo, ma per coltivare del farro per esempio, basterebbe anche un asino.
Gli si attacca un cavo con un piccolo ripuntatore all’estremità. Uno pedala, diciamo Francesco e l’altro guida l’aratro. Diciamo Gaia.
Io eventualmente potrei fare l’asino.
Era sul “no tech magazine”, e l’avevo stampato, ma adesso non lo trovo più.
Della serie “Volere l’impossibile e ottenerlo”.
https://youtu.be/eGphx_5ze2M
Aratura funicolare a vapore.
È stata usata per quasi 100 anni.
Non lo avevo mai visto, grazie.
Jacopo, vero, e sto personalmente approfondento come ritornare a utilizzare animali da soma compatibilmente con le condizioni mutate del mondo di oggi. Ci sono delle cose da cambiare, per esempio, semplifico, sembra che l’aratura vada superata, e questo riduce di molto il bisogno di forza motrice. Ti ricordo comunque che il “foraggio” può anche provenire da prati stabili, che non richiedono praticamente nessun input e sono ricchissimi di biodiversità, nonchè bellissimi.
C’è anche da ricordare che moltissima gente tiene questi animali anche adesso, solo da compagnia (cosa che mi manda in bestia, ma vabbè); rimetterli al lavoro non ci costerebbe nulla e anzi ridurrebbe il consumo di combustibili fossili a parità di tutto il resto.
Fuzzy, la questione è davvero complessa. Provo a risponderti in breve; se Jacopo mi intimerà di smetterla dovrò obbedirgli, il blog è suo e di Igor.
“Ad esempio, dove li trovi tutti questi cacciatori di lupi, di cinghiali di cervi e altro?
Chi è questa gente? Siamo sicuri che siano cacciatori seri che non ammazzino qualcuno o non si facciano ammazzare da qualche cinghiale?”
Di cacciatori è piena l’Italia; in montagna in particolare ce n’è molti. Non idealizzo l’intera categoria; come in ogni altra ci sono delinquenti, mine vaganti, ecc. Ci sono anche tanti tipi di caccia diversi; alcuni indispensabili, altri illegali o che secondo me dovrebbero esserlo. Nella mia esperienza in montagna (Alpi), i cacciatori sono persone che conoscono benissimo il territorio e le creature che lo abitano, che operano in collaborazione con le guardie forestali e le loro indicazioni, che rispettano gli animali e che cacciano sia per passione che per mettere qualcosa in tavola. Certo, si può fare a meno di mangiare cervo e capriolo, ma allora le popolazioni vanno controllate in qualche modo lo stesso e poi bisogna importare alimenti da altre zone, con tutti gli impatti che ne conseguono. Meglio cacciare qualcosa e mangiarselo in loco.
Tutt’altro discorso ovviamente è allevare fagiani per liberarli a ridosso delle città e inseguirli col fucile. Quella roba lì per me è da stupidi.
Abbiamo un obbligo morale di lasciare una parte di ciò che la natura dà ad altre specie, lupi compresi; resta il fatto che come gestione della fauna in eccesso in zone antropizzate la caccia è particolarmente efficace perché decidi tu cosa uccidere (non ti metti a sparare alle pecore perché sono più facili, come farebbe un lupo) e perché le armi da fuoco sono praticamente imbattibili. Che piaccia o no.
” Oppure, il fatto che il bosco tuo sia ricresciuto può smentire l’opinione di quelli che hanno studiato scienze forestali e sono stati in mezzo a un bosco osservandone le dinamiche per tutta la vita?”
Una cosa che ho riscontrato su tutti questi esperti che spiegano come funziona l’ecosistema è che spesso, non so se per colpa loro o di media superficiali, non si contestualizza l’informazione. È chiaro come il sole che se c’è una popolazione eccessiva di erbivori, non controllata, il bosco si degrada o non riesce a ricrescere (vedi la Scozia). Ma alle volte si prendono esempi studiati in ecosistemi enormi e selvaggi e si pretende di applicarli a zone molto più ristrette e antropizzate, in cui le dinamiche sono completamente diverse. Un lupo in Alaska non si comporterà come un lupo in Trentino.
La presenza umana sballa tutto. Cervi e caprioli vengono a mangiare negli orti, non si mettono a rosicchiare gli alberi come dei disperati. Ricevono alimenti e sale dalle persone del posto; trovano rifugio nei paesi. I predatori come lupi e orsi a loro volta si avvicinano agli umani, che offrono cibo abbondante e facile. Per cui è tutto diverso da come dovrebbe essere in teoria.
Ricorda che gli animali allo stato selvatico sono molto più intelligenti di come ci appaiono gli animali domestici. Sono quasi umani da molti punti di vista, nel senso che si adattano, osservano, imparano, cambiano comportamento… Tu prenderesti la scienza sui cavernicoli per spiegare come si comporta un uomo moderno?
Inoltre, se il bosco è ricresciuto senza lupi non puoi rispondermi “vuoi saperne più degli scienzati??”, semmai devi trovare uno scienziato che mi spieghi come ha fatto il bosco a ricrescere senza lupi. Tra “scienza” e realtà vince ancora la realtà.
“E il vecchietto che alleva pecore in mezzo ai lupi sull’appennino è così diverso da chi alleva sulle Alpi?”
Non è che è lui che è diverso, lo è il contesto. Provo in breve a spiegarti perché; la questione è lunghissima, accontentati di spunti.
In Abruzzo ci sono enormi parchi naturali ed aree selvagge; più spazio per i predatori con più fauna selvatica, e più responsabilità a conviverci da parte degli umani, rispetto a zone con più conflitto.
Negli Appennini il lupo non se n’è mai andato, per cui la convivenza è diversa. Sia uomini che animali imparano come sopravvivere l’uno accanto all’altro; i lupi in particolare, essendo animali intelligentissimi e, in quanto predatori, capaci di cambiare il comportamento rapidamente, imparano fino a dove possono spingersi senza rischiare troppo. Per questo cambiano preda a seconda di cosa è disponibile e in che condizioni, e per questo in certe zone sono molto più pericolosi per l’uomo che altrove.
Il problema è che l’iper protezione del lupo in zone in cui prima non c’era lo sta incoraggiando ad avvicinarsi sempre di più a persone e centri abitati (ormai è in mezzo ai paesi). È anche questo che fa paura. Lo stiamo osservando in tempo reale: ogni volta che il lupo prova ad avvicinarsi e vede che non gli succede niente, ha imparato che degli umani non c’è da avere paura. E questo è molto pericoloso – sia per noi che per loro, che si ibridano con i cani, alterano la genetica, si espngono a ritorsioni…
Per cui sì, è possibile che i lupi abruzzesi si comportino diversamente dagli altri.
Tieni anche presente che il rispetto delle regole è molto diverso a seconda della zona d’Italia. Succedono cose al centro e al sud che al centro-nord non possono succedere perché ti beccano subito e ti fanno un culo così.
L’Appennino è strutturato diversamente dalle Alpi, quindi ci sono spazi più ampi e meno pendenti che rendono possibile tenere greggi più grandi in condizioni più agevoli. Nelle Alpi le montagne sono ripide, la proprietà è frammentata, vedi meno enormi greggi e tante piccole aziende o anche solo famiglie con pochi animali, e in questi casi tenere cani diventa economicamente e logisticamente proibitivo. Quelli che provano a tenere cani in contesti del genere hanno problemi con i turisti, i residenti… in posti tipo la Calabria succede ogni tanto che i cani sbranino le persone. Immaginati una cosa del genere al Nord.
Invece quello che sta succedendo al Nord è che i lupi iniziano ad uccidere anche i cani. L’unica soluzione è ridurre il numero di lupi.
Avrei molto altro da dire ma mi fermo qui, spero che tu abbia trovato almeno un po’ le risposte che cerchi.
Ti rispondo sotto l’articolo sui lupi.
Gaia: è inutile. Fintanto che certe problematiche non verranno percepite personalmente, verranno ignorate, sottovalutate o addirittura negate.
Igor: anche stavolta non entra in merito alle questioni. E soprattutto continua a non capire che certi dati (soprattutto quelli che riguardano le violazioni di certi regolamenti) non vengono pubblicati, ma non per questo non esistono e si possono comunque dedurre benissimo da soli. Basta confrontare cum grano salis altri dati. Già diverse volte l’ho invitata a ragionare ed arrivarci da solo. Per esempio confrontando il numero delle aziende Bio puramente agricole con quelle miste o quelle puramente zootecniche (escludendo ovviamente quelle estensive), può benissimo arrivare da solo al dato del 90%. Ovviamente si è guardato e si guarderà bene anche in futuro dal fare questo semplice sforzo.
Altro esempio: mi ha redarguito/deriso perché sostenevo che la maggioranza delle aziende Bio si occupa solo delle produzioni facili e lascia all’agricoltura tradizionale il compito di sfamare tutti. Basta confrontare il dato della superficie complessiva del Bio italiano che è di circa il 15% della SAU, con quello della produzione: il 4-5% del totale. I dati aggiornati li può trovare ovunque. Anche questa semplice deduzione sarebbe della soggettività fasulla?
A proposito di colpevole soggettività, qualche settimana fa mi è venuta in mente anche un’altra sua derisione nei miei confronti. Ero colpevole di aver riportato “paro paro” l’espressione usata da un geologo e cioè EROEI, per indicare la quantità/validità o meno nello sfruttamento delle varie riserve di fosfati. Durante un recente viaggio (purtroppo per il funerale di un ex-compagno di liceo) sono stato a lungo con due amici ingegneri. Uno dei due, pur essendo in pensione, è tuttora consulente per aziende italiane e tedesche nel settore delle batterie e/o stoccaggio di energia in generale. I due stavano parlando di varie tecnologie legate alla quantità di materie prime (litio, rame, ecc) e usavano spesso il termine EROEI. Quando ho fatto presente che questo termine si dovrebbe riferire solo a materie prime energetiche i due mi hanno detto che questo è oramai un termine gergale per indicare la convenienza di un qualunque giacimento. E che non è poi tanto sbagliato dato che il maggiore fattore limitante lo sfruttamento è proprio il rapporto tra la quantità di energia impiegata e la quantità di prodotto ottenuto. Il capitale necessario è oramai un fattore secondario. Soprattutto quando si tratta di materie prime indispensabili al settore energetico. Fosfati compresi, dato che il fosforo è necessario a favorire la trasformazione dell’energia solare in cibo attraverso le piante.
Entrambi hanno ammesso di non conoscere nessun altro termine altrettanto comprensibile e significativo.
Se fossi in lei, dato che ne sa più di tutti questi geologi e ingegneri, farei presente ai loro ordini professionali di astenersi dall’uso inappropriato di certe terminologie.
