Di norma è meglio non sprecare tempo con le sparate dei politici di basso rango, sempre bramosi di ottenere un po’ di ribalta mediatica, tranne quando le esternazioni possono fungere da spunto per riflessioni che travalicano la loro modesta figura. Ecco perché ho deciso di occuparmi del concentrato di castronerie partorito dal leader di Azione Carlo Calenda in una recente visita alla centrale atomica in dismissione di Caorso.

Dal sito Web del La provincia Cremona:

«Ripartire con il nucleare e riattivare l’impianto caorsano»: è la richiesta presente in un disegno di legge depositato al Senato di cui ha parlato questa mattina Carlo Calenda (Azione) davanti ad ‘Arturo’.In visita privata alla centrale di Caorso, infatti, si è schierato per il ritorno dell’atomo: «Va riattivato, paghiamo cifre esorbitanti. Lo compriamo dalla Francia a prezzi enormi. Quella di Caorso è una centrale costruita in sei anni, un gioiello di efficienza che ha consentito all’Italia di avere il boom industriale».

Tralasciamo i soliti cliché sulla Francia, già demistificati in questo blog, concentrandoci invece su quel “gioiello di efficienza” della centrale di Caorso, sulla quale Calenda ha le idee abbastanza confuse. In primo luogo, iniziò l’attività commerciale nel 1981, quindi non ha alcuna relazione con il “boom industriale” del nostro paese, che anzi all’epoca iniziava la parabola declinante.

Inoltre, per ultimarla furono necessari non sei ma otto anni (1970-78), arco di tempo che può certo destare impressione se confrontato con i diciassette necessari per completare gli ultimi due reattori avviati nella UE. Tuttavia, negli anni Settanta e Ottanta gli standard tecnici erano meno esigenti degli attuali e unità di taglia simile a quella di Caorso venivano costruite solitamente in cinque-sei anni, quindi nulla di clamoroso.

Anche il contributo alla causa energetica italiana nei nove anni di allacciamento alla rete (1978-86) non è stato particolarmente eclatante (27,73 TWh). Di fatto, al di là del caso specifico di Caorso, l’intera esperienza atomica nostrana si è rivelata un sostanziale fallimento, con buona pace della mito dell’Italia ‘terza potenza nucleare’ propagandato dall’Avvocato dell’Atomo (grande amico di Calenda) e altri pro nuke. Le fredde cifre parlano da sole:

Centrale di Caorso (860 MW): 1978-86, produzione complessiva 27,73 TWh.

Centrale Enrico Fermi di Trino Vercellese (260 MW): 1964-87, produzione complessiva 24,31 TWh.

Centrale Garigliano di Sessa Aurunca (150 MW): 1964-78, produzione complessiva 12,25 TWh.

Centrale Latina a Borgo Sabotino (153 MW): 1963-86, produzione complessiva 25,49 TWh.

Totale: 1423 MW di potenza installata e 89,78 TWh di produzione; incidenza massima dell’atomo sul fabbisogno elettrico italiano registrata nel 1986 con il 4,6%.

A titolo di confronto, se le stime di Low Carbon Energy sono corrette, nel solo biennio 2023-24 eolico e fotovoltaico hanno fornito mediamente il 18% dell’elettricità nazionale per un totale di 104,25 TWh. Oltre a informarsi meglio sulla storia energetica italiana, Calenda farebbe bene a concentrarsi sulla stretta attualità.

Allargando la panoramica a livello globale, scoprirebbe ad esempio che l’eolico oramai è prossimo ai livelli del nucleare, mentre congiuntamente con il fotovoltaico genera circa due terzi di energia in più. E persino nella Repubblica Popolare Cinese, cioè il paese che con i suoi massicci investimenti ha tenuto a galla la fonte prediletta da Calenda, fotovoltaico ed eolico superano di quasi quattro volte il nucleare, con il solare che produce più di tutto il comparto atomico della UE.

Nel mio post precedente, ho cercato di demistificare varie illusioni sulla green economy, in gran parte vertigini da successo basate però su riscontri effettivi e verificabili. Nel caso del supposto nuovo fuoco di Prometeo, che si parli del passato o del presente, ogni ambizione alla fine si rivela per lo più fondata sulla mistificazione e sul travisamento della realtà spacciati per ‘scienza’, ‘obiettività esente da ideologismi’ e slogan simili.

Partendo da questi presupposti, non sorprende che il nucleare debba affidarsi a certi testimonial.

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