Se si riferisce alla ‘spazio’ risparmiato dagli allevamenti intensivi l’ho fatto eccome, in un commento separato. Piuttosto, non mi ha spiegato perché invece di rompere i cabbasisi a me sul letame 90% in deroga costringendomi a fare indagini a Bologna per conto suo semplicemente non riferisce questo dato agli estensori della pubblicazioni anti-BIO come Guidorzi, che mi pare una volta abbia definito suo amico. Se, come sostiene lei, la sua aneddotica è ‘vera scienza’ che supera ampiamente la ‘teoria’, sarà ben felice di diffondere un dato così impietoso per il BIO.
Però io sono un delinquente al servizio del pensiero unico che vuole occultare la verità, scusi! Ma cosa mi dice di Guidorzi e di tutti gli anti-BIO? Perché loro non riescono a fare questo banalissimo calcolo? Hanno paura della vendetta di poteri forti?
Burlini sta riportando in maniera completamente distorta quanto accaduto nei commenti a questo post https://apocalottimismo.it/riflessioni-nel-caldo-estivo/ . Non lo stavo ‘deridendo’ su nulla, semplicemente gli ho fatto notare la stranezza di fare calcoli astrusi per ricavare la SAU biologica e le sue destinazioni d’uso quando c’erano metodi molto più diretti e terra terra (il database SINAB) per risalire al dato.
Quanto al fatto che il biologico e le pratiche agroecologiche si occupino prevalentemente della produzione di derrate alimentari di minor importanza, almeno per l’Italia questo dato è smentito proprio dal SINAB ( https://sinab.it/sites/default/files/2022-07/Agricoltura_biologica_Overview_2022_040722_DEFINITIVO.pdf ). Comunque, finché viviamo in un regime dove l’agroindustria non deve rispondere delle esternalità che produce, si tratta sempre di una partita truccata in partenza, quindi c’è poco da stupirsi (deve essere la milionesima volta in due anni che lo ripeto).
Qui invece si fa riferimento ai commenti a questo articolo https://apocalottimismo.it/ogm-sostenibilita-e-mistificazione-2/ . Come al solito, Burlini risponde a una contestazione con un aneddotto non verificabile dove la fonte sarebbero persone non meglio identificate, quindi o gli si crede sulla parola oppure si va a casa sua per sottoporlo alla macchina della verità (è la stessa persona che fa la solfa agli altri con le “fonti di parte”, non dimentichiamolo. Tra l’altro, negli infiniti aneddotti avuti con persone misteriose succede sempre che gli danno ragione, mai torto… chiamiamola fortuna, dai).
Premetto che io non sono né un grillo parlante né un geek che ama fare “gnegnegne” alla gente, nel senso che non mi straccio le vesti per delle definizioni sbagliate o cose simili. Il mio accanimento sul sig. Burlini è dovuto al fatto di aver scritto un libro dove si presenta come “ambientalista eretico” in grado di smentire gli assunti della scienza della sostenibilità ambientale, per cui la cosa è completamente diversa.
A un certo punto lui scrive:
” Ma ci sono molte altre zone dove il tenore è più basso, o sotto strati di altro minerale e che si possono sfruttare. In quasi tutto il Marocco (ed è lungo quasi 3000 km) sia sulla costa che all’interno, si vedono persone, anche giovanissimi, con i denti neri, sintomo di eccesso di fosforo nell’acqua e nel cibo. Stessa cosa ho visto in Siria, Giordania, Mauritania e Senegal. Ci sono poi da sfruttare enormi depositi sottomarini lungo la costa. Ovvio che l’EROEI sarà senza dubbio maggiore, ma per il fosforo ne vale la pena.”
A quel punto faccio notare che non solo sta calcolando un EROEI per una materia prima non energetica, ma che addirittura fa passare un valore alto di EROEI come cosa negativa, cioé l’esatto contrario della realtà. Quindi, al di là delle elucubrazioni dei due misteriosi geologi amici suoi (successive di quasi un anno), era evidente la totale misconoscenza del concetto di EROEI. EROEI che è e rimane il rapporto tra l’energia estratta e quella di estrazione di fonte energetica, al di là dell’aneddotica.
Non posso fare a meno di apprezzare il contorsionismo mentale per far rientrare anche i fosfati tra le materie prime energetiche. C’è solo un piccolo problema, sia che si tratti di una conversazione realmente avvenuta o di un fatto creato ad hoc: i suoi amici geologi/ingegneri le avrebbero spiegato un concetto che io stesso le ripeto da due anni, ossia che ragionare per riserve di materie prime non ha alcun senso perché il limite estrattivo arriva molto prima dell’esaurimento. Quindi, arriverà un punto per cui non avrà più alcun senso sfruttare minerali a concentrazione troppo bassa, per non parlare dei giacimenti marini. Buona domenica (spero sia aperta una ricevitoria della SNAI, vado a scommettere 50 euro che i suoi amici invece le avranno detto l’esatto contrario).
Fuzzy, ci sono anche foto della Cina in cui esseri umani tirano l’aratro come fossero bestie da soma. In Africa fanno tutto a mano. In teoria tutto si può fare. Ma è fattibile in pratica? Conviene?
In Italia il costo del lavoro è assolutamente proibitivo, e per esperienza ti dico che di gente che ha voglia di far fatica in campagna ce n’è in teoria un’enormità, in pratica zero. Ma zero veramente.
E anche se hai la fortuna di trovare qualcuno, lo devi pagare dieci volte quello che un’agricoltura manuale ti rende. Per cui o schiavizzi te stesso, e da solo a meno che tu non sia Stakanov non lavori nemmeno un ettaro, oppure devi usare il trattore.
Per cui se riesci a far lavorare i cavalli e gli asini che stanno lì a far niente, meglio.
L’avevo un po’ buttata lì come una possibilità ipotetica piuttosto che tornare alla trazione animale.
Però se ci pensi, il sistema ad aratura con traino è stato effettivamente usato per circa un secolo. Ora, metti dei motori elettrici al posto dei pedali, pannelli solari quel che basta e su certi terreni e per certe arature leggere potrebbe anche funzionare. Questo per dire che non si torna mai completamente indietro.
Certo, si presume che la civiltà industriale iperproduttiva stia volgendo al termine.
L’aratura però distrugge il terreno.
E i motori elettrici non sono la soluzione a tutti i problemi, anzi.
Bisognerebbe cambiare il sistema di incentivi all’agricoltura, che ha spinto e aiutato i contadini a comprare macchinari sempre più grandi e distruttivi. Ho scritto un libriccino su questo.
Sovranità alimentare: tra invadenza e supponenza
Ti ho risposto sotto questo articolo. La risposta è in moderazione. Potrebbe arrivare più tardi.
https://solar.lowtechmagazine.com/2011/05/pedal-powered-farms-and-factories.html
Ecco, trovato. È in fondo all’articolo nel paragrafo
“Verricello a pedali, sostituzione di un cavallo da fattoria o di un trattore”.
Gli imbrattatori di vetri e cornici nei musei nelle gallerie d’arte, delle facciate di edifici sedi d’istituzioni nazionali, c’è già chi li si vorrebbe considerare ecoterroristi.
Ecoterroristi, senza neanche il trattino, visto che nella mente ottusa di certi figuri , eco è gia un prefisso che ha qualcosa di criminale in sé e per sé.
Come dobbiamo considerare i proprietari del noto marchio d’allevamento avicolo, ormai reso famigerato anche dall’inchiesta di Report, della RAI?
Discoli? Furfantelli? Poveri imprenditori vessati dalle spietate leggi del mercato e della Borsa valori?
E i cosidetti “consumatori” che reclamano stolidamente diritti senza mai chiedersi se bisogna pure assolvere a dei doveri, salvo poi accorgersi che “nessuno dà e fa niente per niente”?
Che vorrebbero i carburanti ad un euro al litro, il SUV per fare la spesa al centro commerciale fuori porta e le vacanze e la AMI elettrica per le commissioncine cittadine, anche quando pioviggina.
Ah certo, anche il monopattino e la bici elettrica e le piste ciclabili e l’aria senza particolato e in tavola il pollo bio a 5 (cinque) euro al chilo.
Ma non si chiedono neanche che cosa fisicamente sia un chilowattora.
Come mai l’elemento chimico numero 73, il Tantalio, abbia questo nome
Ci sono i tecnici i tecnologi e gli scienziati per questo, giusto?
Quest’anno sono cinquant’anni che avvenne la prima grande crisi petrolifera.
Gli mbrattatori non erano neanche nella mente dei loro genitori e pure di qualche loro nonno.
Ma come sia stato imbrattato il pianeta fino ad oggi lo vedono benissimo.
c’è già chi li si vorrebbe ………c’è già chi li vorrebbe
Gli mbrattatori…………Gl’imbrattatori
Diciamo che mentre si criminalizzano gli imbrattatori con grande clamore di stampa, sta passando una riforma del processo penale che è tutta un programma..
https://www.money.it/riforma-cartabia-perche-criticano-cosa-sta-succedendo
Igor: continua ad arrabattarsi a far l’analisi di quanto scrivo/ho scritto, ma si guarda ben dal ragionare sui numeri con la propria testa. Pensavo/speravo che il recente scandalo sui polli spacciati per Bio le avesse fatto venire dei sospetti sulla validità di certi numeri (anche di quelli ufficiali) e comportamenti. Soprattutto quando si scopre che una ditta leader del settore, non solo alleva in condizioni di benessere animale nettamente peggiore rispetto agli allevamenti tradizionali, ma spaccia per prodotti Bio un terzo della sua produzione, mentre in realtà ne produce solo un decimo e via discorrendo. Per giunta una ditta con ben tre certificazioni ufficiali. E io dovrei fidarmi dei numeri che forniscono queste aziende e certificatori ? Come si può fidarsi di numeri e certificazioni fornite da aziende private pagate e scelte dalla stessa azienda certificata?
E’ di fronte a tutto questo che io, da convinto ambientalista, oltre a voler ragionare con la mia testa e non farmi prendere in giro, sento doveroso denunciare chi usa l’escamotage dell’ambientalismo per ingannare il prossimo. Se lei invece ci crede ciecamente, buon pro le faccia.
Gaia: anche se Igor non la finirà più con le accuse ad esperienze e ai dati soggettivi e non verificabili, ti racconto la mia esperienza con la trazione animale. L’ho praticata per quattro anni circa utilizzando il mio asinello (razza furlana) per trainare un carretto. In effetti era utile a trasportare attrezzi, pali, reti, ecc. in giro per i campi. E portare a casa la legna o altro. Dal punto di vista pratico (totale tempo impiegato) non era conveniente, però mi divertiva avere la compagnia di un asinello: in campagna purtroppo lavoro sempre da solo. Anche i miei nipoti (ed i loro amici) erano contenti e si facevano scarrozzare ovunque. Il mio asinello Tito era anche diventato famoso in paese e per un paio di anni ho impersonato il Castaldo accompagnando l’asinello di Santa Lucia in giro per il paese. Ho smesso quando Tito (un maschio intero), ha cominciato a scappare per raggiungere l’asina di un’altra azienda, attraversando strade ed incroci. Per un pelo non ci sono stati incidenti e così ho dovuto venderlo ad un agriturismo della Valsugana.
Per professione o curiosità ho visto altri esperimenti, molto più importanti del mio, con grossi cavalli e/o muli. Costosissimi da acquistare e mantenere. Da quanto mi hanno raccontato (le stesse cose le puoi trovare su vecchi articoli sull’Informatore Agrario o su riviste francesi come questo https://www.reseaufaireacheval.fr/wp-content/uploads/2014/11/Rapport_Etude_TA_Bretagne.pdf) oltre ai costi le difficoltà sono di due tipi: il tempo (asini, cavalli o muli richiedono molto più tempo e costi di manodopera, compreso il mantenimento durante tutto l’anno rispetto ad un potente trattorino che puoi parcheggiare e dimenticare per mesi quando non lo usi) ed il costo delle attrezzature. Difficilmente reperibili(e o adattabili quelle specifiche. Dopo l’entusiasmo iniziale, quasi tutti quelli che ho conosciuto hanno smesso eccetto per i lavori nel bosco oppure quegli agriturismi o aziende a vendita diretta in cui la trazione diventa un must da mostrare ai clienti. Opinione personale (Igor permettendo): un vecchio trattore funzionante a oli vegetali prodotti in azienda può essere più potente, pratico e sostenibile.
Mettiamo un po’ d’ordine nelle argomentazioni contra personam e nelle polemiche strumentali, Burlini ha un dono nell’evitare di affrontare le cose creando un gigantesco casino dialettico tra lui e l’interlocutore.
– Uno può fidarsi o non fidarsi di chicchessia e dubitare ragionevolmente, tutt’altra cosa è portare certezze che non sono supportate se non da testimonianze soggettive e non dimostrabili. Mi riferisco ovviamente al letame 90% in deroga letto non si sa dove e/o affermato da non si sa bene chi e alle innumerevoli volte che sono stati usati stratagemmi simili. Tra l’altro, mentre il certificatore ha degli obblighi di legge e rischia un’imputazione di falso ideologico, lei nei suoi aneddoti non rischia proprio, sono parole del tutto in libertà. Quindi se non si crede ai certificatori che rischiano del loro, a maggior ragione perché bisognerebbe credere a un noto e accanito anti-BIO che racconta sempre aneddoti dove anonome e nebulose entità confermano la sua visione delle cose.
– io non sono un fan delle certificazioni biologiche e dei loro burocratismi, conosco molti contadini che nei fatti ricorrono a pratiche agroecologiche assimilabili al BIO che preferiscono però starsene lontani dagli oneri certificativi; a tal riguardo mi sono interessato alla “certificazione partecipativa” e in generale alle alternative alla certificazione standard. Questo “bio di fatto” non è conteggiato nei dati ufficiali, i quali sicuramente sono invece gonfiati dalle truffe.
Anche qui non so se ci è o ci fa, le opinioni e i dati soggettivi e non verificabili vanno benissimo come pour parler, lei invece li usa come sostituti e/o confutazioni di studi scientifici e cose simili.
Igor le ha sempre permesso di dire tutto quello che voleva sempre sui suoi blog, anche quando lo canzonava e denigrava apertamente.
Francesco, tenere un asinello da solo è crudele: ci credo che scappava. Spero che nella sua nuova sistemazione ci siano suoi simili.
Riguardo a tutto il resto non commento: ognuno è libero di provare a fare agricoltura con o senza animali da tiro e vedere cosa è meglio. Non sono un’accanita sostenitrice di questa pratica, ricordo solo che è una delle tante possibilità.
Gaia: in realtà ne avevo prenotato ed acquistati due di asinelli, ma poco prima di andare a prenderli, un orso ha ammazzato sia la madre che il secondo.
Aggiungo un’altra difficoltà incontrata da chi ha voluto adottare la trazione animale in agricoltura: l’impossibilità di macellare i cavalli a fine carriera, perché alla nascita erano stati dichiarati come NON DPA. Come saprai tale definizione è irreversibile, per cui il proprietario del cavallo è costretto a tenerselo fino alla sua morte naturale. E questo moltiplica a dismisura i costi, soprattutto per soggetti pesanti come quelli adatti al tiro. Chi invece li ha avuti come DPA, ha trovato serie difficoltà a curarli perché molti farmaci permessi nei NON DPA, sono vietati per i DPA. Questa è una delle tante prove di quanto l’animalismo stia inquinando l’ambientalismo.
Igor, ripeto, certe informazioni sono semplicissime da ottenere o verificare: basta chiedere ai diretti interessati e non limitarsi a pretendere di leggere solo conferme scritte, che proprio perché su questioni “illegali”, nessuno scriverebbe. Salvo poi meravigliarsi quando qualcuno va ad indagare sul serio e scopre gli altarini: vedi lo scandalo del riso piemontese o quello più recente dei polli Bio maltrattati. E poi, quella del letame, non è nemmeno una violazione del disciplinare, ma solo una semplicissima deroga (come mille altre) che viene concessa quando non è possibile altrimenti. Si informi almeno su questo. Sono però queste deroghe a fornire le contraddizioni più schifose.
Infatti io per principio non compro cavalli o equidi non DPA (solo i primi due, quando ancora non sapevo della distinzione). Non è solo una questione di ambientalismo, ma di tabù e snobismo legati ai cavalli e asini e in genere alla divisione in classi per cui solo i bifolchi mandano al macello i fidi compagni, mentre i signori li fanno invecchiare nelle loro tenute (e quelli che vorrebbero essere signori ma non lo sono cercano di sbolognare cavalli vecchi a qualche sprovveduto per comprarsi puledri). C’è molta ipocrisia, tanto scaricabarile, e vedendo come sono tenuti certi animali mangiarteli non è neanche lontanamente la cosa peggiore che puoi fare.
Da bravo eretico, Burlini ha stravolto gli antici classici e ora “scripta volant e verba manent!”. Comunque no, io purtroppo non possiede quel potere che hai lei per cui la gente racconta senza remore i propri atti illegali e/o zozzerie varie. Ho però accettato il suo invito a informarmi, anche se, chiedo venia, mi rifaccio alle regolamentazioni scritte e non ai racconti orali (è un limite che fatico a superare).
Qui (https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/summary/eu-rules-on-producing-and-labelling-organic-products-from-2022.html) c’è la pagina Web della UE dedicata al biologico. Nel regolamento di esecuzione ( https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R1165&from=IT ) si dice chiaramente che ogni genere di letame ed effluente di allevamento non può provenire da allevamento industriale.
Però si diceva che era una deroga; le deroghe al regolamento sono normate dal REGOLAMENTO DELEGATO (UE) 2020/2146 https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:32021R1165&from=IT . Si dice espressamente che le deroghe sono limitate a situazioni particolari tipo “circostanza calamitosa derivante da «avversità atmosferica», «epizoozie», «emergenza ambientale», «calamità naturale» o «evento catastrofico», nonché da un’eventuale situazione comparabili” e “per un periodo limitato e non superiore a quello necessario, e in nessun caso per più di 12 mesi”. Quindi, se ci sono aziende agricole bio che ‘in deroga’ ricorrono da prassi a letame da allevamento intensivo, allora sono in palese situazione di illegalità. Nell’articolo 3 del regolamento sono specificate le deroghe:
– “per la produzione di vegetali e prodotti vegetali diversi dal materiale riproduttivo vegetale, può essere utilizzato materiale riproduttivo vegetale non biologico
qualora non sia possibile l’uso di materiale riproduttivo vegetale biologico o in conversione”;
– “il patrimonio zootecnico può essere rinnovato o ricostituito con animali non biologici in caso di elevata mortalità degli animali”;
– ” in caso di perdita della produzione di mangimi o di imposizione di restrizioni, gli animali possono essere nutriti con mangimi non biologici anziché con mangimi biologici o in conversione.”
– “qualora sia colpita l’unità di produzione degli animali, il pascolo su terreni biologici, la densità di allevamento negli edifici e le superfici minime degli spazi al chiuso e all’aperto, quali stabiliti in un atto di esecuzione adottato a norma dell’articolo 14, paragrafo 3, del medesimo regolamento, possono essere adattati”
– “in caso di perdita della
produzione di mangimi o di imposizione di restrizioni, la percentuale di sostanza secca costituita da foraggi grossolani e foraggi freschi, essiccati o insilati nella razione giornaliera può essere ridotta, a condizione che sia soddisfatto il fabbisogno nutrizionale dell’animale nei vari stadi di sviluppo.”
– “qualora la sopravvivenza della colonia sia minacciata per ragioni diverse dalle condizioni climatiche, le colonie di api possono essere alimentate con miele, polline, sciroppi di zucchero o zucchero biologici.”
– “qualora la sopravvivenza della colonia sia minacciata, la colonia di api può essere spostata in zone che non rispettano le disposizioni relative all’ubicazione degli apiari”
– “lo stock di acquacoltura può essere rinnovato o ricostituito con animali di acquacoltura non biologici in caso di elevata mortalità degli animali di acquacoltura e qualora non siano disponibili animali allevati con il metodo biologico”
– “le condizioni per l’uso di prodotti e sostanze autorizzati nella produzione biologica, l’anidride solforosa può essere utilizzata per l’elaborazione di prodotti del settore vitivinicolo, fino al tenore massimo di cui all’allegato I, parte B, del regolamento delegato (UE) 2019/934, qualora le condizioni sanitarie delle uve biologiche obblighino il produttore a utilizzare più anidride solforosa rispetto agli anni precedenti per ottenere un prodotto finale comparabile.”
Sui fertilizzanti, invece, non sono previste deroghe di alcun genere.
Avrei un altro fatto secondo me abbastanza eloquente da esporre e, se mi trovassi a che fare con una persona con cui fosse possibile parlare liberamente senza remore, lo farei; ma siccome non è il caso la manifesterò eventualmente solo quando dotato delle opportune mutande di latta.
Igor: è del tutto inutile farmi leggere cose che conosco molto meglio e da molto prima di lei. Si è già dimenticato che più di 20 anni fa ho conseguito la qualifica di “Certificatore Biologico”?
Per capire (ammesso che voglia farlo) continuo a suggerirle di fare da solo un semplice calcolo: calcolare se sia materialmente possibile che il gran numero di agricoltori Bio (con un milione e mezzo di ettari) possano trovare in Italia abbastanza letame prodotto dall’esiguo numero di allevamenti intensivi Bio. Solo allora capirà quante deroghe ci siano in proposito. O meglio, di quante siano necessarie per sostenere il sistema.
Non parliamo poi delle moltiplicazioni di documentazione grazie alle quali gli allevamenti intensivi Bio di galline ovaiole spesso guadagnano di più “producendo e vendendo” lettiera Bio, che uova. Lettiera che invece proviene da altri allevamenti tradizionali non bio, della stessa o di aziende vicine. Figuriamoci se gli ispettore-certificatori (che ricordo sono scelti e pagati dal controllato) denunciano la cosa. O semplicemente se ne accorgono durante l’unica visita annuale. A parte le carte, non avrebbero nemmeno modo di rilevare la differenza. Le lettiere, a parte l’etichetta sono perfettamente uguali. Se non vengono fatti controlli sui prodotti destinati all’alimentazione umana, figuriamoci se vengono fatti sul letame!!!!
Tutti questi sono peccati veniali e li ho citati solo come esempio di un sistema che non sta in piedi da solo.
Le cose che a me indignano sono ben altre. Non mi frega niente che ci siano dei consumatori talmente coglioni da essere contenti di pagare di più dei prodotti pessimi. Come veterinario, mi fa incazzare per come trattano gli animali. Come cittadino è invece la montagna di contributi (centinaia di milioni) che vengono erogati ogni anno ad un settore che ogni giorno di più si dimostra una buffonata.
PS: e nonostante tutto in Europa un minimo di controllo esiste, nel resto del mondo (da cui provengono gran parte delle materie prime certificate come Bio e poi lavorate nelle aziende di trasformazione) nemmeno quello, ma basta l’autocertificazione da parte dell’azienda produttrice.
No lo ricordo bene, ha ripetuto a più riprese di essere un certificatore-sputtanatore del bio. Il punto della questione è un altro (su cui ha ampiamente sorvolato): se il disciplinare non ammetta alcun tipo di deroga all’uso di effluenti e letame, non ha alcun senso parlare di ‘deroga’: siamo in presenza di falsi ideologici (come minimo), siamo insomma nel penale. E tutti i discorsi che ci ha sempre fatto lei su questo famoso “90% in deroga” (l’ho letto su di una rivista bio, me l’ha detto un funzionario AIAB ecc) assumono tutto un altro aspetto.
Come ho detto nel commento precedente, potrei avere la risposta ma non ho ancora le mutande di latta sufficienti per parlarne a un hater. Detto ciò, questo calcolo sarà tanto “semplice” ma, insisto, lei è l’unico anche tra gli anti-bio che lo sappia fare, dal momento che anche i più accaniti nemici del biologico non riportano questo dato, pur trattandosi di una argomentazione potenzialmente fortissima.
Forse lei si comportava così quando faceva il certificatore (ovviamente solo lei può saperlo), starei attento a generalizzare. Io ho pagato profumatamente un professionista per far fare la perizia sulla classe energetica di un edificio, e l’ha valutato classe F. Se i soldi che gli ho dato avrebbero dovuto essere un metro determinante, avrebbe dovuto certificarmi una A+!
Per il resto, sul sistema delle certificazioni BIO ho anche io le mie perplessità. Tutte queste qerelle sul BIO non sono mai nate perché io abbia difeso questo sistema nei miei pezzi sul blog, l’ha usato come argomentazione stile “e allora le foibe?” quando ho evidenziato l’insostenibilità dell’agroindustria. Ci sono persone all’interno del sistema delle certificazioni che non hanno gradito affatto le mie prese di posizione a favore dell’agroecologia ‘sburocratizzata’ e della certificazione partecipata. Ovviamente, quando si ha a che fare con gente come lei che ingigantisce, strumentalizza e lancia illazioni gravissime a colpi di ‘aneddotti’, si diventa facilmente un ‘avvocato del biologico’ volente o nolente.
Visto che lei non vuole farlo, o meglio, ha paura di fare il calcolo perché farebbe cascare tutto il suo palco, lo faccio io. Tanto oggi piove e fa freddo e non ho di meglio da fare.
I dati li ho presi dal sito Sinab (dati 2020) che a lei piace tanto.
Gli ettari a cereali, sono 330.284, quelli a colture proteiche 47.523; 396.748 a foraggere; 36.000 a colture industriali; 65.000 a ortaggi e un totale di circa 477.000 a colture permanenti (frutta, olivo, vite, ecc) per un totale di quasi un milione di ettari a colture che richiedono fertilizzante organico. Ovviamente non tutte la stessa quantità, ma possiamo fare una media di almeno circa 150 qli a ettaro. Parlo ovviamente di letame (feci+ substrato fibroso vegetale: paglia, segatura, ecc) maturo e non liquame.
Gli animali invece sono 389.665 bovini, 51.765 suini, 596.182 ovini (in calo del 13,2% in un solo anno); 99.000 caprini (anche questi in calo del 12,4% e 3.952.998 avicoli anche questi in calo rispetto a pochi anni prima.
Dato che la stragrande maggioranza (80% ed oltre) delle aziende Bio, ed in particolare quelle zootecniche sono nelle regioni del sud, immagino che una percentuale analoga (eccetto per gli avicoli, concentrati quasi tutti al centro-nord) sia da considerare di tipo estensivo. Per gli avicoli, per esempio non vengono specificati quanti siano i polli da carne e quante le galline. I primi, vengono macellati a 40 giorni, per cui producono pochissima pollina ciascuno, mentre le galline, durando un anno e mezzo, molto di più. Purtroppo questo dato cruciale, non viene specificato dal sito Sinab ed è anche per questo che non mi è mai piaciuto. Per esempio, risulta che circa il 10% delle uova prodotte in Italia sia Bio. Calcolando che il totale delle uova prodotte ogni anno è 12,3 miliardi circa, quelle Bio sarebbero 1,2 miliardi. Ora, anche calcolando che le galline Bio producano lo stesso numero di uova ( 300 per anno) di quelle non Bio (cosa impossibile, dato che sono alimentate molto peggio e che vivono in condizioni di benessere nettamente inferiori), viene fuori che servono ben 400.000 galline ovaiole e cioè più del totale degli avicoli. Calcolando che buona parte delle galline Bio sono ruspanti, non si capisce dove sarebbero allora tutti quei polli da carne che produce la sola azienda Fileni? Faccio notare che dai dati Sinab, le carni avicole rappresentano il 76% del totale delle carni Bio prodotte!!! Con queste incongruenze facilmente rilevabili (almeno da me, che conosco il settore) , dovrei fidarmi di questi dati?????
Per carità di patria, (anche se la cosa mi fa vomitare) continuo. Secondo questo parametro i bovini allevati con sistema intensivo (l’unico che permette di recuperare il letame) si riducono quindi a 80.000 circa; gli ovini circa 120.000 e i caprini circa 20.000. Dato che un bovino allevato con sistema intensivo produce circa 120-150 qli di letame per anno, questi bastano per un solo ettaro di colture permanenti, ma non certo per un ettaro coltivato a cereali dove ne serve almeno il doppio (frumento) o il triplo come nel mais, soia, barbabietola, ortaggi, ecc.
Visto che lei si fida solo di dati scritti, per calcolare quanto letame viene prodotto e quanto serve non ricorro ad articoli specialistici (che non capirebbe) e mi rifaccio invece ad un articolo divulgativo dell’Informatore Agrario http://www.ediagroup.it/ita/Riviste/Vitincam/home_consigli/pdf/letame-corretto-impiego.pdf
Ora legga bene, controlli pure su altre fonti e si rifaccia bene tutti i conti e vedrà che dato del 90% viene fuori da solo. Altro che dato soggettivo e non verificabile! A dire il vero, prima che il dirigente dell’AIAB me ne parlasse, non ci avevo mai pensato.
Ero all’AIAB per organizzare la prima certificazione Bio da loro fatta all’estero (Uruguay) che poi quando è passato un anno e si doveva importare la carne Bio in Italia si è rivelata una pagliacciata, non per colpa dell’AIAB, ma perché abbiamo scoperto che in Italia veniva importata carne Bio dall’Uruguay con certificazione solo cartacea, fatta da una ditta certificatrice olandese
Il dirigente AIAB me l’ha rivelato perché preoccupato dal fatto che e l’importazione di carne bovina ( se fosse andata bene) avrebbe costituito un’ulteriore motivo per aumentare la percentuale di letame proveniente in deroga dagli allevamenti tradizionali.
Avrei il Titolo di Certificatore Bio, ma non ho mai esercitato perché già durante il corso ho capito di quanto fosse una pagliacciata buona solo ad incamerare soldi pubblici e fregare il prossimo.
No Burlini, non mi casca proprio niente. Sul blog mi occupo di sostenibilità ambientale non di perorare la causa del sistema dell’agricoltura biologica e tutta questa caciara che sta facendo è solo per creare la solita cortina di fumo della contrapposizioni polemiche, non riabilita certo le magagne ambientali dell’agroindustria. Come ho anche ripetuto vanamente nell’ultimo commento, sono il primo ad evidenziare i tanti problemi del sistema del biologico, al punto che diverse persone di quell’ambiente non hanno troppa simpatia per me. Per altro, penso che finché rimane la situazione attuale sia come pretendere che atleti dopati competano con quelli puliti, con i primi però che vengono incentivati a doparsi. Tutto ciò può solo portare a quanto avviene effettivamente: troppe zone grigie e troppi tentativi di scimmiottare le pratiche agroindustriali, e non c’è nulla di peggio di praticare il biologico svincolandolo dalle pratiche dell’agroecologia. Una svolta sarà possibile non quando ci si limiterà più a creare delle nicchie produttive ma si vorrà realmente superare il paradigma della rivoluzione verde, con tutto il supporto agronomico che deve essere concesso agli agricoltori per questa transizione. Che per essere efficace economicamente dovrà partire dalla penalizzazione delle esternalità negative e dalla valorizzazione di quelle positive.
Una delle prime misure dovrebbe consistere nell’impedire alle aziende di mantenere una piccola quota biologica che faccia da copertura a quella convenzionale, come capitato anche nel caso Fileni. Per inciso faccio notare che sulla condotta della Fileni erano state avanzate perplessità ben prima della punta di Report, come testimonia questo articolo del 2021 https://www.informazionesenzafiltro.it/marche-fileni-alleva-milioni-di-polli-ma-la-sveglia-la-cantano-gli-attivisti/ basato sulle informazioni ricavate da alcuni comitati cittadini per la difesa del territorio.
Adesso rispondo sulla questione del ‘calcolo’. Lei lo ha sempre presentato come una questione facile risolvibile dal primo cretino, in realtà si tratta non solo di stimare l’apporto di letame per ogni tipologia di coltura ma anche quello delle pratiche come la rotazione e dei nutrienti alternativi alle deiezioni animali. Si tratta insomma di qualcosa al di sopra delle mie possibilità. Comunque, elenco tutte le mie perplessità, partendo da sospetti fondati fino a entrare più nel merito:
– lei continua a parlare come un disco rotto di ‘deroga’, quando regolamenti alla mano le ho dimostrato non solo che letame ed effluenti sono esenti da qualsiasi derogabilità ma che le deroghe hanno carattere particolare e transitorio, in nessun caso prorogabile oltre i 12 mesi; quella che lei delinea sarebbe quindi una grave violazione del disciplinare. Trovo quindi totalmente incredibile l’idea di una rivista del settore bio che scriva che di fatto la stragrande maggioranza degli alimenti venduti sarebbe in violazione (e guarda caso la rivista è sparita dalle sue narrazioni). Curioso anche che lei dipinga i certificatori come mascalzani che per soldi convaliderebbero qualsiasi cosa poi però uno di questi se ne uscirebbe con confidenze scomode proprio con lei.
– come dicevo questo calcolo può farlo il primo cretino, però non è mai accennato da nessun autore anti-BIO, benché rivelare che il 90% del letame utilizzato è ILLEGALE sarebbe un’argomentazione bomba contro l’agricoltura biologica. Nel suo libro (pubblicato nel 2015, cioé quando i fatti che racconta sarebbero già avvenuti da tempo) scrive: “…per ovviare alla carenza di fertilizzanti di origine bio, è consentita (in deroga) la comoda soluzione di utilizzare fertilizzanti organici prodotti da aziende zootecniche tradizionali”. A parte aver scritto una falsità perché non esistono deroghe al letame, non si riferisce mai a questo fantomatico 90%, dato che non ho ritrovato neppure nelle interviste che ha concesso e sono ritrovabili sul Web. E’ una cosa che ha riferito esclusivamente nella piattaforma commenti di piccolo blog dove non ci si firma e si può facilmente lanciare il sasso e ritrarre la mano;
– Gaia con il suo ultimo commento mi ha anticipato riguardo alla sua ‘contabilità creativa’ del letame. Con quest’idea che sia prelevabile solo il letame da allevamento intensivo (recuperare letame, non materiale radioattivo) ed elevando il letame ad unico nutriente per il BIO, riesce a dimostrare tutto e il contrario di tutto.
Giussani
“in realtà si tratta non solo di stimare l’apporto di letame per ogni tipologia di coltura ma anche quello delle pratiche come la rotazione e dei nutrienti alternativi alle deiezioni animali”
https://www.researchgate.net/publication/331092981_Reframing_the_Debate_Surrounding_the_Yield_Gap_between_Organic_and_Conventional_Farming
Credo che sia già stato fatto.
In agricoltura il biologico produce meno del convenzionale (non sempre) ma se utilizza altri fertilizzanti e metodi di coltivazione oltre il sempkice spargimento di letame, è più sostenibile.
L’allevamento estensivo ha un impatto maggiore di quello intensivo (poi magari aggiungo)
Nessuno dei due è da considerarsi sostenibile.
Poi ci sarebbero gli allevamenti allo stato brado o semi-brado, ma in italia sono pochissimi e tendono ad estinguersi.
Che differenza c’è tra allevamento estensivo e semi-brado?
Comunque l’allevamento estensivo è potenzialmente sostenibile all’infinito.
https://www.ilgiornaledelcibo.it/allevamento-estensivo-caratteristiche/
Questo è quello che dice l’esperto.
Estensivo riferito principalmente ai bovini.
Gli animali stanno al pascolo per mi pare 6 mesi, poi vengono messi in stalla.
Non ho tanta voglia di entrare anch’io in questa diatriba sul letame di cui nemmeno capisco bene il senso, però mi sembra che manchino molti elementi a quanto dice Francesco.
Ad esempio, esistono un sacco di piccoli allevamenti di polli, a livello familiare o di piccole aziende agricole, il cui numero esatto di capi non è dichiarato se non per soglie ma che sicuramente costituiscono una componente significativa della produzione. Basta andare in un mercato contadino e vedere quanti vendono, legamente, uova non marchiate. Molta compravendita si svolge anche al di fuori dei mercati, con passaparola, visite in azienda, anche regali di chi ha qualche gallina in cortile… meno nelle grandi città, ma molto nei piccoli centri. Non basta purtroppo a soddisfare l’enorme fabbisogno, ma sicuramente incide. Per cui i dati “ufficiali” sono sicuramente incompleti. Tanti hanno anche polli senza dichiararli.
Inoltre in questo conteggio qui sopra non viene considerato il letame prodotto da equidi (da sport, carne, compagnia…) che è di ottima qualità e spesso viene addirittura regalato agli agricoltori. Sembra che in Italia ci siano circa quattrocentomila equidi. Un numero enorme!!
Inoltre molti agricoltori “concimano” con il sovescio, i fanghi di depurazione, il compost urbano… non capisco perché “solo” letame.
E non è nemmeno vero che solo gli allevamenti intensivi producono letame, dato che in molti allevamenti estensivi gli animali sono in stalla per parte dell’anno, ma questo l’ho già detto e sono stata ignorata.
Gestire i dati agricoli aggregati è estremamente difficile proprio per la grande varietà di situazioni e mi viene da consigliare un tono meno arrogante da parte di chi lo fa.
Fuzzy, l’esperto in questione dice che l’impatto è maggiore ma non dice perché. Siamo punto e a capo.
https://iopscience.iop.org/article/10.1088/1748-9326/aad401
Qui sugli animali nutriti solo al pascolo.
Per noi estensivo significa metà al pascolo e metà in stalla, una via di mezzo, ma insomma, la questione è simile. In sostanza occorrerebbe allevare più animali rispetto alla stessa produzione di carne.
Questo è probabile. Credo che non ci siano dubbi che con una popolazione come la nostra su un territorio come il nostro non si può mangiare così tanta carne, latte e uova. Mangiare meno e meglio vale per tutto, e a maggior ragione per i prodotti di allevamento.
È da considerare però che i nostri animali sono alimentati con mangimi d’importazione e spesso nati persino all’estero, per cui il problema non è tanto allevamento intensivo vs pascolo quanto alimentare animali con quello che il territorio produce vs alimentarli con mangimi importati (in questo secondo caso puoi fare come la Cina, palazzi con i maiali impilati gli uni sugli altri, povere bestie, e mangiare maiali quasi all’infinito, finché qualcuno ti vende la soia e non affoghi nel letame…)
Altre due cose: uno, la carne, come anche le verdure, prodotta senza essere gonfiata di mangimi, ormoni e acqua è più sana e più nutriente a parità di peso. Due, bisognerebbe fare come una volta e mangiare tutto degli animali, non solo i tagli più pregiati. Con un solo pollo di piccola taglia macellato in casa puoi fare svariati pasti e persino zampe, testa e ossa fanno ottimi brodi.
Igor, Gaia, Fuzzy: è proprio vero che la fede acceca anche di fronte all’evidenza dei numeri. Il tentativo comunque l’ho fatto. Trovo particolarmente ridicolo il tentativo di aggiustare qualche numero (dal 90 all’80% nel migliore dei casi) citando che anche i piccoli allevamenti estensivi producono un po’ di letame. Queste quantità andranno bene al massimo per qualche piccolo frutteto dei paraggi o un campetto di ortaggi gestito da qualche ammirevole piccolo produttore Bio che vende ai mercatini rionali. Di questi ne conosco tanti, o meglio ne conoscevo perché, a meno che avessero altre entrate, la maggioranza ha chiuso a causa della concorrenza da parte della GDO, che avendo bisogno di prodotti standard, ha bisogno di quei grandi trasformatori come appunto la Fileni, che a quanto mi hanno riferito, non è nemmeno la peggiore. Io intendevo semmai quelle centinaia di migliaia di ettari che producono le materie prime necessarie ai trasformatori del Bio.
A me dei particolari sul letame, sulle deroghe quant’altro non mi frega proprio niente. E’ l’insieme del sistema del Bio che è una buffonata. O meglio un comodo escamotage per incamerare soldi pubblici da parte dei produttori e vendere a prezzi più alti dei prodotti al massimo uguali, ma in genere peggiori, da parte dei trasformatori e commercianti.
Questa sera, a cena mi è venuto in mente un’altra deroga o meglio un’altra concessione. Anni fa la morosa tedesca di un mio parente che lavora in Germania ci portò parecchie bottiglie di vini bianchi aromatici del Reno. Tutte Bio. Ogni volta che ne bevevamo, a mia moglie (che al massimo beve mezzo bicchiere) veniva nausea ed un forte mal di testa e una nausea. Dopo aver escluso altre cause, ci siamo concentrati sul vino, ma all’inizio escludevo che fosse a causa dei solfiti, perché sapevo che nei vini Bio in Italia viene ammessa una dose molto inferiore a quella dei vini normali e questi non hanno mai causato problemi. Sono comunque andato ad informarmi sul regolamento UE sul Bio, del 2007 credo, ed ho scoperto che i limiti dei solfiti ammessi nei vini bianchi tedeschi erano quadrupli rispetto a quelli italiani e per quelli Bio, di pochi punti percentuali inferiori a quelli normali. Dato che la Germania è paese leader nell’UE, compreso il lucrativo settore Bio, è riuscita a ottenere anche questo. Così come una decina di anni fa mise a tacere in fretta lo scandalo dei SEU (Sindrome Emolitico Uremica) dovuta a cibi biologici contaminati da un ceppo entero-emolitico di E. coli e che fece una cinquantina di morti, qualche migliaio di intossicati, di cui quasi mille con gravi lesioni ai reni e fegato. Figuriamoci quanto e per quanto ne avrebbero parlato se fosse accaduta una intossicazione mille volte meno grave causata da un alimento OGM. Alla faccia del Principio di Precauzione!!
Sempre una decina di anni fa, fu messo a tacere qui in Italia, (ne parlarono per un paio di giorni solo i giornali locali) lo scandalo di una ditta qui nel basso veronese che commerciava fitofarmaci per la filiera del Bio e nei cui magazzini avevano provato ben 1.000 litri (mille) di Atrazina: un erbicida migliaia di volte più tossico, penetrante e persistente del Glyphosate. Con 1000 litri si trattano migliaia di ettari. La ditta, continua sotto altro nome.
Di fronte a queste omertà ed interessi, sponsorizzati da multinazionali del calibro di Amazon, Auchan, Ikea, Coca-cola, Kraft, Carrefor, Mars e le nostre Coop & co, a me non resta che arrendermi. Voi continuate pure a crederci.
E’ un anno e mezzo che la mena con questa cosa, chissà se le fregava qualcosa cosa faceva…
Non so che cosa tu abbia letto.
Comunque per quanto ne so io gli allevamenti bio o non bio, con questi consumi di carne sono una sciagura.
Tutta l’agricoltura impatta sui sistemi naturali, ma molto meno dell’allevamento.
Per il resto
I fertilizzanti attualmente costano una follia (e continueranno a costare) e per giunta gli agricoltori sono abituati a usarne più del necessario, con tutto quello che ne consegue. L’agricoltura convenzionale è tutta a carico del petrolio (che costa anche quello) e della natura che viene usata come una discarica. Sopravvive solo per le sovvenzioni che riceve.
Adesso tu vuoi far capire non si sa cosa.
Secondo me non lo sai neanche tu quello che vuoi far capire.
C’è stato il tempo delle vacche grasse, ma i cornucopiani come te devono capire che oramai quel tempo è passato. Adesso siamo nel tempo delle vacche magre.
Anzi, lasciamole stare le vacche, che è meglio.
Ah, e un’altra cosa rispetto al discorso del “maggiore impatto”. Dire “maggiore impatto” solo perché ci sono più capi mi sembra riduttivo, bisogna vedere anche quanta acqua si consuma, medicinali, da dove importi le materie prime, eccetera. Se calcoli così allora anche il biologico può avere un “maggiore” impatto se le stesse piante producno meno e ne devi avere di più. Ma poi c’è tutto il resto.
No, io non ho parlato solo di “piccoli allevamenti estensivi”, ma di:
– quasi mezzo milione di equidi che producono letame (non conteggiati)
– sovescio e rotazione
– compost
– allevamenti *non* intensivi che comunque producono letame (praticamente quasi tutto l’allevamento di montagna)
– fanghi di depurazione (non credo usati nel biologico)
Probabilmente ci sono anche un sacco di altri tipi di concimi, quali la cenere, i vari materiali per pacciamatura, la farina di ossa e altri scarti… altro che solo letame.
Igor, l’ho ripetuto più volte per tre semplici motivi. Come giustamente ha rilevato lei, basterebbe questa sola contraddizione a sputtanare tutto il settore. E poi perché non le entra proprio in testa (o non vuole accettarlo) che se un prodotto non c’è sulla piazza (e gliel’ho ampiamente dimostrato con dei dati incontrovertibili), non lo si può adoperare e bisogna andare a cercarne altri. Che poi queste concessioni le si voglia chiamare deroghe, sotterfugi o altro, non sta a me giudicare. So solo che i certificatori, le definiscono deroghe e le concedono a piene mani, altrimenti tutto il sistema si ferma. E nessuno controlla questi controllori/certificatori.
Per smentirmi, perché, invece di informarsi solo sui documenti, non chiede direttamente informazioni/spiegazioni ai diretti interessati?
Poi però per correttezza dovrebbe rivelare quanto ha saputo e non nasconderlo.
Il terzo motivo è che ha sempre sorvolato su altre contraddizioni, anche molto più gravi.
Gaia: forse non hai capito bene l’inghippo. Di fertilizzanti organici e/o ammendanti se ne trovano ovunque, anzi, ce ne sono fin troppi. O meglio sono troppo concentrati al nord dove si trova il 70% degli allevamenti. E da questo anche problemi di inquinamento da nitrati in acque superficiali ed in falda. Quelli che mancano sono quelli certificati Bio.
Come ho già scritto, per andare incontro all’assurda demagogia del Km0 e che il prodotto italiano sia “più meglio” di quello straniero, stiamo importando troppe materie prime per alimentare animali qui in Italia. Così facendo, oltre a depauperare i terreni dei paesi esportatori di materie prime, stiamo affogando nella merda noi. Soprattutto qui al nord. I casi più estremi sono però nei Paesi Bassi e nel nord della Germania, dove una miriade di allevamenti vicini ai porti stanno producendo enormi quantità di carne e deiezioni di tutti i tipi. Con la conseguenza di affossare con prezzi bassissimi, i tentativi di estensivizzare certe produzioni zootecniche.
Questi problemi ( che, ripeto, ho menzionato più volte), ben più gravi delle stupidissime deroghe & Co, nessuno li ha colti. Soprattutto Igor, che parla sempre di esternalità, ecc.
“I bilanci degli enti regolatori hanno subito tanti tagli che, in media, in allevamento si può aspettare un’ispezione per inquinamento una volta ogni duecentosessantatre’ anni”.
E anche se ciò fosse accaduto, quasi sicuramente la multa sarebbe stata inferiore al costo di adeguamento delle strutture.
Persino in Cina, un paese devastato dall’inquinamento industriale, il letame suino sembra oggi la principale causa della morte di laghi e fiumi
Monbiot, sempre il solito libro.
Parla anche dei fanghi di depurazione, come vengono smaltitiabusivamente. Roba da far venire i brividi.
Siamo in inghilterra, ma dice che è così un po’ dappertutto.
E però (ennesima volta che lo ropeto) lei questo 90% lo ha riservato alla mia piattaforma commenti e non si trova in nessun altro contestatore del BIO. Quindi lei e gli altri anti-Bio non sputtanate per bontà, perché non vi piace vincere facile o cos’altro?
Si chiamano ‘reati’. Chiaramente se voglio lanciare il sasso e ritrarre la mano meglio insistere a chiamarle ‘deroghe’ senza nessun motivo, meglio ancora se lo faccio sulla piattaforma commenti di un blog dove posso camuffare la mia identità. Le sue affermazioni sono chiaramente querelabili (perché va oltre i ‘calcoli’, dice chiaramente che i certificatori dichiarano deliberatamente il falso) ma probabilmente sto commettendo un reato anche io che accetto in moderazione di pubblicare contenuti diffamatori. Ovviamente, lei sa bene che non la bannerò mai perché le farei un favore, però me lo lasci dire: è davvero un giochino squallido e sporco.
Come ci ha più volte ripetuto, lei è un certificatore, conosce il disciplinare e sa benissimo che non si può derogare sull’origine di letame ed effluenti zootecnici nonché che le deroge non possono superare i 12 mesi. Continuare a chiamarle ‘deroghe’ è solo un modo comodo per non assumersi la responsabilità delle sue affermazioni.
Idem come sopra: i certificatori chiamano ‘deroghe’ delle vere e proprie illegalità e lei e tutti gli anti-BIO non denunciate questa cosa gravissima?
Se lei avesse un livello di ascolto dell’interlocutore almeno pari a quello del muro che ho di fronte a me e la piantasse di gettare tutto in una cagnara BIO-antiBIO, avrebbe letto di tutte le mie perplessità su questo sistema del BIO, che ho detto chiaramente che non può funzionare se non c’è la volontà politica di superare l’attuale paradigma agricolo, se non c’è un adeguato supporto agroeconomico e se invece di sostenere una transizione si permettono zone grigie dove aziende in stile Fileni possono sfruttare piccole quote di BIO per gettare fumo negli occhi. Senza contare tutte le questioni burocratiche legate alla certificazioni che spingono troppi contadini a desistere. Tutte questioni di cui si è occupata ampiamente ad esempio Miriam Corongiu, un’attivista contadina che collabora all’altro blog dove scrivo. E per queste ragioni io e lei parliamo sempre di agroecologia anche per prendere le distanze dal sistema burocratico del biologico.
Però, ci sono due cose imprescindibili:
– che non è tutto merda come vuole far rappresentare lei
– non legittima la sua dialettica ‘allora le foibe’ per cui le magagne del BIO renderebbero automaticamente sostenibile l’agroindustria. Perché questo suo continuo accanimento senza senso contro il BIO (dico senza senso perché si trova davanti qualcuno che non ha problemi ad ammettere limiti e storture) è strumentalmente usato a causa della sua incapacità di rispondere alle critiche in merito ai miei pezzi, nessuno dei quali era incentrato sulla difesa del sistema BIO.
Quanto al ‘parlare con gli altri’, a me nessuno confida i suoi reati e le sue mascalzonate, non ho questo dono. Comunque, se qualcuno mi fa delle confidenze (non delle denunce anonime, che sono altra cosa), le tengo per me. Avrei anche io i miei ‘aneddoti’…
Fuzzy, Monbiot ha ragionissima su alcune cose, ma su altre prende dei granchi spaventosi (per esempio sul cibo sintetico). Sulla Cina e i maiali non metto in dubbio che sia come dici/dice, anche se penso che anche l’estrazione di sabbia e la costruzione di dighe abbiano dato un bel colpo di grazia all’acqua dolce in Cina e nel Sud Est asiatico.
Francesco e Igor.
Francesco: come al solito cambi argomento. Cosa c’entrano i porti dell’Olanda con quanto letame è o non è potenzialmente disponibile in Italia?
Comunque, l’argomento della zootecnia e della produzione di cibo (quegli orrendi pomodori di plastica…) in Olanda, e della lotta tra governo e agricoltori, è molto interessante nella sua complessità e in come esponde alcune contraddizioni del nostro tempo (normalmente detesto la parola “contraddizioni” usata a vanvera, ma qui è quella giusta).
Se Igor scrivesse qualcosa in merito, lo leggerei volentieri.
Si, a me personalmente la carne coltivata non interessa. Sono questioni super-complicate da cui mi tengo rigorosamente alla larga. Come oramai dovresti sapere preferisco le soluzioni che usano pochissima tecnologia e molto ingegno.
Tipo questa, per rimanere all’inquinamento delle acque. (Però devo dire che per quanto semplice, la descrizione non mi è del tutto comprensibile). Diciamo che a questi livelli di semplicità se una cosa funziona, funziona in virtù di se stessa, non a scapito di immense risorse e apparati che servono per farla funzionare.
https://youtu.be/Zw9vRaS7EpI
Che sarebbe poi questa…
A occhio e croce si comporta circa come un alambicco, recuperando il vapore e lasciando in deposito i residui che poi non si sa come, vengono utilizzati per produrre illuminazione.
So che sono fuori tema, vabbè, mi incuriosiva capire come funzionasse il giocattolo.
Igor: continua a girarci attorno e a trascurare i veri problemi. E dire che ne ho citati molti. Non mi interessa se anche lei rileva che ci siano delle contraddizioni nel Bio, se nonostante questo continua a difendere tale costosa pagliacciata.
Io sono decisamente contrario al Bio per ben altri motivi che le deroghe sul letame. Innanzitutto non è sostenibile: come le ho ricordato spesso, se il metodo Bio fosse obbligatorio, oltre a riportarci alla fame, consumeremmo molte più risorse. L’ho dimostrato, con tanto di dati ed esempi, più volte. Poi come veterinario, perché troppi allevatori Bio dimostrano di non avere un minimo di rispetto del benessere animale. I filmati negli allevamenti della Fileni, sono solo gli ultimi di una lunga serie. Anche su questa “deroga” sul benessere ampiamente disattesa, non ha mai detto niente, nonostante io l’abbia citata più volte.
Si è mai chiesto dove fossero e che cosa ne è stato degli ispettori ( e delle loro ditte private) che hanno fatto finta di non vedere quegli
altri quattro o cinque grossi scandali che ho citato? Dato che non andrà ad indagare, le rispondo io: assolutamente niente!
Per capire il perché dovrebbe (ri)vedere quel servizio televisivo di un paio di anni fa che denunciava come dal Piemonte provenissero decine di migliaia di tonnellate di riso Bio, quando invece alla Regione risultavano solo tre aziende biologiche. E che la loro produzione media per ettaro risultasse superiore al convenzionale. Si riveda soprattutto il passaggio in cui parlano gli ispettori della regione. E poi capirà come funzionano le deroghe nel Bio.
Gaia: prima di rispondere, almeno leggi bene quanto scrivo! L’Olanda, la Danimarca ed il Nord della Germania, non hanno forse lo stesso problema (anche maggiore) che abbiamo in Pianura Padana riguardo l’eccesso di azoto organico (e conseguente accumulo di nitrati nel terreno) dovuto all’eccessiva concentrazione di allevamenti? Tra Novembre e Dicembre sono usciti molti articoli riguardanti la decisione dell’Olanda di imporre agli allevatori (con congruo indennizzo) una riduzione di almeno un terzo degli animali allevati. Molti giornalisti italiani, dimostrando ancora una volta una notevole ignoranza, hanno riportato che il problema riguardasse solo le vacche ed i loro rutti di metano.
A mio parere questi sono problemi più importanti ed urgenti rispetto alle deroghe, violazioni e truffe del Bio. In ogni caso, queste continueranno, anzi aumenteranno, dati gli enormi interessi economici che ci stanno dietro.
Ho letto. L’argomento originario era soltanto quanto concime utilizzabile nel biologico è teoricamente disponibile in Italia.
Ci credo che a lei non interessi che il mio pensiero venga distorto ad arte, a me invece importa eccome! Io ho espresso tutte le mie perplessità e le ragioni per cui secondo me è inevitabile la situazione attuale nel BIO. Se poi a lei questo non va bene non è un problema mio, non devo rendere conto a nessuno. Certo, come responsabile della piattaforma è mio dovere verificare sulle informazioni che vengono diffuse dai commentatori, specialmente quando la sparano grossa delinando situazioni configurabili come reato e cose simili.
Se lei si è fissato a parlare delle magagne del sistema del biologico è proprio perché non è mai riuscito a criticare nel merito i miei articoli sull’agroindustria, ha semplicemente cambiato argomento. Lo dico e lo ripeto (ben sapendo che le entrerà da un orecchio e le uscirà dall’altro): questo sistema biologico non può essere l’alternativa all’agroindustria, ma ciò non la rende sostenibile.
Lei non è il mio editore e questo non è un sito dedicato all’agricoltura biologica, sulla quale ho ampiamente chiarito la mia posizione riguardo al sistema burocratico esistente. Quindi è inutile che mi venga a dire di cosa devo o non devo parlare. Tra l’altro, trovo curioso che lei mi venga a chiedere di fare e indagini e quant’altro quando lei è il primo che certe accuse espresse qui ha preferito ometterle dai suoi libri e dai suoi interventi pubblici. Ancora adesso continua ostinamente a parlare di ‘deroghe’, evidentemente per pararsi le chiappe da eventuali querele legali, non riesco a trovare altra motivazione.
E’ anche bene precisare una cosa. Quando dico che non la bannerò mai anche quando obiettivamente i suoi interventi non dovrebbero superare la moderazione (per i continui out topic, per i toni sprezzanti verso i gestori del blog, per il fatto che ledono l’onore altrui alla luce delle accuse espresse) non è solo per evitare che lei vada in giro a dire “i decrescitari mi censurano perché non sanno replicare alle mie osservazioni”. Io non sono Voltaire che si faceva ammazzare per le idee altrui, meno che mai un masochista che godrebbe nell’essere continuamente blastato da qualcuno. Forse dovrebbe farsi qualche domanda sul perché le lascio tanta libertà.
Gaia: se l’hai letto (sempre che tu abbia capito che le quantità provenienti da allevamenti Bio non bastano a rifornirne le aziende agricole Bio, per ottemperare almeno al primo Articolo dell’IFOAM) perché non ti sei espressa in proposito?
Ovvio che non è obbligatorio esprimersi su ogni argomento, ma un aiuto da parte tua a Igor ed altri per comprendere quella contraddizione, sarebbe stato utile.
Ho continuato sull’argomento solo per dimostrare che è un problema minore rispetto ad altri come ad esempio l’eccesso nitrati.
Mi meraviglia come tale argomento, che dovrebbe essere prioritario per dei decrescitari, interessi molto meno dell’esistenza/adesione o meno alle deroghe.
Un altro argomento su cui mi meraviglia la tua indifferenza ( dato che anche tu allevi degli animali) riguarda i metodi crudeli usati da molti allevatori Bio.
Al pari di settori, è sempre più evidente che il Bio è il classico escamotage del Sistema che vuole continuare a fare le solite porcherie, per accontentare/anestetizzare quella minoranza che se si svegliasse potrebbe dare dei problemi e fare ben altre richieste.
Insomma: decrescitari, svegliatevi perché state seguendo strade sbagliate!
Su cosa dovevo esprimermi e non l’ho fatto?
Riguardo agli allevamenti, ne abbiamo già discusso altrove e hai ignorato tutti i miei commenti, concludendo con: “come ho dimostrato…”. Non ricasco nella trappola.
Se poi c’è gente che dice di fare una cosa e poi viene beccata a farne un’altra, la responsabilità è loro, non mia.
Gaia: non mi risulta che abbiamo discusso dei maltrattamenti degli animali allevati dai Bio. Può essere l’età. Se mi sbaglio ricordami quando l’avremmo fatto. Almeno negli ultimi due o tre anni.
Una delle discussioni qui, non mi ricordo quale.
Questa contrapposizione biologico/intensivo ha poco senso. Con gli attuali e futuri consumi di carni sono ambedue insostenibili. Però il biologico ha numeri inferiori all’intensivo. Quindi, in termini assoluti fa meno danni. Per quanto riguarda il benessere animale l’unica cosa che si può notare senza andare a cercare con la lente d’ingrandimento, è il fatto che nella filiera dei bovini da carne il biologico garantisce agli animali almeno sei mesi di pascolo sufficienti affinché la mucca possa svezzare il vitello.
Segue un periodo di stabulazione sempre che il vitello non venga immediatamente macellato.
La produzione di latte si svolge interamente in stalla, mi pare di ricordare.
https://www.vitaagricola.it/come-gestire-un-allevamento-di-suini-4-diversi-modi-di-allevare-maiali/
Grande attenzione è rivolta all’alimentazione, che deve provenire solo da agricoltura biologica, e al benessere animale. I suini allevati per la filiera biologica, infatti, devono avere più spazio a disposizione in stalla, rispetto agli animali allevati in regina intensivo, ed essere collegati ad un luogo all’aperto dove potersi recare liberamente. Vivono poi su una lettiera di paglia, esattamente come i bovini, una soluzione che diminuisce del 70% la produzione di liquami da smaltire e che riduce l’insorgenza di alcune tecnopatie tipiche dell’allevamento industriale, dovute alla mancanza di stimoli.
Su Ovini-caprini e polli non dico niente essendo qui presenti degli allevatori specifici.
Per quanto mi riguarda io chiuderei tutto e lascerei solo gli allevamenti bradi facendo pagare la carne uno sproposito per chi se la può permettere come lusso.
Ma si sa, il mondo va o cerca di andare nella direzione contraria.
Con i consumi attuali di qualsiasi cosa una produzione sostenibile non è possibile. Non possiamo neanche continuare a costruire così tante case e palazzi, a produrre così tanti vestiti, a spostarci così tanto e così in fretta, eccetera eccetera-
Tutto il cibo dovrebbe costare di più, non solo la carne (che comunque costa troppo poco). Tra l’altro così se ne sprecherebbe pure molto di meno.
https://www.rinnovabili.it/agrifood/proteine-alternative-una-trasformazione-in-corso/
Mah, come dice qui, trasformare il sistema alimentare è molto più facile rispetto ad esempio all’edilizia o ai trasporti. Inaspettatamente, almeno per me, i sondaggi danno un terzo degli intervistati disposti a cambiare regime alimentare in cambio di miglioramenti nel clima. E d’altra parte che bisognerebbe fare? Un sostegno agli allevatori mi sembrerebbe doveroso.
Io invece penso che concentrarsi così tanto sul cibo sia sbagliato e fuorviante. È importantissimo, di sicuro, ma bene o male tutti dobbiamo mangiare un minimo ogni giorno e più di tanto non possiamo né ridurre né sprecare. Se invece prendi case, vestiti, viaggi, eccetera, il consumo non ha limiti e si tratta in gran parte di cose in più.
Per cui tutta questa fissazione sul cibo e sul non mangiare prodotti animali, per quanto io sia assolutamente d’accordo che vada fatto, mi sembra un accanimento sui più poveri mentre i ricchi, vegani e non, continuano ad avere dieci ville a testa, a viaggiare in aereo e a cambiare un vestito al giorno.
Fuzzy: da quanto scrivi si capisce subito che non sei mai entrato in un allevamento di qualunque tipo. Non ti hanno insegnato niente le immagini del servizio di report sugli allevamenti intensivi di polli Bio?
Ti sembra plausibile che dei piccoli allevamenti familiari di bovini o suini Bio, riescano a procurare abbastanza carne per accontentare le migliaia di supermercati italiani che spacciano prodotti lavorati con marchio Bio? Una sola impresa statunitense di prodotti Bio, la Whole Foods di proprietà di Jeff Bezos fattura una ventina di miliardi di dollari ogni anno. Secondo te, per raggiungere questi fatturati si rivolgerebbero alle piccole aziende familiari?
Comunque prendiamo in considerazione il bilancio energetico (in pratica l’ecocompatibilità) di questi piccoli allevamenti: diciamo un massimo di 250 capi. Le galline Bio che razzolano all’aperto tutto l’anno avrebbero sicuramente migliori condizioni di benessere, rispetto alle galline di un allevamento intensivo. Però consumano quasi il doppio di mangime per ogni uovo prodotto. Inoltre non potendo essere curate, dopo pochi mesi avrebbero seri problemi di salute a causa di parassitosi (ascaridi e coccidi) e da vari tipi di batteri. Compreresti uova da galline sofferenti?
Situazione analoga per bovini e suini, che alla fine restano sempre confinati in spazi angusti, eccetto in occasione della visita annuale dell’ispettore/certificatore. Se non mi credi, vai a fare un giro negli allevamenti. Tutti ( e ripeto, tutti!) coloro che ho invitato a farlo, sono rimasti indignati. In alcuni casi volevano chiamare il NAS per metter fine a queste torture, ma gli è stato risposto che il disciplinare Bio permette tutto questo. Svegliati una buona volta!
Gaia: è verissimo che il problema del cibo è sopravvalutato ( e anche quello su cui circolano le fakenews più assurde) rispetto ad altri settori molto più impattanti sull’ambiente e clima. Però è anche il settore più debole: i contadini sono solo il 3-4% della popolazione. Ed anche il meno organizzato. Per cui chi vuole incutere paura ad arte per lucrare sulle (pseudo)alternative, ha gioco facile.
Francesco
Ma guarda che tu sei dentro a un circuito chiuso che gira a nastro.
Non hai letto il mio commento con le citazioni di Monbiot?
Quello in cui scrivo che tutti gli allevamenti tranne quelli bradi o simili, alla fine sono più o meno insostenibili perché non reggono la richiesta di carni e latte senza devastare il pianeta.
Certo, un allevamento con gli animali lasciati pascolare liberamente comporta costi veterinari esorbitanti. Si sa, sta scritto in uno dei link che ho messo qui, dove parla un veterinario che conosce il settore dell’allevamento.
Di polli non ho scritto assolutamente niente e neanche di capre e ovini.
Con me le macellerie farebbero pochi guadagni.
Tieni presente che il numero di quelli che la pensano come il sottoscritto sta aumentando velocemente sia a livello “basso” di consumatori ma anche a livello politico. Anche questo sta scritto in un commento.
https://www.qualenergia.it/articoli/trasporti-agricoltura-industrie-ecco-da-dove-vengono-di-preciso-le-emissioni-globali-di-co2/
Qui le emissioni per settori
A occhio ci sono
Agricoltura
Trasporti
Riscaldamento
Industria.
A parte l’industria (che eccede la media di circa il 5-10%), gli altri settori contribuiscono circa per la stessa percentuale.
Ma questo per quanto riguarda le emissioni.
Se ben ricordo, precedentemente citavo la Cina in cui i danni ambientali in genere prodotti dall’allevamento di maiali, supera addirittura quello dell’industria più inquinante al mondo. Il che è tutto dire.
Sì ma nelle statistiche si dimentica che si può fare a meno di viaggiare e di importare merci, si può abbassare il riscaldamento e vivere in case più piccole, possiamo rinunciare al 90% di quello che compriamo e possediamo, ma non possiamo smettere di mangiare.
Quindi le emissioni dell’agricoltura si possono abbassare un po’, ma non molto; negli altri settori c’è molto più margine. Se mangi il tofu al posto del maiale al netto di tutto il vantaggio non è così sostanzioso. Se rinunci alla seconda casa il tuo impatto si dimezza. Un solo volo aereo annulla i sacrifici di un anno. Eccetera.
No. La torta precedente mi sembra assemblata in modo ingannevole.
Pardon.
Forse con questo andiamo meglio.
https://www.fao.org/news/story/it/item/1379526/icode/
Mah, secondo la mia esperienza gli animali lasciati all’aperto non si ammalano quasi mai, altro che costi veterinari esorbitanti… tra l’altro gli animali si automedicano con vegetali presenti in natura, se li trovano.
Comunque non è l’allevamento brado a essere insostenibile in sè, ma la richiesta.
L’ideale, per qualsiasi tipo di alimenti e soprattutto quelli di origine animale, sarebbe visitare l’azienda per verificare di persona, fare domande e ascoltare le spiegazioni del produttore. Purtroppo solo in alcuni casi questo è possibile, e poi ovviamente bisognerebbe essere competenti.
Ho scritto che l’allevamento brado comporterebbe dei costi esorbitanti in cure veterinarie ma non mi riferivo alle capre o ai polli di cui non so niente. Citavo pari pari l’articolo che ho linkato dove l’affermazione è di un veterinario.
Poi siccome con l’allevamento brado non si riuscirebbe neanche lontanamente a produrre i grandi quantitativi di alimenti animali che attualmente si consumano, viene da pensare che alla fine lo si possa considerare poco impattante. .
Se poi l’animale è curato e può pascolare, questo mi suggerisce che goda pure di un certo benessere.
Però, tornando alle emissioni, il problema è che se non sbaglio (e in effetti non sono molto sicuro di conoscere l’argomento), queste andrebbero letteralmente azzerate in pochi decenni.
Non ha senso allora dire che “gli altri si e noi no” o viceversa, adducendo varie motivazioni.
Tutte i settori dovrebbero azzerare o comunque limitare fortemente le emissioni di gas serra.
https://www.lifegate.it/carbon-neutrality-net-zero
Qui sulla riduzione delle emissioni
Mi sa che pochi conoscono l’argomento. Io no. Poi studio.
Sì, ognuno dovrebbe fare la sua parte. Su questo sono d’accordo.
https://www.mioecomenu.it/
Siccome hai accennato al diverso valore nutrizionale degli alimenti ti suggerisco questo programmino molto interattivo per farti un’idea di come vengono strutturate le diete vegane.
Io non sono proprio vegano, lo sono stato, ma a volte si ha fretta, oppure ci si trova in situazioni particolari in cui conviene mangiare e tacere quello che ti propinano. Insomma, tendo al veganesimo.
L’unica carenza che può verificarsi in una dieta interamente vegetale, riguarda la vitamina b12. Per questo ci sono gli integratori. Forse nel sito che ho linkato trovi qualche spiegazione al proposito.
La riduzione delle emissioni comprende anche delle compensazioni es piantare alberi. Ma come sempre c’è
chi approfitta di questo meccanismo e quindi vengono acquistati terreni in varie zone geografiche dove costano poco o niente, spesso in Africa, poi vengono fatti sloggiare i contadini autoctoni e infine si fa una piantagione posticcia di alberi al fine di ottenere il riconoscimento delle compensazioni.
Un delirio.
In Africa tra l’altro ci sono oramai i cinesi in pianta stabile.
https://scenarieconomici.it/la-mappa-della-conquista-cinese-dellafrica/
Non so che ruolo abbiano in tutto questo.
Comunque io credo che l’unica sarebbe di liberare dei terreni dall’agricoltura intensiva e al posto di questa far crescere delle vere foreste.
È un po’ quello che dice Monbiot, che se a prescindere dalla carne coltivata, più volte suggerisce nel suo libro che in realtà sarebbe sufficiente passare a una dieta vegana. Lui è rigorosamente vegano.
Non rileggo quello che ho scritto. Uso lo smartphone e la correzione mi fa cavare gli occhi.
Fuzzy, non è così semplice. L’agricoltura intensiva è pessima, ma già ci sono problemi di approvvigionamento alimentare… non è la prima cosa da cui partirei. Se poi guardi alle nostre città, si sono espanse a dismisura su terreni fertili, e pochissimi di quelli che hanno giardini e giardinetti li usano per produrre cibo. Io comincierei da consumo di suolo, tassazione dei terreni, espansione urbana, mobilità privata… per produrre cibo dove ora c’è cemento o giardinetto per il cane.
Personalmente io cercherei di fare più politiche possibile di sostegno alla pianificazione familiare soprattutto nei paesi ad alta fertilità così da rallentare ancora la crescita demografica, e poi cercherei di ridurre lussi e consumi non superflui. Toglierei sussidi alle fonti fossili ma anche ai consumi energetici delle grandi aziende (attualmente sovvenzionati) e tutti i contributi all’agricoltura. Ovviamente molto più facile a dirsi che a farsi.
Per quanto mi riguarda, oltre alla contraccezione, la primissima cosa da fare è tassare i megaricchi e ridurre significativamente le diseguaglianze. Non possiamo più permetterci certi sprechi.
Per quello che si capisce tra mille notizie e false notizie, mi sembra pacifico che nessuno cercherà di imboccare la strada della decrescita. Vogliono sostituire le auto a benzina con le auto elettriche, le energie rinnovabili al posto dei combustibili fossili, la carne e il latte hanno già delle alternative vegetali e altre più sofisticate (forse schifezze) ne arriveranno a breve termine,
Ci sono dei nuovi fertilizzanti ma non ho capito bene di cosa si tratta. Ecc. Insomma, in una parola Ecomodernismo.
E perché? Ma perché sperano, investendo in nuove tecnologie (e distribuendo un mare di sussidi) di mantenere una economia in crescita. Poi però vedi che le banche continuano a finanziare il petrolio.
E diventa tutto ancora più complicato.
E in più bisogna mettere in conto pure il picco del petrolio che incombe.
Insomma, datemi una cosa semplice. Bassa tecnologia, orti.
Roba che si capisca.
Bene. Per ora chiudo qui, altrimenti ci diciamo sempre le stesse cose.
Naturalmente non rileggo quello che ho scritto. Scusa gli inevitabili errori.
https://energiaoltre.it/banche-combustibili-fossili/
Quindi esiste lo “zero netto” ma le banche continuano a finanziare i combustibili fossili. Le imprese multinazionali si inventano ogni sorta di escamotage per aggirare gli obiettivi climatici. Eh, No. In conclusione direi che col cambiamento climatico non ce la si può fare.
Va bene. Ho scoperto l’acqua calda.
Fuzzy: ho già scritto almeno un paio di volte le ragioni per cui se domani mattina il vegetarianesimo diventasse obbligatorio per legge (con conseguente divieto assoluto di macellare gli animali che forniscono latte, uova, lana, pelle, lavoro, divertimento, ecc) l’Italia verrebbe distrutta in 4 anni, l’Europa (un pò meno densamente popolata) in 5-6 anni ed il mondo in 7, massimo 8 anni. Ovviamente a tale provocazione, per fortuna solo retorica, ti sei sempre guardato bene dal rispondere. Consolati, non c’è mai riuscito nessuno a smentirla. Lo stesso vale per il veganesimo: non potendo più mangiare frutta e verdura impollinata da api (Apis mellifica sp.) resterebbero solo poche specie vegetali ad impollinazione anemofila, ecc. ecc.
Con questi semplici tutto il tuo castello di credenze crollerebbe miseramente. L’attuale sistema agricolo e zootecnico, va sicuramente riformato e migliorato, ma non certo nel senso che proponi tu, ma adottando tutte le soluzioni per ridurre gli input e massimizzare gli output che l’attuale scienza ci offre.
Gaia: come hai sottolineato, in troppi (per primo Fuzzy) dimenticano che a tavola siamo in 8 miliardi. Chi produce un surplus di cibo è però solo il Primo Mondo industrializzato. Senza questo almeno 2-3 miliardi di persone morirebbero di fame in meno di un anno. Basta guardare la crisi che c’è stata nel venire meno ( e temporaneamente) di un solo piccolo paese fornitore: l’Ucraina. La notizia buona (una delle poche purtroppo) è che la popolazione nel Primo Mondo ( che ha l’impatto procapite sul clima di decine di volte maggiore ai PVS) sta diminuendo (4-500.000 l’anno solo noi in Italia) ed ultimamente anche la Cina. Il trend della crescita demografica si sta invertendo. E non è un caso che i paesi in cui invece la popolazione cresce sono proprio quelli che ancora praticano quell’agricoltura e zootecnia di sussistenza che piace tanti a Fuzzy & Co.
https://ecobnb.it/blog/2021/10/api-regine-biodiversita-come-proteggerle/
Eh?
E per forza nessuno ti sa rispondere sulle api. Non si capisce cosa vuoi dire.
Comunque nel mio giardino c’è un orto, erbe spontanee lasciate crescere, alberi e siepi. C’è anche una ciotola d’acqua e semi di girasole. Mia moglie coltiva ogni sorta di fiori. Le api, le farfalle, lucertole, sirfidi, nidi vari e persino un riccio non mancano.
Basta poco. Facci un pensierino.
Fuzzy: anche tu leggi meglio quello che scrivo. Oppure fai apposta a far finta di non capire per non rispondere alla mia provocazione sull’impossibilità del vegetarianesimo oltre un certo limite.
Cosa c’entrano le api?
A differenza di te, fin da bambino ho sempre avuto api. Da tre anni ho però venduto gli ultimi tre alveari perché ce ne sono troppe in giro. Negli ultimi dieci anni, il numero di alveari é aumentato di molto: se non sbaglio del 20%. E questo purtroppo fa ridurre il numero degli apoidei.
Già qualche anno fa con gli amici del WWF abbiamo scommesso se c’erano più specie di uccelli e mammiferi nella mia azienda o nella vicina Oasi del WWF (Oasi della Bora). Per poco (due sole specie in più: picchio rosso e scoiattoli), ha vinto la mia azienda agricola. Ho anche molti più alberi d’alto fusto.